sabato 30 dicembre 2006

venerdì 29 dicembre 2006

Catechismo della Chiesa Cattolica - 2

Allora, secondo il Vicariato di Roma non era possibile concedere i funerali religiosi a Piergiorgio Welby perché il suicidio, il catechismo, la rava, la fava...
Okay, ma allora leggetelo tutto, questo c***o di catechismo, e non solo le parti che di volta in volta fanno più politicamente comodo:

2278. L'interruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati attesi può essere legittima. In tal caso si ha la rinuncia all'«accanimento terapeutico». Non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire. Le decisioni devono essere prese dal paziente, se ne ha la competenza e la capacità, o, altrimenti, da coloro che ne hanno legalmente il diritto, rispettando sempre la ragionevole volontà e gli interessi legittimi del paziente.

Non è forse in perfetto accordo con la richiesta di Piergiorgio Welby di interrompere i trattamenti medici? Sì, certo, potrebbe dire qualcuno, ma Welby ha voluto anche la sedazione. Bene...

2279. Anche se la morte è considerata imminente, le cure che d'ordinario sono dovute ad una persona ammalata non possono essere legittimamente interrotte. L'uso di analgesici per alleviare le sofferenze del moribondo, anche con il rischio di abbreviare i suoi giorni, può essere moralmente conforme alla dignità umana, se la morte non è voluta né come fine né come mezzo, ma è soltanto prevista e tollerata come inevitabile. Le cure palliative costituiscono una forma privilegiata della carità disinteressata. A questo titolo devono essere incoraggiate.

Anche qui, dov'è l'incompatibilità col catechismo dei cattolici? Welby, esattamente come Papa Wojtila, semplicemente non se la sentiva più di rimandare la morte imminente (naturale, non artificialmente indotta) ricorrendo a cure mediche ormai inutili e causa solo di sofferenza.
Apparentemente quindi il Catechismo della Chiesa Cattolica è utilizzabile (strumentalizzabile) come la Bibbia o il Corano: contiene tutto e il contrario di tutto, più o meno, e così può prestarsi agli scopi (religiosi ma ancora più spesso politici) di questo o quel vescovo, di questo o quell'imam, per giustificare condanne "morali" o "dottrinali", scomuniche, fatwe...

Catechismo della Chiesa Cattolica - 1

Dal Corriere della Sera:

ROMA - ''La Chiesa ha sempre difeso la vita e il rispetto della vita viene difeso dai vescovi locali, specialmente iracheni''. Lo ha detto il nunzio apostolico in Iraq, monsignor Francis Assisi Chullikat in merito alla condanna a morte di Saddam Hussein ai microfoni di Radio Vaticana. (Agr)

Ma proprio sempre-sempre? Senza se e senza ma? Proviamo a leggere cosa dice il Catechismo della Chiesa Cattolica, quello stesso catechismo usato - a fini politici e in malafede - per negare il funerale a Piergiorgio Welby:

"2267. L'insegnamento tradizionale della Chiesa non esclude, supposto il pieno accertamento dell'identità e della responsabilità del colpevole, il ricorso alla pena di morte, quando questa fosse l'unica via praticabile per difendere efficacemente dall'aggressore ingiusto la vita di esseri umani".

lunedì 25 dicembre 2006

Auguri anche a Le Monde

Vignetta di Le Monde per Welby
Questa la vignetta dedicata dal quotidiano francese "Le Monde" alla morte di Welby: un Cristo in croce che allunga le braccia per portare a sè Piergiorgio.

domenica 24 dicembre 2006

Auguri

Cari amici e visitatori del blog, tanti auguri a tutti voi - auguri laici e anticlericali, sia chiaro, ma sempre sentiti.

sabato 23 dicembre 2006

Da ateo, mi vergogno per la Chiesa Cattolica

Welby

La Chiesa Cattolica ha confermato una volta di più di essersi, lei per prima, allontanata dalle "radici cristiane" di cui tanto blatera un giorno sì e l'altro pure.

Niente pietas, niente caritas, niente compassione per un (come dicono loro) "fratello in Dio". Tanta ferocia invece, anche postuma, contro un fratello indifeso. Bravi...

Comunque sia, i funerali di Piergiorgio Welby si terranno domenica 24 dicembre alle ore 10.30 in Piazza San Giovanni Bosco a Roma.

Come recita il comunicato dell'Associazione Luca Coscioni, "sarà una testimonianza popolare di laica religiosità per quanti vorranno dare l'ultimo saluto a Piergiorgio".

La piazza si trova a pochi metri della fermata "Giulio Agricola" della Metropolitana A.

venerdì 22 dicembre 2006

Addio, Calibano

"Morire dev'essere come addormentarsi dopo l'amore, stanchi, tranquilli e con quel senso di stupore che pervade ogni cosa."

(Piergiorgio Welby)

lunedì 9 ottobre 2006

Esplosione nucleare in Corea del Nord

Il regime comunista nordcoreano ha effettuato un test nucleare sotterraneo alle 10:30 locali (le 3:30 in Italia). Gli osservatori sismici della regione hanno registrato un sisma di grado superiore a 3 sulla scala Richter; l'agenzia di notizie del regime di Pyongyang ha annunciato ufficialmente che "la sezione di ricerca scientifica ha condotto con successo un test atomico sotterraneo il 9 ottobre" aggiungendo che "Il test nucleare è un evento storico che porta felicità ai nostri militari e al nostro popolo".
Sarà, ma forse "il popolo" sarebbe stato più felice se il regime comunista avesse impiegato le già scarse risorse del Paese per la crescita economica, e non per sviluppare un programma di armamento nucleare: negli ultimi anni ci sono state numerose, disastrose carestie, che a detta delle organizzazioni umanitarie internazionali hanno provocato la morte per fame di un numero incalcolabile di persone, con l'agghiacciante corollario del ricorso al cannibalismo in alcune aree periferiche del Paese.
Nel 2002 la Corea del Nord si è ritirata dal trattato internazionale di non-proliferazione nucleare; da allora ha portato avanti a tappe forzate un programma di sviluppo di missili a medio e lungo raggio e di vettori d'arma intercontinentali (l'ultimo test di un ICBM nordcoreano ha avuto luogo solo poche settimane fa) e parallelamente ha assemblato delle testate nucleari, nonostante le richieste e gli avvertimenti dei Paesi vicini (Cina, Corea del Sud e Giappone in primis) e degli Stati Uniti.
Secondo alcune fonti, per provocare un terremoto della magnitudo registrata in Nord Corea è necessario far detonare una testata nucleare da almeno 500-600 kiloton di potenza: da venti a trenta volte la potenza della bomba che distrusse Hiroshima, per dare un termine di paragone.
Segnalo una sintesi delle prime reazioni internazionali sul Corriere della Sera.

mercoledì 27 settembre 2006

L'Idomeneo di Mozart censurato per paura di offendere l'Islam

Ha scatenato una bufera politica in Germania la decisione della «Deutsche Oper» di Berlino di non portare più in scena l'opera «Idomeneo, re di Creta» di Wolfgang Amadeus Mozart per timore di proteste islamiche.
L'opera era in cartellone dal 2003 ma da due anni non veniva più rappresentata e ora è stata definitivamente cancellata.
Si temevano reazioni violente per la scena finale in cui il regista Hans Neuenfels fa estrarre a Idomeneo le teste decapitate di Nettuno, Cristo, Maometto e Buddha da un sacco insanguinato. Il ministro dell'interno, Wolfgang Schauble ha definito «pazzesca, ridicola e inaccettabile» la decisione della direzione del teatro. Nel recensire a suo tempo lo spettacolo, la «Berliner Zeitung» aveva scritto che «poichè milioni di morti vanno messi sul conto dei conflitti religiosi, l'abolizione di ogni religione potrebbe costituire senz'altro una misura in favore della pace». All'origine della decisione della «Deutsche Oper» di togliere dal cartellone «Idomeneo», già sostituito per le previste rappresentazioni di ottobre e novembre dalle «Nozze di Figaro» di Mozart e dalla «Traviata» di Verdi, c'è un'analisi del «Landeskriminalamt» (Lka), la sezione berlinese dell'antiterrorismo, secondo cui «non si possono escludere manifestazioni di disturbo durante le rappresentazioni». «Noi non abbiamo chiesto che lo spettacolo venisse tolto dal cartellone», ha però precisato l'Lka. La soprintendente della Deutsche Oper, Kirsten Harms, ha spiegato che la sua decisione è stata motivata dal desiderio di proteggere i dipendenti del teatro e i quasi duemila spettatori che lo affollano ogni sera, poichè «i rischi non sono calcolabili». Il regista Hans Neunenfels ha protestato e ha minacciato di adire le vie legali nei suoi confronti. «Dove andremo a finire - si è chiesto - se in futuro ci faremo ricattare con un'obbedienza anticipatrice nei confronti di spettatori eventualmente impazziti?». «Non so - ha aggiunto - se di fronte alla situazione attuale oggi rifarei la stessa messinscena, ma resto fedele al lavoro fatto e non lo cambierò. Mi chiedo anche se adesso bisogna autocensurarsi quando si inizia a fare una nuova regia».
Durante la prima di Idomeneo, nel marzo 2003, al momento della contestata scena il pubblico in sala aveva reagito con proteste differenziate. Le cronache dei giornali dell'epoca riferiscono che quando sulla sedia era stata posta la testa tagliata di Gesù c'era stati molti «buh», seguiti da mormorii di disapprovazione quando era comparsa la testa di Buddha, mentre all'apparizione del capo di Maometto il pubblico era rimasto tranquillo.


