lunedì 30 giugno 2008

Polito su Scalfari e il Berlusconi-Gate


Editoriale di Antonio Polito sul Riformista di oggi, da incorniciare (il neretto è mio):

Ho una confessione da fare. Il «collega cui non manca il talento ma che sta soffrendo d’un preoccupante prolasso di moralità deontologica», di cui parlava ieri Eugenio Scalfari su Repubblica, sono io. Adsum qui fecit. Ho effettivamente «scritto di recente della necessità di concedere a Berlusconi una sorta di salvacondotto giudiziario perché solo così si potrà risolvere l’anomalia italiana». Sono costretto a denunciarmi perché anche il giorno prima il vicedirettore dello stesso giornale, Massimo Giannini, aveva alluso a un tizio per il quale «il fatto oggettivo che Berlusconi ha già vinto tre volte le elezioni e può rivincerle anche la quarta è una ragione valida per turarsi il naso e dire di sì al salvacondotto». Ero sempre io. Ho deciso di uscire dall’anonimato e prendermi le mie responsabilità. Voi capirete che fare la parte dell’Innominato non mi garba, e per quella dell’Innominabile non sono all’altezza.

Questo filone della culturale liberale nostrana non ha però solo il vizietto di non chiamare per nome e cognome i suoi bersagli polemici Ne ha anche uno più grave: l’abitudine alla condanna morale. Se non è d’accordo con te, non ti dice: stai dicendo una fesseria. Ti dice: stai avendo un prolasso. Non inguinale, come pure può accadere superati i cinquanta. Ma di moralità deontologica. Vuol dire che sono professionalmente immorale, e di conseguenza - immagino - dovrei essere denunciato all’Ordine, che su quella moralità vigila. Se Travaglio avesse anche un’intercettazione, una sola, sarebbe perfetto: si potrebbe procedere per il reato di opinione con prolasso davanti a un tribunale, uno qualsiasi, magari presieduto dalla Gandus; così, per la legge del contrappasso dantesco. Quanto al merito - mi costa dirlo, perché Barbapapà è stato tra i maestri che mi hanno insegnato a non chiudere gli occhi di fronte alla verità, neanche se sgradevole o non collimante con le mie opinioni - il Fondatore deve trovare qualche argomento migliore per opporsi alla concessione di uno scudo giudiziario al capo del governo. Deve studiare di più, come fa la Spinelli, che sarà prolissa ma non ha prolassi di memoria. Citare infatti il caso americano, come ha fatto ieri Scalfari, è mettere frecce all’arco di Silvio. Watergate e Monicagate sono per lui la prova che negli Usa il capo del governo viene processato come un cittadino qualsiasi. Mentre sono la prova del contrario.

Tralasciamo il fatto che né Nixon né Clinton sono mai stati processati, il primo perché si è dimesso prima e il secondo perché il Senato ha votato contro l’impeachment. E concentriamoci sul fatto che il giudice del Presidente, nel sistema americano, è il potere democratico ed elettivo, non un magistrato. Sapete chi nomina lo special prosecutor quando si indaga sul Presidente? Il ministro della Giustizia.

E sapete chi può condannare il Presidente, se l’impeachment è accettato? I due terzi dei membri del Senato, non i tre membri di una corte. Anzi, se ne volete sapere di più, scoprirete che tutti i giudici federali negli Usa sono nominati dal Presidente medesimo, così come i giudici della Corte suprema, fatto salvo il vaglio del Congresso. E scoprirete che i procuratori federali sono funzionari alle dipendenze del ministero della Giustizia: di nomina politica, diciamo così. Nei singoli stati dell’Unione, poi, giudici e procuratori sono il più delle volte essi stessi eletti. Non c’è obbligatorietà dell’azione penale, l’agenda della giustizia risponde al corpo elettorale. Giudici e procuratori non fanno parte dello stesso ordine, e non si autogovernano le carriere. Lungi da me voler paragonare il sistema di giustizia americano a quello italiano: noi discendiamo al diritto romano, loro da quello consuetudinario. Ma almeno non venite a dirci che se fossimo in America Berlusconi potrebbe essere indagato da un qualsiasi pm di qualsiasi procura e giudicato da un qualsiasi tribunale. Se fossimo in America, il ministro Alfano nominerebbe un procuratore speciale che alla fine dell’inchiesta presenterebbe le sue proposte a una commissione parlamentare, e sarebbe il Senato a decidere se processarlo. Pensate che sarebbe processato?

