giovedì 27 aprile 2006

Breaking: Attentato a Nassiriya, morti

Almeno due Carabinieri sarebbero rimasti uccisi nell'esplosione di un ordigno avvenuta poco fa a Nassiriya. Morto anche un militare rumeno. Fra gli italiani ci sarebbero almeno tre feriti.

Aggiornamento: I militari italiani morti sarebbero tre, e non due: un capitano dell'Esercito e due Carabinieri. Confermata la morte di un soldato rumeno e il ferimento di un Carabiniere italiano, che verserebbe in gravi condizioni.
Secondo le prime ricostruzioni il mezzo su sui si trovavano i militari inquadrati nella MSU (Multinational Specialized Unit) sarebbe stato investito in pieno dall'esplosione di una roadside bomb; gli altri tre mezzi facenti parte del convoglio non avrebbero riportato danni.
Già nei giorni scorsi una bomba a basso potenziale era esplosa al passaggio di una unità militare italiana, ma senza fare danni degni di nota.

Aggiornamento - 2: Parzialmente ridimensionato, per fortuna, il bilancio dell'attentato: i morti in totale sarebbero tre - un sottufficiale dell'esercito rumeno, un Carabiniere e un militare dell'Esercito. Due carabinieri italiani, e non uno quindi, risultano gravemente feriti.

Aggiornamento - 3: Purtroppo uno dei due italiani rimasti feriti nell'attentato non ce l'ha fatta: è morto poco dopo il ricovero nell'ospedale da campo del nostro contingente.

Dal Corriere della Sera:
I tre morti italiani sono il capitano dell'esercito Nicola Ciardelli, 34 anni, pisano, in servizio a Livorno, il Maresciallo capo dei carabinieri Franco Lattanzio, originario dell'Aquila e in servizio a Chieti e il maresciallo capo dei Carabinieri Carlo De Trizio, del nucleo radiomobile di Roma, deceduto in ospedale. Il militare rumeno è il caporale Hancu Bogdan. Aveva 28 anni e faceva parte della Polizia militare rumena formata da 100 uomini e ospitata a Camp Mittica.
Il carabiniere ricoverato è Enrico Frassinito, 41 anni, maresciallo aiutante Sups del comando provinciale Carabinieri di Padova, a sua volta in gravi condizioni con ustioni su circa il 30% del corpo, ma pare non in pericolo di vita. Nato nel Padovano ma residente a Sommacampagna (Verona), il militare era partito da Verona per l'Iraq circa un mese fa.

mercoledì 26 aprile 2006

I soliti nazicomunisti antisemiti

Rieccoli in piazza, i soliti fascistoni in camicia rossa: come sempre, contro il dialogo e la democrazia; come sempre, dalla parte dei terroristi e di chi vorrebbe un secondo Olocausto.

Segnalo i commenti di Ingrao e Della Loggia.

martedì 25 aprile 2006

Festa della Liberazione

Un pensiero carico di riconoscenza agli oltre 80.000 (ottantamila) soldati americani che persero la vita per liberare l'Italia dall'oppressione nazifascista: senza il loro determinante contributo oggi mangeremmo tutti würstel con crauti, e saremmo tutti bravissimi a fare il passo dell'oca - due cose che, peraltro, aborro a prescindere.

Dahab, Mar Rosso

Tre ordigni fatti detonare a distanza nelle zone di massimo passaggio dei turisti, almeno trenta morti e centosessanta feriti, pezzi di corpi umani dovunque, il sangue che si raccoglie in pozzanghere sul terreno, le indecenti condanne di rito da parte degli amici dei terroristi: insomma, business as usual, tutto come da copione.

domenica 23 aprile 2006

mercoledì 19 aprile 2006

La serietà al governo

In campo internazionale, ad esempio.

Ancora non si è insediato, e già il governo Prodi rischia di incrinare il fronte delle democrazie occidentali contro la barbarie nazista degli integralisti islamici.

