lunedì 31 gennaio 2005

Solidarietà e nuovi legami di sangue

Oggi a Milano numerosi cittadini dello Sri Lanka immigrati nel nostro Paese hanno dato vita a una iniziativa veramente commovente.



In segno di ringraziamento per l'aiuto dato dagli italiani in occasione dello tsunami dello scorso 26 Dicembre hanno donato il proprio sangue presso un Centro mobile AVIS posizionato nei pressi di un tempio della locale comunità buddista.



Non ho parole, è un gesto che mi ha veramente colpito: li ringrazio tutti, dal profondo del cuore.



Elezioni irachene: gioia da Al Arabiya, veleni da Al Jazira

Magdi Allam sul Corriere della Sera:

Gioia da Al Arabiya, veleni da Al Jazira



Le prime elezioni veramente libere nella storia dell’Iraq e del mondo arabo non sono piaciute affatto a Al Zarqawi, Saddam, Assad e Al Jazira . Sono piaciute poco a Erdogan, re Fahd, Khamenei. Sono risultate indigeste anche agli europei ossessionati dall’antiamericanismo e persino agli americani che mal sopportano Bush.



Ma sono piaciute tanto, veramente tanto, alla maggioranza degli iracheni, dentro e fuori l’Iraq. Chi ha seguito le elezioni da vicino, calandosi nell’animo degli iracheni, analizzando le parole espresse da candidati e elettori, ha potuto constatare come in realtà si sia trattato di un plebiscito a favore di un Iraq libero, garantendo la più alta affluenza alle urne. Tutti si sono limitati a esprimere appelli e poi hanno gioito insieme per la comune vittoria di circa otto milioni di votanti. Che hanno sfidato e sconfitto i kamikaze e i razzi di Al Zarkawi, nonostante l’alto sacrificio in perdite umane.



Con il voto di ieri si è visto il Paese reale, un popolo che si è definitivamente emancipato dalla dittatura di Saddam, che rigetta l’oscurantismo di Al Qaeda e vuole edificare uno Stato democratico e federale in grado di reggersi senza la tutela degli americani. Si comprende bene la paura dei regimi teocratici e autocratici limitrofi. Il contagio dei valori dei diritti individuali della persona e dei diritti collettivi delle comunità etnico-confessionali è temuto più di uno tsunami.



A farsi interpreti della portata dello sconvolgimento prodotto dal voto iracheno sono state la più contestata tv araba, Al Jazira , e la rivale, ben più moderata, Al Arabiya . Quest’ultima, grazie alla ferma presa di posizione a favore del voto e della legalità in Iraq, ha di fatto scalzato il primato di ascolti di Al Jazira . Quando alle 17 si sono chiusi i seggi elettorali, Al Arabiya ha annunciato: «Gli iracheni hanno vinto la loro sfida contro le bombe dei terroristi». E dallo studio a Dubai la conduttrice ha rivolto le «congratulazioni per la vittoria» al ministro dell’Interno Naqib al Fallah.



Viceversa Al Jazira ha dato libero sfogo alle invettive di Abdallah al Sennawi, direttore del quotidiano egiziano Al Arabi , contro le «elezioni farsa, antidemocratiche, i cui risultati sono già noti agli occupanti americani», e a un anonimo siriano interpellato a Damasco che ha detto di essere sì preoccupato «ma mi tranquillizza la persistenza dell’attività della resistenza irachena contro l’occupazione americana». E poi tanto spazio a un certo Ali Haj Massoud, rifugiato in Siria, che denuncia di essere stato escluso dalla candidatura per aver osato «criticare l’occupazione americana» e di un certo Zumaili, del Partito dell’avanguardia nasseriana, che da Mosul ha assicurato che «la popolazione ha boicottato in massa le urne». Veleno. Solo veleno. Distillato anche nella formulazione delle domande rivolte ai visitatori del sito di Al Jazira in lingua inglese, dove emerge una maggioranza a favore del rinvio delle elezioni in Iraq e di scettici sul cambiamento della vita degli iracheni dopo le elezioni di ieri.



Dal canto suo il direttore di Al Arabiya , Abdel Rahman al Rashed, ha detto entusiasta: «E’ la prima volta che uno Stato arabo affida le scelte cruciali al suo popolo. Ora, dopo le elezioni, si paventa il rischio che l’Iraq esporti la democrazia nella regione. Devono forse preoccuparsi i Paesi limitrofi? Sì, se pensano solo a sigillare le frontiere e a non promuovere le riforme interne. Iraq o non Iraq, il mondo va avanti e tutti dovranno allinearsi».



Contenuti e toni ben diversi da quelli di Al Jazira. Un cambiamento sul piano ideale che si poteva cogliere anche nell’inedita decisione del più diffuso quotidiano arabofono, Asharq al Awsat , di schierarsi apertamente con un editoriale dal titolo «Sì alle elezioni», perché vi si legge «è una svolta storica per tutti gli iracheni e per l’intera regione».



Il 30 gennaio 2005 resterà nella storia come l’inizio del crollo del Muro
della dittatura e del fanatismo nel mondo arabo. La fine di Saddam, la disfatta dei terroristi islamici, il successo della democrazia in Iraq finiranno per contagiare l’intera regione. Certamente è una strada tutta in salita. Ma ora è lecito sperare.




Elezioni irachene: la forza di un popolo

Angelo Panebianco sul Corriere della Sera:



La forza di un popolo



Di fronte alla notizia, inaspettata date le condizioni di massima insicurezza e i massacri quotidiani, secondo cui un’altissima percentuale degli aventi diritto ha votato nelle elezioni irachene è forte la tentazione di usare toni trionfalistici. Per tre ragioni.



In primo luogo, perché l’affluenza alle urne è una prima clamorosa sconfitta del terrorismo (che pure ha continuato anche ieri, freneticamente, a fare stragi di civili e ancora non si sa come sia caduto l’aereo militare britannico) e un premio a coloro che, dentro e fuori l’Iraq, sulla riuscita delle elezioni avevano puntato tutto per spingere il Paese verso la pacificazione.



In secondo luogo, perché l’alta affluenza significa che non solo sciiti e curdi ma anche una parte rilevante dei sunniti ha scelto, a rischio della vita, di votare. Non c’è stata quell’auto- esclusione dei sunniti dal processo elettorale su cui i terroristi puntavano per innescare la guerra civile. La maggioranza sciita che uscirà dalle urne dovrà tenerne conto nel prosieguo del processo di normalizzazione costituzionale.



In terzo luogo, perché si conferma, persino in un caso estremo come quello iracheno, che le persone, quale che sia la cultura di appartenenza o le condizioni, anche terribili, in cui vivono, se e quando hanno l’opportunità di votare e di dire così la loro sul proprio destino, lo fanno, anche a sprezzo del pericolo.



Il «relativismo culturale», proprio di chi pensa che la «democrazia» non possa riguardare i non occidentali, ha ricevuto ieri dagli ammirevoli elettori iracheni (come, pochi mesi fa, da quelli dell’Afghanistan) lo schiaffo che una simile visione, così intrisa di razzismo, si merita.



Naturalmente, con queste elezioni (le prime dal 1954 e le prime in assoluto in cui hanno votato le donne) non è nata in Iraq la «democrazia». Le elezioni sono solo condizione necessaria, non sufficiente, della democrazia. Il processo sarà lungo, irto di difficoltà immense. Il terrorismo continuerà a colpire in modo terribile. I Paesi confinanti (sia quelli sunniti che devono ora fare i conti con un Iraq a maggioranza sciita, sia l’Iran che cercherà di manovrare i suoi fedeli fra gli sciiti iracheni) continueranno a complottare. I rapporti fra i tre principali gruppi dell’Iraq, sciiti, sunniti e curdi, rimarranno tesi, e certamente ci saranno tanti passaggi difficili nei prossimi mesi e anni. E ci saranno anche forti spinte per fare dell’Iraq una Repubblica islamica governata dalla sharia.



Ma intanto, con queste elezioni, qualcosa di importantissimo è accaduto. Per l’Iraq ma anche per l’intero mondo islamico, e arabo in particolare. Nella storia i fenomeni di contagio sono onnipresenti e potenti. È possibile che le prime elezioni libere dell’Iraq diano, nei prossimi anni, frutti anche in altri Paesi, spingendo tanti arabi (e tanti iraniani) a chiedere con sempre maggior forza libere elezioni agli autocrati che li governano.



In Europa, c’è da scommetterci, coloro che considerano le elezioni in Iraq una farsa, un «trucco degli americani», continueranno a farsi sentire. È normale in un’Europa che, come ha denunciato ieri sul Corriere un vero eroe della libertà, Vaclav Havel, non si vergogna di riaprire le porte al tiranno Fidel Castro e a chiuderle in faccia ai suoi oppositori interni.



Non ci sono alibi. Chi trova che Fidel Castro sia una «brava persona», chi non ha gioito quando è caduta la statua di Saddam Hussein, chi ha accolto con lazzi e frizzi le elezioni in Afghanistan (e le immagini di quelle lunghe, commoventi, file di donne che, col burqa, andavano a votare), chi nei prossimi giorni ci riproporrà le menzogne sulla «resistenza» irachena si rassegni: egli non ha né gusto né rispetto della libertà.






Dita macchiate

una macchia di libertà



Da oggi anche questo blog avrà le dita macchiate.



Newsweek: Al Zarqawi fermato e poi rilasciato per errore dagli iracheni?

Questa la notizia - al momento non confermata dagli iracheni, che però non l'hanno neanche smentita nettamente - che verrà pubblicata sul prossimo numero del settimanale:



Abu Musab al Zarqawi fu fermato dalla polizia irachena, a Falluja, e poi lasciato andare. Perché gli agenti non lo riconobbero. E' quel che rivela il settimanale Newsweek, in un servizio pubblicato sul prossimo numero. Dove vengono riferite le dichiarazioni di un kamikaze catturato in Iraq, secondo il quale sfumò in quel modo l'occasione di catturare il ricercato numero uno, il terrorista giordano leader di al Qaeda in Iraq, sulla cui testa gli Stati Uniti hanno messo una taglia di 25 milioni di dollari.




Fonte: La Repubblica.