Il Sole 24 Ore

lunedì 25 settembre 2006

Eutanasia e libertà dell'individuo

Dopo l'accorato video-appello di Piergiorgio Welby al Presidente della Repubblica sono esplose, come prevedibile, le solite polemiche all'italiana.
In particolare, molti politici di area cattolica - appartenenti a entrambi gli schieramenti - hanno addirittura escluso che in Italia si possa "parlare" di eutanasia, mentre hanno lasciato aperto uno spiraglio per l'eventuale adozione anche in Italia del cosiddetto "testamento biologico".
In parallelo, molti giornalisti hanno confezionato articoli o servizi televisivi tesi a far prevalere la tesi secondo cui "la vita va vissuta comunque, in qualunque condizione", oppure quella a favore della cosiddetta "dolce morte".
Mi sembrano due approcci sbagliati, e forse anche un tantino in malafede, alla questione.
Da una parte i politici sanno (o dovrebbero sapere) benissimo che eutanasia e testamento biologico sono due cose diversissime: col testamento biologico una persona chiede che, nel caso si ritrovasse impossibilitata in seguito (causa malattia, incidente o altro) a esprimere la propria volontà in proposito, venga messa agli atti "preventivamente" la sua volontà di non subire il cosiddetto "accanimento terapeutico" (cure mediche portate oltre il limite del ragionevole e prive di reale, effettiva utilità per il paziente); nel caso dell'eutanasia abbiamo di fronte invece una persona ancora in possesso delle proprie facoltà e ancora in grado di comunicare la propria volontà (autonomamente o con l'ausilio di supporti tecnologici, come nel caso di Welby) che chiede di non continuare a vivere una vita che non ritiene più degna di essere vissuta, anzi una vita che non ritiene più essere tale, anche se "tecnicamente" resa ancora possibile dall'utilizzo di macchine medicali o di terapie farmacologiche.
E' chiaro quindi che l'introduzione del testamento biologico non può esaurire tutte le casistiche, e che la legalizzazione del suicidio medicalmente assistito (eutanasia) ne è il naturale complemento.
I giornalisti, dal canto loro, anziché informare i cittadini riguardo ai termini della questione, spesso informano i cittadini circa la loro posizione in proposito: i favorevoli portando a esempio il caso di Welby, i contrari andando a scovare un malato da usare come "testimonial" per sostenere la tesi opposta.
Peccato che il problema non sia quello di stabilire se, come, quando e a che condizioni la vita valga la pena di essere vissuta, per poi adottare questo novello criterio generale per valutare i singoli casi: il problema, molto semplicemente, è un problema di libertà dell'individuo.
In una ottica di stampo liberale, non confessionale, è evidente che è l'individuo l'unico che ha titolo per decidere se e quando, secondo il suo personale sentire, è arrivato il momento di staccare la spina: in un campo come quello della vita e della morte - della propria vita o della propria morte - ogni ingerenza da parte di attori esterni, specialmente se "pubblici" per definizione come lo Stato, andrebbe categoricamente esclusa.
Anche le critiche dei politici (più o meno) cattolici mi sembrano non tenere (volutamente?) conto del fatto che depenalizzare l'eutanasia non significherebbe certo imporla a chicchessia: come per il divorzio e l'aborto, i credenti sono liberissimi di non avvalersi di questa possibilità, in accordo col loro credo religioso (e questo fa loro onore); come nel caso del divorzio e dell'aborto, però, lo Stato laico e liberale non può non tenere conto di chi credente non è, e legiferare di conseguenza.

giovedì 21 settembre 2006

La serietà al governo? Come no...

Prodi: "Che cosa vuole che sappia, io, della sicurezza del Papa in Turchia? Non so nulla in proposito, vedranno le sue guardie..."
Insomma: questo patetico, arrogante buffone ormai non fa che inanellare una gaffe dopo l'altra.
Nel caso il buffone non lo sapesse, in base al Concordato attualmente vigente fra Stato Italiano e Santa Sede la sicurezza "interna" alla città del Vaticano spetta alle guardie svizzere, la sicurezza "esterna" (fuori dalla CdV) spetta allo Stato italiano, la sicurezza nei viaggi fuori dall'Italia è responsabilità del Paese ospitante - ma uno o più operativi italiani seguono sempre il Papa nelle sue visite all'estero, assieme a personale della Sicurezza vaticana (non certo le guardie in costume e armate d'alabarda).
Altro che "vedranno le sue guardie", buffone che non sei altro.
Ah, e complimenti per la preoccupazione (almeno istituzionale, se non umana) per la sicurezza del capo della Chiesa cattolica mostrata proprio in questo frangente, subito dopo le minacce di morte e gli attacchi di varia natura e gravità arrivati al Papa anche dalla Turchia.

martedì 19 settembre 2006

Nessuno ha niente da dire? Dove sono i "progressisti"?

Dove stanno sempre più spesso, ultimamente: dalla parte della barbarie e del totalitarismo nazislamista, contro la civiltà, la tolleranza reale e non fittizia, la laicità, la modernità - sempre forti con i deboli e deboli con i forti, sempre schierati dalla parte sbagliata (o volutamente "non schierati", il che è ancora peggio).
Riporto parte di un editoriale di Magdi Allam intitolato "Le vignette dell'odio contro Ratzinger":

Gli italiani, gli occidentali, i cristiani, i musulmani moderati, tutte le persone di fede, i laici, lo sanno che sono state pubblicate e diffuse in rete e nelle tv arabe vignette che oltraggiano e istigano a uccidere il Papa?

Come mai nessuno protesta così come accadde in occasione delle vignette su Maometto comparse circa un anno fa su uno sconosciuto quotidiano danese e che provocarono una violenta crisi internazionale?
Possibile che oggi noi dovremmo giustificare e rassegnarci alla condanna a morte del capo della Chiesa cattolica, all'uccisione di suor Leonella Sgorbati a Mogadiscio, all'aggressione contro le chiese in Iraq e nei territori palestinesi, alla messa in stato d'allerta delle nostre città e dei luoghi di culto cristiani, considerandole quasi una naturale reazione a un discorso del Papa?
Allo stesso modo con cui all'inizio dell'anno abbiamo giustificato e ci siamo rassegnati alla furia omicida islamica che ha massacrato dei cristiani, profanato delle chiese e dato alle fiamme delle sedi diplomatiche occidentali tra cui il nostro consolato a Bengasi?
Come è possibile che la Cristianità e l'Occidente debbano essere sempre e comunque sanzionati con la morte e il terrore per le idee che esprimono contro l'ideologia della morte e del terrore?

Non è forse fin troppo chiaro che non si tratta di una reazione bensì di un'aggressione ai valori e all'identità della Cristianità e dell'Occidente da parte di un vasto fronte islamico avvelenato dall'ideologia dell'odio, a cui purtroppo fanno da sponda non pochi ingenui, irresponsabili e ideologicamente collusi con l'estremismo islamico all'interno stesso della Cristianità e dell'Occidente?


Non c'è nulla di satirico né di critica nella vignetta che circola nei siti estremisti islamici, rintracciata da Hamza Boccolini e pubblicata su Libero, ma soltanto disprezzo e odio. Il Papa compare nelle sembianze di Dracula con il sangue che scorre dalla bocca, con la scritta centrale in rosso «Decapitatelo», attorniata da altre scritte: «Maiale servo della croce», «Adora una scimmia inchiodata sulla croce», «Odioso malvagio», «Satana lapidato», «Allah lo maledica», «Vampiro che succhia sangue». In un'altra serie di vignette, rintracciate nella rete e diffuse da Dagospia,
si vede la basilica di San Pietro con issata la bandiera dell'Islam e la scritta «Non vi è altro Dio al di fuori di Allah e Maometto è il suo profeta» e, al centro della basilica, l'insegna «Allah è grande».


In questa «Jihad della parola», una guerra santa islamica fatta con l'oltraggio, l'intimidazione, la minaccia e la condanna a morte, concorre direttamente la nota televisione del Qatar Al Jazeera, di fatto asservita all'ideologia e al controllo dei Fratelli Musulmani...
(continua qui).

venerdì 15 settembre 2006

C'eravamo tanto amati

Ricordate i bei vecchi tempi quando la stampa estera veniva citata un giorno sì e l'altro pure per mostrare agli italiani quanto fosse brutto, sporco, cattivo e incapace il governo presieduto dal "neo-duce" Berlusconi?
La stampa straniera era, per definizione, una sorta di arbitro supremo, imparziale, assolutamente indipendente e super partes: tutte le critiche rivolte al governo Berlusconi, all'Italia o agli italiani (considerate tutte equivalenti: se una qualsiasi cosa non andava per il verso giusto in Italia, ovviamente non poteva che essere responsabilità di Berlusconi e della sua cricca di incompetenti) venivano immediatamente ed entusiasticamente riprese e ampliate dalla stampa e dai telegiornali (sì, proprio quelli "in mano a Berlusconi"); tutte le volte che un giornale straniero, fosse pure l'Almanacco del coltivatore di Kansas City, pubblicava un commento anche solo vagamente negativo sul governo, i giornalisti dei quotidiani "antropologicamente superiori", primi fra tutti Repubblica, l'Unità, Liberazione o il Manifesto, provavano una goduria tale nel riportare la notizia da scatenare in loro orgasmi multipli.
Ogni reazione critica o alzata di spalle da parte del centrodestra veniva bollata come insofferenza alle critiche, mancanza di senso della democrazia, gretto e volgare provincialismo, isolazionismo, autarchia mediatica, volontà di censura, sindrome dell'accerchiamento.
Bene, oggi che la stampa internazionale, e non l'Almanacco del coltivatore di Kansas City ma i più prestigiosi quotidiani mondiali, comprese corazzate dell'informazione come il Wall Street Journal, il New York Times e l'Economist, la mitica "Bibbia" del giornalismo libero e indipendente (così veniva definito, almeno, quando definiva Berlusconi "unfit": adesso la definizione non calza più, pare), pubblica articoli di fuoco contro l'incompetenza, la mancanza di trasparenza, l'ingerenza negli affari e nel libero mercato del governo Prodi (per la squallida vicenda Prodi-Telecom, ma non solo) come per incanto l'idillio va in frantumi, e per il centrosinistra italiano la stampa estera non è più libera, obiettiva, indipendente e autorevole ma nella migliore delle ipotesi è una congrega di vecchie comari pettegole che non capiscono niente e non sanno farsi gli affari loro, nella peggiore è diventata la longa manus di un "infame complotto demo-pluto-giudaico-massonico internazionale" - roba che neanche la Spectre.
Insomma, è scattata la classica sindrome cubana che colpisce la sinistra italiana ogni volta che va al governo: la nostra Amata Patria Socialista è circondata, assediata dalle brutali forze della Reazione Imperialista, il momento è grave, la Democrazia è in pericolo ma, poffarre, no pasaran! Spezzeremo le reni agli odiati imperialisti! Hasta La Victoria Siempre!
Ora, io vorrei tanto (eh, sì) credere a queste immani stronzate questi accorati appelli filo-governativi e fare la mia parte nella lotta contro la propaganda oscurantista e menzognera della plutocrazia, al limite arrivando anche a offrire il petto per fare da scudo contro le velenose pallottole di carta stampata sparate da quei golpisti del WSJ e dell'Economist, ma sfortunatamente non posso.
Sono troppo occupato a ridere.