Esagero? Bè, indovinate un po' da dove è arrivato il primo riconoscimento internazionale al futuro governo Prodi:
Ramallah, 13 apr. - (Aki) - Il ministro palestinese degli Affari Esteri, Mahmud al-Zahar, si è congratulato con il leader del centro-sinistra Romano Prodi per la vittoria alle elezioni politiche italiane. Zahar, che ha definito una "posizione positiva" quella di Prodi verso il nuovo governo palestinese guidato da Hamas, ha sottolineato "il coraggio e la spiccata coscienza politica" del Professore.
Qualità, queste, che secondo Zahar potrebbero contribuire a "convincere quei paesi dell'Unione Europea ancora indecisi se continuare a sostenere il popolo palestinese e mantenere i contatti col suo governo democraticamente eletto".
Il ministro palestinese si è poi augurato che ''Prodi riesca a correggere l'errato assunto politico europeo nei confronti del popolo palestinese e del suo governo eletto e che ciò si traduca concretamente nel rispetto per l'autodeterminazione del nostro popolo e l'accettazione della sua scelta democratica".
Da dove nasce tutto questo entusiasmo dei nazisti di Hamas? Da alcune recenti dichiarazioni del nostro Prodino, dichiarazioni come questa:

"Mi impegnerò direttamente a livello europeo per definire una nuova posizione nei confronti del nuovo governo palestinese avendo guardato con molta attenzione ai segnali d'apertura di Hamas"
Romano Prodi, 13 Aprile 2006

"Segnali di apertura di Hamas"? Ma certo, Romano, come no.

giovedì 13 aprile 2006

Come cantava Sergio Endrigo...

"La festa appena cominciata /
è già finita /
Il cielo non è più con noi /
La solitudine che tu mi hai regalato /
io la coltivo come un fior."

Amen

martedì 11 aprile 2006

Chiacchiere e distintivo

Montezemolo penoso: parlando del dopo-elezioni dice che "bisogna mettere l'impresa al centro dell'agenda politica", parla di "completamento" della legge Biagi, di efficienza e di competitività.

Peccato: pare che Bertinotti, Rizzo e Diliberto abbiano in mente altre priorità - ma forse Montezemolo questo non lo sapeva, quando faceva campagna elettorale per Prodi.

E usare il Rasoio di Occam, per una volta nella vita?

Non appena si è sparsa la notizia dell'arresto di Provenzano è scattato il solito festival della dietrologia un tanto al chilo, a conferma del fatto che gli italiani proprio non si rassegnano a vivere in un mondo dove quello che appare bianco potrebbe davvero (pensate un po') essere bianco e quello che appare nero potrebbe davvero essere nero - troppo facile, si capisce, troppo naîve, troppo da sempliciotti e gli italiani, si sa, sono tutti furbissimi, sanno tutto, vedono tutto, capiscono tutto, a loro non la si fa, nascono già imparati...

Siamo alle solite, insomma, alla solita cultura italiana del complotto e del cui prodest: se lo arrestano adesso, perché lo arrestano adesso; se lo arrestavano sabato, perché l'hanno arrestato sabato; se non lo arrestavano proprio, e come mai non riescono ad arrestarlo dopo 40 anni...

La stessa cosa, mutatis mutandis, che fanno quelli che a ogni inchiesta della magistratura su Berlusconi, Previti, Mediaset si chiedono immancabilmente: come mai proprio ora, prima (durante, dopo) la campagna elettorale per le amministrative (europee, politiche)? Coincidenza???

E se poliziotti e magistrati, in questo come in altri casi, in realtà non avessero fatto altro che fare il proprio lavoro, con le difficoltà, i ritardi, i passi falsi, gli errori madornali, le improvvise alzate d'ingegno e i colpi di fortuna che nel loro lavoro ci stanno tutti?

No, eh? Troppo facile, agli italiani non la si fa, certo....

La Gioiosa Macchina Da Guerra - reloaded

Ovvero: "Governeremo per cinque anni giorni".
Complimentoni.

domenica 9 aprile 2006

Prove generali di felicità al potere

Massimo D'Alema: "E' interesse del Paese che il risultato elettorale non metta Berlusconi nelle condizioni di essere il leader dell'opposizione".

E' interesse del Paese.

Evidentemente, qual è l'interesse del Paese lo decide D'Alema, non i cittadini, non gli elettori, non il Paese.

A proposito: ma non era il "moderato e rassicurante" (?) Prodi, il futuro Capo del Governo?
Ancora non si è insediato che già la sinistra lo scavalca, avallando di fatto le affermazioni di Berlusconi ("Prodi è solo un prestanome messo lì per non spaventare gli elettori moderati, ma i veri leader dello schieramento sono ben altri")?

