giovedì 22 gennaio 2009

Realtà e propaganda

Nelle ultime settimane abbiamo assistito alla ennesima guerra mediatica contro Israele, accusata come sempre di comportamenti "nazisti" (sic) dagli amici di quei terroristi palestinesi che da anni commettono, loro sì, crimini di guerra come ad esempio il bombardamento con mortai e missili delle città israeliane.

In questi giorni si è sentito e letto di tutto: kattivi israeliani che sparano nel mucchio facendo strage di civili, colpendo scuole e ospedali, facendo prima 600, poi 900, poi 1000, poi 1300 morti "per la maggior parte fra la popolazione civile".
Oggi un articolo del Corriere comincia a ristabilire un minimo di verità - meglio tardi che mai, verrebbe voglia di dire, ma certamente tardi.

Eccone alcuni stralci significativi, da cui appare evidente che Hamas si è deliberatamente fatta scudo della popolazione civile (un crimine di guerra, secondo la Convenzione di Ginevra), ha minacciato e picchiato i civili che volevano allontanarsi dalle zone di prima linea, ha sequestrato, torturato e ucciso oppositori palestinesi sia vicini ad Al Fatah (la componente del presidente Abu Mazen) sia alla sinistra palestinese in una guerra intestina coperta dalla guerra contro i "sionisti", e tanto per cambiare ha manipolato le fonti di informazione gonfiando a dismisura il numero dei morti e dei feriti fra i civili:

«Andatevene, andatevene via di qui! Volete che gli israeliani ci uccidano tutti? Volete veder morire sotto le bombe i nostri bambini? Portate via le vostre armi e i missili», gridavano in tanti tra gli abitanti della striscia di Gaza ai miliziani di Hamas e ai loro alleati della Jihad islamica. I più coraggiosi si erano organizzati e avevano sbarrato le porte di accesso ai loro cortili, inchiodato assi a quelle dei palazzi, bloccato in fretta e furia le scale per i tetti più alti. Ma per lo più la guerriglia non dava ascolto a nessuno. «Traditori. Collaborazionisti di Israele. Spie di Fatah, codardi. I soldati della guerra santa vi puniranno. E in ogni caso morirete tutti, come noi. Combattendo gli ebrei sionisti siamo tutti destinati al paradiso, non siete contenti di morire assieme?». E così, urlando furiosi, abbattevano porte e finestre, si nascondevano ai piani alti, negli orti, usavano le ambulanze, si barricavano vicino a ospedali, scuole, edifici dell’Onu. In casi estremi sparavano contro chi cercava di bloccare loro la strada per salvare le proprie famiglie, oppure picchiavano selvaggiamente. «I miliziani di Hamas cercavano a bella posta di provocare gli israeliani. Erano spesso ragazzini, 16 o 17 anni, armati di mitra. Non potevano fare nulla contro tank e jet. Sapevano di essere molto più deboli. Ma volevano che sparassero sulle nostre case per accusarli poi di crimini di guerra», sostiene Abu Issa, 42 anni, abitante nel quartiere di Tel Awa. «Praticamente tutti i palazzi più alti di Gaza che sono stato colpiti dalle bombe israeliane, come lo Dogmoush, Andalous, Jawarah, Siussi e tanti altri avevano sul tetto le rampe lanciarazzi, oppure punti di osservazione di Hamas. Li avevano messi anche vicino al grande deposito Onu poi andato in fiamme.

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Chi racconta una versione diversa dalla narrativa imposta dalla «muhamawa» (la resistenza) è automaticamente un «amil», un collaborazionista e rischia la vita. Aiuta però il recente scontro fratricida tra Hamas e Olp. Se Israele o l’Egitto avessero permesso ai giornalisti stranieri di entrare subito sarebbe stato più facile. Quelli locali sono spesso minacciati da Hamas. «Non è un fatto nuovo, in Medio Oriente tra le società arabe manca la tradizione culturale dei diritti umani. Avveniva sotto il regime di Arafat che la stampa venisse perseguitata e censurata. Con Hamas è anche peggio», sostiene Eyad Sarraj, noto psichiatra di Gaza city.