Oriana Fallaci

E' morta a Firenze, la città con cui aveva un particolare rapporto di odio-amore.
Viveva da molti anni a New York, ma ha scelto di tornare a morire in patria, nella sua terra.
Ci sarebbe tanto da dire su Oriana Fallaci, ma lascio ad altri questo compito: io per parte mia mi limiterò a osservare che Oriana Fallaci era una donna, in un paese (con la p minuscola) di sciacquette e di quaquaraqua.
Nel frattempo i soliti "progressisti" moralmente e antropologicamente superiori (in realtà, i soliti vetero-comunisti e reazionari di sinistra) danno ulteriori prove della loro superiorità scrivendo sulla solita IndyMerda commenti come questi:
1. E' crepata come tutti gli altri , peccato che nel frattempo ha seminato un bel pò di odio. Almeno ci risparmierà per un bel pò i suoi "best seller" FANCULO LA FALLACI.

2. ERA ORA....
UNA NAZISTA IN MENO....

SPERIAMO CHE LA SEGUA BEN PRESTO ANCHE BUSH!

NOPASARAN

3. Alexandros Panagulis non era per niente anarchico: a leggere il libro della Falalci poi, si scopre che, non solo lei, ma pure lui, era un vero stronzo

4. Grazie Oriana...
...d'essete finalmente levata dai coglioni!!!
Vaffanculo imperialista!

5. Il tempo e' galantuomo e sa far giustizia.

Tempo una generazione e della poveraccia devastata dalla
chemio si sara' persa pure la memoria.

6. evvai
era ora che quella bastrada ci lasciasse le penne!
Ogni commento è superfluo, direi.

Telecom Italia e la merchant bank al governo

Phastidio si pone, giustamente, una semplice domanda (il neretto è una mia aggiunta):

Ma come mai quando un dipendente Mediaset passa con il rosso è pacifico ed acquisito che “Berlusconi non poteva non sapere”; come mai quando un Meani qualsiasi parla al telefono con i designatori arbitrali è pacifico ed acquisito che “Galliani non poteva non sapere”; e quando un componente della segreteria particolare della Presidenza del Consiglio, su carta intestata della medesima, invia un piano di nazionalizzazione di parte del business ad uno dei principali imprenditori italiani il premier “non poteva sapere”? Mah, vallo a sapere, appunto.
Una leadership inconsapevole, questa ulivista: “Ma allora, abbiamo una banca?”

Chiedimi Se Sono Felice

Camillo (che purtroppo non ha i permalink) fa la sintesi dei primi mesi del governo Prodi:

Nota per chi ha votato Unione, o come si chiama:

Cinque mesi dopo si può dire: c’è un governo di banchieri che manda soldati in guerra, va a braccetto con Hezbollah e dittatori cinesi, fa l’indulto, confligge con gli interessi delle aziende private, mette le mani sulla Rai, cambia i primari degli ospedali, privatizza le professioni, taglia lo stato sociale, sostiene la legge sulla fecondazione, fa ministro Mastella, dice bye bye Condi, chiude la ditta “socialismo”, salva il Milan, non promuove i Pacs ed è pronto a imbarcare Casini e Follini. Sono certo che siete contenti.”

La colpa è sempre di Bush

Anche quando le cazzate le fa Prodi, naturalmente.
Qui Camillo, il 14 Settembre, sui commenti alla visita di Prodi e compagni in Cina:

Nel tentativo di giustificare Romano Prodi il cinese, Franco Venturini oggi sulla prima pagina del Corriere dice che succede sempre così, da Berlusconi a Bush chiunque vada in Cina fa il pragmatico e non denuncia le violazioni dei diritti eccetera. No, non è così. George W. Bush l'ha fatto, certo non in modo brutale (sennò Venturini ci avrebbe spiegato che così non si fa), e lo ha fatto proprio in occasione dell'ultimo viaggio di cui parla Venturini e che portò il giornale che oggi dice che il 70% di Mao è da salvare a sostenere che l'appello alla libertà di Bush fu una "gaffe".

Come spacciare balle colossali per "verità nascoste"

E' quello che fanno gli autori delle varie teorie complottiste, raccolte in articoli (pardon: "inchieste") giornalistici, libri e "documentari" (in realtà trattasi di fiction, e neanche tanto buona) e relative agli attentati dell'11 Settembre 2001.
Sarebbe ora di fare chiarezza su queste squallide operazioni per metà politico-propagandistiche e per metà speculative (guarda caso, tutti questi complottisti gira e rigira hanno qualcosa da vendere: un libro, un articolo di giornale, un DVD, una cassetta, i diritti che esigono per rilasciare interviste...): segnalo quindi il sito di Paolo Attivissimo, e in particolare la sezione dedicata proprio all'11 Settembre, presentandola con le parole dello stesso Attivissimo.

Il buco al Pentagono era troppo piccolo per un aereo di linea. Le torri del World Trade Center sono state demolite con gli esplosivi. I dirottatori non sapevano pilotare dei jet. La difesa aerea americana è rimasta a guardare. L'11 settembre è stata una messinscena del governo americano per giustificare l'invasione dell'Iraq e un nuovo ordine mondiale.

Vero o falso?

Insieme a un gruppo di esperti e ricercatori di vari settori, radunati nel blog Undicisettembre, sto esaminando da tempo queste ed altre ipotesi di complotto riguardanti gli attentati dell'11 settembre 2001. Questa pagina elenca i risultati documentati delle indagini e le fonti utilizzate, dalle quali chiunque può partire per le proprie verifiche personali.

Il risultato fondamentale di queste indagini è che le principali ipotesi di complotto si basano su informazioni scorrette e incomplete e sulla superficiale approssimazione, incompetenza e talvolta vera e propria malizia manipolativa dei loro sostenitori. Molti dei principali esponenti del complottismo sono stati colti a manipolare dati, testimonianze e filmati in modo da adattarli alle loro tesi e così trarre in inganno la gente, come vedrete nelle indagini che seguono.

Il quadro piuttosto squallido che emerge dalle indagini è quello di un gruppo di "guru" del complottismo che specula sulle emozioni e sulla fiducia delle persone, informandole in modo tendenzioso ma seducente, per vendere libri, DVD e conferenze in un fiorente business del complottismo. C'è anche chi usa il complottismo per sentirsi importante e venerato da un gruppo di seguaci, o per perseguire fini politici. Le tecniche di persuasione usate sono molto efficaci e sono già state viste in moltissimi altri contesti: paranormale, ufologia, negazione dello sbarco sulla Luna, medicine alternative, "scie chimiche" e altre ipotesi di complotto sui grandi eventi storici.

Ci sono, però, anche molte persone che sostengono le ipotesi di complotto in buona fede. Sono persone che si sono fidate delle dichiarazioni dei "guru" del complottismo e non hanno svolto ricerche in proprio che permettessero loro di capire che erano state ingannate facendo leva sulle forti emozioni evocate dalla tragedia e sul fatto che la dinamica dell'11 settembre tocca spesso argomenti tecnici (ingegneria civile, chimica, aeronautica civile e militare, ma non solo) che non tutti conoscono.

Pensate dunque con la vostra testa, sia di fronte alle tesi "ufficiali", sia alle tesi complottiste. Non fidatevi neppure di quello che trovate scritto qui: controllate sempre personalmente ogni fonte, ogni data, ogni dettaglio. Chiedete a esperti di cui vi fidate (ingegneri, architetti, pompieri, piloti, chimici). Andate sempre alle fonti originali di ogni dato, scavalcando gli intermediari tendenziosi. Soltanto così si può arrivare alla verità, senza appoggiarsi su pericolosi ipse dixit, né da una parte né dall'altra.

Queste indagini non sono mirate a sostenere in tutto e per tutto la ricostruzione "ufficiale" degli eventi, né tanto meno a prendere le difese dell'amministrazione Bush. Intendono semplicemente dimostrare che le ipotesi di complotto non hanno senso se le si esamina con un po' di buon senso, competenza e documentazione indipendente.

Trovate in fondo a questa pagina le indicazioni su come contattarci e contribuire a queste indagini segnalando materiale interessante ed eventuali errori o punti poco chiari.

Le aggiunte recenti a questo indice sono contrassegnate dalla dicitura NUOVO .

Link: http://paoloattivissimo.info/11settembre/index.htm

Una risposta agli islamo-nazisti (e non solo a loro)

Riporto qui di seguito un post di Stefano Magni (blog: Oggettivista) che mi trova totalmente in sintonia - come si suol dire, non avrei potuto dirlo meglio:

L'Occidente dopo l'11 settembre
Probabilmente ha ragione Benedetto XVI quando sostiene che: “La vera minaccia per la loro identità, i popoli dell’Asia e dell’Africa non la vedono nella fede cristiana, ma invece nel disprezzo di Dio e nel cinismo che considera il dileggio del sacro un diritto di libertà e l’utilità a supremo criterio morale”. Ed hanno ragione i popoli dell’Asia e dell’Africa a temerci per questo motivo. Perché è grazie a questo “cinismo” che l’Occidente è superiore al resto del mondo. Il nostro è un sistema vincente, proprio perché garantisce all’individuo la vita e la libertà di perseguire i suoi fini. Non è un sistema che costringe l’uomo a vivere secondo una legge dettata da Dio. Dalla Rivoluzione Industriale in poi, la scienza, il liberalismo e il capitalismo stanno liberando l’uomo da “Dio”, dalla tradizione e dai tiranni. Quello che ne è derivato non è un sistema “vuoto” di valori. E’ un sistema che è fondato sull’uomo, sui suoi valori e sulle sue aspirazioni. I religiosi e gli zelanti (soprattutto nel mondo islamico) lo considerano “vuoto” perché accantona la legge di Dio ed emargina il loro ruolo. E’ un sistema che fa paura a tanta gente debole, perché la responsabilità delle azioni ricade sulle spalle dell’individuo, che può avere successo nella vita così come fallire. Può disorientare, perché è un sistema che ti toglie una visione della storia predeterminata, leva ogni certezza sul fatto che dopo la morte ci sia una vita eterna ed esclude di dare una spiegazione ultraterrena agli eventi in terra.
Questo disorientamento e questa paura hanno provocato una reazione totalitaria per tutto il ‘900, con la nascita delle religioni atee del comunismo, del fascismo e del nazismo. Di fatto si trattava del ripristino su scala industriale degli antichi sistemi tribali pre-capitalisti: l’individuo non era più libero, ma dipendente dalla propria tribù nazionale, di classe o di razza. Il suo futuro non era più incerto, ma predeterminato dai dettami del suo capo. La sua vita ultraterrena era garantita perché la sua morte sarebbe stata utile alla costruzione di un paradiso in terra, realizzabile in un futuro che è sempre stato rimandato. Ma questi sistemi, non solo non hanno mai realizzato i paradisi che promettevano, ma hanno garantito l’inferno per tutti sulla terra. Vivere in un regime totalitario è, non solo pericoloso (la vita è perennemente messa a rischio dai pretoriani del regime), ma umiliante e personalmente degradante. Perché per qualsiasi cosa, anche solo per vivere, si deve chiedere il permesso a qualcuno, lo si deve corrompere, persuadere, ricattare. Questa è la squallida realtà della vita sotto una religione atea.
Il 9 novembre 1989 è simbolicamente considerata la data della fine dell’ultima religione atea, il comunismo. L’11 settembre 2001, al contrario, è considerata la data di inizio della nuova reazione contro la libertà: non più quella delle religione atee, ma quella di una religione tradizionale. I nuovi reazionari non hanno inventato nuovi credo o nuovi sistemi. Hanno iniziato ad ammazzare nel nome di un mitologico passato pre-capitalista e pre-scientifico, dove la vita era governata da Dio e non dall’uomo. Quello che stiamo vivendo è un nuovo, violento rigurgito di medioevo, una “rivoluzione” che vuole tornare al passato. E non è affatto detto che solo l’Islam voglia reagire alla modernità. Anche all’interno del cristianesimo si levano sempre più alte le voci di chi vuole ripristinare una legge e uno stile di vita ispirati alla religione, contrari a qualsiasi forma di libertà individuale. E tra gli atei, molti rimpiangono una mitizzata “purezza” del passato tribale e pre-tecnologico: Rousseau e il suo mito del “buon selvaggio” sta tornando di moda.
Non sconfiggeremo mai il terrorismo islamico, finché i musulmani non la smetteranno di rimpiangere un passato che non hanno mai conosciuto. E che, tutto sommato, non vogliono neanche loro: in Iran non sono contenti del regime che si è imposto dal 1979 ad oggi.
Non riusciremo mai a combattere il terrorismo islamico, finché non la smetteremo di dire e pensare: “tutto sommato hanno ragione a rimpiangere un passato spirituale”. Perché è questo il retro-pensiero dominante nella maggioranza degli intellettuali europei e americani. Ed è quello che ci impedisce di intraprendere delle azioni decisive nella guerra contro il terrorismo.
Vinceremo solo quando saremo veramente convinti che il nostro sistema di vita, aperto, secolare e capitalista, è il migliore dei mondi sinora esistiti e che difenderlo vale veramente la pena.


