giovedì 31 marzo 2005

Zimbabwe, vigilia di cambiamento?

Elezioni nello Zimbabwe, un tempo conosciuto come "il granaio d'Africa" e oggi scosso dalla fame e dalle carestie in seguito alla disastrosa politica socialisteggiante di esproprio delle terre perseguita dal padre-padrone del Paese, Robert Mugabe:
Un progetto ambizioso, partito da una considerazione non del tutto sbagliata: non è equo che l’80 per cento delle terre coltivabili sia in mano alle famiglie degli ex coloni bianchi.

Ma la sua applicazione è stata disastrosa: terre meravigliose e fertili sono finite nelle mani inette dell’elite politica e militare del Paese e ha favorito famiglie e amici dell’ex combattente della libertà, Robert Mugabe, trasformatosi via via negli anni, in megalomane e feroce dittatore.

Risultato, i campi rigogliosi (il granaio dell’Africa, era chiamato una volta lo Zimbabwe), si sono tramutati in distese desolate ed ora il Paese soffre di carestia e fame.

La disoccupazione è alle stelle e i coltivatori bianchi, odiati da Mugabe, sono diventati i beniamini dei poveri e dei diseredati, neri.

Restano il simbolo del male soltanto per il vecchio ottantunenne tiranno e i suoi accoliti che, dietro un’ideologia socialisteggiante («lotta al colonialismo e al razzismo»), nasconde soltanto interessi economici della cricca al potere.

(...)

Nei giorni scorsi l’arcivescovo di Bulawayo (seconda città del Paese), Pius Ncube, ha lanciato un appello: «Cacciamo il dittatore scendendo in piazza, con manifestazioni pacifiche e composte, come hanno fatto in Ucraina». «Se le elezioni saranno libere e corrette – sentenzia Heather Bennet, leader del partito di opposizione - non ci sono problemi, le vinceremo Se invece il governo imbroglierà, sarà l’unica strada da seguire. Sono pronta ad imboccarla».
(articolo completo sul Corriere della Sera)

Quanto ai brogli, sembrano quasi certi:

The MDC and Western observers said both those votes were rigged. Thursday's election has already been branded unfair by both the United States and the European Union. (Reuters)

Polls are opening in Zimbabwe for an election that President Robert Mugabe has promised to make fair and free.

But the European Union and other international observers say his suppression of the opposition has made a sham of the election, calling it "phony." (CNN International)

Mugabe's camp still uses such rough tactics as withholding food from villagers who support the opposition, human rights workers say. And there have been dozens of arrests for participating in such political activity as candidate-voter meetings or hanging campaign signs.

But in the face of strong international pressure, Mugabe is seeking to convince the world that he can stage a fair election, analysts here say. The violent tactics of recent elections, such as beatings, torture and murder by government supporters, have declined, according to human rights workers. The government has also eased restrictions on access to airwaves, though they are still dominated by Mugabe's message that members of the opposition are traitors who want to reestablish Zimbabwe as a British colony. (Washington Post)

mercoledì 30 marzo 2005

Scelta del nome, giornata conclusiva

Le votazioni per la scelta del nome dell'aggregatore di blog liberali (nel senso più ampio del termine) continuano: attualmente è in (leggerissimo) vantaggio "Tocqueville" (al 39%), seguito da "The right nation" (al 36%).

Il mio preferito, "West Village", è al 17%, ormai tagliato fuori dalla corsa (abbiamo già ampiamente superato il 50% dei votanti).

A questo punto ho deciso di fare "campagna elettorale" per "Tocqueville", e ho iniziato modificando in tal senso la mia scelta.

Trovo che l'alternativa, "The right nation", non sia infatti l'ideale come nome: nel contesto USA, dove è nata, ha un suo senso preciso ("right" viene volutamente usata nel doppio significato di "destra" e "giusta"); qui in Italia invece verrebbe percepita solo nel significato di "destra", mentre la nostra aggregazione (e questo secondo me è il suo punto di forza) comprende una varietà di orientamenti, dai neocon "americani" ai liberali ai riformisti di centro ai liberal-socialisti ai radicali: definirla "di destra" sarebbe inesatto, schematico e riduttivo - e, in ogni caso, ci penseranno già i soliti conformisti antropologicamente superiori ad etichettarci così: per loro, chiunque non la pensi come loro è, per definizione, un pericoloso reazionario (tranne la giovane Mussolini in Lazio, si capisce: lei è invece, almeno fino al 4 Aprile, la speranza del sol dell'avvenire).

Personalmente non mi sento "di destra", non nel significato che tradizionalmente si dà in Italia alla parola destra - fra i partiti politici esistenti, quello che sento più vicino è quello radicale - quindi, dovendo scegliere fra Tocqueville e Right nation, a questo punto non posso che votare e invitare a votare per Tocqueville.

Ce la possiamo ancora fare, le "urne" chiudono questa notte allle 24: votate votate votate!

martedì 29 marzo 2005

Aggregazione blog: aperte le votazioni sul nome

Per la scelta del nome andare sullo Yahoo! Group Ideazione Bloggers, cliccare su POLLs e votare, entro mercoledi h 24.

Io ho votato West Village, per la cronaca :-)

Per il voto è necessario essere iscritti al database di Ideazione Bloggers.


lunedì 28 marzo 2005

Individuato Al Zarqawi?

Abu Musab Al Zarqawi, il terrorista (resistente, per le nostre giornaliste con la pashmina; partigiano, per il prodinottiano Gianni Vattimo) che regge le fila di Al Qaeda in Irak, sarebbe stato individuato e circondato dalle forze di sicurezza irachene:

«E’ circondato in una certa area - ha detto in una conferenza stampa il ministro dell'Interno iracheno Falah Al-Nakib. Speriamo per il meglio. L’operazione è in corso».
Speriamo.


sabato 26 marzo 2005

L'antifascismo intermittente

Così Pierluigi Battista sul Corriere della Sera (il grassetto è una mia aggiunta):
Non c’è niente di peggio, per le sorti di un principio considerato irrinunciabile e addirittura fondativo di una comunità politica e morale, del sospetto di un suo uso strumentale.

E quando per calcoli politici il valore dell’antifascismo, sorgente morale dell’Italia repubblicana, «religione civile» di una Nazione che vuole recidere ogni legame con un passato imbarazzante, viene improvvisamente offuscato e messo da parte dagli stessi che sino a un attimo prima ne hanno veementemente custodito le ragioni, risulta difficile sottrarsi a quella sensazione di strumentalità e di inautenticità.

(...)

È stupefacente constatare quanto siano stati rari, a sinistra, i commenti indignati sui (presunti, beninteso) aiuti che singoli esponenti dell’opposizione avrebbero generosamente fornito alla Mussolini per la raccolta delle firme necessarie alla presentazione di una lista dichiaratamente neofascista.

(...)

Nessun proclama di intransigente difesa dell’antifascismo, nessuno scandalo per le croci celtiche e talvolta per una non del tutto dissimulata inclinazione antisemita che fa da contorno alle manifestazioni di un partito la cui unica attenuante parrebbe essere la complicazione dei destini elettorali del centrodestra.