Sull'Irak

A urne chiuse, i primi commenti a caldo - e le prime cazzate critiche dei soliti noti.



Elezioni Iraq: rappresentante Onu, "Libere e trasparenti"



BAGDAD - Elezioni "trasparenti e libere" quelle che si sono svolte oggi in Iraq secondo il rappresentante del segretario generale dell'Onu a Bagdad Ashraf Qazi. "Anche nelle zone piu' difficili per la sicurezza, la gente si e' messa in fila per votare" ha detto il rappresentante di Kofi Annan in Iraq.




Elezioni Iraq: Solana, "Un importante passo avanti"



BRUXELLES - "Un importante passo avanti per l'Iraq". Cosi' Javier Solana, l'Alto rappresentante dell'Unione europea per la politica estera e di sicurezza, ha definito le elezioni che si sono tenute oggi nel Paese.





Elezioni Iraq: Bush, "Una vittoria della democrazia"



WASHINGTON - Il presidente degli Stati Uniti ha definito le elezioni irachene come "la vittoria della democrazia sul terrorismo" in un messaggio dalla Casa Bianca dopo il voto iracheno. George W. Bush ha ringraziato inoltre Unione europea e Nazioni Unite per l'"importante assistenza" al grande successo delle elezioni in Iraq.






Iraq: ministro Interni, "Fra 18 mesi potremo fare da soli"



BAGDAD - Fra 18 mesi le forze militari straniere potrebbero lasciare il suolo iracheno. Lo ha detto in un'intervista rilasciata alla tv britannica Channel 4 News, il ministro dell'Interno iracheno Falah al-Naqib. ''Penso che non avremo bisogno delle forze straniere multinazionali in questo paese tra 18 mesi - ha sostenuto Falah al-Naqib - penso che potremo fare affidamento su noi stessi''.




IRAQ: BERLUSCONI, IRACHENI HANNO VOTATO PER DEMOCRAZIA.



Il presidente degli Consiglio, Silvio Berlusconi, ha espresso soddisfazione per la grande partecipazione degli iracheni alla storica giornata elettorale. "Gli iracheni hanno confermato oggi la loro volonta' di sconfiggere il terrorismo e di conquistare la liberta' e la democrazia", si legge in una nota di Palazzo Ghigi. "Attendiamo con grande interesse il risultato della consultazione elettorale, in cui per la prima volta gli iracheni hanno potuto liberamente scegliere da chi essere rappresentati. "Vivo la giornata di oggi come un successo che appartiene anche a noi, di cui dobbiamo essere sommamente orgogliosi. "Da questa difficile prova esce vincitore tutto il popolo iracheno. "Le mie congratulazioni", prosegue la nota del presidente del Consiglio, "vanno a tutti gli iracheni e a tutti coloro che hanno coraggiosamente contribuito alla riuscita della consultazione, in primo luogo agli elettori e a quanti hanno partecipato all'organizzazione del voto, nonche' a tutti i Paesi impegnati a garantire la sicurezza e la ricostruzione dell'Iraq. Non soltanto ai nostri soldati ma anche a tutte le forze pacificatrici degli altri Paesi, in primo luogo a quelle degli Stati Uniti che hanno pagato e pagano il prezzo piu' alto in termini di vite umane".




IRAQ: BLAIR, COLPITO AL CUORE TERRORISMO MONDIALE



Secondo il primo ministro britannico Tony Blair, il popolo iracheno, con la sua risposta alla chiamata alle urne, ha inferto oggi "un colpo al cuore del terrorismo mondiale, che minaccia distruzioni non solo in Iraq, ma anche in Gran Bretagna ed in praticamente tutti i paesi piu' importanti del mondo". "La forza della liberta' si e' fatta sentire oggi in Iraq", ha detto Blair con tono grave, in un intervento televisivo.




Poi ci sono i nostri eroici difensori della libertà e della democrazia (popolare), come il comunista Rizzo che ha già liquidato queste elezioni definendole "una farsa" - e Rizzo, di elezioni serie, se ne intende:



Claudio Sabelli Fioretti: Con Diliberto risultati scarsi.

Gianni Vattimo: Mi aveva detto che Rizzo mi avrebbe lasciato il seggio. Invece niente.

CSF: Rizzo ha battuto perfino Cossutta.

GV: Rizzo ha fatto una campagna efferata. Quando ho visto che i miei manifesti non venivano affissi ho cominciato a sospettare. Poi ho scoperto che i picchiatori che Rizzo continua a portarsi dietro come eredità della sua carriera precedente li buttavano via.

CSF:Ma sei sicuro?

GV: Quando i miei assistenti hanno iniziato ad attaccare direttamente i manifesti i picchiatori ci hanno telefonato e ci hanno detto: "Ogni manifesto di Vattimo che attaccate direttamente è un setto nasale rotto". Dovresti vederli. Sono dei bruti.



domenica 30 gennaio 2005

Elezioni in Irak

Non ci posso credere, non avrei mai immaginato che mi sarei sentito così teso, mi sento come un futuro padre in procinto di entrare in sala parto.



Per fortuna, nonostante alcuni attentati - ma poca cosa in confronto a quello che avevano minacciato gli islamo-fascisti di Al Zarqawi e i loro complici ex-ba'athisti - pare che le cose stiano andando per il meglio: l'affluenza alle urne è pari ad almeno il 60%, secondo i primi riscontri.



Questa mattina a Baghdad un aspirante attentatore suicida è stato catturato dalla folla: è stato preso in consegna dalla polizia irachena dopo avere rischiato il linciaggio (niente 72 vergini per lui, ma in compenso gli auguro che in carcere diventi la nuova fidanzatina di tutti - arh, arh...).



Mohammed e Omar di Iraq the Model commentano così gli avvenimenti di oggi:

The people have won.



We would love to share what we did this morning with the whole world, we can't describe the feelings we've been through but we'll try to share as much as we can with you.

We woke up this morning one hour before the alarm clock was supposed to ring. As a matter of fact, we barely slept at all last night out of excitement and anxiety.



The first thing we saw this morning on our way to the voting center was a convoy of the Iraqi army vehicles patrolling the street, the soldiers were cheering the people marching towards their voting centers then one of the soldiers chanted "vote for Allawi" less than a hundred meters, the convoy stopped and the captain in charge yelled at the soldier who did that and said:

"You're a member of the military institution and you have absolutely no right to support any political entity or interfere with the people's choice. This is Iraq's army, not Allawi's".

This was a good sign indeed and the young officer's statement was met by applause from the people on the street.

The streets were completely empty except for the Iraqi and the coalition forces ' patrols, and of course kids seizing the chance to play soccer!





We had all kinds of feelings in our minds while we were on our way to the ballot box except one feeling that never came to us, that was fear.

We could smell pride in the atmosphere this morning; everyone we saw was holding up his blue tipped finger with broad smiles on the faces while walking out of the center.





I couldn't think of a scene more beautiful than that.

From the early hours of the morning, People filled the street to the voting center in my neighborhood; youths, elders, women and men. Women's turn out was higher by the way. And by 11 am the boxes where I live were almost full!

Anyone watching that scene cannot but have tears of happiness, hope, pride and triumph.



The sounds of explosions and gunfire were clearly heard, some were far away but some were close enough to make the windows of the center shake but no one seemed to care about them as if the people weren't hearing these sounds at all.

I saw an old woman that I thought would get startled by the loud sound of a close explosion but she didn't seem to care, instead she was busy verifying her voting station's location as she found out that her name wasn't listed in this center.



How can I describe it!? Take my eyes and look through them my friends, you have supported the day of Iraq's freedom and today, Iraqis have proven that they're not going to disappoint their country or their friends.



Is there a bigger victory than this? I believe not.



I still recall the first group of comments that came to this blog 14 months ago when many of the readers asked "The Model?"… "Model for what?"

Take a look today to meet the model of courage and human desire to achieve freedom; people walking across the fire to cast their votes.



Could any model match this one!? Could any bravery match the Iraqis'!?

Let the remaining tyrants of the world learn the lesson from this day.



The media is reporting only explosions and suicide attacks that killed and injured many Iraqis s far but this hasn't stopped the Iraqis from marching towards their voting stations with more determination. Iraqis have truly raced the sun.



I walked forward to my station, cast my vote and then headed to the box, where I wanted to stand as long as I could, then I moved to mark my finger with ink, I dipped it deep as if I was poking the eyes of all the world's tyrants.

I put the paper in the box and with it, there were tears that I couldn't hold; I was trembling with joy and I felt like I wanted to hug the box but the supervisor smiled at me and said "brother, would you please move ahead, the people are waiting for their turn".



Yes brothers, proceed and fill the box!

These are stories that will be written on the brightest pages of history.



It was hard for us to leave the center but we were happy because we were sure that we will stand here in front of the box again and again and again.

Today, there's no voice louder than that of freedom.



No more confusion about what the people want, they have said their word and they said it loud and the world has got to respct and support the people's will.



God bless your brave steps sons of Iraq and God bless the defenders of freedom.



Aasha Al-Iraq….Aasha Al-Iraq….Aasha Al-Iraq.



Mohammed and Omar.


E che Dio benedica anche loro , e tutti i coraggiosi iracheni e i martiri - i veri martiri dell'Irak - caduti oggi sotto le bombe mentre andavano a votare.



Elezioni irachene, alcuni link

Speciale elezioni del Corriere della Sera;

Iraq the Model;

Friends of Democracy



Segnalati da JimMomo:



Kurdo's World;

Iraq Elections Newswire;

Iraq Election Diatribes;

Untold Iraq;

Iraq Today;

The Mesopotamiam;

Healing Iraq;

Iraq Press Monitor



sabato 29 gennaio 2005

Irak, la solita (dis)informazione dei media

Da un articolo di Magdi Allam sul Corriere:
Scoprire che il terrorismo è agli ultimi posti delle preoccupazioni degli iracheni, significa prendere atto che si sta commettendo un grossolano errore di percezione della realtà dell’Iraq.



Secondo uno dei più seri e approfonditi sondaggi di opinione, il terrorismo è considerato un problema rilevante solo dall'11-18% degli iracheni. Mentre la principale emergenza per circa metà della popolazione è la disoccupazione e, a seguire, altri indicatori relativi alla vita quotidiana delle persone.