martedì 12 settembre 2006

"L'ONU in Libano è nemica dell'Islam"

Lo dice al Zawahiri nel suo ultimo messaggio video, diffuso in occasione dell'11 Settembre, smentendo per l'ennesima volta chi ancora sostiene che quella fra il nazismo islamico integralista e l'Occidente non è una guerra - una guerra asimmetrica, non convenzionale, ma pur sempre una guerra:
Zawahiri spiega che ogni attacco a occidentali ed ebrei, in ogni luogo, può essere considerato giusto, perché «la realtà della politica internazionale è l’umiliazione e la repressione dei musulmani per mano di idolatri che dominano questo mondo». Inoltre invita i musulmani a combattere gli alleati degli Stati Uniti in Somalia e chiede di «sfruttare ogni opportunità per vendicarsi con l’America» per l’arresto dell’imam egiziano Oar Abdel Rahman.
«ONU NEMICA DELL'ISLAM» - L'egiziano Ayman al-Zawahri, ha fra l'altro invitato i libanesi a «respingere» la risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sulla cessazione delle ostilità fra Israele e Hezbollah e lo schieramento di una forza Onu. Nel video il numero due di Al Qaeda ha condannato la forza dell'Onu in Libano definendola «nemica dell'Islam».
(fonte: Corriere della Sera)

Preoccupante il riferimento mirato alle forze ONU (fra cui 2.500 militari italiani) in Libano: un motivo di più per pensare bene a cosa andiamo veramente a fare in quel Paese, con quali mezzi e perché.

lunedì 11 settembre 2006

Never forget

Anche quest'anno, a margine della ricorrenza dell'11 Settembre, c'è stato chi ha parlato di "rituale", di "retorica" e di quanto sarebbe preferibile "lasciare in pace" i morti anziché (sic) "strumentalizzarli" a fini politici.
Direi proprio che le cose non stanno così: ricordare quel che è successo non è vuota retorica e non è una forma di strumentalizzazione del dolore per le vittime delle stragi di New York, Washington e del volo United 93.
La memoria è importante: senza un costante lavoro sulla memoria, sul ricordo dei fatti, l'Olocausto sarebbe già stato dimenticato, con grande soddisfazione dei nazisti di ieri e di oggi (non per niente il regime iraniano è in prima fila, oggi, nell'opera di negazione degli avvenimenti) e con grande pericolo per tutti di assistere a una ripetizione - con le varianti del caso - della storia.
Anche il terrorismo nazislamista cerca di far dimenticare il perché è in atto una guerra, e chi l'ha iniziata e quando (altro che "reazione all'invasione dell'Irak"): rimuovere i fatti dell'11 Settembre vorrebbe dire fargli un favore, e uccidere una seconda volta le vittime.
Non siamo noi a dover "lasciar stare in pace" i defunti, le vittime del terrorismo islamista, sono i terroristi che devono "lasciar stare in pace" i vivi e astenersi dal trasformarli in defunti: finché questo non succederà la memoria dei fatti, e non certo il silenzio, sarà uno dei modi per combatterli.

venerdì 23 giugno 2006

Referendum

Io voterò Sì al referendum confermativo delle modifiche alla nostra Carta costituzionale, e lo farò perché sono convinto che la riforma appena approvata rappresenti un passo avanti rispetto al vecchio assetto costituzionale e al tempo stesso - udite udite - metta una enorme pietra tombale sulle aspirazioni "indipendentiste" (per non dire secessioniste) della Lega.
In effetti, la riforma da poco approvata dal centrodestra da questo punto di vista è un capolavoro: Bossi e i suoi sono stati portati a votare a favore di un testo di riforma costituzionale che non solo non amplia, ma di fatto addirittura riduce i margini di autonomia delle varie Regioni rispetto al testo "pure troppo" federalista a suo tempo approvato dal centro-sinistra.

In pratica il testo attuale introduce dei miglioramenti senza minacciare l'unità nazionale, senza - nei fatti - dare spazio a istanze secessioniste: con la nuova Costituzione la Lega, anche se ne avesse i numeri, non potrebbe mai fare qualcosa di simile a quello che sta succedendo con la Catalogna nella Spagna di Zapatero: proclamare "Nazione" e non più semplice "regione" una parte significativa del Paese.
A parte questo, la nuova Costituzione addirittura reintroduce elementi di "centralismo" che le modifiche apportate dal centrosinistra avevano annacquato o addirittura rimosso dalla Carta costituzionale.

Riporto qui una sintesi (in realtà un taglia-e-incolla di diversi articoli) a opera del giornalista Fausto Carioti:

"Al dunque. Tutte le dichiarazioni che si leggono sulla devolution in queste ore sono false. Non c'è nessuna «demolizione dello Stato sociale nei suoi cardini contenuti nella prima parte della Costituzione: lavoro, informazione, giustizia, sanità, scuola e cultura». Non c'è nessuna «vittoria del movimento più separatista, antitaliano e più estraneo alla civiltà italiana». E' una balla quella del rifondarolo che dice: «I cittadini di ogni regione avranno condizioni differenti di tutela sanitaria, di formazione scolastica e, persino, di sicurezza». Perché queste differenze, per scuola e sanità, già esistono, e con la devolution non cambierà nulla.
La verità è che la modifica approvata, su tutti i temi oggetto della polemica (sanità, scuola, sicurezza) o non cambia nulla o riforma in senso addirittura centralista il testo attuale della Costituzione, quello disegnato dall'Ulivo nella scorsa legislatura.
E per capirlo basta saper leggere. Basta confrontare il testo attuale della Costituzioneil disegno di legge costituzionale che lo modifica. Basta leggere (qui, formato pdf) quello che dice uno dei pochi costituzionalisti senza paraocchi ideologici, come Stefano Ceccanti, di area diessina.
Sanità
Oggi, come stabilisce il testo attuale della Costituzione (articolo 117, terzo comma, quello sulle materie a legislazione concorrente), la sanità è tra le materie per le quali «spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato».
Da domani, una volta varata la devolution (art. 39 del disegno di legge costituzionale), la «tutela della salute» esce dalle materie a legislazione concorrente per entrare in quelle a potestà legislativa esclusiva dello Stato. Alle Regioni va poi la potestà legislativa in materia di «assistenza e organizzazione sanitaria». Quindi, con la devolution, la legislazione in materia sanitaria apparterrà allo Stato, la parte organizzativa alle Regioni.
Potrà apparire confuso, magari lo è, ma di certo non rappresenta un decentramento né un incasinamento rispetto alla situazione attuale, voluta dalla sinistra (in questi anni nessuno ha capito bene come funzionasse la sanità «a legislazione concorrente»). Come riconoscono i costituzionalisti onesti. Tipo, appunto, Ceccanti.
Scuola
Oggi allo Stato appartengono le «norme generali sull'istruzione». Il resto della materia è soggetto a legislazione concorrente, «salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale» (art. 117, comma 3 della Costituzione).
Con la devolution, le «norme generali sull'istruzione» restano potestà esclusiva dello Stato. Mentre «organizzazione scolastica, gestione degli istituti scolastici e di formazione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche», nonché «definizione della parte dei programmi scolastici e formativi di interesse specifico della Regione» diventano potestà legislativa esclusiva della Regione.
Cambia qualcosa? No. Come spiega il costituzionalista, quelle che la devolution assegna direttamente alle Regioni «sono competenze già concesse dal titolo V riscritto dal centrosinistra. E la sentenza 13/2004 della Consulta conferma appunto che le Regioni hanno già quello che la devolution prevede».
Energia, Tlc e infrastrutture
Oggi, si legge nella Costituzione (art. 117, comma 3), «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia», «ordinamento della comunicazione» e «grandi reti di trasporto e di navigazione» sono materie a legislazione concorrente.
Con la devolution, «produzione strategica, trasporto e distribuzione nazionali dell'energia», «ordinamento della comunicazione» e «grandi reti strategiche di trasporto e di navigazione di interesse nazionale e relative norme di sicurezza» diventano materie a legislazione esclusiva dello Stato.
Centralizzazione, quindi.
Sicurezza
Con la devolution, niente polizia regionale. Ma solo «polizia amministrativa regionale e locale». La polizia amministrativa locale già esiste. La differenza è che, con la devolution, le Regioni che vorranno potranno creare una polizia regionale in grado di svolgere solo funzioni puramente amministrative, analoghe a quelle vigili urbani. Che già operano a livello locale. A livello di sicurezza, non cambia nulla.
Clausola di salvaguardia nazionale
Nella devolution spunta la clausola di difesa dell'interesse nazionale (art. 45). In sostanza, un nuovo comma dell'articolo 127 della Costituzione. Che assegna al governo il potere di chiedere alla Regione prima, e se la Regione non fa nulla al Parlamento poi, di annullare una legge regionale qualora ritenga che essa o parte di essa «pregiudichi l'interesse nazionale della Repubblica». Prima una simile norma non c'era, l'Ulivo non ci aveva pensato.
Federalismo fiscale e fondo perequativo (o "di solidarietà")
In questo grande casino dove tutti parlano senza essersi studiati i testi di legge, men che mai la Costituzione (quella in vigore e quella modificata dalla devolution), due sono gli interventi più invocati: la creazione del federalismo fiscale e la creazione di un fondo perequativo, cioè di un fondo di solidarietà, dal quale le Regioni e gli enti locali più poveri possano prendere e nel quale le Regioni e gli enti locali più ricchi debbano mettere. Solo che già esistono. Almeno sulla Carta. Già sono previsti dalla Costituzione attuale, nell'articolo 119, che la devolution appena approvata lascia intatto.
Il federalismo fiscale è previsto nella prima parte dell'articolo 119 della Costituzione attuale, che recita:
«I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa.
I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno risorse autonome. Stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario. Dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio. (...)
Le risorse derivanti dalle fonti di cui ai commi precedenti consentono ai Comuni, alle Province, alle Città metropolitane e alle Regioni di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite».
Domanda: basta questo a dire che nella nostra Costituzione è già previsto il federalismo fiscale? Risposta: sì, perché - almeno a livello costituzionale - altro non serve. Lo dice la stessa Lega Nord, ad esempio in questo documento interno (formato pdf) del 2004, in cui si legge che:
«Il punto da chiarire immediatamente è che il principio che inserisce nel nostro ordinamento il federalismo fiscale esiste già, almeno sulla carta. Il riferimento diretto va al nuovo art. 119 della Costituzione, che si connota per l’attenzione che viene data all’autonomia fiscale delle diverse entità periferiche dello Stato. In esso è stabilito (al primo comma) che “I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa”. Il vecchio articolo 119, invece, si limitava a stabilire che le leggi della Repubblica assicurassero il coordinamento con la finanza dello Stato, delle Province e dei Comuni. (...) È necessario riuscire a coniugare una completa attuazione dell’autonomia finanziaria (così come formulata nel nuovo art. 119 della Cost.)». Dove "nuovo", in questo caso, vuol dire modificato nella scorsa legislatura dalla riforma federalista del centrosinistra.
Discorso identico per la "perequazione", chiesta anche dalla Conferenza episcopale italiana. E' prevista nello stesso attuale articolo 119. Laddove recita:
«La legge dello Stato istituisce un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante».
Non solo. Lo stesso articolo prevede anche ulteriori interventi di solidarietà da parte dello Stato centrale, in aggiunta al fondo perequativo:
«Per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di determinati Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni».
Se il fondo perequativo ancora non è entrato in vigore, è solo perché ancora non è stato applicato il federalismo fiscale. Va da sé che i due meccanismi, che si compensano a vicenda, entreranno in funzione insieme.
Si tratta, va sottolineato, di modifiche introdotte dal centrosinistra sulle quali il centrodestra è pienamente d'accordo, tant'è che ha lasciato l'articolo in questione intatto (qui il testo della devolution per conferma).
Ecco perché non hanno alcun senso i piagnistei di chi grida all'abbandono del Mezzogiorno e al trionfo dell'egoismo localistico (sul quale si potrebbe discutere a lungo). Primo: perché le norme costituzionali che regolano i movimenti di dare e avere tra le diverse Regioni e i diversi enti locali sono quelle già introdotte al termine della scorsa legislatura dal centrosinistra. Tali e quali. Secondo: perché tutto dipenderà da come funzionerà il fondo perequativo, e cioè da quanti soldi redistribuirà tra le diverse aree d'Italia, ovvero da quanti soldi preleverà dalle aree più ricche per darli alle più povere.
Da ambedue questi punti di vista, federalismo fiscale e perequazione/solidarietà, la devolution del centrodestra non cambia nulla. Né a livello costituzionale, né a livello di legge ordinaria.

lunedì 12 giugno 2006

Io sto con le Forze Armate

Aderisco volentieri all'iniziativa dei gemelli.

Ecco il loro post originale:
Le forze armate rappresentano l'unità di un Paese. Ne sono motivo di orgoglio, e fedeli servitori. Perchè le forze armate agiscano con serenità a professionalità, perchè siano quindi efficaci è assolutamente necessario che godano della più assoluta fiducia. Fiducia che deve essere manifestata in primo luogo dalle altre istituzioni. Se però ciò non accade, e anzi si assiste ad atti irresponsabili come quelli a cui abbiamo ossistito in questi giorni, la situazione è molto grave. Quale attaccante continuerebbe a cercare a tutti i costi il goal, se sapesse che lo si vuole sostituire da un momento all'altro, al di là della sua prestazione sul campo? Questa è la situazione in cui sono messe le nostre forze armate. Situazione incresciosa perchè non si tratta di una partita, ma di vita e di morte. Le nostre istituzioni sono indegne e lo sconforto che circola negli ambienti militari ne è la prova. Lo stesso Capo dello Stato continua ad usare frasi troppo di circostanza, ma d'altronde dal Napoletano non ci aspettavamo molto di più.

Poichè dunque le nostre forze armate continuano ad essere umiliate, bistrattate e avversate dalle stesse istituzioni della Repubblica Italiana (fatto di gravità inaudita), riteniamo necessario agire.

Il primo passo non può che consistere nel mostrare in prima persona il nostro sostegno nei loro confronti. Mettendo i loro stemmi sul blog.
Ed ecco il logo, realizzato da Mariniello:


Io sto con le Forze Armate

giovedì 8 giugno 2006

Ucciso Al Zarqawi

Ottime notizie dall'Irak, oggi: il capo dei nazislamisti di Al Qaeda in Irak, Al Masub Al Zarqawi, è stato ucciso nel corso di un raid aereo congiunto portato a termine da forze militari americane e giordane.
(Fonte: Corriere della Sera).

lunedì 5 giugno 2006

Nuovo attentato a Nassiriya, ucciso un militare

Un ordigno è stato fatto saltare in aria al passaggio di un blindato italiano che stava scortando una unità logistica dell'esercito britannico. Al momento si ha notizia di un morto e di quattro feriti - di cui uno in condizioni critiche - fra i militari italiani.
I militari coinvolti nell'esplosione farebbero parte della Brigata Sassari. L'attentato è avvenuto a un centinaio di chilometri a nord di Nassiriya.

sabato 3 giugno 2006

Se il cervello non funziona...

Ieri in piazza San Marco a Venezia i soliti bambocci moralmente e antropologicamente superiori hanno inscenato una manifestazione non autorizzata contro la festa del 2 Giugno e la presenza dei militari in piazza - la solita casarinata, insomma.

Questo il commento del sindaco Massimo Cacciari:
Il loro cervello si vede proprio che non funziona poi tanto bene, perché evidentemente chi ha manifestato in questo modo non sa distinguere tra quella che può essere una critica di tipo politico da quelle che invece sono e restano semplici celebrazioni che riguardano ciò che è successo in un preciso momento storico.
Chi è sceso ed ha occupato piazza San Marco per protestare, in occasione della festa del 2 Giugno, lo ha fatto solo perché non riesce a distinguere bene tra le cose, tra una posizione pacifista contro determinati interventi, che possono anche essere discutibili o sbagliati, rispetto a quella che è una festa, un momento celebrativo dedicato alle nostre forze armate.
(pubblicato sul quotidiano gratuito "Il Mestre/Il Venezia")

sabato 27 maggio 2006

Quote rosa?

Pare che fra le priorità di questo sgangherato governo ci sia anche la questione delle cosiddette "quote rosa" in politica - già: avevamo appena scampato il pericolo di una legge sull'argomento, a opera del ministro Stefania Prestigiacomo, che ci ritroviamo punto e daccapo.
Il mio pensiero sulle quote rosa è questo: sono nettamente contrario. Le persone dovrebbero accedere a delle cariche pubbliche (o private, se è per questo) per merito personale, non perché appartengono a quella che viene considerata una categoria svantaggiata, da proteggere come i panda o gli ultimi dei mohicani.
Inoltre, questa faccenda delle quote rosa è profondamente illiberale e antidemocratica: fissare per legge una quota di rappresentanti femminili in Parlamento significa praticamente stabilire a priori, prima delle elezioni, quale dovrà essere il risultato del voto - una cosa assurda, in democrazia: e se per ipotesi il corpo elettorale decidesse, comunque, di eleggere un 99% di uomini? Cosa si fa, se la legge prevede ad esempio un minimo del 30% di parlamentari donne? Si "lascia fuori" un 29% di maschi democraticamente eletti e si "nominano" parlamentari, d'ufficio, altrettante donne pescate fra le non elette?
Ripeto: assurdo, antidemocratico e illiberale. Non è certamente creando una nuoga categoria "protetta" che si favorisce una reale evoluzione dei rapporti fra i sessi e una reale partecipazione delle donne alla vita politica del Paese; non credo neanche che una legislazione-panda favorirà davvero l'ingresso in politica delle donne più capaci e meritevoli - anzi, dal momento che comunque bisognerà mettere in lista una certa percentuale di donne, da raggiungere in ogni caso, il rischio è che donne anche non all'altezza della situazione vengano cooptate dai partiti al solo scopo di fare numero e di rispettare, almeno formalmente, la legge. Sarebbe davvero un bel risultato, non c'è che dire.

martedì 23 maggio 2006

23 Maggio 1992

Giovanni Falcone
Francesca Morvillo
Rocco Di Cillo
Antonio Montinaro
Vito Schifani

venerdì 19 maggio 2006

Le parole che non ti ho detto

Se Mastella fosse stato nominato Ministro da un Berlusconi riconfermato Presidente del Consiglio, questo articolo del leftist Guardian sarebbe sulle prime pagine di tutti i giornali italiani, e fra le notizie di apertura di tutti i telegiornali.
E' stato così per tutti i cinque anni del governo Berlusconi, quelli del presunto "regime mediatico berlusconiano", quello che soffocava le voci dell'opposizione e della ggente: qualunque notizia, per quanto poco credibile o addirittura palesemente inventata, veniva riportata dai media italiani con grande enfasi (tanto più se proveniva dalla mitica e mitizzata "stampa estera", manco si trattasse delle trasmissioni di Radio Londra durante il fascismo), oggi invece la notizia che, secondo un quotidiano di sinistra come il Guardian, "Italian justice minister (is) linked to mafia inquiry", è passata totalmente inosservata, nessuno ha ritenuto utile o interessante riportarla - ma, si sa, Mastella è un ministro di Prodi, non di Berlusconi.
E' proprio vero, il regime mediatico di Berlusconi è finito: esultiamo...