Ben altro vigore e indignazione hanno mosso, poco più di un mese fa, molti intellettuali (e l’Anpi) che hanno visto nella legge pensata per conferire lo status di «belligeranti » a chi militò sotto le bandiere della Repubblica Sociale un inammissibile tentativo di parificare le ragioni di chi ha combattuto per la libertà con quelle di chi ha combattuto dalla parte dell’oppressione e dell’anti-libertà.

A difesa dei valori dell’antifascismo scrissero e si mobilitarono Nicola Tranfaglia e Maurizio Viroli, stilarono appelli, tra i tanti, Margherita Hack e Giovanni De Luna, Aldo Agosti, Giuliano Procacci, Rosario Villari.

Ma c’è qualcosa che sconcerta nel silenzio che, in pochissimo tempo, ha modificato l’allarme in una forma di torpore nei confronti del sostegno attivo, o anche dell’inespresso compiacimento, serpeggiante a sinistra per un partito orgogliosamente fascista.

Fascista sì, ma meritevole di indulgente attenzione solo perché «oggettivamente » alleato nella battaglia finale contro l’avversario principale.

Questo mutamento ingenera inevitabilmente la sensazione che l’antifascismo possa essere adoperato come un elastico, da tendere o allentare a piacimento.

Poco male, se tutto questo fosse rubricabile nella categoria del tatticismo.

Molto male, perché a essere compromesso rischia di essere proprio l’antifascismo.

Un valore troppo importante per diventare la posta in palio di mediocri beghe politiche.

Hanno La Faccia Come Il Culo

Prima l'Unità (la versione online non merita neanche un link; la versione cartacea non merita neanche di essere usata per raccogliere la merda dei canarini) riporta senza minimamente verificarla (complimenti, ottima lezione di giornalismo) la testimonianza di un ebreo ex deportato nei lager nazisti che dichiara che il padre di Storace (il padre: ma non si è sempre detto - principio elementare di buon senso, oltre che del diritto - "le colpe dei padri non ricadano sui figli?") lo avrebbe fermato e picchiato nel 1941 a Roma.

Ma già: perché verificare la notizia, visto che è perfetta per spalare merda su di un nemico?

E qui verrebbe da chiedersi come mai il nemico Storace viene attaccato con l'accusa di essere il figlio (notare bene, il figlio) di un presunto fascista picchiatore di ebrei - accusa immediatamente rivelatasi totalmente, platealmente, clamorosamente falsa - mentre invece l'avversaria Mussolini e i neonazisti (veri) suoi alleati vengono coccolati e aiutati - neanche troppo sottobanco - da tanta parte della sinistra antifascista e antropologicamente superiore.

Quando Storace poi replica che suo padre (morto nel 1999, e quindi non più in grado di difendersi da solo dalle accuse) nel 1941 viveva a Sulmona (in Abruzzo) e non a Roma e che, soprattutto, aveva solo 12 anni, il direttore dell'Unità non trova di meglio che porgere scuse formali (per fatti meno clamorosi di questo nei Paesi anglosassoni un direttore di quotidiano a) licenzierebbe il/la giornalista responsabile del falso e/o b) darebbe le dimissioni) e auspicare che tutti si impegnino ad abbassare i toni della polemica.

Ma tutti chi? Vi risulta che altri giornali, di altre aree politiche, in questi giorni abbiano pubblicato notizie false, infamanti e gravemente lesive dell'immagine e dell'onorabilità di altri candidati alle elezioni regionali? A me, no.

Hasta La Victoria Siempre

Lexi ci ricorda sobriamente, dati alla mano, chi era l'eroe della sinistra il cui volto campeggia sulle magliette dei pacifinti senza se e senza ma.

mercoledì 23 marzo 2005

Resistere, resistere, resistere - anche in libreria

Ieri sera ho fatto un salto nella nota libreria di sinistra del mio quartiere (Feltrinelli, al confronto, è il paradiso dell'editoria conservatrice) in cerca dell'ultimo numero di Ideazione.

Guarda caso, non era disponibile: avevano di tutto, dalla Rivista Del Perfetto Nogglobal Devastatore di Bancomat al Bollettino Dei Pacifinti Armati Per Il Comunismo Islamico fino alla Guida Pratica All'Antisemitismo Viscerale Travestito Da Critica Al Governo Sharon, ma Ideazione proprio no.

Una semplice coincidenza, immagino.

Sono uscito senza comprare niente, neanche un Segnalibro in Cartoncino Equo E Solidale Prodotto Da Lavoratori Non Geneticamente Modificati E Non Bevitori Di Coca-Cola, e fatti quattro-passi-quattro ho trovato l'introvabile rivista nella prima edicola che mi è capitato di incrociare.

Altri dodici euri versati alla Bieca Reazione e alla Stampa Di Regime.

martedì 22 marzo 2005

Portale liberale, si parte

Tutti i bloggers che vogliono partecipare alla piattaforma comune con il proprio blog si devono registrare presso il Gruppo Yahoo apposito. La registrazione va fatta esclusivamente via web e si deve aggiungere il proprio blog al database (nella colonna a sinistra, visibile solo ai membri). Non si tratta di una mailing list (solo i moderatori possono eventualmente mandare messaggi) ma è il punto di partenza per sapere chi c'è e parteciperà all'aggregator.

lunedì 21 marzo 2005

Nuovi link moralmente inferiori

Quattro new entry: Robinik, Across The Border, Il Megafono, Un Bloggo.

Come sempre, buona lettura.

P.S.: Se volete essere inseriti nell'elenco, segnalate il vostro blog al mio indirizzo e-mail (vedi in alto a destra - e dove, se no?)

giovedì 17 marzo 2005

Liberonet

Dal blog Le Guerre Civili:
Centinaia di blogger di cultura liberale, credenti e laici, hanno sentito la necessità di una piattaforma comunicativa comune, in grado di aggregare i loro singoli interventi e permettere uno scambio e una crescita dei contenuti culturali e politici. Scopo dell’iniziativa è combattere la cultura politica al cui centro è Romano Prodi. Nello stesso tempo alcuni Think tank e strutture di formazione, alcune testate giornalistiche di area liberale e cristiana si sono resi disponibili a supportare l’iniziativa.

FORME DEL NET

Si tratta di creare una rete di blog e interconnetterla attraverso Aggregator, dotato di una pagina che raccoglie gli interventi (per mezzo di RSS feeds) dei blog collegati al Net. Nella pagina dell’Aggregator confluiscono i post. La redazione seleziona gli interventi più significativi, e li divide per aree (vedi infra). Portale, il quale ha il compito di raccogliere i contenuti dell’Aggregator, sintetizzando life style, culture politiche, iniziative e restituirli al territorio. Il Portale sarà gestito e redatto dai Tink tank e dai media promotori dell’iniziativa. Home newspaper, o giornale quotidiano da stampare in casa, scuola, sul lavoro. Sintesi di Aggregator e del Portale (infra) Media tradizionali, attraverso un format televisivo e radiofonico che abbia come tema il mondo dei blog, il suo linguaggio, la cultura neocapitalista, la satira politica.