Non mi sfugge che Berlusconi non ha la grandezza cospiratoria di un Nixon, né la morigeratezza di un Clinton, che almeno il sesso non lo faceva al telefono (tra l’altro: non è vero come scrive Scalfari che Bush vinse a mani basse grazie all’inchiesta contro Clinton, perse anzi nel voto popolare contro Gore, e avrebbe perso a mani basse contro Clinton). Né mi sfugge che nel caso di Berlusconi si parla di reati compiuti al di fuori del suo mandato. Però questo patetico compianto del nostro stato di diritto aggiunge solo confusione e dramma alla crisi italiana, soprattutto se condito da intimazioni sgradevoli e pericolose al capo dello Stato. Il nostro stato di diritto non deve stare tanto male se l’uomo più potente d’Italia è già stato sottoposto a sedici procedimenti. E il pericolo maggiore per la democrazia italiana è piuttosto questa maledizione per cui da quindici anni votiamo, cambiamo sempre governo, e non cambia mai niente. Aspettate che gli italiani si convincano che il loro voto è inutile, e allora sì che ne vedremo delle belle. Scalfari pensa che Berlusconi sia il problema della democrazia italiana. Io penso che sia un problema, irrisolvibile se prima non se ne risolvono molti altri Primo dei quali è garantire al paese il diritto di essere governato, bene o male, secondo il mandato elettorale; cosa che il centrosinistra non è riuscito a fare e unica ragione per cui è tornato l’odiato Caimano. Solo il voto popolare toglierà Berlusconi dal cielo della vita pubblica italiana. Smettetela di illudere i vostri lettori e i vostri elettori che possa farlo un qualsiasi pm, solo perché voi ne siete incapaci.

Promemoria


Di Pietro: quindici anni di segreti e bugie. Tanto perché sia chiaro da che pulpito.
Ah, pare fra l'altro che l'aggressione mediatico-giudiziaria - impossibile definirla in altro modo, ormai - nei confronti di Berlusconi e del governo democraticamente eletto da una schiacciante maggioranza di elettori stia per conoscere una ulteriore escalation: prepariamoci.

domenica 29 giugno 2008

Non se ne può più di foto pruriginose e indecenti


foto di Ahmedinejad con la moglie


Prendiamo questa, ad esempio, pubblicata dal quotidiano turco Hurriyet, che ritrae il premier iraniano Mahmud Ahmedinejad e sua moglie - una vera svergognata: ha il naso completamente nudo, e guardando attentamente si può perfino arrivare a scorgerne gli occhi.
Dove andremo a finire, di questo passo?

sabato 28 giugno 2008

Il premier fa un lavoro da magnaccia


Così oggi Di Pietro. Che dire? Mi pare la prova provata del fatto che non si può prendere un asino e sperare che col tempo si trasformi magicamente in un cavallo di razza: signori si nasce, come diceva Totò.

Ah, a proposito di raccomandazioni:

Viva la legalità. La figlia di Antonio Di Pietro come Pellegrino Mastella al Campanile: raccomandata.

Legalità e Giustizia. Peccato che si chiami Italia dei Valori, ma il partito di Tonino ha sempre sbandierato questi valori nei punti programmatici della sue liste. Bene, c'è odore di Campanile, ovvero il giornale dell'Udeur in cui Mastella aveva infilato il figlio e la fidanzata (ora moglie) per farli diventare giornalisti professionisti.

Oggi scopriamo che Tonino ha fatto la stessa cosa. Infatti, un nodo è venuto al pettine dalle colonne de Il Giornale: la figlia, Anna, è stata raccomandata con insistenza dal padre per ottenere un contratto da professionista, pur non essendosi mai presentata in redazione. Ilo Vergani riporta nei commenti del blog di Di Pietro la cronistoria della vicenda di nepotismo. Ecco quanto riporta Il Giornale:

Anna Di Pietro è brillante, di bella presenza, studentessa all'università Bocconi e parla con quell'accento milanese che non ha mai intaccato la cadenza molisana del papà.

Nel marzo 2006 viene assunta dalla Editrice Mediterranea, la società che pubblicava il giornale dell'Italia dei valori: nella redazione romana di via della Vite, una splendida traversa di via del Corso, raccontano però di non averla mai vista, nemmeno per ritirare le buste paga. Insomma, sulla carta è assunta a tutti gli effetti per svolgere il praticantato che dà diritto a sostenere l'esame da professionista. Solo che non ha mai lavorato.