È un dato che mette in discussione la rappresentazione che ci viene offerta dai mass media internazionali, soltanto un'interminabile sequenza di immagini di attentati, stragi, cattura di ostaggi e decapitazioni.



Che rischia di appiattire e brutalizzare una realtà che è sostanzialmente diversa, certamente più complessa. Non rende giustizia a una maggioranza di forze etniche, religiose, sociali che condivide una cultura della vita, che si batte in primo luogo per migliorare il tenore di vita della popolazione.



(...)



Significativo è anche il dato sulla percezione del futuro della religione in Iraq.



A fronte di un 28,4% favorevoli alla presenza di leader religiosi nel governo, il 38,7% ritiene che i leader religiosi possono sostenere un candidato ma devono restare fuori dal governo, mentre per il 23,3% i leader religiosi devono occuparsi solo di affari spirituali e sociali.




Anche in questo caso emerge la complessità e la dialettica presenti in Iraq, all'opposto di un'immagine stereotipata che prefigura uno scenario teocratico e paventa la spartizione del paese.


Certo che a guardare i telegiornali o a leggere i quotidiani italiani uno si fa tutta un'altra impressione: l'Irak, per l'appunto, viene dipinto come un totale, irredimibile disastro politico, militare e sociale, sull'orlo della guerra civile e, comunque, anche senza guerra civile vera e propria, in stato di guerriglia ("partigiana", farneticherebbero Vattimo e i suoi accoliti) permanente e generalizzata - mai che parlino delle (tante) cose che funzionano, o delle (tante) aree del Paese dove di fatto il livello della violenza è, tutto sommato, basso, e si vive più o meno normalmente.



Tanto per dire, stasera a "L'infedele" di Gad Lerner si parlava delle elezioni irachene, e chi c'era fra gli ospiti in studio? Ma naturalmente un giornalista della "democratica, sobria, anglosassone, autorevole, equilibrata e imparziale" tv Al Jazeera, detta anche - dai cittadini iracheni - "il megafono dei terroristi". Una semplice coincidenza, certo.



venerdì 28 gennaio 2005

Le elezioni in Irak raccontate dagli iracheni

Segnalo Friends of Democracy: ground-level election news from the people of Iraq.



Qualcosa mi dice che qui le notizie relative alle elezioni irachene verranno trattate con un taglio diverso rispetto a quello delle varie lilligruber e giovannebotteri - quelle che, per intenderci, trovavano del tutto normale e verosimile che Saddam "vincesse" le "elezioni" con il 99,8% dei voti, e che ora invece ci spiegano ogni giorno che le elezioni irachene difficilmente potranno essere considerate regolari, "visto il clima di intimidazione e di violenza" (sic).



Riporto qui di seguito il loro "about us" (dei FoD, non delle lilligiovanne):

Friends of Democracy - Our Vision

Despite the challenges, we were seeing free and democratic Iraq, we were living the hard laboring moment we believe that every one of us has duty towards our beloved country

By our hands, work, thoughts, sacrifice we will build up the new Iraq.

Our home is open for every friend of democracy and they are many in Iraq.

We are the hope of the rest of peoples which longed for freedom and they are looking with the eye of hope to the Iraqi sample.

Let us show them a shining sample and let us remind them that we are the ones of the first code of laws. Let them share us to work with full efforts to push forward the democracy process in Iraq.





The student

The student is the pivot of the family and its candle and a source of renewal.

The student is a goal and a hope.

The active students groups in the field of democracy in Iraq are an admirable promising, surprising experiment. They are an active part and friends of democracy.

Our support to them is for our dream.





The woman

Her voice will not keep being low.

In new Iraq she's with the man exerting efforts to uplift marginalization and unfairness.

She is a major element, she is a friend of democracy.

Our hearts become happier when we see the Iraqi women participate in building up and raising foundations.

She is the minister, deputy, teacher and the doctor. She plants the farm she raises the generation.

We work together with many women organizations to spread out election and democracy culture to the Iraqi woman.





The internet

Our project and dream.

We endeavor to link the non governmental organizations (NGO's), students groups, women organizations and the individuals through a network to exchange experience and thoughts to push forward democracy process in Iraq.

We won't be isolated islands from now on.

We are stronger in sharing opinions and exchanging information and experience.

You are not alone, friends of democracy exist all over Iraq and now you are with them in every moment.

Our weapon: the word and free opinion.



giovedì 27 gennaio 2005

Sentenza di Milano, ONU: gli assolti sono terroristi

Riporto pari pari da JimMomo - e sottoscrivo il suo commento:

Scoop di Francesco Ruggeri su Libero:
«Tre dei cinque islamici assolti dal tribunale di Milano, e precisamente i capi del gruppo Noureddine Drissi e Mohammed Daki oltre ad Hamraoui Kamel Benn Mouldi, figurano al 147°, al 133° e al 61° posto nella lista alfabetica ufficiale delle persone ritenute terroristi dalle Nazioni Unite, aggiornata al 23/12/2004.



Figura inoltre nell'ultimo elenco Onu dei gruppi terroristici, 39° posto, anche l'organizzazione a cui tutti e cinque erano affiliati, Ansar Al Islam. E dire che il giudice di Milano che li ha assolti, Clementina Forleo, ha motivato la sentenza affermando che in base alla normativa Onu non li si può considerare terroristi. Bastava una chiamata a una qualsiasi succursale del Palazzo di vetro, per scoprire che su quegli imputati proprio alle Nazioni Unite esisteva ben altro dossier. La banca dati è pubblica e facilmente accessibile, perfino da Internet».
A quando il licenziamento in tronco? A mai, perché in Italia la magistratura non è autonoma. In compenso è semplicemente irresponsabile.


A questo punto voglio vedere se qualcuno ha ancora il coraggio di difendere a spada tratta l'indifendibile sentenza della Forleo.



Nuovo link

Ho aggiunto Lexi, una simpatica patatina.



Buona lettura a tutti - e specialmente a Rocco Buttiglione.



Il solito Chirac

Sì, il solito: quello del "pacifismo" all'ombra dei ricchi contratti petroliferi con il regime di Saddam, per intenderci.



Ecco la sua ultima prodezza:

Jacques Chirac ieri a Davos sembrava il presidente del Terzo Mondo. Ha denunciato le grandi multinazionali («il fatturato delle prime due supera quello dell’intera Africa»), ha evocato gli «tsunami silenziosi» (carestie, malattie infettive, violenze, rivolte, migrazioni senza controllo, derive estremistiche), insomma i nuovi cavalieri dell’Apocalisse. Ha apprezzato la Gran Bretagna e la Francia (ça va sans dire) che si sono impegnate a raggiungere lo 0,7% del pil da destinare ai fondi per lo sviluppo. E ha proposto una tassa internazionale per lottare contro l’Aids. Un intervento ispirato, con l’enfasi che il presidente francese sa mettere in queste cose. Sono i discorsi che gli vengono meglio, peccato gli manchi il dono dell’autocritica. Avrebbe dovuto ricordare che la difesa dei contadini francesi impedisce ai contadini africani, asiatici e sudamericani di esportare liberamente i loro beni in Francia e in Europa. E di intascare quelle risorse con le quali uscire dalla trappola della povertà.


Fonte: Il Riformista.



Elezioni-farsa (in Egitto)

Naturalmente la sinistra e i pacifinti non hanno niente da ridire sul modo e sul contesto in cui si terranno le prossime "elezioni" in Egitto, per loro le uniche elezioni "irregolari" sono quelle che si terranno - nonostante loro - in Irak fra pochi giorni.



Così Magdi Allam sul Corriere della Sera:

MUBARAK E LA COMMEDIA EGIZIANA



Per valutare la portata del voto veramente pluralista in Iraq basta uno sguardo alla farsa delle elezioni presidenziali in Egitto, il Paese arabo di maggior peso politico. «Non mi presterò a fare una sceneggiata affermando prima che non intendo ricandidarmi, affinché la gente manifesti chiedendomi di restare al potere», ha esordito Mubarak alla tv Al Arabiya . Il messaggio è chiaro: a maggio il parlamento lo designerà candidato unico con la maggioranza prescritta di due terzi, e a settembre sarà riconfermato con un referendum popolare alla guida dello Stato per il quinto mandato consecutivo.



E pensare che, all'indomani dell'assassinio di Sadat il 6 ottobre 1981 da cui uscì miracolosamente illeso, Mubarak promise che avrebbe emendato la Costituzione per limitare a soli due mandati la carica di presidente. «Se il popolo mi vuole, io non posso sottrarmi», si giustifica il raìs.



La farsa si trasforma in dramma quando si constata che l'alternativa più accreditata a Mubarak, 76 anni, è il primogenito Gamal, 42 anni. Al riguardo giorni fa il primo ministro Ahmad Nazif ha fatto la dichiarazione più esplicita: «Gamal Mubarak ha tutti i requisiti per succedere al padre alla presidenza dell'Egitto». Ha ammesso che, «se si candidasse, la gente penserebbe che diventerà presidente grazie al padre e non in virtù delle sue doti. E io credo che lui meriti di più. C'è un ostacolo che bisogna rimuovere». In Siria il parlamento impiegò solo due ore a rimuovere un ostacolo simile, modificando la Costituzione al fine di consentire a Bashar al Assad di succedere al padre Hafez il 10 giugno 2000, inaugurando così il regime della repubblica ereditaria in Medio Oriente.



Ma il peggio, che rasenta la tragedia, è che se si scruta il panorama politico egiziano c'è solo da rabbrividire. Ovunque si guardi, a destra, centro e sinistra, tra gli integralisti islamici, i laici e i comunisti, si constata che c'è una sorta di gara a conquistare il consenso della gente professandosi più anti-americani, anti-israeliani e perfino anti-europei degli altri.