AREE TEMATICHE DEL NET

  • Politica e geopolitica;
  • Scuola e Mass media watch;
  • Lavoro e aziende. Area dedicata al mondo della produzione, con attenzione al collegamento Scuola-Impresa;
  • Famiglia;
  • Cristianità e laicismo;
  • Arti e Scienze;
  • Musica. L’area musica prevede una pagina di aggregazione nella quale sarà possibile inviare non post, ma Mp3 autoprodotti. Si potrebbe pensare a una “incisione on demand”.

HOME NEWSPAPER

La redazione che gestisce il Net potrà redigere un giornale quotidiano, stampabile da ogni utente del net sulla propria stampante di casa, a scuola, nel luogo di lavoro, a costo zero.

CONCEPT E CLAIM

Il blog è per sua natura liberale, ed è il migliore strumento per dare forma al pensiero dei singoli e renderlo disponibile sul web.

La società globale ha bisogno di diversità e creatività.

La sinistra integralista, rappresentata da Romano Prodi, offre un modello inadeguato a comprendere la complessità del mondo moderno, che richiede responsabilità individuale, competizione, capacità di vedere il mondo e le relazioni in termini di “profondità” e non solo di superficie. Il modello neo-sociale prodiano delega la riflessione personale, la spiritualità, il pensiero, la vita quotidiana in famiglia e nel mondo del lavoro e della scuola, a strutture che offrono tutela agli individui in cambio di delega politica: una variante soft della società collettivista.

Non a caso il blog, Internet, e tutte le tecnologie e gli strumenti di una democrazia possibile e contemporanea, sono visti con diffidenza da quella cultura politica e vengono duramente combattuti dai regimi totalitari.

Secondo un sondaggio della SWG, relativo a “quali termini fossero più direttamente associati all’idea di sinistra” (Il Riformista del 10 marzo 2005), “…il merito individuale è un elemento che identifica la sinistra per meno del 25%” (al contrario, per esempio, di eguaglianza -valore per oltre il 90% degli intervistati- e di tutela dell’individuo, valore identitario per l’85%).
Anche la parola “talento” [individuale] è significativa per il 25% soltanto.
Ambizione individuale raccoglie solo il 10% delle segnalazioni dei simpatizzanti di sinistra che la assegnano come valore di destra all’80%.
L’idea di rischio è approvata dal 12%.
Il concetto di Competizione raccoglie il 4%! Eccellenza meno del 20%!
La Affermazione di sé è un valore di sinistra (quindi un valore in assoluto…) per il 9% del campione…
E’ un quadro disastroso, che suscita preoccupazione negli ambienti della sinistra riformista, ed è il segnale del fallimento di un modello basato sulla dissoluzione di tutti i valori e di ogni istanza individuale. Delegando alla macchina collettiva la tutela di sé, si creano le premesse per una sconfitta del pensiero e della società. Né è meno grave che tutto ciò si realizzi sotto l’apparenza di una politica dei diritti.

Il blog è democratico: diamo voce alla persona e al pensiero.

NOTIZIA

Siamo in fase di studio, analisi dei costi e dei soggetti che promuovono l'iniziativa. A ogni step, daremo conto qui.
Nel frattempo, propongo una fase di brainstorming. Più semplicemente: potete segnalare suggerimenti, critiche, idee, nei commenti o alla mail del blog Le Guerre Civili o c/o Sorvegliato Speciale.
Incluso il nome da scegliere.

martedì 15 marzo 2005

Fini è un fascista, questi invece sono bravi ragazzi

Questo pare essere il pensiero (almeno fino al giorno delle elezioni: dopo, non si sa) di molti (troppi?) esponenti dell'Unione prodinottiana e dei suoi ornamenti "antifascisti" senza se e senza ma, quelli che al congresso di Rifondazione Comunista hanno dato del venduto a Leo Gullotta, reo di avere partecipato a uno sceneggiato sulle Foibe ("Venduto, vergognati. Ti fai i soldi sulle foibe e poi vieni qui a parlare dei partigiani!").

Da un editoriale di Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera:

«Falsar per un fascista / non è reato». Potrebbe essere questo, se avessero il dono dell’autoironia, il nuovo slogan di tanti amministratori «rossi» finiti nei guai per aver messo il timbro su un bel po' di firme fasulle presentate da Alternativa Sociale. Sia chiaro: sempre meglio dell’urlo originale «uccidere un fascista non è reato». Meglio la «sòla» del sangue. Il moltiplicarsi di casi in tutta Italia, con l'apertura di inchieste anche in Liguria e in varie città lombarde, sta creando a sinistra crescenti imbarazzi. Al punto che un dirigente della Quercia, il segretario provinciale di Imperia Giovanni Barbagallo ha detto al Secolo XIX , udite udite, che «è arrivata una direttiva del partito che dice di non commentare la vicenda e non rilasciare interviste».
La grana non è solo legale.

(...)

Ma su due punti la sinistra deve davvero fare i conti con se stessa. Il primo: crede davvero Livia Turco, cui va riconosciuta solo l'attenuante di un’antica amicizia con la nipote del Duce, di poter parlare di «accanimento»? Non si era detto per anni, a sinistra, che Berlusconi e i berlusconiani non avevano il diritto di usare le parole «accanimento giudiziario», inaccettabili e offensive per la magistratura, neppure dopo decine di inchieste perché «conta solo se il reato è stato commesso o no»?

(...)

Il secondo punto è ancora più politico.La lista «Alternativa sociale» non è una tra le tante liste di pensionati, umanisti, nostalgici o cinofili cui forse (forse) si può dare un aiutino senza macchiarsi l’anima. Certo, la Mussolini è, come scrisse Ferrara, una «pazzotica simpatica ma non del tutto compresa nel suo ruolo di statista».

(...)

Ma è anche una che ha detto che «i principi del fascismo sono ancora validi», che un giorno entrò alla Camera con una maglietta con scritto «Boia chi molla», che ha rotto con Gianfranco Fini dopo la famosa sortita sul «male assoluto» dicendo che «il male assoluto non è il fascismo, ma piazzale Loreto».

Non bastasse, ha raccolto intorno a sé una serie di personaggi additati per anni a sinistra come il peggio del peggio del nostalgismo fascista. Come Adriano Tilgher, cui sono dedicate pagine e pagine del libro Fascisteria di Ugo Maria Tassinari, segretario oggi di Forza Nuova dopo essere stato lo storico braccio destro di Stefano Delle Chiaie ed esser stato condannato per ricostituzione del disciolto partito fascista. O Luca Romagnoli, l'eurodeputato segretario del Movimento Sociale Fiamma Tricolore che il 22 ottobre scorso, anniversario della Marcia su Roma, era alla testa del corteo che attraversò la capitale tendendo le mani nel saluto romano, urlando slogan contro gli immigrati e sventolando le bandiere della X Mas. O ancora Roberto Fiore, che dopo anni di latitanza in Inghilterra tornò nel 1999 in Italia perché era ormai estinta la pena (5 anni e sei mesi) che gli era stata inflitta come promotore «della associazione terroristica denominata Terza Posizione». O ancora Toni Serena, il deputato ex-leghista buttato fuori da An perché, dopo aver contestato la Giornata della Memoria dicendo che non bisognava ricordare solo gli ebrei, dopo aver definito «pericolosa acrimonia» il rifiuto di onorare insieme nei cimiteri di guerra i ragazzi tedeschi travolti dalla guerra e le SS, aveva chiesto al nostro governo di emettere «formale protesta» contro la Svizzera per tutelare la «libertà di pensiero» del «signor Gaston Armand Amaudruz», condannato da un tribunale elvetico per avere «contestato la veridicità dell’olocausto ebraico a opera dei tedeschi».