Se attaccato ingiustamente, il caro Di Pietro dovrebbe rispondere, come ha fatto qualche giorno fa per la candidatura di De Magistris. Ma quello che temiamo è il silenzio (assenso) e l'apparentamento al suo miglior nemico: Clemente Mastella. Di Pietro, che delusione.

La storia completa (risalente a Febbraio 2008) sul Giornale.

venerdì 20 giugno 2008

La solita disonestà intellettuale


E' inutile, sono sempre i soliti mentitori patologici.

Rispunta fuori il ticket di 10 euro deciso dal governo Prodi e i suoi ex ministri e collaboratori, naturalmente, cercano di addebitarlo invece al governo Berlusconi.

Così Fausto Carioti:
Dopo la manovra triennale varata dal consiglio dei ministri, è riapparsa l'ipotesi di introdurre un ticket da 10 euro sulla diagnostica sanitaria e sulle prestazioni specialistiche. A conti fatti, porterebbe nelle casse dello Stato 830 milioni di euro l'anno. Si può discutere a lungo se il ticket sia una misura utile oppure no (qui si pensa di sì, se non altro per limitare la corsa alle prestazioni gratuite). Resta il fatto che reintrodurre il ticket è una bella rogna, che nessuno si vuole prendere. Anche il governo attuale s'inventerà di tutto per trovare quei soldi altrove.

Lo scaricabarile è già iniziato. I ministri del governo Berlusconi fanno sapere che il ticket, in realtà, era già stato introdotto dal "Patto per la salute" voluto dal governo Prodi. L'allora ministro della Sanità, Livia Turco, s'indigna: "Finiamola con le menzogne. Il precedente esecutivo aveva sospeso questa misura e l’avrebbe cancellata: lo scorso anno abbiamo trovato 830 milioni di euro per evitarla".

Chi ha ragione? Uno dei problemi di questo Paese è la mancanza di memoria. Internet, però, ogni tanto aiuta. Sul sito del ministero della Salute è ancora online la documentazione pubblicata a suo tempo dalla stessa Turco dove, sotto la foto dell'allora ministro, si spiegano per filo e per segno "Il nuovo Patto per la Salute e gli interventi della legge Finanziaria 2007".

Vi si legge, tra le altre cose:

Come cambia il ticket

* Visite specialistiche e diagnostica

Oggi: in tutte le Regioni è già prevista la compartecipazione alla spesa con un tetto massimo di 36,15 euro per un massimo di 8 prestazioni, esclusi gli esenti

Domani: resta inalterato il tetto di 36,15 euro, ma ci sarà una quota fissa su ricetta di 10 euro (8 prestazioni massimo), esclusi gli esenti

Dunque, il ticket fu voluto proprio dal governo dell'Unione. Che poi lo scorso anno trovò misure una tantum per coprirlo, ma - appunto perché le misure di copertura non erano strutturali - lasciando sempre aperto il "buco" per gli anni successivi. Così, a ogni esercizio finanziario, se non si trova il modo di recuperare 830 milioni di euro e passa, il ricorso al ticket diventa automatico. Altro che "menzogne".


A parte la Turco, anche Bersani ieri sera ai TG diceva, commentando i provvedimenti presi dal governo: "vedo che si prospetta un futuro di ticket..." accennando al fatto che la misura sui ticket, come spiega Carioti, è tuttora valida e operativa, e facendo intravvedere un futuro in cui i "cattivi" del centrodestra strapperanno letteralmente i soldi dalle mani artritiche delle povere vecchine costrette ad andare nelle strutture sanitarie pubbliche: peccato si sia dimenticato di dire che il provvedimento sui ticket sia al 100% farina del sacco del governo Prodi, quello che doveva difendere i poveri e far piangere i ricchi, ricordate?
Già immagino infatti le lacrime di sangue che verserà Briatore se sarà costretto, per colpa dei provvedimenti prodiani, a versare ben 10 euro di ticket sanitario. Ma ripensandoci, mi dicono che Briatore ha speso - giustamente: sono soldi, e fatti, suoi - circa un milione e mezzo di euro per il suo matrimonio con la Gregoraci: ho il sospetto quindi che non sia fra i più accaniti frequentatori del sistema sanitario pubblico italiano.

martedì 17 giugno 2008

Anche il Comune di Napoli, nel suo piccolo...