Nawal al Saadawi, psichiatra, femminista, saggista, laicissima, ha fatto scalpore annunciando la volontà di sfidare Mubarak alle presidenziali. Ebbene il suo programma elettorale ( www.nawalsaadawi.net ) dopo aver elencato una serie di apprezzabili riforme democratiche e liberali, specifica: «E' vitale dar vita alla solidarietà e alla cooperazione con il movimento popolare mondiale contro la guerra, lo sfruttamento delle multinazionali capitaliste, la globalizzazione, il saccheggio neo-coloniale e l'aggressione da parte di Stati Uniti, Europa e Israele».



Dal canto suo un sedicente «Movimento egiziano per il cambiamento», che ha attratto l'attenzione dei media internazionali adottando gli slogan risoluti «Basta!» ( Kifaya ), «No alla proroga del mandato presidenziale!», «No all'ereditarietà del mandato presidenziale!», ha pubblicato una «Dichiarazione alla Nazione» ( www.harakamasria.com ) in cui si afferma: «Crediamo che ci siano due pericoli per la nostra nazione: il primo è l'odiosa aggressione della terra araba tramite l'occupazione americana dell'Iraq e la devastazione sionista permanente ai danni del popolo palestinese che è prossimo all'olocausto».



Non bastano i partiti per fare una democrazia. Non basta professarsi «società civile» per garantire l'emancipazione dall'oscurantismo ideologico. La lezione che viene dall'Egitto è che democrazia e libertà non sono semplici regole formali. Ciò vale ovviamente anche per gli iracheni. Ma almeno loro, grazie alla presenza delle forze militari e al contributo ideale di americani e europei, iniziano un difficile cammino con il passo giusto.


Israele

Ancora oggi gli antisemiti di destra e di sinistra, gli islamo-nazisti e i loro collaborazionisti sognano un mondo senza Israele (in realtà intendono senza gli ebrei) e la fine "dell'esperimento politico" (sic) rappresentato dallo Stato ebraico.



A tutti loro dedico questo articolo a firma Debora Fait apparso il 24 gennaio su Informazione Corretta e intitolato "Israele c'è!".

Ho raccontato la tragedia di Elio Mordo come e' nel mio ricordo di bambina che ascoltava le storie della famiglia dalle labbra della nonna (vedi, "Israele non c'era ancora", Informazione Corretta 23-01-05).

Raccontava raccontava raccontava, gli occhi verdi lucenti, storie di morte. Lei si era salvata, era stata rinchiusa per giorni in un armadio in soffitta.

Parlava delle fughe, dei documenti falsi, delle scuole in cantina, del terrore, senza mai nominare i tedeschi, senza mai pronunciare la parola "nazisti".

Raccontava le storie ma non parlava della Shoa'.



Nessuno parlava della Shoa'.



Quando sono cresciuta ho capito che mia nonna mi aveva trasmesso un'identita' fortissima, non era osservante ma era ebrea dalla testa ai piedi e grazie a lei io ho sentito questo travolgente senso di appartenenza al popolo di Israele.

Mi ha insegnato la dignita' e l'orgoglio di essere quella che sono e, senza averlo mai visto, mi parlava di Israele e del suo significato senza mai dire che nulla sarebbe accaduto se ci fosse stato.



Non parlava della Shoa'.

Per anni gli ebrei non hanno parlato della Shoa'.



Poi accadde qualcosa di grande: Eichmann, la sua cattura in Argentina e il processo in Israele.

Leggevo tutto, bevevo tutto, raccoglievo gli articoli di giornale. La televisione, in bianco e nero, faceva vedere le immagini da Gerusalemme, le testimonianze dei sopravvissuti, le loro grida mentre ricordavano, gli svenimenti quando la memoria era impossibile da sopportare. Ricordo mia nonna e mia mamma, guardavano in silenzio, senza un commento, senza una parola.



Fino al processo Eichmann gli ebrei non avevano mai parlato della Shoa', tacevano perche' era insopportabile persino il ricordo ma quel processo e quella faccia dietro il vetro della gabbia in cui era rinchiuso, quella faccia che aveva sempre un sorriso sardonico, la freddezza delle sue parole, la completa assenza di rimorso, il fastidio, la noia che gli si leggeva sul volto mentre ascoltava quei poveretti che testimoniavano, tutto questo ha travolto gli ebrei e il loro silenzio.

Era arrivato il momento di spalancare la bocca in un urlo silenzioso, era arrivato il momento di far parlare i fantasmi che si aggiravano senza pace per le strade d'Europa, era arrivato il momento di scavare tra la cenere di milioni di corpi bruciati.

Hanno incominciato a parlare, a raccontare, a urlare, come un fiume in piena, una valanga irrefrenabile di parole, di ricordi e di pianti urlati senza lacrime.

Quando il dolore diventa orrore non si puo' piu' piangere e quel processo e' stato un urlo liberatorio per tutti gli ebrei del mondo.

Ho visto, nel kibbuz dove e' conservata, la gabbia di vetro di Eichmann, piccola ma sufficiente a contenere il mostro le cui ceneri sono state sparse in mare fuori dai confini di Israele perche' nemmeno un granello del suo corpo sporcasse la nostra Terra.



Al Memorial della Shoa' di Gerusalemme c'e' una bacheca di legno scuro con all'interno una scarpetta bianca di bambino, un po' sporca. Una sola scarpina e sotto, in lettere dorate, il numero, atroce, terribile, disumano: "1.500.000".

Nient'altro.

Un milione e mezzo di bambini ebrei assassinati , Un milione e mezzo di fiori bruciati e passati per il camino, 6 milioni di ebrei sbranati e divorati dalla Belva ed e' potuto accadere solo perche' Israele non c'era.



Oggi vorrebbero ritentare l'esperienza , gli arabi e i loro amici, vorrebbero vederci scomparire, eccome se lo vorrebbero, hanno tentato e ritentato con 6 guerre, con anni di terrorismo, con la propaganda di menzogne per mettere il mondo contro di noi.

Per la verita' non e' difficile, pare che il mondo non aspetti altro.

C'e' solo un problema, un problema insormontabile: Israele esiste.

E' l'unico paese al mondo di cui ancora, dopo 60 anni, si mette in discussione il diritto all'esistenza ma c'e'!

Israele c'e' e mai piu' nessuno al mondo strappera' i nostri fiori, mai piu' nessuno li brucera'.

I camini, la cenere, il buio sono rimasti la', in Europa. Montagne di cadaveri su cui gli europei camminano e da cui hanno ancora la sfrontatezza di giudicarci e di gridare "via dalla Palestina" dimenticando che 60 anni fa urlavano il contrario "andate in Palestina" .

L'odio resiste, e' stato alimentato per piu' di 20 secoli e forse ce ne vorranno altrettanti per distruggerlo ma ogni ebreo del mondo sa che le tenebre non scenderanno piu' perche' c'e' Israele e guardando verso Gerusalemme vedra' la luce.



Guerra asimmetrica

Su JimMomo: Introdurre il concetto di guerra asimmetrica

La sentenza choc che dà luogo a non procedere nei confronti dei reclutatori di kamikaze non è dovuta ad un deliberato uso politico della giustizia, né a toghe rosse, né a casellismo, ma, cosa ben più grave, dimostra l'assenza di cultura giuridica in chi è investito di applicare la legge, come l'ignavia e l'ipocrisia in cui naviga il dibattito politico, che rifiuta di guardare alla realtà dello stato - se di guerra o di pace, o di quasi-guerra - in cui il Paese si trova.



Affrontiamo i rapporti internazionali in termini classici. Il fondamentalismo islamico (il terrorismo è solo un metodo di combattimento), con uno dei sui più alti esponenti, Osama Bin Laden, ha dichiarato guerra agli Stati Uniti nel 1998, e portato a compimento attacchi contro le ambasciate americane di Kenya e Tanzania e contro la nave militare USS Cole. Il suo primo attacco sul territorio nemico risale al settembre 2001. In conseguenza alla reazione americana in Afghanistan, sostenuta dagli alleati europei, concretamente solo nella ricostruzione post-bellica, è stata dichiarata guerra ai Paesi europei, tra cui l'Italia (tanto che Bin Laden dopo gli attentati di Madrid offrì una tregua "europea"). Il primo attacco è avvenuto a Madrid l'11 marzo scorso.



Prima conclusione: siamo dunque in guerra, non in una generica lotta ad un'organizzazione criminale. Una guerra asimmetrica, poiché esiste un esercito nemico, ma senza divisa e privo di riferimenti ad un'unica statualità che se ne attribuisca la responsabilità politica. L'Italia ha in Iraq un contingente militare legittimo. Le Nazioni Unite hanno legittimato e incoraggiato la presenza di truppe di peacekeeping, la cui presenza è richiesta dal governo iracheno dichiarato legittimo sempre dall'Onu. Dunque l'attacco subito dal nostro quartier generale a Nassiryia è un atto di guerra.



Gli obblighi contratti con l'appartenenza alla Nato, trattato internazionale il cui rispetto è costituzionalmente vincolato, ci dovrebbero far considerare gli attacchi alle truppe americane e britanniche in Iraq, la cui presenza è anch'essa legittimata dall'Onu, al pari di attacchi contro nostre truppe.



Se nel nostro Paese agiscono individui o gruppi che fanno spionaggio o reclutamento per un esercito nemico che sarà poi dislocato in Iraq o altrove, anche nel nostro Paese o in Paesi nostri alleati, questi individui o gruppi non andrebbero perseguiti dalla magistratura ordinaria, ma sono "affare" dei servizi segreti militari e delle forze armate. Come in qualsiasi situazione di guerra esistono dunque i presupposti per l'imprigionamento dei combattenti, o dei fiancheggiatori, del nemico.



E' inoltre legittimo non applicare nei confronti di questi prigionieri la Convenzione di Ginevra, mai sottoscritta da rappresentanti legali del fondamentalismo islamico, anche se il loro trattamento deve comunque avvenire nel rispetto della dignità e dei diritti umani sanciti dalla Carta delle Nazioni Unite e dalla nostra Costituzione.



A maggior ragione nel caso in cui si rigetti questa tesi, il giudice di Milano avrebbe dovuto egli stesso assumersi la responsabilità di garantire la sicurezza dei cittadini, come diritto prevalente, sia nel nostro Paese, sia di quelli in missione all'estero. E proprio se non siamo in guerra, non fa differenza se gli attacchi siano diretti contro civili o militari.