Per carità, se la sinistra ritiene arrivato il momento di una riconciliazione, lo dica. Ma strillare indignazione contro chi contesta il 25 aprile e insieme fare i furbetti con i Tilgher, i Fiore, i Romagnoli o i Serena per fare danni alla destra...
Già: l'importante, per questi centrosinistrati, per questi grandi statisti alle vongole, per questi aspiranti Salvatori della Patria minacciata dal "neo-duce Berlusconi" è arrecare danno allo schieramento nemico, con qualunque mezzo e a qualunque costo -e pazienza se, nel corso della brillante operazione, ci si ritrova a dare del "fascista" a quelli di Alleanza Nazionale, rei di appartenere alla Casa delle Libertà, mentre contemporaneamente si va a braccetto con dei nazisti negazionisti e con dei veri e propri terroristi nostalgici del Duce: il fine giustifica i mezzi e, ça va sans dire, il nemico del mio nemico è mio amico, sempre e comunque.

Eccolo, il nuovo che avanza, la classe politica moralmente e antropologicamente superiore: e il bello è che ci credono pure. Che tristezza.


Matteo Vanzan

Segnalo, e invito ad aderire:

Venezia e il Veneto vogliono essere presenti e partecipare alla ricostruzione dell'Iraq favorendo il ripristino e la successiva riapertura di tre asili a Bagdad, nonché l'avviamento di corsi di formazione destinati a giovani iracheni disoccupati, contribuendo a riavviare un processo di normalizzazione nella vita della popolazione locale.

La scuola di formazione professionale sarà dedicata a Matteo Vanzan, il Lagunare di Camponogara del Reggimento Serenissima morto in Iraq lo scorso 16 maggio, a dimostrazione della volontà di dare un significato al sacrificio del nostro conterraneo.

Con un piccolo contributo sarà possibile far rifiorire queste opere, che sono sostanzialmente pronte a ripartire a breve e che necessitano solo di alcuni aiuti di carattere materiale per riprendere il proprio servizio educativo.

Per versare il tuo contributo: Conto corrente n. 6015.1000.5838 aperto presso la Sede di Venezia della Cassa di Risparmio di Venezia - ABI 6345 - CAB 02000
Una iniziativa di:

Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura - Venezia
Cassa di Risparmio di Venezia
Confartigianato Provinciale di Venezia
Associazione Volontari per il Servizio Internazionale

In collaborazione con:

Il Gazzettino
TeleVenezia
7 Gold

Con il contributo di:

Regione del Veneto

e con il patrocinio di:

Provincia di Venezia
Comune di Camponogara

(postato anche su Venezia City Blog)

lunedì 14 marzo 2005

Spagna: Al Qaeda manda al governo il PSOE

Così era intitolato un mio post del 15 Marzo 2004:
Significativo, al riguardo, quanto scrive il quotidiano El Mundo:
"Los españoles castigan al PP y dan el poder al PSOE

El PSOE ha ganado las elecciones generales. Con el 97,94% escrutado, el PSOE logra 163 diputados y el PP baja a 148. La influencia de los atentados del 11-M parece clave en el vuelco electoral, ya que los socialistas consiguen una victoria que no auguraba ninguna encuesta publicada la semana pasada.

(...)

Los efectos de los atentados del 11-M parecen haber sido decisivos en el vuelco electoral que experimenta el panorama político."
Il terrorismo come continuazione della politica con altri mezzi? Colpire i Paesi alleati degli USA così da far salire al governo persone e partiti più disposti, almeno tendenzialmente, a una politica (suicida) di appeasement col nemico islamo-fascista? Divide et impera, insomma?

Naturalmente all'epoca i soliti blogger collaborazionisti e gli utili idoti antropologicamente superiori smentirono indignati che potesse esserci un qualunque collegamento fra la mattanza di Madrid e la vittoria di Zapatero, nonostante fossero già abbondantemente disponibili informazioni precise, conferme autorevoli, di prima mano:

(...)

Il documento di Al Qaeda di 42 pagine è stato redatto e diffuso alla fine del 2003. Ma soltanto ora viene riscoperto per la sua impressionante previsione della strage di Madrid e del risultato delle elezioni. "Per costringere il governo spagnolo a ritirarsi dall'Iraq, la resistenza deve infliggere dei pesanti colpi alle sue forze. Seguiti da una campagna propagandistica per illustrare la realtà della situazione in Iraq. Dobbiamo sfruttare al massimo la scadenza elettorale. Noi riteniamo che il governo spagnolo non sopporterà che due o tre attacchi al massimo prima di essere costretto a ritirarsi sotto la pressione popolare. Se non lo dovesse fare, la vittoria del partito socialista sarà pressoché certa e il ritiro dall'Iraq sarà una delle sue priorità".

(...)

Ora, con il solito ritardo, qualcuno a sinistra comincia ad ammettere apertamente quello che era apparso ovvio fin da subito:

Oggi a Madrid il ricordo degli attentati islamici che aprirono la via al ritiro delle truppe dall'Iraq e alle riforme di Zapatero. Ed è difficile negare che la direzione e gli effetti del cambio spagnolo siano di un segno straordinariamente positivo per la Spagna e per l'Europa, se proprio non si vuole scomodare il mondo.

Inutile negare - come per un pò hanno fatto senza troppa convinzione gli stessi socialisti spagnoli - che senza i 192 morti di Madrid l'11, Zapatero non avrebbe vinto il 14.

Ma un anno dopo Zapatero ha mostrato che, volendo, si può.
Maurizio Matteuzzi, il manifesto - 11 marzo 2005

In ritardo, come al solito, ma alla fine l'hanno ammesso.

domenica 13 marzo 2005

Mussolini: soccorso rosso anche in Lombardia

Dopo le vicende relative al "soccorso rosso" fornito da esponenti del centro-sinistra prodinottiano alla lista Alternativa Sociale della Mussolini, lista appoggiata da formazioni neo-naziste (complimenti agli "antifascisti" dell'Unione), ora esplode un caso-Mussolini anche in Lombardia e - indovinate un po'? - anche qui spunta la manina degli (anti?)fascisti D.O.C. del centrosinistra:

MILANO - Secondo An, ci sono state irregolarità anche in Lombardia nella raccolta delle firme per la presentazione delle candidature di Alternativa Sociale. A ribadire questa tesi è il coordinatore regionale di Alleanza Nazionale, Massimo Corsaro.

A Lecco, ad esempio, ha denunciato Corsaro, «Alternativa Sociale ha prima ottenuto i certificati di iscrizione elettorale e poi ha presentato le firme».

A Milano, ha aggiunto Corsaro, «abbiamo avuto modo di constatare» che la lista di Alessandra Mussolini «ha presentato circa 1.800 firme tutte certificate nello stesso giorno, cosa peraltro fisicamente impossibile, da un consigliere comunale milanese del centrosinistra, una esponente dell'Italia dei Valori.