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E c’è un altro dato che sta emergendo sempre più evidente visitando cliniche, ospedali e le famiglie delle vittime del fuoco israeliano. In verità il loro numero appare molto più basso dei quasi 1.300 morti, oltre a circa 5.000 feriti, riportati dagli uomini di Hamas e ripetuti da ufficiali Onu e della Croce Rossa locale. «I morti potrebbero essere non più di 500 o 600. Per lo più ragazzi tra i 17 e 23 anni reclutati tra le fila di Hamas che li ha mandati letteralmente al massacro», ci dice un medico dell’ospedale Shifah che non vuole assolutamente essere citato, è a rischio la sua vita. Un dato però confermato anche dai giornalisti locali: «Lo abbiamo già segnalato ai capi di Hamas. Perché insistono nel gonfiare le cifre delle vittime? Strano tra l’altro che le organizzazioni non governative, anche occidentali, le riportino senza verifica. Alla fine la verità potrebbe venire a galla. E potrebbe essere come a Jenin nel 2002. Inizialmente si parlò di 1.500 morti. Poi venne fuori che erano solo 54, di cui almeno 45 guerriglieri caduti combattendo».

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E’ sufficiente visitare qualche ospedale per capire che i conti non tornano. Molti letti sono liberi all’Ospedale Europeo di Rafah, uno di quelli che pure dovrebbe essere più coinvolto nelle vittime della «guerra dei tunnel» israeliana. Lo stesso vale per il “Nasser” di Khan Yunis. Solo 5 letti dei 150 dell’Ospedale privato Al-Amal sono occupati. A Gaza city è stato evacuato lo Wafa, costruito con le donazioni «caritative islamiche» di Arabia Saudita, Qatar e altri Paesi del Golfo, e bombardato da Israele e fine dicembre. L’istituto è noto per essere una roccaforte di Hamas, qui vennero ricoverati i suoi combattenti feriti nella guerra civile con Fatah nel 2007. Gli altri stavano invece allo Al Quds, a sua volta bombardato la seconda metà settimana di gennaio.
Dice di questo fatto Magah al Rachmah, 25 anni, abitante a poche decine di metri dai quattro grandi palazzi del complesso sanitario oggi seriamente danneggiato. «Gli uomini di Hamas si erano rifugiati soprattutto nel palazzo che ospita gli uffici amministrativi dello Al Quds. Usavano le ambulanze e avevano costretto ambulanzieri e infermieri a togliersi le uniformi con i simboli dei paramedici, così potevano confondersi meglio e sfuggire ai cecchini israeliani».

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Tutto ciò ha ridotto di parecchio il numero di letti disponibili tra gli istituti sanitari di Gaza. Pure, lo Shifah, il più grande ospedale della città, resta ben lontano dal registrare il tutto esaurito. Sembra fossero invece densamente occupati i suoi sotterranei. «Hamas vi aveva nascosto le celle d’emergenza e la stanza degli interrogatori per i prigionieri di Fatah e del fronte della sinistra laica che erano stato evacuati dalla prigione bombardata di Saraja», dicono i militanti del Fronte Democratico per la Liberazione della Palestina. E’ stata una guerra nella guerra questa tra Fatah e Hamas. Le organizzazioni umanitarie locali, per lo più controllate dall’Olp, raccontano di «decine di esecuzioni, casi di tortura, rapimenti nelle ultime tre settimane» perpetrati da Hamas. Uno dei casi più noti è quello di Achmad Shakhura, 47 anni, abitante di Khan Yunis e fratello di Khaled, braccio destro di Mohammad Dahlan (ex capo dei servizi di sicurezza di Yasser Arafat oggi in esilio) che è stato rapito per ordine del capo della polizia segreta locale di Hamas, Abu Abdallah Al Kidra, quindi torturato, gli sarebbe stato strappato l’occhio sinistro, e infine sarebbe stato ucciso il 15 gennaio.

lunedì 19 gennaio 2009

Ancora una volta

"In una spavalda conferenza stampa, il portavoce del braccio armato di Hamas, Abu Odbeida, ha sostenuto che la sua formazione ha avuto 48 vittime e che ha inflitto ingenti perdite all'esercito israeliano.

Abu Obeida ha ribadito che anche in futuro Hamas tornerà ad armarsi e sarà in grado di colpire in profondità il territorio israeliano." (fonte: ANSA)
Eccoli serviti, tutti quelli che ipocritamente in queste settimane hanno chiesto all'aggredito, cioè a Israele, di smetterla di difendersi dall'aggressore Hamas.

Eccoli serviti, quelli che "l'uso della forza non risolve niente".

Eccoli serviti, quelli che "la reazione israeliana è stata sproporzionata".

Questa dichiarazione è la conferma del fatto che la reazione israeliana è stata invece troppo debole e moderata, e che l'unica reazione "proporzionata alla minaccia" possibile era (e resta, alla luce di questa e altre dichiarazioni dei nazisti islamici di Hamas) la distruzione totale di Hamas.

Israele, sbagliando ancora una volta, si è piegata al coro interessato della cosiddetta comunità internazionale e ha fermato le forze di Tsahal: come prevedibile Hamas ha subito rimesso mano al programma contenuto nel suo statuto, un programma che prevede guerra senza quartiere contro gli ebrei fino alla loro completa distruzione.