Essendo un servitore delle leggi dello Stato, che in primo luogo tutelano l'incolumità fisica dei cittadini (civili o in divisa), non fa differenza, di fronte alla preparazione concreta di atti violenti contro i nostri contingenti o il nostro territorio, se egli personalmente li giudichi un atto di resistenza, o di guerra, o di criminalità comune. A meno di non ammettere che quel magistrato possa dichiarare illegittima la presenza di nostri contingenti che operano con il mandato delle Nazioni Unite e il consenso di governi locali legittimi. Un soldato che si rifiutasse di eseguire gli ordini perché convinto di interpretare come legittimo il comportamento di coloro contro i quali dovrebbe agire, sarebbe certamente sottoposto a procedimento disciplinare.


La Giornata della Memoria a Roma

L'elenco delle iniziative nella capitale, via Roma City Blog.



mercoledì 26 gennaio 2005

Sentenza di Milano, eccoli qua i "moderati"

Dal Corriere della Sera:

MILANO - Il «moderato» che spara con il kalashnikov nei campi di Al Ansar in Kurdistan. Il presunto innocente che viene arrestato nientemeno che dalla repubblica islamica dell’Iran. Il semplice falsario di passaporti che giura di non aver mai sospettato che i suoi amici Mohammed Atta e Ramzi Binalshibh stessero progettando (anche in casa sua) gli attentati-kamikaze dell’11 settembre.



Fino a prova contraria meritano davvero l’assoluzione, ma proprio per questo è indubbio che avevano un curriculum sfortunatissimo i protagonisti della sentenza che, l’altro ieri, ha assolto cinque fondamentalisti islamici spiegando che hanno sì inviato guerriglieri in Iraq, ma questo non basta a definirli terroristi.



Nel passaggio centrale della motivazione, il giudice Clementina Forleo chiarisce che è provata la loro «comune appartenenza all’organizzazione combattente islamica Al Ansar». Ma aggiunge che «questa formazione era alquanto eterogenea», nel senso che «la svolta violenta verso l’utilizzo di kamikaze» era condivisa «solo da alcuni militanti», per cui non è possibile condannare tutti per terrorismo internazionale. L’argomento chiave, secondo il giudice, è che a fare queste distinzioni è lo stesso Mohammed Tahir, il curdo-iracheno di Parma che i pm milanesi hanno presentato come il primo pentito di Al Ansar, ma che in realtà, come rimarca il giudice, si autodefinisce «islamista moderato».



Il «rito abbreviato», che limita il giudizio ai soli atti scritti, ha però lasciato in ombra la storia del pentimento di Tahir: come, quando e perché un «fondamentalista» come lui ha deciso di collaborare con i pm? La risposta sta in un video, girato in Kurdistan dallo stesso Tahir: 78 minuti d’immagini-choc di guerriglieri armati di kalashnikov che inneggiano alla guerra santa in uno dei campi paramilitari di Al Ansar, gli stessi che nel 2003 sono stati rasi al suolo dai bombardamenti americani.



Tahir se l’era portato in Italia per indottrinare nuove reclute. Quando la Digos gliel’ha sequestrato, ha pensato di non avere scampo: lui stesso si era fatto riprendere con il kalashnikov e a quel punto non poteva negare di far parte di Al Ansar. Di qui la sua sofferta decisione di patteggiare una condanna (che per ora è l’unica) per terrorismo internazionale: 1 anno e 11 mesi, da scontare tutti in carcere. Il video, beninteso, prova solo che Tahir era un guerrigliero, ma mette in dubbio che fosse davvero un «moderato», come lui giurava nelle confessioni che la Procura, per la verità, ha sempre considerato «parziali».



Tra i cinque imputati riconosciuti «non terroristi», il più pericoloso, secondo la Digos, era Drissi Noureddine, 35 anni, marocchino, che all’accusa sembrava una specie di «prova vivente»: dopo averne seguito il viaggio dall’Italia all’Iraq, la polizia lo ha intercettato mentre comunicava all’imam di Cremona, con un satellitare, il suo arrivo tra i guerriglieri antiamericani, con parole inequivocabili: «Noi siamo Al Ansar».



Le sue intercettazioni, piene di violenza e odio contro gli infedeli, sono bastate ai giudici islamici dell’Iran per ordinarne, caso più unico che raro, l’arresto e l’estradizione in Italia.



Ora è detenuto solo per reati minori (passaporti falsi e immigrazione clandestina dei suoi guerriglieri) e dunque potrebbe uscire dal carcere al più tardi fra tre mesi.

Ancor più inquietante è il passato di Mohammed Daki, che uscirà lunedì da San Vittore perché ha già scontato tutta la condanna a 22 mesi.



Prima dell’11 settembre, Daki viveva ad Amburgo, dove ha prestato la sua casa, per un anno, a Ramzi Binalshisbh: il superterrorista di Al Qaeda arrestato dagli americani nel 2002 come «pianificatore» dell’attacco alle Torri Gemelle.



Interrogato dai giudici italiani e tedeschi, Daki ha ammesso di conoscere Mohammed Atta, gli altri due piloti-kamikaze dell’11 settembre e tutti i loro presunti complici: «Ma io non sapevo che fossero terroristi». E finora nessuno ha potuto smentirlo, anche se il suo inquilino Ramzi è da quasi tre anni prigioniero (e stranamente collaboratore) dei servizi segreti statunitensi.
Non c'è che dire,bene ha fatto il ministro Castelli a ordinare una ispezione all'ormai famoso (o famigerato?) tribunale di Milano, e benissimo ha fatto il ministro Pisanu ha preannunciare urgenti provvedimenti-tampone nei confronti di questi (e, sperabilmente, anche di altri) sedicenti "resistenti".



Sono repubblichini, non partigiani

Il solito ineffabile Gianni Vattimo ne ha sparata un'altra delle sue, puntualmente segnalata da Rolli:

Repubblica: IRAQ: VATTIMO, AL ZARQAWI COME UN PARTIGIANO



"Al Zarqawi e' da paragonare ai partigiani della Resistenza, anche loro venivano chiamati banditi dai nazisti". E' l'opinione del filosofo Gianni Vattimo, intervenuto questa sera alla trasmissione Controcorrente condotta da Corrado Formigli, in onda su SKY TG24. Alla domanda se chi ha sparato contro il maresciallo Simone Cola sia da considerare un terrorista o un guerrigliero, Vattimo ha risposto: "Secondo me e' un guerrigliero, non un terrorista."


Insomma, secondo Vattimo i bravi ragazzi che decapitano, massacrano, fanno saltare in aria anche gli stranieri, italiani compresi, ma ormai soprattutto (basta guardare le cifre) gli iracheni non sono dei terroristi: sono piuttosto dei guerriglieri, dei resistenti, l'equivalente dei nostri partigiani antifascisti e antinazisti (e quindi - se due più due fa ancora quattro - gli americani e i loro alleati, italiani compresi, sono i nazisti della situazione, pare di capire).



Temo proprio (eh, sì...) che le cose non stiano esattamente così, e che il paragone con i partigiani sia un tantino improponibile.



I partigiani erano nella stragrande maggioranza dei civili, provenienti dai vari strati della società italiana; combattevano le forze armate nazifasciste, non facevano strage di civili inermi; uccidevano prevalentemente militari tedeschi e militari o miliziani italiani appartenenti al regime che stavano combattendo: il loro obiettivo era quello di contribuire a liberare l'Italia dalla dittatura fascista, non di restaurarla.



In Irak la situazione è profondamente diversa: le formazioni terroriste sono composte prevalentemente da ex appartenenti al regime islamo-fascista di Saddam e da gruppi di islamici radicali provenienti spesso da altri Paesi (in particolar modo Iran e Siria, ma anche dall'Europa e dall'Italia, come ammette perfino il GUP Forleo) ; gli attentati coinvolgono indiscriminatamente militari stranieri e cittadini iracheni (uomini, donne, bambini, senza distinzione); come esplicitato da Al Zarqawi proprio nelle ultime ore, questi presunti "partigiani" lottano contro la democrazia e contro la libertà:

"La democrazia si basa sulla libertà di credo e di religione che permette a una persona di scegliere la fede che vuole; si basa sulla libertà di parola, qualsiasi forma essa abbia, anche se insulta la religione; si basa sulla separazione tra Stato e Chiesa che contraddice i principi dell'Islam; si basa sui partiti politici e sui gruppi, al di là della loro ideologia, sulla regola della maggioranza, anche se è corrotta, che permette all'infedeltà e alle pratiche sbagliate di moltiplicarsi.

O musulmani! Non fate la pace con chi vuole la democrazia, con chi fa pace con voi solo a patto che rinunciate alla vostra religione e con chi a questi obbedisce"

(estratti dell'ultimo proclama di Al Zarqawi, citato da Camillo)

L'obiettivo è quello di - come minimo - restaurare il regime totalitario di Saddam, che in 34 anni ha prodotto centinaia di migliaia di morti ammazzati nelle carceri di regime o nei villaggi sciiti e curdi distrutti a cannonate o con le armi chimiche che, secondo i soliti utili idioti, Saddam "non ha mai posseduto"; se tutto dovesse andare come sperano Al Zarqawi e i suoi, l'Irak potrebbe diventare un secondo Afghanistan "talebano", ma infinitamente più potente e pericoloso.



I nostalgici del vecchio partito di regime, il Ba'ath, e i seguaci del luogotenente di Bin Laden, più che ai partigiani di "Giustizia e Libertà" o delle Brigate Garibaldi assomigliano a quei fascisti che fino all'ultimo tentarono di impedire il crollo del regime e fondarono infine la Repubblica Sociale, con capitale Salò.



Questo, se vogliamo chiamare le cose col loro nome, sono i sedicenti "resistenti" tanto cari a Gianni Vattimo e ai suoi amici pacifinti: non dei partigiani, ma dei repubblichini.



Si rassegni, Vattimo: ostinarsi a chiamarli resistenti non servirà a trasformarli in altrettanti novelli Amendola, Parri o Pertini, così come non basta chiamare la merda con un altro nome per trasformarla in cioccolata.



Kamikaze libero

Questo il titolo di un intervento di Piero Ostellino sul caso della scandalosa sentenza di Milano.