Chissà che cosa ne pensa Antonio Di Pietro, che un tempo faceva parte di Mani Pulite...».

«Le irregolarità sono talmente gravi ed evidenti - ha concluso Corsaro - che non c'è stato bisogno di fare ricorso. Le autorità competenti facciano pure controlli specifici sulle firme di Alternativa Sociale e riscontreranno irregolarità ».

Per Corsaro le firme raccolte sono false «perché portano dati di esponenti di An che in prima persona escludono di avere mai firmato per Alternativa Sociale».

A Cremona, invece, un esponente del Nuovo Psi, Enrico Vidali, ha presentato un esposto contro Alternativa Sociale per le presunte firme false sui moduli delle liste per le prossime elezioni regionali in Lombardia.

Il rappresentante del vecchio Psi, attraverso la moglie dipendente dell'ufficio anagrafe, avrebbe scoperto che la sua firma, quella della moglie e quella della madre, apparivano in calce ai moduli di Alternativa Sociale senza che i due avessero mai siglato le liste.

Qualche ora dopo la presentazione dell'esposto anche il sindaco di Cremona, Giancarlo Corada, ha ammesso di essere a conoscenza di «gravi problemi» nel corso della raccolta delle firme di liste per il movimento Alternativa Sociale.

Nel frattempo la Mussolini, novella martire del reggime berlusconiano, ha annunciato che da lunedì inizierà a mettersi a dieta uno sciopero della fame per protestare contro "il golpe" che in Lazio ha escluso la sua lista (e ti credo: oltre 900 firme sono risultate false...) dalla competizione elettorale.

Chissà, magari potrebbe fare uno sciopero della fame "a staffetta" con i suoi nuovi compagni di merende dell'Unione, sul genere di quello organizzato per quell'altra ottima personcina di Giuliana Sgrena...

sabato 12 marzo 2005

Intervista su Iran e democrazia

Su Ideazione è in linea una intervista ad Aryo Pirouznia, presidente del Movimento studentesco per la democrazia in Iran. L'intervista è stata realizzata da Stefania Lapenna, che è titolare di Freethoughts e di Free and secular Iran, uno Yahoo Group.
"Nonostante i mass media in Italia non lo riportino, la resistenza popolare contro i Mullah è un dato di fatto. Gli iraniani sarebbero pronti a rovesciare il regime della Repubblica Islamica, se solo l’Occidente desse loro una mano. Per saperne di più..." LINK.



venerdì 11 marzo 2005

Dittatura della maggioranza?

Se vivessimo in un Paese normale potrei liquidare la questione con una battuta: la "dittatura della maggioranza" esiste già da (parecchio) tempo, e si chiama democrazia.

Chi raccoglie più consensi governa, chi perde le elezioni sta all'opposizione e si prepara a governare a sua volta, in caso di successiva vittoria.

L'alternativa è la dittatura della minoranza, dove un partito politico (come nei regimi comunisti, ad esempio Cuba, Cina, Corea del Nord, o nazional-socialisti, come l'Irak di Saddam e la Siria di Assad) o un gruppo etnico (come nel Sudafrica ai tempi dell'apartheid) o religioso (come nell'Afghanistan dei talebani o nell'Iran degli ayatollah) governa un Paese senza tenere conto della volontà, delle opinioni e delle legittime aspettative dei suoi cittadini.

Sfortunatamente, però, l'Italia è tuttora ben lontana dall'essere un Paese normale, e quindi le parole di Romano Prodi (sia pure dettate da motivazioni contingenti e strumentali, e in particolare dall'avvicinarsi della prossima scadenza elettorale) meritano di essere prese in considerazione.

Così sembrano pensarla anche i miei amici radicali, a giudicare da questa dichiarazione di Daniele Capezzone.

Certo, poi va anche aggiunto che Prodi e i suoi compagni del centro sinistra risulterebbero più credibili, come paladini della libertà e della democrazia, se negli ultimi mesi avessero detto e fatto meno cose che vanno esattamente nella direzione opposta (vedi l'oscena posizione filo-terroristi sull'Irak, vedi la grottesca vicenda delle "primarie" da fare se e solo se l'unico candidato a presentarsi sarà Prodi stesso, vedi le dichiarazioni di Bertinotti sull'abolizione della proprietà privata, vedi la censura che Prodi ha imposto a dei siti Web che avevano osato fare satira non sul governo o su Berlusconi ma - incredibile dictu - su di lui).

Antifascisti? Dipende

Per la sinistra (sic) italiana i radicali sono nemici, e i supporter neonazisti della Mussolini sono amici?

Se lo chiede, non senza ragione, Harry:, e oggi anche il Riformista ha qualcosa da dire:

QUESTIONE MORALE.
Pannella rifiutato e Mussolini aiutata?


Non sappiamo se per davvero qualcuno nel centrosinistra abbia attivamente e truffaldinamente aiutato Alessandra Mussolini a raccogliere le firme necessarie per poter svolgere, alle prossime elezioni regionali, un’azione di disturbo nei confronti del centrodestra.

Ci auguriamo davvero che non sia vero, anche se tutta Italia sa che, da tutte le parti, questo giochetto è avvenuto in passato (era del resto il motivo che spinse i radicali a denunciare una condizione di illegalità e a chiedere ospitalità).

Se però fosse vero, si tratterebbe di un errore madornale, un po’ come fare un buco nella barca in cui si viaggia per far dispetto al compagno di viaggio. La barca su cui sono tutti i partiti è il bipolarismo. Riformarlo si può, affondarlo non si deve.
E aiutare una lista anti-bipolare e anti-sistema a inceppare il bipolarismo solo per fregare l’altro polo equivale a un tentativo di auto-affondamento.

Dimentichiamo la questione morale: la Mussolini si accompagna - per necessità elettorali, crediamo - con tizi che hanno fatto del negazionismo sull’Olocausto e dell’antisemitismo lo scopo della loro azione politica.

La sinistra dovrebbe fare di tutto per impedire che entrino nei consigli regionali, non il contrario. Dimentichiamo pure la questione politica: se passa il principio che il nemico del mio nemico è mio amico, se si finisce per non capire che la svolta di Fini sul fascismo è un bene per tutti e per l’Italia, e che i nostalgici del Duce vanno isolati, diventa poi difficile dire - come pure ha detto Marrazzo - che il proprio schieramento è antifascista e quello di Storace no.

Restiamo invece alla questione del bipolarismo e di come lo si difende. E ricordiamo al centrosinistra che ha di recente rifiutato ospitalità alle liste radicali sulla base di questo ragionamento: dovete dirci con chi state, dovete aderire se non al programma quantomeno allo scopo ultimo, che è quello di rovesciare Berlusconi. Si è chiesta cioè a Pannella una scelta di campo in nome del bipolarismo. La Mussolini, invece, chiede voti contro il bipolarismo, dichiara esplicitamente che vuole sabotarlo, e ci sentiamo francamente di escludere che, se un giorno vi volesse rientrare, lo farà dalla parte del centrosinistra. Dunque, quale sarebbe la logica di un soccorso rosso? Per un pugno di voti in più, vale la pena di dannarsi l’anima?

11 marzo 2004

Dodici mesi fa le stragi islamo-fasciste nelle stazioni di Madrid: 192 morti, quasi duemila feriti.