Complimenti all'ONU, all'Europa e, perché no, anche al Vaticano: sono riusciti ancora una volta a disarmare le vittime e a gettare le basi per l'ennesimo riarmo degli aggressori.

Mi auguro solo che i leader israeliani si rendano conto dell'errore commesso e, alla prima provocazione di Hamas, vi pongano rimedio una volta per tutte.

UPDATE 17:30

Evidentemente certe frasi scomode è meglio non riportarle, almeno qui in Italia.
La citazione in cima a questo post proveniva da una agenzia ANSA: l'ho copia-incollata qui intorno alle 17 e qualche minuto.

Ora (17:50) questa frase non appare più nella pagina linkata: troppo "esplicita" e in contrasto con la leggenda dei "poveri palestinesi inermi aggrediti da Israele", forse?
Per fortuna la notizia è disponibile su altri siti, ad esempio QUI, QUI e QUI....

sabato 17 gennaio 2009

Ogni limite ha la sua pazienza

Segnalo un post di Malvino, che condivido ampiamente. Ogni giorno di più mi prende la voglia di andarmene da questo disgraziato Paese, che pure amo profondamente.
Il problema è che lui non mi (non ci) ama: prima o poi dovrò trarne le logiche conseguenze.

martedì 13 gennaio 2009

L'ultima bestemmia (di Italia 1)

Al TG di Italia 1 delle 12:20 è andato in onda un servizio sugli autobus che a Genova veicoleranno il messaggio "La cattiva notizia è che Dio non esiste, quella buona è che non ne hai bisogno".

Naturalmente, tutto si può dire di questa iniziativa: ad esempio che è sostanzialmente inutile (se uno è già un non credente non ha bisogno di questo "promemoria", se invece è un credente - di una qualunque fede - non sarà certo questo messaggio pubblicitario a fargli cambiare idea); che è sgrammaticata (nel messaggio originale si legge, notare la posizione delle virgole: "La cattiva notizia, è che Dio non esiste - La buona notizia, è che non ne hai bisogno"); che mira al bersaglio sbagliato (al singolo credente e alla sua fede, anziché alle gerarchie ecclesiastiche o agli imam musulmani e ai loro sempre più frequenti tentativi di interferenza con lo Stato laico); che è molto poco "laica" perché, a differenza delle analoghe iniziative in corso in Gran Bretagna e in Spagna non dice che Dio "probabilmente" non esiste, ma lo dà per certo, laddove va laicamente riconosciuto che certezza assoluta non può esservi, né in un senso né nell'altro .

Quello che però assolutamente non si può dire è che si tratti di una bestemmia: invece è proprio così che in tv e sul suo sito titola Studio Aperto, il TG di Italia 1: "L'ultima bestemmia, gli autobus anti-Dio".

Ora va bene tutto, va bene che un Tg come Studio Aperto appare spesso schierato più dalla parte delle gerarchie vaticane che dalla parte dello Stato laico, ma confondere l'applicazione pratica del diritto ad esprimere liberamente e civilmente le proprie opinioni con la blasfemia significa avere veramente superato ogni limite.

Esprimere pacatamente (come in questo caso) l'opinione, il convincimento che "Dio non esiste" non significa bestemmiare; che un telegiornale a diffusione nazionale prenda l'iniziativa di additare all'opinione pubblica come bestemmiatori coloro che esprimono questo convincimento significa, questo sì, bestemmiare: bestemmiare contro la Costituzione, bestemmiare contro lo Stato laico, bestemmiare contro il diritto inalienabile degli individui a esprimere e diffondere le proprie idee e opinioni, bestemmiare contro l'idea stessa di libertà e di laicità e contro la teoria e la prassi del liberalismo.

Mi auguro che i giornalisti di Italia 1 abbiano un soprassalto di dignità (civile, prima ancora che professionale) e pongano rimedio a questo atto gravissimo, degno di un gruppuscolo di propagandisti talebani e non della redazione di un telegiornale occidentale.

domenica 11 gennaio 2009

Bruciatele pure, ma...

A tutti gli integralisti islamici e i nazi-comunisti che in questi giorni anche in Italia non hanno perso occasione di bruciare le bandiere di Israele e di sventolare orgogliosamente i vessili dei terroristi stragisti di Hamas: se proprio non potete fare a meno di bruciare le bandiere dello Stato ebraico fate pure, ma prima di incendiarle fate un favore all'umanità: avvolgetevele addosso.

domenica 4 gennaio 2009

Su Gaza

Intanto segnalo quanto scritto da André Glucksmann. Ci tornerò su nei prossimi giorni, con approfondimenti.