Pare quindi che, nell'interesse del Paese ("per il bene dell'Italia", come da titolo del loro progamma) il futuro (?) governo D'Alema-Bertinotti (stendiamo un velo pietoso sulla testa di legno che si appresta a firmare gli assegni in bianco), farà sì che alle prossime elezioni si possano presentare solo candidati simpatici, carini, politicamente corretti ma, soprattutto, politicamente innocui: i candidati veramente pericolosi, quelli in grado di mettere in forse una loro riconferma alla guida del Paese, verranno messi preventivamente in condizione di non nuocere - insomma, altro che leggi ad personam: aspettiamoci delle leggi contra personam, e per giunta "nell'interesse del Paese" (e non nell'interesse di chi ha occupato la stanza dei bottoni, per carità: loro votano pensando al bene comune, si sa...).

Questa cosa mi suona perlomeno altrettanto inquietante quanto la "felicità" che Prodi vorrebbe "organizzare" per tutti noi: anche in questo caso, evidentemente a sinistra sanno che cosa rende felici gli italiani (loro sono moralmente e antropologicamente superiori, si sa, quindi queste cose le sanno, e basta) e faranno di tutto per procurarglielo - che gli italiani lo vogliano o no.

Buon voto a tutti.

venerdì 7 aprile 2006

Statistiche Fondo Monetario Internazionale

Subject Description20012002200320042005
Gross domestic product based on
purchasing-power-parity (PPP) per capita GDP
25856,95726266,08926754,86227480,08828670,245
Gross domestic product based on
purchasing-power-parity (PPP) valuation of country GDP
1487,3141509,8371537,6881582,0601653,289
Inflation, annual percent change2,32,62,82,12,0
Unemployment rate9,59,08,78,38,2

...

CountrySubject Description20012002200320042005
FranceGross domestic product based on
purchasing-power-parity (PPP) per capita GDP
25471,60425944,57726317,84127046,65728145,462
FranceGross domestic product based on
purchasing-power-parity (PPP) valuation of country GDP
1551,6351588,7621619,5911671,1001745,946
FranceInflation, annual percent change1,81,92,22,42,1
FranceUnemployment rate8,58,99,49,49,0
GermanyGross domestic product based on
purchasing-power-parity (PPP) per capita GDP
26657,96426961,80927351,09528104,14829204,401
GermanyGross domestic product based on
purchasing-power-parity (PPP) valuation of country GDP
2194,9902223,8912256,0002318,1142408,867
GermanyInflation, annual percent change1,91,31,01,81,3
GermanyUnemployment rate7,98,79,69,79,5
ItalyGross domestic product based on
purchasing-power-parity (PPP) per capita GDP
25856,95726266,08926754,86227480,08828670,245
ItalyGross domestic product based on
purchasing-power-parity (PPP) valuation of country GDP
1487,3141509,8371537,6881582,0601653,289
ItalyInflation, annual percent change2,32,62,82,12,0
ItalyUnemployment rate9,59,08,78,38,2

...

Prodi no, però




Lui, Prodi, non è coglione per niente, anzi... (leggere per credere).

giovedì 6 aprile 2006

Prodi l'Europeo

Ieri a Torino Romano Prodi, con la sua solita prosopopea e maschera da uomo serio, ha raccontato la vicenda di Berlusconi impegnato nella disputa contro Martin Schultz al Parlamento Europeo. Ha detto di essersi profondamente vergognato: io c’ero, mi sono coperto la faccia con le mani dalla vergogna.

Ecco invece come ci copriva di vergogna lui, e noi tenuti all’oscuro dalla stampa di regime:

Romano Prodi: “le gaffes lastricano la sua strada". In quasi tutti i governi (europei) cresce l’irritazione verso l’uomo al vertice della più importante istituzione europea. E, quel che è quasi peggio per l’uomo e per il suo incarico, Prodi sempre meno viene preso sul serio
.
(Die Welt 17/07/2001) E meno male che il loro slogan è "La serietà al Governo". Roba da matti.

Prodi è un problema per l’Europa, non essendoci modo per agevolarne l’uscita e non essendoci cenni di dimissioni volontarie i leader europei hanno la possibilità di lavoraci assieme, il che puo’ essere impossibile, o più spesso di lavoragli attorno.
(Times 02/02/2002)

Per la stampa europea e anche mondiale, la questione è chiara da tempo: Romano Prodi è il peggior presidente che la Commissione abbia mai avuto. Sotto il suo regno, l’esecutivo europeo ha perso la sua autorità sia morale che politica. Non è un caso se parla sempre meno ai Consigli europei dei capi di stato e di governo: l’ottobre scorso, al summit d’autunno sull’economia, l’uomo semplicemente non ha detto una parola, sebbene l’economia sia appunto la materia naturale della Commissione. Un solo paese ignora tutto di questa triste realtà: l’Italia.
(Liberation 27 Settembre 2003)

L’operato di Prodi a Bruxelles, benché deriso in quasi tutta Europa, è motivo di orgoglio per molti italiani.
(Times 17 Maggio 2004) Poveri noi, in mano a quattro comunisti che lo beatificano.

