martedì 27 aprile 2004

Il partito dei familiari


Così titola il suo editoriale di domani Il Riformista:
Un nuovo soggetto politico si muove, anzi si agita, nella convulsa vicenda degli ostaggi: il partito dei familiari. "Familiari" è una parola dal suono dolce, soprattutto per noi italiani. Fino all’altro ieri era sinonimo di "solidarietà" e "sostegno morale". Ma dall’ultimo video dei tre ostaggi, i "familiari" si sono trasformati, giocoforza, in un partito. E come sempre avviene nel caso di rapimenti - non a caso la più odiosa forma di ricatto - si tratta di un partito della trattativa.

Angelo Stefio, papà di Salvatore, ha issato ieri affianco al tricolore, così caro al suo passato di carabiniere, anche il vessillo arcobaleno della pace. Le famiglie Agliana e Cupertino organizzano una manifestazione in San Pietro. Il sindaco di Sammichele, esponente della Margherita e già nel partito della trattativa ai tempi di Moro, vorrebbe che il sindaco Veltroni vi leggesse un comunicato (Veltroni nega di aver dato il suo assenso, e aggiunge che "se i terroristi chiedono di convocare una manifestazione, non si convoca una manifestazione"). La manifestazione - ovviamente - sarebbe "umanitaria" e apolitica, così apolitica che anche Bertinotti ci potrebbe andare senza rimproverarsi cedimenti ai diktat. La linea politica è quella elaborata da Angelo Stefio: "Non dobbiamo fare una manifestazione contro lo Stato, meglio una cosa pacifista, si va lì e si dice quello che si deve dire secondo l’appello che hanno lanciato, noi ci dobbiamo comportare come dice il video".

Ai familiari, come al cuore, ovviamente non si comanda. Salvare la vita di un proprio congiunto è un imperativo morale, appartiene al diritto naturale prima ancora che al diritto positivo. Infatti per giudicare il grado di resistenza di un paese ai ricatti non si deve guardare ai familiari, ma al sentimento generale dell’opinione pubblica. In Giappone, questo sentimento è stato duramente critico del comportamento dei familiari dei tre ostaggi poi liberati, i quali hanno pagato con un vero e proprio linciaggio morale - eccessivo e ingiusto - la mobilitazione delle loro famiglie contro il governo e le scelte della nazione in Iraq. Non è il caso italiano. Ma spesso i politici e sempre i mass media dimenticano che i familiari degli ostaggi sono i meno indicati - per le condizioni di angoscia e di tormento in cui vivono - a dare indicazioni di comportamento politico collettivo. Vanno sorretti e aiutati dalla collettività nazionale, ma non assurti a simbolo e guida della comunità nazionale. Siamo tutti con i familiari, ma non siamo tutti familiari.
Link: Il Riformista.



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