Sul Corriere della Sera.

giovedì 10 marzo 2005

Nessuno vi trattiene

Un post di Camillo segnala quanto scritto su questo blog olandese (qui in versione inglese):

About Giuliana Sgrena

Mr. Harald Doornbos is a veteran war reporter. He is no archetypical hawk nor a staunch supporter of the United States. In fact, he used to be a reporter for the communist newspaper 'De Waarheid' (The Truth, or Pravda, if you like) before it went bust. (This doesn't necessarily mean he was ever a communist, by the way. De Waarheid used to be a huge employer.)

However, this doesn't make him overly sympathetic towards Giuliana Sgrena, the Italian journalist who was held hostage by Iraqi insurgents. Some snippets from this article which was published today in a Dutch Christian broadsheet.

'Be careful not to get kidnapped,' I told the female Italian journalist sitting next to me in the small plane that was headed for Baghdad. 'Oh no,' she said. 'That won't happen. We are siding with the oppressed Iraqi people. No Iraqi would kidnap us.'

It doesn't sound very nice to be critical of a fellow reporter. But Sgrena's attitude is a disgrace for journalism. Or didn't she tell me back in the plane that 'common journalists such as yourself' simply do not support the Iraqi people? 'The Americans are the biggest enemies of mankind,' the three women behind me had told me, for Sgrena travelled to Iraq with two Italian colleagues who hated the Americans as well.

(Doornbos goes on to explain how the women demeaned him for travelling as an embedded reporter with the US military, for security reasons. They didn't want to hear about any safety concerns.)

'You don't understand the situation. We are anti-imperialists, anti-capitalists, communists,' they said. The Iraqis only kidnap American sympathizers, the enemies of the Americans have nothing to fear.

(Doornbos tells them they're out of their mind.)

But they knew better. When we arrived at Baghdad Airport, I was waiting for a jeep from the American army to come pick me up. I saw one of the Italian women walking around crying. An Iraqi had stolen her computer and television equipment. They were standing outside shivering, waiting for a cab to take them to Baghdad.

With her bias Sgrena did not only jeopardize herself, but due to her behavior a security officer is now dead, and the Italian government (prime minister Berlusconi included) has had to spend millions of euros to save her life. It is to be hoped that Sgrena will decide to have a career change. Propagandist or MP perhaps. But she should give up journalism immediately.

Rolli traduce le parti salienti:
“Stai attenta a non farti rapire” ho detto alla giornalista italiana che era seduta accanto a me nell’aereo che ci portava a Bagdad. “Oh no” ha detto “Non può succedere. Noi siamo dalla parte del popolo iracheno oppresso. Gli Iracheni non hanno intenzione di sequestrarci”.
Non è molto cortese essere critici verso una collega. Ma l’atteggiamento della Sgrena è una vergogna per il giornalismo. O non è lei che, sull’aereo, mi ha detto di rimando che “sono proprio i giornalisti come te che non aiutano il popolo iracheno”? “Gli americani sono i peggiori nemici dell’umanità” mi hanno detto le tre donne dietro di me, perché la Sgrena andava in Iraq con due colleghe italiane che, come lei, odiavano gli americani.
(…)
“Non capisci la situazione. Siamo anti-imperialiste, anti-capitaliste, comuniste” dicevano. Gli iracheni sequestrano solo chi simpatizza per gli americani, i nemici degli americani non hanno niente da temere”.
(Doornbos dice loro che sono fuori di testa)
Ma loro sapevano giudicare meglio. Quando siamo arrivati all’aereoporto di Bagdad, stavo aspettando che una jeep americana mi venisse a prelevare. Ho visto una delle italiane che girava gridando. Un iracheno le aveva rubato il computer e l’equipaggiamento televisivo. Erano rimaste fuori a tremare, mentre aspettavano un taxi che le portasse a Bagdad.
Con il suo pregiudizio la Sgrena non solo ha messo a repentaglio sé stessa, ma a causa della sua condotta un ufficiale dei servizi è morto, e il governo italiano (incluso il primo ministro Berlusconi) ha dovuto pagare milioni di euro per salvarle la vita. C’è da sperare che la Sgrena decida di cambiare carriera. Propagandista o parlamentare forse. Ma dovrebbe lasciar perdere il giornalismo immediatamente."
Che dire? Se davvero la Sgrena e le altre eroiche giornaliste impegnate, con grande sprezzo del pericolo, nella resistenza mondiale al capitalismo sono così convinte che il comunismo sia il Paradiso in Terra e che l'America (con tutti gli annessi e connessi: cosette certo di poco conto, meramente, marxianamente "sovrastrutturali" - come ad esempio la democrazia, la libertà economica, politica e individuale, il pluralismo - ma a cui il sottoscritto è scioccamente affezionato) sia la peggiore minaccia per l'umanità, perchè non ne traggono le necessarie conseguenze e vanno a vivere e a lavorare in una delle tante "zone liberate" del pianeta?

Penso in particolare a Cuba, alla Corea del Nord, alla Cina comunista (non parliamo dei vili lacché imperialisti di Taiwan, per carità!), ma anche alle ridenti terre islamiche non ancora lordate, come purtroppo l'Irak, dal contagio democratico.

Non sto facendo della facile ironia a buon mercato, dico sul serio: perché continuare a soffrire in questi schifosi Paesi occidentali devastati dal cancro del liberalismo, oppressi da questo maledetto libero mercato tanto diverso dalla sana, vecchia, efficientissima (lo si è visto, no?) economia socialista, centralizzata e pianificata?

Perché subire l'affronto, come giornaliste, di doversi confrontare tutti i giorni con persone che (incredibile!) la pensano diversamente da te e di dovere, ogni santo giorno, inventarsi qualche nuova balla propagandistica per convincerle che l'Occidente è il Male Assoluto, e che solo nel comunismo sono riposte le speranze dell'umanità?

Perchè continuare a vivere in un Paese, anzi in un Sistema che ti permette di sparare qualunque cazzata ti passi per la testa o di esprimere una qualunque critica al Governo senza finire in prigione per vent'anni, dove nessuno si sogna di negare il tuo diritto a possedere un'auto, una casa, dei beni personali (mica come nel paradiso descritto da Bertinotti, finalmente libero da quel retaggio medievale che è la proprietà privata!) , dove gli anticomunisti e i non-comunisti circolano liberamente per le strade, liberi di complottare contro il Sol Dell'Avvenire - e quindi, in definitiva, contro l'Umanità - anziché essere rinchiusi negli appositi Istituti Psichiatrici e nei Centri di Rieducazione Ideologica?