E' ormai accertato che il buco di bilancio creato al Comune di Roma da Veltroni (a.k.a. "la serietà al governo" o, se preferite, "il governo degli onesti e dei capaci") ammonta intorno agli 8,5/9 MILIARDI di euro (in lire circa 18.000.000.000.000: fa più impressione, vero?), ma pare che anche a Napoli un altro governo di centrosinistra e quindi per definizione "onesto e capace", oltre che a risolvere brillantemente il problema della monnezza (dichiarazione della Jervolino del Novembre scorso: "il problema dei rifiuti a Napoli può considerarsi risolto") si sia dedicato anche a tentare di emulare l'oculata amministrazione veltroniana.
Dal Corriere:
NAPOLI — C'è un consigliere comunale del centrosinistra che con il suo cellulare di servizio, quindi pagato dall'amministrazione e quindi dai napoletani, ha fatto in quarantotto ore telefonate per una spesa di 7.500 euro. I suoi colleghi sono dilettanti rispetto a lui, ma comunque si difendono bene: qualcuno porta in bolletta una media di quattromila euro a bimestre, molti stanno sotto i mille. Chi fa spendere all'amministrazione una cifra normale è invece il sindaco Iervolino, che abitualmente non va oltre i 150 euro ogni due mesi. Anche i suoi assessori si mantengono bassi, ma non basta a contenere una spesa che ha raggiunto cifre tali da far aprire una indagine della Guardia di Finanza.

Il Consiglio comunale di Napoli è il posto dove qualche mese fa fu portata in aula la questione ingressi gratuiti allo stadio San Paolo. Molti consiglieri lamentavano di essere scarsamente riforniti dal Calcio Napoli di biglietti omaggio e posti in tribuna vip, e fecero mettere la questione all'ordine del giorno. Succedono cose così in quel Consiglio. E nelle stanze di Palazzo San Giacomo succede invece che da una settimana sia stata bloccata per tutti i circa 12.500 dipendenti la libera navigazione in Internet a causa dei troppi collegamenti con siti porno e di scommesse online.

(continua a leggere).

Che dire? Poi qualcuno si meraviglia se a ogni nuova tornata elettorale (vedi ieri in Sicilia) gli "onesti e capaci" del centrosinistra vengono letteralmente stracciati dai "disonesti e incapaci" (e nel caso della Sicilia anche tutti "mafiosi" o "collusi", immagino) del centrodestra.

giovedì 12 giugno 2008

Steve Jobs malato? C'è un precedente


In occasione della presentazione della versione 2 dell'iPhone molti hanno notato che Steve Jobs appariva in condizioni non proprio eccezionali: smagrito, quasi emaciato, con un'aria non proprio sanissima.
Questo ha fatto parlare alcuni giornali di uno Steve Jobs "malato". Potrebbe essere vero: mi sono ricordato di avere riferito su questo stesso blog, nel "lontano" 2004, di una operazione per una rara forma di cancro al pancreas. Spero non siano in corso ricadute, davvero.

Brunetta e Gelmini Santi Subito


Condivido in pieno la loro visione, tranne per la questione delle quote rosa che in realtà non hanno niente a che fare col merito e l'eccellenza individuale, e ne sono anzi la negazione in salsa egualitarista.

Sottoscrivo poi al 110% le parole di Abravanel citate da Mariastella Gelmini:

«Abravanel definisce il nostro un Paese "pietrificato" e, come tale, "destinato al declino" e precisa quale sia la sua idea di merito, un'idea che io condivido totalmente e pienamente: "Meritocrazia è un sistema di valori che promuove l'eccellenza delle persone, indipendentemente dalla loro provenienza sociale, etnica, politica ed economica. Il merito non è una fonte di disuguaglianza ma al contrario uno strumento per garantire pari opportunità ed è dunque la più alta forma di democrazia". Secondo Abravanel, l'equazione del merito è "intelligenza più impegno". "La scuola e l'università - dice Abravanel - devono premiare gli studenti migliori. Se i risultati sono uguali per tutti, saranno sempre i figli dei privilegiati a prevalere"»


E ancora:

«La nostra società è la più ineguale del mondo industrializzato, perché il rapporto tra i redditi dei più ricchi e quelli dei più poveri è a livello delle società anglosassoni, ma mentre queste hanno una elevata mobilità sociale che riduce la ineguaglianza nel tempo, da noi la mobilità sociale è bassissima e chi è povero non ha nessuna chance di migliorare... Da noi sono mancate sia le nuove sinistre che promuovono le pari opportunità, sia le destre liberali che promuovono l'alto valore del merito, la concorrenza e il libero mercato. Non abbiamo avuto né Tony Blair né Margareth Thatcher...»