venerdì 12 maggio 2006

Cavallo bianco(nero) non è cavallo

Ovvero, la Juventus è cosa diversa, altra, rispetto alla Rubentus di Moggi e dei "furbetti del telefonino".
In giornate come questa, da interista, non posso fare a meno di pensare che tutto sommato è bello essere nerazzurri, nonostante la lunga astinenza da scudetto, la sequenza infinita di allenatori ingaggiati e poi trombati a tambur battente, i calciatori primedonne e tutto quanto il resto.
E' bello anche constatare che Moratti in tutti questi anni ha speso sì un sacco di soldi (suoi, peraltro: particolare non secondario), ma li ha effettivamente spesi in calciatori e non, diciamo, in bollette telefoniche.
Detto questo, tenderei a distinguere fra la Juventus e il trio Moggi & Co.: la Vecchia Signora resta sempre una grandissima squadra, indipendentemente dalla cricca di cialtroni che l'ha trascinata nel fango, e i suoi tifosi hanno tutta la mia solidarietà.
Spero solo che non cadano nell'errore di difendere l'operato dei furbetti del telefonino nella convinzione, così facendo, di difendere la squadra: i Furbetti hanno arrecato un danno colossale alla Juventus, e mi auguro che la Juve si costituisca prontamente come parte lesa nei loro confronti.
Mi auguro che la proprietà faccia le necessarie pulizie domestiche (accompagnate, perché no, da un po' di sana autocritica) e che la squadra bianconera, sia pure dopo un doloroso ma, temo, inevitabile "purgatorio" in serie B, torni a essere la squadra che tante soddisfazioni ha saputo dare ai suoi tifosi e al mondo del calcio in generale. Forza, Juventus.

Scurdammoce 'o passato? Meglio di no, stavolta

A Napoli, dopo ormai quasi quindici anni dal famoso "Rinascimento napoletano" annunciato - strombazzato - ai quattro venti e mai tradotto in realtà da Bassolino, dalla Jervolino e dai loro amici e sodali, la situazione è questa: come rimedio ultimo contro i continui scippi, anche di orologi di marca, di cui sono vittime principalmente - ma non solo - i turisti, si faranno trovare ai suddetti turisti, in albergo, degli orologi di plastica del valore di pochi euro da portare al polso al posto dei vari Rolex & C., che verranno gelosamente custoditi in albergo.
Praticamente una resa senza condizioni alla piccola malavita e alla cultura diffusa dell'illegalità, un miserabile fallimento delle politiche "progressiste" che avrebbero dovuto portare a una maturazione del tessuto sociale e culturale e a un riscatto civile e morale della prima città del Sud.
Insomma, l'ennesima vergogna nazionale - una città, al di là degli ovvi e scontati distinguo, platealmente (quasi ferocemente) refrattaria al concetto di legalità - trasformata in farsa, in barzelletta per leghisti, in aneddoto folkloristico già pronto per fare il giro del mondo (immagino i titoli di giornali come la "Bild" o il "Sun"), tanto per dare l'ennesimo colpo all'immagine che di Napoli, dell'Italia e degli italiani hanno all'estero.
Se lo ricordino, questo, gli elettori napoletani.

mercoledì 10 maggio 2006

Con che fa rima Orione?

Francamente non capisco tutta questa soddisfazione che serpeggia a sinistra per il "poker" appena realizzato (Prodi, Marini, Bertinotti, Napolitano): forse gli elettori di sinistra hanno una memoria davvero labile, e hanno dimenticato quanto scritto nel programma che hanno appena votato, o forse sono particolarmente di bocca buona, o forse sono preoccupati del buongoverno e delle regole solo quando a governare sono gli altri.

Quello che riporto è un brano tratto da un editoriale di qualche giorno fa di Galli Della Loggia, dedicato alla allora data ancora per sicura elezione di Massimo D'Alema alla Presidenza della Repubblica: basta sostituire "Napolitano" a "D'Alema", la sostanza non cambia.

"...Ancor più dispiace, dunque, che il giudizio senz'altro positivo sul candidato non possa, però, estendersi facilmente al metodo che sta portando alla sua elezione. Per come è stata costruita e per come si presenta, infatti, la candidatura di D'Alema [Napolitano] alla presidenza della Repubblica è una candidatura assolutamente di schieramento, nata all'interno esclusivamente del gruppo dirigente del centro-sinistra, e portata avanti facendo affidamento soltanto sulla maggioranza dell'Unione. Non per nulla l'ex ministro diessino Vincenzo Visco, autonominatosi da qualche giorno capo del comitato elettorale dalemiano, si è detto sicuro di una confluenza di voti della destra sul suo candidato, ma tanto per farsi capire ha subito aggiunto: «Comunque avrà una sua autosufficienza e non cambierà nulla. Andremo avanti comunque».
A ulteriore chiarimento dello spirito simpaticamente unitario con cui i sostenitori di D'Alema [Napolitano] concepiscono il prossimo appuntamento di Montecitorio sempre lo stesso Visco ha minacciato che qualunque eventuale ostacolo frapposto all'ascesa del Presidente dei Ds «non sarebbe una cosa indolore». Come passare sotto silenzio, poi, l'argomento che si è sentito spessissimo usare in questi giorni, a giustificazione della «non trattabilità» della candidatura D'Alema [Napolitano], e cioè che essa non poteva che essere accettata a scatola chiusa dal momento che «ai Ds bisognava dare pure qualcosa», altrimenti essi avrebbero potuto dare fastidi al prossimo governo Prodi?
Cos' altro dobbiamo sentir dire, mi chiedo, per convincerci che il tasso di spregiudicatezza della partitocrazia della Seconda repubblica ha superato, e di gran lunga, quello della prima? A parte ogni questione di opportunità, la dimensione di duro arroccamento politico con cui è stata fin qui portata avanti la candidatura di D'Alema [Napolitano] contrasta, tra l'altro, e in modo clamoroso, con il modo con cui l'Unione ha condotto cinque anni di opposizione al governo Berlusconi e con il modo con cui essa si è presentata agli elettori. Si legge infatti alle pagine 12 e 13 del suo Programma elettorale, all'interno di un capitolo significativamente intitolato «Il valore delle istituzioni repubblicane»: «L'attuale maggioranza di governo ha applicato alle istituzioni una logica "proprietaria" (..) il rischio è quello di uno squilibrio che porti alla "dittatura della maggioranza" (..) Per rafforzare le garanzie istituzionali (..) eleveremo la maggioranza necessaria per l'elezione del Presidente della Repubblica, garante imparziale della Costituzione e rappresentante dell'unità nazionale».
Anche chi, come chi scrive, non è predisposto a far troppo conto sui programmi elettorali resta tuttavia alquanto sbalordito nel vedere quanto, dopo neppure un mese dalla soffertissima e striminzitissima vittoria elettorale del centro-sinistra, di tutte queste ottime intenzioni in pratica non rimanga in piedi nulla: fino al punto che proprio sulla più delicata forse delle questioni istituzionali, quella della Presidenza della Repubblica, l'Unione potrebbe avviarsi a percorrere la stessa identica prospettiva di «dittatura della maggioranza» appena ieri rimproverata al Polo. Ancora più sbalorditivo è, in questo senso, il silenzio di tomba con cui tutta l'area culturale del centro-sinistra — dai costituzionalisti ai comici, dai politologi e gli storici ai poeti e gli uomini di lettere — che per un quinquennio ci ha instancabilmente ammaestrato sulla concezione illiberale della democrazia fatta propria dalla destra sulla base di un uso spietato del nudo principio di maggioranza, ora taccia intimidita, chiudendo gli occhi sul medesimo uso che del medesimo principio si appresta ora a fare il centro-sinistra."

Insomma, chi ha votato a sinistra perché convinto di una sua presunta "superiorità morale" rispetto al centro-destra, è servito - ma, si sa: ormai le elezioni sono passate, i c...reduloni del centro-sinistra hanno votato come ci si aspettava che votassero, e ora siamo al classico "chi ha avuto ha avuto, e chi ha dato ha dato".

Mi auguro solo che, quando si tornerà a votare (questione di mesi, secondo me), questi c...reduloni non si "scordino 'o passato", come recita la canzone, ma si ricordino di chi li ha presi in giro sventolandogli sotto il naso lo spauracchio del "kattivo berluska ke governa a kolpi di maggioranza".

venerdì 5 maggio 2006

Attentato a Kabul, uccisi due alpini

Nel pomeriggio nuovo attentato contro i militari italiani, questa volta in Afghanistan: un ordigno è esploso poco fuori Kabul al passaggio di due blindati degli alpini, facenti parte della forza multinazionale. Non è chiaro se si sia trattato di una mina o di una IED (Improvised Explosive Device), in pratica una roadside bomb come quella che ha colpito i nostri militari a Nassiriya pochi giorni fa.
Nell'esplosione sono rimasti uccisi Manuel Fiorito, 27 anni, tenente del II Reggimento alpini di Cuneo, e Luca Polsinelli, maresciallo ordinario dell'Esercito, in forza al IX Reggimento Alpini dell'Aquila.
Altri quattro militari italiani sono rimasti feriti: sono i caporal maggiori Giarracca, Clementini e Rivano, e il primo caporal maggiore Mastromauro, tutti del secondo reggimento alpini di Cuneo. Le loro condizioni non destano preoccupazioni: sono stati tutti prelevati dall'area dell'attacco dagli elicotteri italiani di supporto e trasportati al vicino ospedale da campo tedesco.
Questa ondata di attacchi contro le forze italiane prima in Irak e ora in Afghanistan fa ritenere che sia in atto una strategia che tende a mettere sotto pressione il prossimo esecutivo: ai tempi del governo Berlusconi era chiaro ai terroristi che nessun attentato avrebbe mai convinto gli italiani a ritirarsi, ora invece la nuova maggioranza e la nuova compagine di governo vedono al loro interno forze che da sempre si sono dichiarate a favore di un ritiro dalle zone calde - per non parlare poi di quelle aree, si spera marginali, che o inneggiano apertamente ai terroristi chiamandoli "resistenza" o comunque fanno finta di non vedere le bandiere bruciate nelle piazze e di non sentire gli ormai usuali cori di "10, 100, 1000 Nassiriya".
Evidentemente tutto questo viene visto dai terroristi come un segnale di divisione e quindi di debolezza: ecco quindi che tentano, nel loro modo sanguinario, di fare leva sulle contraddizioni presenti all'interno della nuova maggioranza.
Sarebbe bene che il nuovo governo, proprio per dare una risposta chiara e inequivocabile a queste pressioni, rendesse chiaro fin d'ora che l'agenda politica italiana non può essere e non sarà condizionata dalle azioni scellerate di un branco di fanatici terroristi - piccola nota a margine: sarebbe anche bene che alcuni squallidi e ributtanti individui, primo fra tutti il signor (da me non verrà mai chiamato "onorevole") Pecoraro Scanio, si astenessero in futuro dallo sghignazzare senza ritegno durante i funerali dei nostri caduti: in alternativa, se proprio incapaci di trattenersi, si astengano dal presenziare ipocritamente a tali cerimonie.