Dal Corriere della Sera:

KAMIKAZE LIBERO



di PIERO OSTELLINO





Nell' Esprit des lois , Montesquieu scrive che ci sono quattro specie di delitti, una delle quali, la quarta, è contro la sicurezza dei cittadini. Aggiunge Montesquieu che «le pene inflitte devono derivare dalla natura di ciascuna di queste specie».



Non sembra proprio che il magistrato milanese che ha condannato per reati minori - fra i quali il traffico di documenti falsi - tre nordafricani, accusati di aver reclutato e mandato kamikaze in Iraq, e sospettati di aver preparato attentati in Europa, e che ha inviato alla Procura di Brescia la posizione di altri due, sia una gran lettrice.



Non solo di Montesquieu, il che non sarebbe grave, ma, quel che è peggio, neppure delle più recenti normative di diritto internazionale. Nelle motivazioni della sentenza, il magistrato - ignorando palesemente la risoluzione dell’Onu 1511 del 16 ottobre 2003, che legittima la presenza della coalizione militare internazionale a garanzia della sicurezza del Paese - ritiene, infatti, che inviare combattenti e aiuti economici in Iraq non configuri il reato di terrorismo internazionale, in quanto una cosa sarebbero gli attentati alle truppe di occupazione, che rientrerebbero nella fattispecie della guerriglia, un'altra quelli contro civili che cadrebbero, invece, in quella di terrorismo.



Ciò che lascia francamente esterrefatti e scandalizzati è, dunque, oltre all'ignoranza della situazione irachena e del diritto internazionale, il carattere esplicitamente politico che finisce con assumere la sentenza, in perfetta sintonia con l'estremismo di chi continua a definire «resistenti» i terroristi iracheni. Il fatto, poi, che il magistrato dichiari di non aver voluto, con ciò, legittimare anche l'attentato di Nassiriya ai nostri militari, perché quella italiana è una «missione di pace», mentre quella del resto della coalizione non lo sarebbe - con l’assurdo corollario che ammazzare gli americani o gli inglesi non sarebbe un crimine, ma un'azione di guerra - non ne attenua, bensì ne aggrava la posizione. A conferma della confusione concettuale che sembra aver presieduto alla singolare sentenza.



Meno grave, in questo contesto, appare, invece, la parte della motivazione in cui si dice che non risulterebbe provato che gli imputati stessero preparando attentati anche in Europa.



Qui, siamo sul terreno - dice ancora la sentenza - «riferibile alle più svariate fonti di intelligence» che non fanno testo sotto il profilo del diritto penale. L'assenza di strumenti legislativi, o quanto meno giurisprudenziali, e la conseguente difficoltà di accertare reati che sono oggetto di indagini da parte dei servizi di sicurezza, anche se non giustifica, quanto meno attenua le responsabilità del magistrato, chiamando a rispondere del caso le forze politiche. Sono note le riserve che la legislazione antiterroristica americana (il Patriot Act ) ha sollevato, anche negli Usa, in tema di tutela dei diritti civili.



Ma che qualcosa si debba fare anche da noi, la sentenza di Milano lo prova con tutta evidenza.



In Italia resistenti, in Francia terroristi

In Italia il GUP Forleo ha assolto cinque estremisti islamici dal reato di terrorismo pur avendo riconosciuto (sic) che gli imputati "avevano come precipuo scopo il finanziamento, e più in generale il sostegno di strutture di addestramento paramilitare site in zone mediorientali, presumibilmente stanziate nel nord dell'Iraq" nonché "l'arruolamento di volontari, tutti stranieri e tutti di matrice islamico-fondamentalista".



In Francia, originali come sempre, hanno deciso di non tenere conto della sentenza italiana, e hanno pensato bene di arrestare sette persone con l'accusa di avere arruolato dei volontari per l'Irak.



martedì 25 gennaio 2005

Musulmani: se li conosci li eviti?

Questo pare in sintesi il risultato di un sondaggio condotto recentemente in Olanda, Spagna e Italia.



Ne parla Magdi Allam sul Corriere della Sera:

I musulmani? Amici solo per uno su dieci



Sono una sorta di alieni dall’esistenza virtuale con cui non vi è stato un incontro ravvicinato del terzo tipo. Di loro non si sa nulla o quasi. Suscitano perlopiù indifferenza. Ma su tutto prevale la paura di un attentato terroristico. È questa la realtà e la percezione dei musulmani presso la maggioranza degli italiani. Eppure se confrontiamo questa immagine con quella che emerge in altri due Stati europei che hanno recentemente subito il trauma della violenza islamica, la Spagna e l’Olanda, ci accorgeremo che il fossato che divide questi ultimi dai musulmani risulta ancor più profondo.



L’idea di conoscere l’atteggiamento di tre popoli europei nei confronti dei musulmani è venuta al deputato olandese di origine marocchina Ali Lazrak. L’Olanda perché è proprio sulla questione islamica che si è frantumata l’ideologia del multiculturalismo, data per morta e sepolta dopo il barbaro assassinio di Theo van Gogh nel centro di Amsterdam lo scorso 2 novembre. La Spagna perché ha subito la strage più sconvolgente, lo scorso 11 marzo a Madrid, per mano del terrorismo islamico. L’Italia perché è la frontiera d’Europa più esposta alle ondate migratorie illegali provenienti dai Paesi musulmani sulla sponda meridionale e orientale del Mediterraneo.



(...)



In definitiva l'atteggiamento degli italiani risulta più ben disposto nei confronti dei musulmani di quanto non lo sia quello degli spagnoli e soprattutto degli olandesi. Proprio il Paese europeo che ospita la più alta percentuale di musulmani (il 6,2% contro l'1,7% dell'Italia) mostra di essere il più insofferente. Il messaggio che sembrerebbe giungere dall'Olanda è che i musulmani più li conosci più li eviti. Di fatto anche in questo caso emergono l'ignoranza dell'Islam (l'83%) e l'assenza di contatti con i musulmani (il 64%). E conferma comunque come la convivenza senza un sistema di valori condivisi e rispettati finisce per generare intolleranza e accrescere la paura.


Zarqawi: cecchini spareranno su chi andra' a votare

Immagino che per il Tribunale di Milano anche questa sia "normale attività di guerriglia", non terrorismo:

Iraq: gruppo Zarqawi, "Cecchini spareranno su chi va a votare"



SAMARRA - I cecchini del gruppo di Abu Mussab al Zarqawi spareranno su chi cerchera' di andare a votare. Lo afferma un comunicato a firma del sedicente Gruppo di al-Qaida in Iraq. L'annuncio arriva a 24 ore dal proclama con cui Zarqawi ha lanciato un appello per intensificare la "guerra" in occasione delle elezioni generali in Iraq del 30 gennaio.


Fonte: Corriere della Sera.



Sono terroristi, non guerriglieri - lo dice anche la sentenza che li assolve

Dal Corriere della Sera:



Cinque islamici sono stati assolti dal reato di terrorismo internazionale dal GUP (giudice per l'udienza preliminare) Clementina Forleo. La posizione di altri due accusati per lo stesso reato è stata trasferita all'esame della magistratura di Brescia. Due dei tre islamici assolti dal reato principale sono stati tuttavia condannati, per altri reati, a tre anni di reclusione. Il terzo ha avuto un anno e 10 mesi. Il pm aveva chiesto condanne per tutti fra i 10 ed i sei anni di reclusione.



(...)



Quello che si è concluso in giornata è parte di un processo ben più ampio avviato dalla procura di Milano nei confronti di un gruppo di islamici, per l'accusa legati alle strategie terroristiche dello sceicco Abderrazak, che sarà processato a parte, a febbraio, dalla Corte d'Assise di Milano. Strategie tese ad inviare kamikaze in Iraq. Al termine del suo processo, il giudice Forleo riconosce che gli imputati «avevano come precipuo scopo il finanziamento, e più in generale il sostegno di strutture di addestramento paramilitare site in zone mediorientali, presumibilmente stanziate nel nord dell'Iraq». E anche che, a tal scopo «erano organizzati sia la raccolta e l'invio di somme di denaro, sia l'arruolamento di volontari, tutti stranieri e tutti di matrice islamico-fondamentalista». Ma «non risulta invece provato - aggiunge il giudice - che tali strutture paramilitari prevedessero la concreta programmazione di obiettivi trascendenti attività di guerriglia da innescare in detti (cioè in Iraq, ndr) o in altri prevedibili contesti bellici, e dunque incasellabili nell'ambito delle attività di tipo terroristico».



(...)



Non solo. Il giudice Forleo ricorda il senso di alcuni articoli, e nel caso specifico l'art.18/2, della Convenzione Globale dell'Onu sul Terrorismo, laddove prevede un'esimente in ordine alle sanzioni in essa previste per le forze e i gruppi armati o movimenti diversi dalle forze armate di uno Stato, nella misura in cui si attengono alle norme del diritto internazionale umanitario. Si tratta di una norma in base alla quale, in sostanza, si riconosce che in guerriglia le attivitá violente sono lecite, purché non siano dirette a seminare terrore indiscriminato verso i civili.




E quindi? Decapitare persone disarmate, trucidare a colpi d'arma da fuoco lavoratori stranieri colpevoli solo di appartenere a un'altra fede, diversa da quella islamica, massacrare a colpi di Ak-47 decine di poliziotti (iracheni), farsi esplodere causando la morte di civili (iracheni) innocenti, fra cui sempre più spesso donne e bambini (iracheni): tutto queste non sarebbero "attivitá violente dirette a seminare terrore indiscriminato verso i civili"? Tutto questo non sarebbe terrorismo?



Lo stesso GUP "riconosce", bontà sua, che gli imputati "avevano come precipuo scopo il finanziamento, e più in generale il sostegno di strutture di addestramento paramilitare site in zone mediorientali, presumibilmente stanziate nel nord dell'Iraq" nonché "l'arruolamento di volontari, tutti stranieri e tutti di matrice islamico-fondamentalista".



E, secondo lei, a che potevano servire queste "strutture di addestramento paramilitare" (dei campi paramilitari, mica dei villaggi vacanze), e che ci andavano a fare in Irak tutti questi volontari, "tutti stranieri e di matrice islamico-fondamentalista"? I turisti per caso?