Chi scrive ormai non ha più speranza, è stato irrimediabilmente avvelenato dalle tossine del liberalismo, e non ha neanche più la forza e la lucidità mentale per rendersi conto di quanto miseranda sia la sua condizione di schiavo del capitale, per rendersi conto di essere vittima di un sistema oppressivo, autoritario, criminale e feroce oltre ogni immaginazione: ma voi siete "anti-imperialiste, anti-capitaliste, comuniste", voi siete tuttora in grado di vedere oltre la cortina fumogena della cosiddetta "democrazia" borghese, voi siete ancora in grado di constatare che in realtà il Re è nudo, voi avete ancora l'intelligenza e la lucidità necessarie per non farvi inghiottire dalla Grande Farsa capitalistica: approfittatene, e fuggite via finché siete in tempo, prima che Il Sistema normalizzi anche voi!

mercoledì 9 marzo 2005

I 400 proiettili erano (forse) 12

Questo è quello che appare dalle immagini dell'auto usata dagli agenti del SISMI mostrate dal TG1: pochi proiettili, pare una dozzina (avete letto bene: dodici, non quattrocento: 12-400 fa -388, se può interessare) avrebbero colpito un pneumatico dell'auto, il lunotto e un paio di finestrini - tutto qui: niente fori di proiettile sulla carrozzeria, niente auto "crivellata, ridotta a un colabrodo" (sic), niente che faccia anche lontanamente pensare a un agguato da parte di militari armati fino ai denti e intenzionati a fare una strage (come, d'altra parte, avevo già scritto qualche post fa).

Una sequenza di foto è stata pubblicata dal Corriere della Sera (cliccate sulle singole miniature per visualizzare le immagini).

Ora, e solo ora, la Sgrena dichiara:
Non ho mai detto che gli americani volessero uccidere me, ho detto solo che la meccanica di questo fatto è la meccanica di un agguato.

E, ancora:
Giuliana Sgrena inoltre non conferma di essere in possesso di informazioni tali da aver motivato un «agguato degli Usa al convoglio italiano» riferendosi alle dichiarazioni del compagno Pier Scolari che aveva affermato: «Volevano ucciderla perché sapeva troppo».

Eppure, fino a ieri ha sostenuto in più occasioni che l'auto su cui viaggiava era stata investita da un gragnuola di colpi, da una vera e propria pioggia di fuoco, e di avere contato nell'imbottitura del sedile accanto al suo "decine di fori di proiettile": non mi pare che abbia fatto molti sforzi per prendere in considerazione l'eventualità di un incidente, o per smentire la tesi dell'agguato (come però implicitamente - e forse inconsapevolmente - fa con le dichiarazioni riportate qui sopra) , nè mi pare che la sua testimonianza coincida con i dati di fatto che stanno emergendo in queste ore.

E quindi?

Poche ore dopo la diffusione del primo video della giornalista rapita avevo scritto:
Apparentemente quindi siamo alla vigilia di una campagna politico-mediatica basata sul ricatto (dall'Irak) e sulle menzogne e sulla malafede (qui in Italia), una campagna che - duole dirlo - vede ancora una volta gli islamo-fascisti nemici della democrazia e del popolo iracheno e i "pacifisti" di casa nostra muoversi di concerto, con un tempismo e una sincronia francamente impressionanti.
Mi auguro ancora di sbagliarmi ma, alla luce degli ultimi sviluppi, forse avevo sottovalutato l'entità e la portata di questa campagna.

lunedì 7 marzo 2005

Bin Laden? Il Padre della Democrazia

Impagabile l'attacco di questo articolo pubblicato sul quotidiano leftist (avevate dei dubbi?) "The Guardian", intitolato, con riferimento agli ultimi sviluppi in Libano, "La rivoluzione dei cedri":
Has Osama bin Laden started a democratic revolution in the Middle East? One of very few universally valid laws of history is the law of unintended consequences. The effects of what men and women do are rarely those they intend, and sometimes they are the exact opposite. If that happens here, it would be hard to imagine a nicer illustration of the law.
Suppose al-Qaida had not destroyed the twin towers in New York. Would the Middle East be in such ferment? Would there be demonstrators for Lebanese independence on what people have already called "liberation square" in Beirut? Would there now be a serious beginning for a Palestinian state, elections (however flawed) in Iraq and even tiny palm shoots of democratic reform in Egypt and Saudi Arabia? And would the democratisation of the wider Middle East be a central preoccupation of American and European policy?

E supponiamo invece che dopo il "9/11" gli americani avessero reagito come hanno reagito gli europei della "vecchia, saggia Europa", francesi e tedeschi in testa, o come i "pacifisti", se cioè anziché andare a stanare il nemico a casa sua avessero optato per la politica - tanto, tanto europea - dell'appeasement: cosa sarebbe cambiato in Medio Oriente, e non solo?

Ve lo dico io: niente, assolutamente niente.

Ma naturalmente, per il Guardian, se oggi in Medio Oriente iniziano a spirare venti di libertà - per la prima volta dopo secoli di oppressione - il merito non è degli americani e dei loro alleati, non è del rozzo cowboy Bush: il merito è di Osama Bin Laden, novello Padre Della Democrazia.


Sgrena: "I miei rapitori? Mai considerati nemici"

Dal Corriere della Sera:
Lei ha detto di essere stata trattata bene dai rapitori.
«Confermo. Perché?»

Nel suo primo video sembrava disperata.
«Lo ero. Non ero ancora riuscita a versare una lacrima fino a quel momento, e io sono una che piange spesso. Quando ho parlato di Pier, mi sono messa a piangere».

I rapitori cosa le avevano detto?
«Mi avevano chiesto di drammatizzare. Era un momento difficile, perché ero in una fase di grande incavolatura. Ero rabbiosa, litigavo. Non capivo i loro motivi».

Quali erano le sue sensazioni nei loro confronti?
«Non mi sono mai sentita una loro nemica. Non era facile, la mia era una posizione di sottomissione. Ma ho cercato di capirli, attraverso le frasi che scambiavamo».
Ma certo, che nemici: in Irak i soli, veri nemici sono gli okkupanti amerikani e i loro servi italiani, compresi i colleghi di Nicola Calipari, fino a ieri definiti "sbirri" ed equiparati a dei pericolosi golpisti (ricordate l'eterna litania sui "servizi segreti deviati e al soldo della reazione"?).

Galli Della Loggia: qualche domanda sul complotto

Anche Ernesto Galli Della Loggia, sul Corriere della Sera, ha delle domande da porre sul presunto complotto amerikano; alcune riecheggiano le mie di sabato:
Nell’Italia sotto choc per la morte di Nicola Calipari l’emozione sta facendo dire e scrivere a molti parole che forse appena fra qualche giorno potrebbero risultare esagerate se non imbarazzanti. Naturalmente siamo i primi a capire, e in certa misura addirittura a condividere, ciò che sta dietro quell’emozione. Per esempio l’angoscia di Giuliana Sgrena che si è vista sequestrare dagli stessi che credeva di difendere, che è stata per un mese prigioniera dell’ignoto e della paura, e che infine è stata a un passo dalla morte, salvata solo dal sacrificio di uno dei suoi liberatori. Angoscia, lo sappiamo bene, non solo sua, ma di certo anche di tanti compagni a lei vicini. Ma se la comprensibile emozione mette capo ad affermazioni senza mezzi termini e crudamente polemiche come quelle che leggiamo in queste ore sul Manifesto , e che in modo meno reciso echeggiano anche altrove, sia almeno consentito porre qualche (crediamo) non irragionevole domanda.