martedì 2 maggio 2006

2 Giugno, che fare?

Effettivamente, son problemi.
La Moratti (e con lei, idealmente, tutti gli elettori che non hanno votato per le Magnifiche Sorti, E Progressive, del compagno Prodinotti) è già stata contestata il 25 Aprile e poi il primo Maggio: di questo passo immagino che qualche squadrista imbecille sincero democratico proverà a contestare lei e chiunque non sventoli la bandiera rossa anche il 2 Giugno.
Mi sembra "logico", perfino: è la Festa della Repubblica, no? "nata dalla Resistenza", no? (ma soprattutto dalla canna dei fucili americani, sennò col cacchio: gli italiani si sarebbero tenuti il fascismo come minimo per altri 20 anni, come gli spagnoli con Franco), quindi se la Moratti "non aveva il diritto" (peraltro sancito, mi pare di ricordare, da quella Costituzione a cui tanto tengono - a parole - lorsignori) allora a maggior ragione la Moratti dovrebbe tenersi (noi tutti dovremmo tenerci) alla larga anche dalle celebrazioni del 2 Giugno, no?
Attendo con ansia l'autorevole parere dell'ex prefetto Ferrante (non ci dormirò la notte, davvero).

giovedì 27 aprile 2006

Breaking: Attentato a Nassiriya, morti

Almeno due Carabinieri sarebbero rimasti uccisi nell'esplosione di un ordigno avvenuta poco fa a Nassiriya. Morto anche un militare rumeno. Fra gli italiani ci sarebbero almeno tre feriti.

Aggiornamento: I militari italiani morti sarebbero tre, e non due: un capitano dell'Esercito e due Carabinieri. Confermata la morte di un soldato rumeno e il ferimento di un Carabiniere italiano, che verserebbe in gravi condizioni.
Secondo le prime ricostruzioni il mezzo su sui si trovavano i militari inquadrati nella MSU (Multinational Specialized Unit) sarebbe stato investito in pieno dall'esplosione di una roadside bomb; gli altri tre mezzi facenti parte del convoglio non avrebbero riportato danni.
Già nei giorni scorsi una bomba a basso potenziale era esplosa al passaggio di una unità militare italiana, ma senza fare danni degni di nota.

Aggiornamento - 2: Parzialmente ridimensionato, per fortuna, il bilancio dell'attentato: i morti in totale sarebbero tre - un sottufficiale dell'esercito rumeno, un Carabiniere e un militare dell'Esercito. Due carabinieri italiani, e non uno quindi, risultano gravemente feriti.

Aggiornamento - 3: Purtroppo uno dei due italiani rimasti feriti nell'attentato non ce l'ha fatta: è morto poco dopo il ricovero nell'ospedale da campo del nostro contingente.

Dal Corriere della Sera:
I tre morti italiani sono il capitano dell'esercito Nicola Ciardelli, 34 anni, pisano, in servizio a Livorno, il Maresciallo capo dei carabinieri Franco Lattanzio, originario dell'Aquila e in servizio a Chieti e il maresciallo capo dei Carabinieri Carlo De Trizio, del nucleo radiomobile di Roma, deceduto in ospedale. Il militare rumeno è il caporale Hancu Bogdan. Aveva 28 anni e faceva parte della Polizia militare rumena formata da 100 uomini e ospitata a Camp Mittica.
Il carabiniere ricoverato è Enrico Frassinito, 41 anni, maresciallo aiutante Sups del comando provinciale Carabinieri di Padova, a sua volta in gravi condizioni con ustioni su circa il 30% del corpo, ma pare non in pericolo di vita. Nato nel Padovano ma residente a Sommacampagna (Verona), il militare era partito da Verona per l'Iraq circa un mese fa.

mercoledì 26 aprile 2006

I soliti nazicomunisti antisemiti

Rieccoli in piazza, i soliti fascistoni in camicia rossa: come sempre, contro il dialogo e la democrazia; come sempre, dalla parte dei terroristi e di chi vorrebbe un secondo Olocausto.

Segnalo i commenti di Ingrao e Della Loggia.

martedì 25 aprile 2006

Festa della Liberazione

Un pensiero carico di riconoscenza agli oltre 80.000 (ottantamila) soldati americani che persero la vita per liberare l'Italia dall'oppressione nazifascista: senza il loro determinante contributo oggi mangeremmo tutti würstel con crauti, e saremmo tutti bravissimi a fare il passo dell'oca - due cose che, peraltro, aborro a prescindere.

Dahab, Mar Rosso

Tre ordigni fatti detonare a distanza nelle zone di massimo passaggio dei turisti, almeno trenta morti e centosessanta feriti, pezzi di corpi umani dovunque, il sangue che si raccoglie in pozzanghere sul terreno, le indecenti condanne di rito da parte degli amici dei terroristi: insomma, business as usual, tutto come da copione.

domenica 23 aprile 2006

mercoledì 19 aprile 2006

La serietà al governo

In campo internazionale, ad esempio.

Ancora non si è insediato, e già il governo Prodi rischia di incrinare il fronte delle democrazie occidentali contro la barbarie nazista degli integralisti islamici.

Esagero? Bè, indovinate un po' da dove è arrivato il primo riconoscimento internazionale al futuro governo Prodi:
Ramallah, 13 apr. - (Aki) - Il ministro palestinese degli Affari Esteri, Mahmud al-Zahar, si è congratulato con il leader del centro-sinistra Romano Prodi per la vittoria alle elezioni politiche italiane. Zahar, che ha definito una "posizione positiva" quella di Prodi verso il nuovo governo palestinese guidato da Hamas, ha sottolineato "il coraggio e la spiccata coscienza politica" del Professore.
Qualità, queste, che secondo Zahar potrebbero contribuire a "convincere quei paesi dell'Unione Europea ancora indecisi se continuare a sostenere il popolo palestinese e mantenere i contatti col suo governo democraticamente eletto".
Il ministro palestinese si è poi augurato che ''Prodi riesca a correggere l'errato assunto politico europeo nei confronti del popolo palestinese e del suo governo eletto e che ciò si traduca concretamente nel rispetto per l'autodeterminazione del nostro popolo e l'accettazione della sua scelta democratica".
Da dove nasce tutto questo entusiasmo dei nazisti di Hamas? Da alcune recenti dichiarazioni del nostro Prodino, dichiarazioni come questa:

"Mi impegnerò direttamente a livello europeo per definire una nuova posizione nei confronti del nuovo governo palestinese avendo guardato con molta attenzione ai segnali d'apertura di Hamas"
Romano Prodi, 13 Aprile 2006

"Segnali di apertura di Hamas"? Ma certo, Romano, come no.

giovedì 13 aprile 2006

Come cantava Sergio Endrigo...

"La festa appena cominciata /
è già finita /
Il cielo non è più con noi /
La solitudine che tu mi hai regalato /
io la coltivo come un fior."

Amen

martedì 11 aprile 2006

Chiacchiere e distintivo

Montezemolo penoso: parlando del dopo-elezioni dice che "bisogna mettere l'impresa al centro dell'agenda politica", parla di "completamento" della legge Biagi, di efficienza e di competitività.

Peccato: pare che Bertinotti, Rizzo e Diliberto abbiano in mente altre priorità - ma forse Montezemolo questo non lo sapeva, quando faceva campagna elettorale per Prodi.

E usare il Rasoio di Occam, per una volta nella vita?

Non appena si è sparsa la notizia dell'arresto di Provenzano è scattato il solito festival della dietrologia un tanto al chilo, a conferma del fatto che gli italiani proprio non si rassegnano a vivere in un mondo dove quello che appare bianco potrebbe davvero (pensate un po') essere bianco e quello che appare nero potrebbe davvero essere nero - troppo facile, si capisce, troppo naîve, troppo da sempliciotti e gli italiani, si sa, sono tutti furbissimi, sanno tutto, vedono tutto, capiscono tutto, a loro non la si fa, nascono già imparati...

Siamo alle solite, insomma, alla solita cultura italiana del complotto e del cui prodest: se lo arrestano adesso, perché lo arrestano adesso; se lo arrestavano sabato, perché l'hanno arrestato sabato; se non lo arrestavano proprio, e come mai non riescono ad arrestarlo dopo 40 anni...

La stessa cosa, mutatis mutandis, che fanno quelli che a ogni inchiesta della magistratura su Berlusconi, Previti, Mediaset si chiedono immancabilmente: come mai proprio ora, prima (durante, dopo) la campagna elettorale per le amministrative (europee, politiche)? Coincidenza???

E se poliziotti e magistrati, in questo come in altri casi, in realtà non avessero fatto altro che fare il proprio lavoro, con le difficoltà, i ritardi, i passi falsi, gli errori madornali, le improvvise alzate d'ingegno e i colpi di fortuna che nel loro lavoro ci stanno tutti?

No, eh? Troppo facile, agli italiani non la si fa, certo....

La Gioiosa Macchina Da Guerra - reloaded

Ovvero: "Governeremo per cinque anni giorni".
Complimentoni.

domenica 9 aprile 2006

Prove generali di felicità al potere

Massimo D'Alema: "E' interesse del Paese che il risultato elettorale non metta Berlusconi nelle condizioni di essere il leader dell'opposizione".

E' interesse del Paese.

Evidentemente, qual è l'interesse del Paese lo decide D'Alema, non i cittadini, non gli elettori, non il Paese.

A proposito: ma non era il "moderato e rassicurante" (?) Prodi, il futuro Capo del Governo?
Ancora non si è insediato che già la sinistra lo scavalca, avallando di fatto le affermazioni di Berlusconi ("Prodi è solo un prestanome messo lì per non spaventare gli elettori moderati, ma i veri leader dello schieramento sono ben altri")?