Una dritta per il/la giudice: provi a guardare i telegiornali, di tanto in tanto, e in particolare i servizi relativi al quotidiano stillicidio di attentati suicidi commessi - con sua grande sorpresa, immagino - da "terroristi di matrice islamico-fondamentalista", spesso arruolati fuori dall'Irak, e in particolare - come già ampiamente dimostrato in vari altri casi - in Europa, e in Italia.



E un consiglio: si rilegga, con la dovuta attenzione, il famoso articolo 18/2 della Convenzione Globale dell'Onu sul Terrorismo, da lei citato ma forse non ben assimilato.



lunedì 24 gennaio 2005

Germania, arrestati due terroristi islamici

Uno è di origine irachena, l'altro - chi l'avrebbe mai detto, eh? - è un palestinese.



Le accuse vanno dal reclutamento di attentatori suicidi da inviare in Irak alla propaganda islamo-fascista alla falsificazione di documenti alla truffa alle assicurazioni al tentativo di procurarsi - udite udite - dell'uranio:

German police on Sunday arrested two suspected al-Qaida members who allegedly planned a suicide attack in Iraq, federal prosecutors said. One of the men - said to be a veteran of training camps in Afghanistan - also allegedly tried to obtain uranium.

Police arrested Ibrahim Mohamed K., a 29-year-old Mainz resident from Iraq, on suspicion of recruiting suicide attackers in Germany and providing logistical help to the terrorist organization. He also is believed to have tried to obtain 48 grams of nuclear material in Luxembourg.

The other suspect, a 31-year-old Palestinian who was born in Libya and has an Egyptian passport, Yasser Abu S., is believed to have planned to fake his death for insurance money and then carry out a suicide attack in Iraq, chief federal prosecutor Kay Nehm told reporters in the western German city of Karlsruhe.

(continua sul Jerusalem Post)



Un nuovo "caso Rushdie" in GB

Londra: il gruppo terrorista Hezbollah ha minacciato di portare a compimento "attacchi suicidi" al fine di eliminare un presentatore di una televisione iraniana in esilio con sede nella capitale britannica, Manouchehr Fouladvand.



Il "bersaglio" sarebbe colpevole di avere "insultato l'Islam e il Corano". In Iran si sono levate voci favorevoli a una fatwa nei suoi confronti, in una ripetizione di quanto accaduto a suo tempo nel caso dello scrittore Salman Rushdie, l'autore del libro "Versetti satanici":

HIZBOLLAH, the hardline religious group, yesterday threatened to carry out suicide attacks in London in an attempt to kill a UK-based Iranian exile television presenter said to have made insulting comments about Islam.

Manouchehr Fouladvand, on the US-based Farsi language MA-TV, has been accused of mocking Moham-med and the Koran. There have been demands in Iran for the broadcaster's death.

Mojtaba Bigdeli, spokesman for Iran's Hizbollah group, warned the British government must ban the satellite channel, run by Iranian exiles, within 30 days or face the consequences. "After one month, our commandos will carry out suicide attacks in London against the shameless presenter of the channel. He has crossed our red lines by insulting our prophet and Islamic values."

Mr Bigdeli said Hizbollah had the approval of leading clerics to kill him.

The case echoes the Iranian fatwa against the author, Salman Rushdie. The government has hinted at special protection for Mr Fouladvand.

(fonte: The Herald)



A proposito, la fatwa contro Salman Rushdie è stata rinnovata proprio di recente dal regime teocratico iraniano: avete notizia di un altro Stato al mondo che può permettersi di istigare all'omicidio di un uomo e continuare impunenemente a intrattenere cordiali relazioni diplomatiche ed economiche con quel "faro di libertà e di multiculturalismo" che è (sarebbe) l'Unione Europea? Io no.



Germania, fuorilegge la Al-Aqsa Charitable Foundation

Un tribunale tedesco ha confermato la decisione del Governo federale di mettere fuori legge la Al-Aqsa Charitable Foundation, una "organizzazione caritatevole" che in realtà veniva usata dai terroristi palestinesi per finanziare le proprie attività "militari" (in pratica, gli attentati suicidi contro i civili israeliani e gli attacchi contro le basi militari dello Stato di Israele):

The Al-Aqsa Charitable Foundation, providing support almost exclusively to Hamas institutions in the Palestinian Authority administered territories, is numbered among Hamas’ primary foundations in Europe. The foundation has offices in Germany (formerly the head office), Belgium (active to this day), Holland (outlawed in June 2003), and Denmark (active albeit on a limited scale).



(...)



Following lengthy legal proceedings, the German court upheld the government’s decision and ordered (December 3) the foundation’s German branch to cease its activities, effectively dismantling it. The court determined that the foundation provided support to and promoted Hamas’ anti-Israeli terrorist attacks and that it was impossible to separate Hamas’ social work from its operative-terrorist activities. This decision and its underlying reasoning set an important political and juridical precedent that might serve as a catalyst for other countries in Europe and elsewhere to act against similar Hamas-affiliated foundations that operate in their territories, thus putting to practice, for all intents and purposes, the EU decision (September 2003) to include Hamas and all its affiliates in the list of terrorist organizations.



(...)



The Al-Aqsa Charitable Foundation served as one of the primary organs in Hamas’ fundraising system in the West. It used to raise millions of dollars a year that were transferred mainly to Hamas institutions in the Palestinian Authority administered territories.




Ulteriori dettagli e un'ampia documentazione delle attività "caritatevoli" di questi assassini sul sito I
ntelligence and Terrorism Information Center.



Islam religione di pace, rispetto, tolleranza

Pochi giorni fa dei miliziani armati avevano profanato il cimitero italiano di Mogadiscio, distruggendo centinaia di tombe e gettando i resti umani in una discarica presso l'aeroporto della città.



Oggi un nuovo sviluppo, dal Corriere della Sera:

23 gen 21:47 Somalia: ucciso responsabile indagini sul cimitero italiano profanato



MOGADISCIO (Somalia) - E' stato assassinato a colpi di arma da fuoco il generale Ahmed, responsabile delle indagini sulla recente profanazione del cimitero italiano di Mogadiscio. Lo ha reso noto la famiglia dell'ufficiale. Martedi' scorso un commando di miliziani armati aveva distrutto centinaia di tombe. I profanatori avrebbero dichiarato di eseguire la sentenza di un tribunale religioso.


Dal momento che il Corriere non si degna di scriverlo (una dimenticanza, certo...) provvedo io a precisare che i "miliziani armati" e il "tribunale religioso" citati sono, rispettivamente, dei "miliziani armati islamici" e un "tribunale religioso islamico".



Tanto per la precisione, eh!



E adesso, cari lettori antagonisti e nogglobal, accusatemi pure di fomentare l'intolleranza e lo "scontro di civiltà" - è così che funziona, no? gli islamo-fascisti fanno tutte le porcate che vogliono (che vuoi farci, è la loro cultura, la loro religione... mica vorremo criticarli per questo?), gli "infedeli occidentali" si indignano e protestano, e gli antropologicamente superiori si uniscono agli islamo-fascisti nel denunciare "il clima di intolleranza verso l'Islam" - ma tutto con le migliori intenzioni, per carità...



domenica 23 gennaio 2005

Nuove misure antiterrorismo in Germania

Da poco in Germania è stata varata una legge che permette di agire in maniera molto più rapida e decisa che in passato contro gli estremisti islamo-fascisti (altro che le mille pastoie e le infinite possibilità di ricorso previste della legislazione italiana).



Ecco i primi, positivi, risultati:

German officials are drawing up lists of hundreds of Islamic militants to be deported from the country under a new law making expulsions easier, the German weekly magazine Der Spiegel said on Saturday.

Der Spiegel said authorities were already using their powers under an immigration law introduced this month in conducting an operation dubbed "Aktion Kehraus" ("Action Sweep Out").

The Interior Ministry declined to comment on the report beyond saying that deportations were a matter for Germany's 16 federal states.

Under new rules, potential deportees will not be able to use normal legal channels to challenge an expulsion order. A special panel of the Federal Administrative Court will be responsible, with no right of appeal.

Der Spiegel said judges were expected to deal with up to 2,000 cases per year.

Since the revelations in 2001 that Arab students who had lived for years in Hamburg led the Sept. 11, 2001 attacks on the United States, Germans have questioned their liberal laws under which some suspected militants even draw welfare benefits.

Interior Minister Otto Schily has suggested that evidence of training at an al Qaeda camp should be clear grounds for expelling a foreign national. Distributing videos calling for "holy war" could also be punished the same way.


Fonte: Reuters.



Direi che non sarebbe una cattiva cosa se anche in Italia adottassimo misure simili, visto il dilagare della predicazione estremista nelle moschee e i continui sbarchi di "rifugiati economici" nordafricani a cui, come pare emergere ormai da molte inchieste, spesso si mescolano anche attivisti o militanti delle formazioni islamiste, difficilissimi poi da espellere (vedi vicenda dell'imam di Carmagnola, il cui sacrosanto provvedimento di espulsione è stato annullato in seguito al solito, salvifico ricorso).





Olocausto, i musulmani inglesi boicottano il Giorno della Memoria

La motivazione, tanto per cambiare, è che il 27 Gennaio si parlerà "solo" dell'Olocausto degli ebrei (sic), tralasciando altri eventi come - un esempio a caso? - il "genocidio dei palestinesi da parte di Israele".



Genocidio? Nel 1948 gli abitanti arabi della palestina erano poco meno di mezzo milione, ora sono alcuni milioni: si è mai visto "un piano di genocidio sistematico" (parole della propaganda palestinese, ripetute a pappagallo da buona parte della nostra sinistra) che anzichè provocare la scomparsa o la forte riduzione di una popolazione o di una etnia la moltiplica invece per dieci o per dodici?



Prendiamo il caso della Germania: prima dell'avvento di Hitler in Germania vivevano milioni di ebrei, attualmente (dati recenti, mica risalenti al primo dopoguerra) sono poche decine di migliaia - capito, voialtre minchiettine con la kefia sulla testa e zero neuroni dentro? Questo è genocidio, quello dei palestinesi invece è semmai un caso di esplosiva crescita demografica.