Finalmente, finalmente qualcuno che dice "qualcosa di liberale": era ora.

mercoledì 11 giugno 2008

Robin Tremonti, un socialista in calzamaglia


Qualche anno fa Mel Brooks girò una parodia (l'ennesima) dei film dedicati a Robin Hood, il bandito gentiluomo che rubava ai ricchi per dare ai poveri (fra cui se stesso, of course) e la intitolò "Robin Hood, un uomo in calzamaglia".

Nei giorni scorsi abbiamo assistito in Italia alla nascita di un nuovo Supereroe, anzi di un eroe Super senza piombo: Robin Tremonti - più che un uomo qualunque, un socialista in calzamaglia.

Tremonti è l'ideatore di quella che è stata ribattezzata dai media come "Robin Hood tax", la risposta tremontiana al continuo rincaro dei prezzi dei carburanti, una tassa che dovrebbe colpire gli "extra-profitti" dei petrolieri.

Ora, a parte il fatto che se si aumentano le tasse ai petrolieri i petrolieri provvederanno a difendersi di conseguenza (magari aumentando i prezzi, che dite? ricordate come è andata a finire la faccenda dell'abolizione dei costi di ricarica sui cellulari?), da quando in qua un governo "liberale" parla di "extra-profitti"?

Da quando in qua un governo "liberale" stabilisce, in puro stile Socialismo Reale, cosa è profitto "normale" e cosa è profitto "extra" - cioè eccessivo, esagerato, "cattivo"?

Non esistono "extra-profitti", esiste solo "il" profitto: principale (anzi unico) dovere di una azienda è produrre profitti, ovviamente nel rispetto delle leggi vigenti: pagando le tasse, espandendosi, creando nuovi posti di lavoro e fornendo al mercato prodotti o servizi innovativi o migliori l'azienda che produce profitti contribuisce così "naturalmente" a elevare il livello medio di benessere della Nazione.

In quest'ottica, l'idea di adottare misure punitive nei confronti di una azienda o di un intero settore "colpevole" di guadagnare troppo mi appare moralmente oscena, e contraria agli interessi generali della comunità.

Se il governo vuole realmente venire incontro alle richieste dei pescatori, dei trasportatori, degli agricoltori e dei consumatori in generale la strada da seguire è una sola: ridurre la disastrosa pressione fiscale sui carburanti, che attualmente si aggira intorno ai due terzi del prezzo "alla pompa", iniziando magari dalla cancellazione delle infinite "una tantum" diventate nel corso dei decenni altrettante "una semper".

Per fare qualche esempio a caso, ancora oggi gli automobilisti ogni volta che fanno il pieno pagano per il disastro del Vajont, per il terremoto del Belice, per sostenere le guerre dell'Italia monarchica e fascista in Abissinia, Cirenaica e Tripolitania...

Insomma: da liberale, vorrei sentire dagli esponenti di questo governo "liberale" meno sciocchezze in stile Piano Quinquennale Sovietico; da liberale, vorrei vedere mettere in pratica da questo governo almeno l'ABC del liberalismo in economia; last but not least, da liberale e da uomo pacifico vorrei tanto che questo governo si decidesse, dopo sei-sette decenni ormai, ad abolire il prelievo fiscale destinato a finanziare lo sforzo bellico volto a "Consolidare L'Ascesa Del Secondo Impero Romano" e/o a "Spezzare Le Reni Alla Grecia".

E' chiedere troppo?

lunedì 2 giugno 2008

Due Giugno


Oggi avevo intenzione di scrivere un post molto polemico sull'ipocrisia di una Italia che celebra la Festa della Repubblica ("democratica" e "fondata sul lavoro", naturalmente…) mentre sta diventando sempre più simile alle entità descritte da Orwell e da Huxley, a cominciare dalla creazione e dall'uso di una vera e propria neolingua:
- l'importazione di lavoratori-schiavi dai Paesi poveri diventa Accoglienza;
- l'indifferenza verso l'altro, il forestiero, diventa Tolleranza;
- l'acquiescenza o la collaborazione coi nemici della libertà diventa Pacifismo;
- il tradimento del principio di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge diventa Rispetto delle specificità culturali e religiose (o, se preferite, Multiculturalismo)...
Davvero una bella Italia - e una bella Europa, pure, se è per questo - non c'è che dire.
Bah, lasciamo perdere, va...