Pare quindi che, nell'interesse del Paese ("per il bene dell'Italia", come da titolo del loro progamma) il futuro (?) governo D'Alema-Bertinotti (stendiamo un velo pietoso sulla testa di legno che si appresta a firmare gli assegni in bianco), farà sì che alle prossime elezioni si possano presentare solo candidati simpatici, carini, politicamente corretti ma, soprattutto, politicamente innocui: i candidati veramente pericolosi, quelli in grado di mettere in forse una loro riconferma alla guida del Paese, verranno messi preventivamente in condizione di non nuocere - insomma, altro che leggi ad personam: aspettiamoci delle leggi contra personam, e per giunta "nell'interesse del Paese" (e non nell'interesse di chi ha occupato la stanza dei bottoni, per carità: loro votano pensando al bene comune, si sa...).

Questa cosa mi suona perlomeno altrettanto inquietante quanto la "felicità" che Prodi vorrebbe "organizzare" per tutti noi: anche in questo caso, evidentemente a sinistra sanno che cosa rende felici gli italiani (loro sono moralmente e antropologicamente superiori, si sa, quindi queste cose le sanno, e basta) e faranno di tutto per procurarglielo - che gli italiani lo vogliano o no.

Buon voto a tutti.

venerdì 7 aprile 2006

Statistiche Fondo Monetario Internazionale

Subject Description20012002200320042005
Gross domestic product based on
purchasing-power-parity (PPP) per capita GDP
25856,95726266,08926754,86227480,08828670,245
Gross domestic product based on
purchasing-power-parity (PPP) valuation of country GDP
1487,3141509,8371537,6881582,0601653,289
Inflation, annual percent change2,32,62,82,12,0
Unemployment rate9,59,08,78,38,2

...

CountrySubject Description20012002200320042005
FranceGross domestic product based on
purchasing-power-parity (PPP) per capita GDP
25471,60425944,57726317,84127046,65728145,462
FranceGross domestic product based on
purchasing-power-parity (PPP) valuation of country GDP
1551,6351588,7621619,5911671,1001745,946
FranceInflation, annual percent change1,81,92,22,42,1
FranceUnemployment rate8,58,99,49,49,0
GermanyGross domestic product based on
purchasing-power-parity (PPP) per capita GDP
26657,96426961,80927351,09528104,14829204,401
GermanyGross domestic product based on
purchasing-power-parity (PPP) valuation of country GDP
2194,9902223,8912256,0002318,1142408,867
GermanyInflation, annual percent change1,91,31,01,81,3
GermanyUnemployment rate7,98,79,69,79,5
ItalyGross domestic product based on
purchasing-power-parity (PPP) per capita GDP
25856,95726266,08926754,86227480,08828670,245
ItalyGross domestic product based on
purchasing-power-parity (PPP) valuation of country GDP
1487,3141509,8371537,6881582,0601653,289
ItalyInflation, annual percent change2,32,62,82,12,0
ItalyUnemployment rate9,59,08,78,38,2

...

Prodi no, però




Lui, Prodi, non è coglione per niente, anzi... (leggere per credere).

giovedì 6 aprile 2006

Prodi l'Europeo

Ieri a Torino Romano Prodi, con la sua solita prosopopea e maschera da uomo serio, ha raccontato la vicenda di Berlusconi impegnato nella disputa contro Martin Schultz al Parlamento Europeo. Ha detto di essersi profondamente vergognato: io c’ero, mi sono coperto la faccia con le mani dalla vergogna.

Ecco invece come ci copriva di vergogna lui, e noi tenuti all’oscuro dalla stampa di regime:

Romano Prodi: “le gaffes lastricano la sua strada". In quasi tutti i governi (europei) cresce l’irritazione verso l’uomo al vertice della più importante istituzione europea. E, quel che è quasi peggio per l’uomo e per il suo incarico, Prodi sempre meno viene preso sul serio
.
(Die Welt 17/07/2001) E meno male che il loro slogan è "La serietà al Governo". Roba da matti.

Prodi è un problema per l’Europa, non essendoci modo per agevolarne l’uscita e non essendoci cenni di dimissioni volontarie i leader europei hanno la possibilità di lavoraci assieme, il che puo’ essere impossibile, o più spesso di lavoragli attorno.
(Times 02/02/2002)

Per la stampa europea e anche mondiale, la questione è chiara da tempo: Romano Prodi è il peggior presidente che la Commissione abbia mai avuto. Sotto il suo regno, l’esecutivo europeo ha perso la sua autorità sia morale che politica. Non è un caso se parla sempre meno ai Consigli europei dei capi di stato e di governo: l’ottobre scorso, al summit d’autunno sull’economia, l’uomo semplicemente non ha detto una parola, sebbene l’economia sia appunto la materia naturale della Commissione. Un solo paese ignora tutto di questa triste realtà: l’Italia.
(Liberation 27 Settembre 2003)

L’operato di Prodi a Bruxelles, benché deriso in quasi tutta Europa, è motivo di orgoglio per molti italiani.
(Times 17 Maggio 2004) Poveri noi, in mano a quattro comunisti che lo beatificano.

"La performance di Romano Prodi come presidente della commissione europea è stata orrenda. L’ex premier italiano è l’uomo sbagliato per l’incarico. Non ha dimostrato né larghezza di vedute né l’attenzione ai dettagli richiesta per uno dei ruoli più difficili del mondo. Manager incapace, non sa comunicare, con un’allarmante propensione alle gaffe"
(The Financial Times 27 maggio 2004)

Romano Prodi, dal bilancio discusso, lascia una commissione indebolita … senza carisma, pessimo comunicatore, Romano Prodi è accusato di lasciare un’Europa senza progetto e una commissione che non ha più l’attenzione dei capi di Stato e di governo. Sotto la sua presidenza la Commissione non è stata in grado di rappresentare l’Europa sulla scena internazionale … Prodi è stato anche regolarmente accusato di utilizzare le sue funzioni a Bruxelles per pesare sulla politica italiana
.
(Le Monde 21/06/2004 )

(Prodi) non sa parlare, non sa imporre l’autorità della commissione sugli egoismi nazionali, non ha alcuna capacità di pensare in grande e presentare una visione strategica del futuro dell’Unione.
(Der Spiegel 10/10/2004 )

Prodi: Un dilettante catapultato su una poltrona troppo importante per lui.
(The Financial Times 10/10/2004)

(…) He talked up his achievements, but critics declared him the worst president in the history of the EU. (…) Charles Grant, the europhile director of the Centre for European Reform think-tank, said: He has been the most unsuccessful president in the history of the EU. (…) He came to power saying that his priority was to purge the EU’s institutions of fraud, but last year it emerged that millions of euros had vanished without trace into secret bank accounts opened by the officials of Eurostat, the EU’s statistical agency.
(Times, 26 ottobre 2004)

Capito? Mentre lui parlava di obbiettivi raggiunti e di lotta alle frodi comunitarie, qualcuno gli faceva notare che parecchi milioni di euro erano svaniti come neve al sole, senza lasciare traccia, ma dove secondo voi? Nei conti segreti aperti da funzionari dell’Eurostat. Aveva la truffa sotto il naso e cianciava di combatterla. Lui, il peggior presidente della storia.

Altre note reazioni:
Al momento della nomina di Prodi, Helmut Kohl esclama: “ma siete matti?” (e dovrebbe essere suo amico).
Il Financial Times traccia il giudizio finale sulla sua presidenza: “Performance Orribile”.

Dulcis in fundo:
Emma Bonino: Prodi, cervello piatto. Oggi la Bonino è una sua fedele alleata.

Quando uscì di carica qualcuno si peritò di tracciarne un bilancio equilibrato, il miglior giudizio era questo:

Graham Mather, president of the right-leaning European Policy Forum, said: “He’s shown no understanding of the market-opening and foreign policy agenda. He’s shown no intellectual leadership, and has been prone to many gaffes.” Times, 26-10-2004

Strepitoso il marmo tombale che gli piazza un giornale come Liberation:
According to Jean Quatremer, the veteran correspondent of Libération in Brussels, the world’s press agrees that Romano Prodi is the worst President of the European Commission ever. The Eurostat affair, which has destroyed any pretence that the reputation of the Prodi Commission has cleaned up the act of its predecessor, comes after a long period in which the President himself has seen his own authority ebb away remorselessly. At last October’s economic summit, he literally said nothing, even though the economy is supposed to be the Commission’s patch. The only country which is not aware of Prodi’s terrible reputation, says Quatremer, is Italy. This is because the majority of the press is hostile to the Berlusconi government, and sees in Romano Prodi the man who has the greatest chances of beating him (Trad. dal fancese, Liberation 27 settembre 2003, vedi sopra, con aggiunta dell’European Foundation).

Per chi non conosce l’inglese (la traduzione parziale è nel primo passaggio sopra): Secondo Jean Quatremer, corrispondente storico di Liberation da Bruxelles, tutta la stampa mondiale considera Prodi il peggior presidente di commissione mai visto. L’affaire Eurostat, che ha distrutto ogni minima speranza di veder mutate le cose rispetto ai predecessori, arriva dopo un lungo periodo nel quale il presidente ha perso autorevolezza senza nemmeno rendersi conto. Da ultimo, nel summit dei ministri economici di Ottobre, non ha detto nulla… il solo stato nel quale Prodi non ha una terribile reputazione è l’Italia. Questo è dovuto al fatto che la maggioranza della stampa è ostile al governo Berlusconi e vede in Romano Prodi un uomo che ha grandi possibilità di batterlo.

Già. Peccato che il mio blog ieri abbia raggiunto solo 900 visite e 1400 pagine, con il contatore bloccato a metà pomeriggio e nonostante l’intoppo dei commenti dalle 17 in poi. Dovevano leggermi gli indecisi, per orientarsi bene prima di decidere.

Questo è l’uomo che si vergogna di Berlusconi e che pretende di governarci. L’uomo che la Bbc ha recentemente (ed efficacemente) descritto così: “Mr Prodi does not lead his own party - he is the creature of other forces.”

Ps.: gli utenti che usano IE troveranno la novità del captcha, la misura antispam, particolarmente utilizzata dalla piattaforma blogger.com - Inserite la cifra prima di inviare il commento. La mail può essere tralasciata.

Aggiornata la pagina Magazine, con nuova vignetta del Gabbiano (insomma: apritela ogni giorno, vi conviene).

Ipse dixit:
"Ho lasciato l’incarico di Presidente della Commissione Europea salutato da una standing ovation del parlamento europeo" - Romano Prodi, 28 settembre 2005. Corriere della Sera