"La performance di Romano Prodi come presidente della commissione europea è stata orrenda. L’ex premier italiano è l’uomo sbagliato per l’incarico. Non ha dimostrato né larghezza di vedute né l’attenzione ai dettagli richiesta per uno dei ruoli più difficili del mondo. Manager incapace, non sa comunicare, con un’allarmante propensione alle gaffe"
(The Financial Times 27 maggio 2004)

Romano Prodi, dal bilancio discusso, lascia una commissione indebolita … senza carisma, pessimo comunicatore, Romano Prodi è accusato di lasciare un’Europa senza progetto e una commissione che non ha più l’attenzione dei capi di Stato e di governo. Sotto la sua presidenza la Commissione non è stata in grado di rappresentare l’Europa sulla scena internazionale … Prodi è stato anche regolarmente accusato di utilizzare le sue funzioni a Bruxelles per pesare sulla politica italiana
.
(Le Monde 21/06/2004 )

(Prodi) non sa parlare, non sa imporre l’autorità della commissione sugli egoismi nazionali, non ha alcuna capacità di pensare in grande e presentare una visione strategica del futuro dell’Unione.
(Der Spiegel 10/10/2004 )

Prodi: Un dilettante catapultato su una poltrona troppo importante per lui.
(The Financial Times 10/10/2004)

(…) He talked up his achievements, but critics declared him the worst president in the history of the EU. (…) Charles Grant, the europhile director of the Centre for European Reform think-tank, said: He has been the most unsuccessful president in the history of the EU. (…) He came to power saying that his priority was to purge the EU’s institutions of fraud, but last year it emerged that millions of euros had vanished without trace into secret bank accounts opened by the officials of Eurostat, the EU’s statistical agency.
(Times, 26 ottobre 2004)

Capito? Mentre lui parlava di obbiettivi raggiunti e di lotta alle frodi comunitarie, qualcuno gli faceva notare che parecchi milioni di euro erano svaniti come neve al sole, senza lasciare traccia, ma dove secondo voi? Nei conti segreti aperti da funzionari dell’Eurostat. Aveva la truffa sotto il naso e cianciava di combatterla. Lui, il peggior presidente della storia.

Altre note reazioni:
Al momento della nomina di Prodi, Helmut Kohl esclama: “ma siete matti?” (e dovrebbe essere suo amico).
Il Financial Times traccia il giudizio finale sulla sua presidenza: “Performance Orribile”.

Dulcis in fundo:
Emma Bonino: Prodi, cervello piatto. Oggi la Bonino è una sua fedele alleata.

Quando uscì di carica qualcuno si peritò di tracciarne un bilancio equilibrato, il miglior giudizio era questo:

Graham Mather, president of the right-leaning European Policy Forum, said: “He’s shown no understanding of the market-opening and foreign policy agenda. He’s shown no intellectual leadership, and has been prone to many gaffes.” Times, 26-10-2004

Strepitoso il marmo tombale che gli piazza un giornale come Liberation:
According to Jean Quatremer, the veteran correspondent of Libération in Brussels, the world’s press agrees that Romano Prodi is the worst President of the European Commission ever. The Eurostat affair, which has destroyed any pretence that the reputation of the Prodi Commission has cleaned up the act of its predecessor, comes after a long period in which the President himself has seen his own authority ebb away remorselessly. At last October’s economic summit, he literally said nothing, even though the economy is supposed to be the Commission’s patch. The only country which is not aware of Prodi’s terrible reputation, says Quatremer, is Italy. This is because the majority of the press is hostile to the Berlusconi government, and sees in Romano Prodi the man who has the greatest chances of beating him (Trad. dal fancese, Liberation 27 settembre 2003, vedi sopra, con aggiunta dell’European Foundation).