Ma torniamo ai musulmani inglesi:

BRITISH Muslims are to boycott this week’s commemoration of the liberation of Auschwitz because they claim it is not racially inclusive and does not commemorate the victims of the Palestinian conflict.

Iqbal Sacranie, secretary-general of the Muslim Council of Britain, has written to Charles Clarke, the home secretary, saying the body will not attend the event unless it includes the “holocaust” of the Palestinian intifada.

(...)

This weekend the boycott by the leaders of Britain’s 1.2m Muslims was condemned by Khalid Mahmood, the MP for Birmingham Perry Barr. “I’m proud to be a Muslim. But if people are boycotting this then I think it’s a mistake. People who were exterminated in the Holocaust were not just Jews. There were Romany gypsies as well. Anybody who is interested in human rights should support this remembrance.

The boycott is an embarrassment for Clarke, who as the cabinet minister responsible for “faith communities” is the event’s official host. It has also angered the Jewish community, which sees it as a snub to the memories of Holocaust victims and to survivors.


Fonte: Times Online.



Usereste un attentatore suicida come testimonial?

La Volkswagen c'è andata molto vicino:

A scatenare un mezzo pandemonio e' stato uno 'spot' destinato a vantare nella terra di Sua Maesta' la robustezza del modello 'Polo'. I pubblicitari "Lee and Dan" non hanno trovato di meglio che scegliere come personaggio un kamikaze arabo, con la kefja avvolta intorno al collo, che se ne va in giro per la citta' con una cintura di esplosivo addosso. Il terrorista al volante della sua piccola 'Polo' si ferma davanti a un pub -intorno ai tavolini all'aperto siedono molti clienti- estrae di tasca un telefonino e preme un pulsante per la detonazione a distanza: un lampo illimina l'interno dell'automobile che, invece di esplodere in mille pezzi, resiste intatta al colpo. L'immagine si stringe sul simbolo 'VW' e la scritta in inglese: "Polo: small but tough", piccola ma resistente. Sulla robustezza della vettura c'e' probabilmente poco da dubitare, mentre molte perplessita' restano sulla sceneggiatura dello spot, i cui richiami all'attualita' lasciano inorriditi. Il breve filmato non e' comunque apparso sugli schermi televisivi britannici, ma e' circolato solo sul sito Internet dell'agenzia pubblicitaria che lo ha creato. (fonte: Repubblica)



Complimenti per la sensibilità e il buon gusto dimostrati: se tanto mi dà tanto, adesso mi aspetto uno spot dedicato ai coltelli da cucina con "testimonial" un gruppo di tagliatori di teste islamici.



Napoli, scene da Terzo Mondo

Allora, ricapitoliamo:



  1. I Carabinieri arrestano il figlio del boss Di Lauro, ritenuto il mandante degli omicidi di "scissionisti" (ma anche di persone innocenti, o coinvolte solo marginalmente, o loro parenti) che hanno insanguinato la città nelle ultime settimane;
  2. la popolazione del rione in cui si svolge l'operazione delle forze dell'ordine, non a caso ribattezzato "Terzo Mondo" - e in particolare alcune centinaia fra donne, anziani e ragazzi - aggredisce i Carabinieri e tenta di impedire il trasferimento in caserma del boss;
  3. alla notizia della cattura dell'odiato nemico, nel rione roccaforte degli "scissionisti" si festeggia con lanci di fuochi artificali e colpi di pistola sparati in aria, in puro stile "palestinese" o, se preferite, "talebano";
  4. più o meno nelle stesse ore in cui veniva catturato Cosimo Di Lauro, e a poca distanza dal luogo dell'arresto, uno degli affiliati al suo clan veniva ucciso, decapitato e dato alle fiamme, in puro stile "Falluja".


E' Europa, questa? E' una città dell'Occidente, è una città comparabile con altre città equivalenti per popolazione, reddito, cultura, tassi di disoccupazione? Avete visto mai succedere cose simili nelle città delle aree depresse di Grecia, Spagna, Portogallo, Germania Est, o magari in Turchia?



Giustamente, il ministro Pisanu avverte che il problema non è "solo" di ordine pubblico:

Nessuno cerchi di trasformare problemi economici, sociali e culturali in problemi di sicurezza e ordine pubblico per metterli sulle spalle del prefetto, del ministero dell'Interno e della polizia.

Le vere e proprie manifestazioni di protesta organizzata sono la spia di uno stato di disgregazione economica e sociale in cui versa Napoli senza che i suoi gruppi dirigenti siano riusciti a fronteggiarla efficacemente.


Ecco, appunto: che hanno fatto in questi ultimi anni Bassolino e la Jervolino, gli intellettuali napoletani antropologicamente superiori, la classe dirigente "progressista e meridionalista" sia locale che nazionale? Del loro peggio, a giudicare dai risultati.



Nel frattempo, RAI Tre manda in onda delle trasmissioni sulla mafia in Sicilia in cui non fa altro che parlare delle "responsabilità della classe politica" (di centro-destra, ovvio) e il TG 3 glissa elegantemente, invece, sulla classe politica napoletana e campana e sulle sue responsabilità - un puro caso, certo: figuriamoci se al Tg 3 sono faziosi, non hanno mica Emilio Fede, loro.



sabato 22 gennaio 2005

ONU: "violenze non invalidano voto Irak"

Dal Corriere della Sera:

BAGDAD - Il voto iracheno avra' credibilita' nonostante le violenze di questi giorni. Lo ha detto da Bagdad, il responsabile dell'Onu per le elezioni irachene, Carlos Valenzuela. "Se ci fosse - ha detto Valenzuela - una tale violenza da costringere la chiusura di un numero significativo di seggi, la commissione decidera' sul da farsi".


Giova ricordare che il voto del 30 Gennaio, come pure la presenza di truppe straniere in Irak, ha il sostegno di ben due risoluzioni ONU: i nostri politici di centro-sinistra, che tanto in passato avevano invocato - strumentalmente, a quanto pare - le Nazioni Unite, farebbero bene a ricordarsene e ad agire di conseguenza, invece di invocare continuamente il ritiro delle truppe dall'Irak e di sproloquiare di "elezioni non legittime" perchè si terranno in un contesto diverso - chissà per colpa di chi... - da quello delle normali elezioni in Svizzera o in Danimarca.



venerdì 21 gennaio 2005

Ucciso un militare italiano in Irak

Dal Corriere della Sera:

Ucciso militare italiano in Iraq. Faceva parte del contingente militare italiano di stanza a Nassiryah.

Secondo quanto si è appreso, il militare era un mitragliere che si trovava a bordo di un elicottero dell'Esercito. Il velivolo è stato centrato da alcuni colpi di arma da fuoco, che hanno colpito sotto l'ascella il soldato ferendolo a morte.
Non è ancora stata resa nota l'identità del militare ucciso, nè il reparto d'appartenenza.



Aggiornamento 14:35: il militare ucciso è il maresciallo Simone Cola, 32 anni, di Tivoli, in servizio presso il 1° Reggimento "Idra" dell'Aviazione dell'Esercito a Bracciano.



Un altro "caso Van Gogh" negli USA?

Vi sono sempre più evidenze del fatto che una famiglia di cristiani copti del New Jersey di origine egiziana (padre, madre e due figlie, di cui una neanche sedicenne) sia stata brutalmente massacrata da estremisti islamici per motivi politico-religiosi.



Il capofamiglia, Hossam Armanious, 47 anni, aveva avuto degli scontri con estremisti islamici in una chat di Paltalk ed era stato minacciato da alcuni di questi:

Armanious, an Egyptian Christian, was well known for expressing his Coptic beliefs and engaging in fiery back-and-forth with Muslims on the Web site paltalk.com.

He "had the reputation for being one of the most outspoken Egyptian Christians," said the source, who had close ties to the family.

The source, who had knowledge of the investigation, refused to specify the anti-Muslim statement. But he said cops told him they were looking into the exchanges as a possible motive.

The married father of two had recently been threatened by Muslim members of the Web site, said a fellow Copt and store clerk who uses the chat room.

"You'd better stop this bull---- or we are going to track you down like a chicken and kill you," was the threat, said the clerk, who was online at the time and saw the exchange.

But Armanious refused to back down, according to two sources who use the Web site.

Pare che alcuni estremisti islamici abbiano inscenato una propria "conversione" alla religione copta per conquistare la fiducia di Armanious e della sua famiglia, per poi farsi invitare in casa sua e lì commettere il massacro:

The Armanious family had inspired several Muslims to convert to Christianity — or thought they had. These converts were actually practicing taqiyya, or religious deception, pretending to be friends of these Christians in order to strengthen themselves against them, as in Qur'an 3:28: "Let believers not make friends with infidels in preference to the faithful -- he that does this has nothing to hope for from Allah -- except in self-defense."

It was these "converts" who knocked on the door of the Armanious home. Of course, the family, not suspecting the deception, was happy to see the "converted" men and willingly let them in to their home. That's why there was no sign of forced entry. Then the "converted" Muslims did their grisly work.



Many Copts are regarding the murders as a warning to the Coptic community as a whole, related to the increasing strife between Copts and Muslims in Egypt and the Copts' energetic efforts in America to get the truth out about the differences between Middle Eastern Christians and Muslims -- differences that the Islamic lobby, with its disingenuous talk of "Arab Americans," routinely glosses over and hopes you don't notice. The Copts, to their immense credit, have been particularly outspoken among Middle Eastern Christians about Muslim oppression. And yes, many are active on Pal Talk debating Muslims.

The nature of the warning? The murders send a signal from the Muslims to the Copts: we are going to behave here the same way we behaved in Egypt, and the First Amendment and American law enforcement will not protect you. Don't expect America to keep you safe from us. The oppression and harassment you thought you had left behind in Egypt has now come to you.

This means, if Armanious's friend is correct, that this is indeed America's Theo van Gogh murder: indication that all Muslims in the nation do not, as we are supposed to believe, unanimously accept the parameters of American pluralism. That at least some are willing to enforce Sharia penalties right here, right now.



Fonti: New York Post, Jihad Watch.