A cominciare da quella decisiva. E cioè: davvero, come titola il «Quotidiano comunista», quello di Nicola Calipari è stato un «omicidio preventivo», e dunque premeditato? Davvero, come scrive Rossana Rossanda, gli americani hanno sparato «per uccidere» e dunque siamo di fronte a «un assassinio»? Davvero è un quadro condivisibile quello dipinto dalla stessa Rossanda di una soldataglia yankee arrogante, imberbe e/o ebbra di whisky, seguace della «massima nazionale: prima spari e poi vai a vedere»? e che obbedisce senza fiatare all’ordine: «Quando passano quegli italiani, liquidateli»? E davvero dobbiamo fidarci dell’intuito di Giuliana Sgrena quando ci dice che molto probabilmente avevano ragione i suoi rapitori allorché le hanno detto «gli americani non vogliono che tu torni» e poi, aggiunge di suo, che sempre loro, sempre gli americani «non vogliono che il nostro lavoro testimoni che cosa è diventato quel Paese con la guerra e nonostante quelle che chiamano elezioni». (Quasi che la stampa Usa, invece, scriva quel che vuole il Pentagono o, se tanto mi dà tanto, che anche i giornalisti americani siano allora tutti in pericolo di vita; e quanto alle elezioni irachene che non andrebbero chiamate elezioni, come crede la Sgrena che debbano chiamarsi?).

Ancora: quali mai potevano essere le «informazioni» in possesso della Sgrena tali, secondo il suo compagno Pier Scolari, da giustificarne l’assassinio da parte degli americani pur di non vederle divulgate? E infine: davvero dobbiamo credere che la vettura degli italiani sia stata colpita da «400 pallottole, da una pioggia di fuoco» (Scolari), dobbiamo credere a Giuliana Sgrena quando dice di aver raccolto con le sue mani sul sedile «grappoli di pallottole», ma che in questa intenzionale gragnuola di colpi di un blindato contro un’auto neppure corazzata solo un passeggero alla fine sia rimasto ucciso? Almeno a noi queste sembrano tutte domande ragionevoli.

Così come ci sembra ragionevole chiederci in conclusione: ma se a Washington era stato deciso che la giornalista italiana doveva morire, come mai, invece, per sua e nostra fortuna è sopravvissuta? Cosa ha fatto fallire il complotto? E perché mai sono stati addirittura lasciati in vita i due italiani, sicché poi testimoniassero dell’agguato? Intendiamoci: è possibile che per ognuna di queste domande ci siano risposte adeguate. Ma, se è così, allora speriamo che oggi, a mente più fredda, politici e commentatori di ogni partito si dedicheranno per l’appunto a dare queste risposte. Perché se vogliamo iniziare con gli Usa un braccio di ferro, possiamo benissimo farlo: ma sapendo che non saranno certo le emozioni e le parole forti a farcelo vincere.

domenica 6 marzo 2005

sabato 5 marzo 2005

Una domanda a voialtri imbecilli in malafede

Quindi, secondo la tesi prevalente in certa sinistra, gli americani hanno intenzionalmente aperto il fuoco contro gli italiani per - come dire? - marcare il proprio dissenso rispetto all'approccio italiano alla questione dei rapiti (nessun cedimento sul piano politico, ma sì a concessioni sul piano economico).

Bene.

Oppure, secondo la tesi prevalente fra i compagni dell'estrema (A)sinistra noglobal e pacifinta, gli americani hanno intenzionalmente aperto il fuoco contro gli italiani al fine di uccidere Giuliana Sgrena, impedendole così di fare chissà quali sgradite rivelazioni (lo ha detto il compagno della Sgrena, Pier Scolari, specificando: "...è stato un agguato premeditato dagli americani...").

Bene. Benissimo.

Solo, una domanda: gli italiani erano a bordo di una normalissima auto di serie, neanche blindata; gli americani erano a bordo di un mezzo blindato equipaggiato con mitragliatrici leggere e mitragliera pesante, in grado di polverizzare un'automobile con al massimo una ventina di proiettili.

Secondo le testimonianze della Sgrena e dell'agente del SISMI sopravvissuto, di proiettili gli americani ne hanno sparati tre o quattrocento, evidentemente non con la mitragliera pesante: vista la sproporzione dei mezzi in campo, se davvero erano lì per uccidere gli italiani, come mai non ci sono riusciti?

Un mezzo blindato apre il fuoco, con l'intenzione di uccidere, contro l'equivalente locale di una Fiat Duna, e due dei tre occupanti dell'auto riportano solo ferite leggere?

I presunti sterminatori americani se ne accorgono e, anziché finire gli italiani con una ulteriore innaffiata di proiettili, si limitano a spegnere i loro cellulari (dei terroristi avrebbero potuto usarli per comunicare con i loro complici), a disarmare l'agente ferito (per quanto ne sapevano loro in quel momento non era un agente italiano ma un sospetto terrorista) e a chiamare il soccorso medico?

Sarebbero questi, i feroci killer freddamente determinati a far tacere a tutti i costi Giuliana Sgrena?

Ma vi ascoltate, quando parlate?

venerdì 4 marzo 2005

Giuliana Sgrena liberata con la forza

Secondo le ultime notizie, Giuliana Sgrena non sarebbe stata rilasciata dai suoi rapitori ma liberata manu militari da una unità armata di cui facevano parte alcuni agenti del SISMI, il servizio segreto militare italiano.

Purtroppo uno degli agenti italiani, il funzionario del SISMI Nicola Calipari, sarebbe morto; e, tanto per cambiare, dopo le due (si)mone anche Giuliana Sgrena ha pensato bene di ringraziare i suoi rapitori:
Nuovo video diffuso da al Jazeera: mostra Giuliana Sgrena, vestita di nero, che ringrazia i suoi rapitori per averla "trattata molto bene". La giornalista rapita in Iraq e liberata oggi, pare durante un blitz dei servizi segreti italiani, afferma inoltre che i sequestratori sono "molto decisi perche' intendono liberare la loro terra dall'occupazione straniera".

Liberata Giuliana Sgrena

Secondo un newsflash dell'emittente satellitare Al Jazeera la nostra giornalista sarebbe stata liberata.

Al momento non ci sono ulteriori dettagli.

Link: Corriere della Sera.

mercoledì 2 marzo 2005

Bin Laden? Solo un "dissidente"

I media occidentali, controllati con pugno di ferro dai Terribili Neoconi nell'ambito dell'ennesimo diabolico complotto demo-pluto-giudaico-massonico, negli ultimi anni hanno cercato di far passare l'idea che Osama Bin Laden fosse un pericoloso nemico della libertà e della democrazia, e che quelli che quotidianamente fanno saltare in aria vecchi, donne e bambini in Irak non fossero dei valorosi partigiani della legittima resistenza irachena ma dei volgari terroristi.

Finora poche voci libere, sfidando la bieca censura imperialista, si erano levate a contestare questa visione distorta e di parte della realtà: fra queste Al Jazeera, e in Italia Il Manifesto, L'Unità e - in parte, sia pure con frequenti ammiccamenti ai biechi imperialisti - La Repubblica.

Ora una nuova, autorevole voce si aggiunge al coro di chi si batte contro l'orwelliana informazione di regime e per il ristabilimento della verità: l'AFP (Agence France Presse: dei francesi, l'avreste mai detto?) nella didascalia in calce a questa foto di Al Zawahiri (numero due di Al Qaeda) definisce Bin Laden "un dissidente saudita".

Bene, avanti così...

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