Per chi non conosce l’inglese (la traduzione parziale è nel primo passaggio sopra): Secondo Jean Quatremer, corrispondente storico di Liberation da Bruxelles, tutta la stampa mondiale considera Prodi il peggior presidente di commissione mai visto. L’affaire Eurostat, che ha distrutto ogni minima speranza di veder mutate le cose rispetto ai predecessori, arriva dopo un lungo periodo nel quale il presidente ha perso autorevolezza senza nemmeno rendersi conto. Da ultimo, nel summit dei ministri economici di Ottobre, non ha detto nulla… il solo stato nel quale Prodi non ha una terribile reputazione è l’Italia. Questo è dovuto al fatto che la maggioranza della stampa è ostile al governo Berlusconi e vede in Romano Prodi un uomo che ha grandi possibilità di batterlo.

Già. Peccato che il mio blog ieri abbia raggiunto solo 900 visite e 1400 pagine, con il contatore bloccato a metà pomeriggio e nonostante l’intoppo dei commenti dalle 17 in poi. Dovevano leggermi gli indecisi, per orientarsi bene prima di decidere.

Questo è l’uomo che si vergogna di Berlusconi e che pretende di governarci. L’uomo che la Bbc ha recentemente (ed efficacemente) descritto così: “Mr Prodi does not lead his own party - he is the creature of other forces.”

Ps.: gli utenti che usano IE troveranno la novità del captcha, la misura antispam, particolarmente utilizzata dalla piattaforma blogger.com - Inserite la cifra prima di inviare il commento. La mail può essere tralasciata.

Aggiornata la pagina Magazine, con nuova vignetta del Gabbiano (insomma: apritela ogni giorno, vi conviene).

Ipse dixit:
"Ho lasciato l’incarico di Presidente della Commissione Europea salutato da una standing ovation del parlamento europeo" - Romano Prodi, 28 settembre 2005. Corriere della Sera

Ora è tutto chiaro

Non era un'offesa, era una semplice constatazione.

Altro che claque

Confindustria: Veneto, Gruppo Imprenditori Dice No a Neutralita' Vertici

"Non e' possibile per noi imprenditori condividere il programma di uno schieramento che al suo interno ha, determinanti, forze politiche che respingono la legge Biagi, che si oppongono allo sviluppo energetico nucleare, che ostacolano le grandi opere come la Tav, che pensano di rafforzare il potere dello stato nell'economia e conseguentemente i suoi costi di autogestione" - hanno spiegato Bedeschi e gli altri imprenditori.

mercoledì 5 aprile 2006

Dichiarazione di voto

Negli ultimi anni ho sperimentato una cosa buffa.

Mi sono ritrovato a vivere in un Paese dove una coalizione di centro-destra statalista e illiberale si è trovata contrapposta a una coalizione sostanzialmente a egemonia catto-comunista, e quindi per definizione a sua volta statalista e illiberale.

Questa campagna elettorale sta confermando questo dato di fatto: sia a destra che a sinistra i candidati anche solo vagamente "liberali" o "liberal-socialisti" sono stati visti come il fumo negli occhi, accettati solo per la necessità cogente di non buttare via neanche un voto degli indecisi e dei delusi, e comunque rigorosamente recintati in anguste riserve indiane, al fine di evitare che potessero fare danni.

Questo mi crea non pochi problemi, riguardo al chi votare:

io vorrei veder abolita la legge 40 sulla procreazione assistita;

sono antiproibizionista in tema di "droghe leggere";

se due persone dello stesso sesso si vogliono bene e decidono di convivere non ci trovo niente di strano; sono tendenzialmente contrario ai PACS solo perché trovo che sarebbe più logico estendere alle coppie omosessuali l'istituto del matrimonio tout-court (matrimonio "civile", quello di Stato, ovvio: il matrimonio cattolico è un'altra cosa, e riguarda solo i cattolici praticanti - ma proprio per questo mi piacerebbe tanto che i cattolici praticanti si astenessero dal costringere gli altri a seguire il loro modello);

sono pro-eutanasia (ma non sul modello olandese: autorizzare l'uccisione di bambini che altrimenti potrebbero sopravvivere anche senza cure costanti ma che godrebbero di una "bassa qualità della vita" è aberrante - per una volta nella vita mi tocca dare ragione a Giovanardi quando, estremizzando come suo solito, parla di pratiche eugenetiche e di "nazismo": in base a questa logica, cosa impedirebbe allo Stato di sopprimere tutti i bambini down, ad esempio?);

sono, da liberale prima ancora che da ateo, per una separazione netta fra Stato e Chiesa;

di conseguenza, sono contrario all'ora di religione cattolica nella scuola - e ovviamente sono altrettanto contrario a qualunque ipotesi di insegnamento del Corano o di altri libri sacri, non importa di quale religione;

per gli stessi motivi, sono contrario alla costruzione di moschee (o di chiese cattoliche, o di templi dedicati al culto di Elvis Presley, se è per questo) su suolo pubblico e con denari pubblici;

sono quindi contrario all'otto per mille, e ancora più contrario all'esenzione dall'ICI concessa agli immobili (tutti, anche quelli "commerciali": anche, ad esempio, le scuole private) di proprietà o facenti riferimento alla Chiesa cattolica;

sono contrario all'ingerenza dello Stato nell'economia e alla crescita (non importa se "controllata" o meno) della spesa pubblica;

sono contrario alla logica statalista piglia-tutto per cui qualunque aspetto delle attività umane deve (dovrebbe) essere regolamentato per legge;

non credo nella logica della difesa del (singolo) "posto di lavoro": credo invece nella necessità di difendere e potenziare "il mercato" del lavoro - sono quindi favorevole alla flessibilità, anche oltre la legge Biagi;

sono SI-global, senza se e senza ma;

per lo stesso motivo, sono contro i dazi doganali, anche alla Cina: i dazi doganali (centinaia) e le normative ad hoc (centinaia, anche qui) dell'Unione Europea impediscono a molti Paesi del Terzo e Quarto mondo di esportare in Europa i propri prodotti, arrecando un danno diretto alle loro economie (alla faccia dell'Europa "solidale" e della "libera concorrenza in libero mercato");

fra stare dalla parte delle democrazie occidentali, per quanto imperfette (come tutte le democrazie sempre sono state e sempre saranno, per loro stessa natura) e stare dalla parte delle dittature comuniste o islamiche, io sceglierò sempre di stare dalla parte delle prime, anche se questo dovesse comportare l'entrata in guerra del mio Paese;

credo che i pacifisti (quelli in buona fede, perlomeno) stiano commettendo lo stesso errore commesso dalle democrazie a Monaco nel 1938: non si può trattare sempre con tutti, si può dialogare solo con chi è disposto a farlo, non con chi cerca al massimo di prendere tempo per poi poterti colpire meglio (ogni riferimento all'Iran è puramente volontario) - se a Monaco ci fossero stati meno pacifisti, probabilmente l'Europa si sarebbe risparmiata e avrebbe risparmiato al mondo una seconda Guerra Mondiale e un orrore senza precedenti come l'Olocausto;

e via dicendo...

Insomma, per certe cose dovrei decisamente votare a sinistra, per altre mi pare ovvio che non potrei fare altro che votare a destra - peccato che, oggi come oggi, la cosa non sia possibile: non c'è scampo, o di qua o di là. Io, come chi mi legge da tempo probabilmente ha già intuito, ho scelto il "di qua", cioè la coalizione di centro-destra, come male minore. In particolare, darò il mio voto ai radicali di Benedetto Della Vedova, i Riformatori Liberali.

Certo è triste essere costretti a scegliere il male minore, lo so, ma attualmente questo passa il convento.

Per il futuro conto molto sulla nascita di un nuovo soggetto politico "veramente" liberale (niente a che vedere, quindi, col - presunto - "partito liberale di massa" che - a parole - era nelle intenzioni di Berlusconi qualche anno fa), ma le cose stanno iniziando a muoversi solo in queste settimane, anzi in questi giorni, quindi per ora la cosa è relegata nel libro dei sogni.

In attesa che i sogni diventino realtà (?) riporto qui un "manifesto per il 9 aprile" pubblicato dal giornalista del Foglio (ma di simpatie liberal-radicali: non appartiene al gruppo dei giornalisti theo-con alla Giuliano Ferrara, per intenderci) Christian Rocca (a.k.a. Camillo), manifesto che condivido parola per parola e che spiega meglio di come potrei fare io perché, nonostante tutto, voterò per questa sgangherata CdL:

"Ci sarebbe da scrivere un manifesto della società libera, contro la società del divieto. L’Italia dell’iniziativa privata versus l’Italia delle regole. L’una e l’altra si confrontano il 9 e 10 aprile prossimi alle urne, ma è dalla discesa in campo di Silvio Berlusconi che queste due Italie sono emerse con qualche chiarezza. Non è una questione di destra o di sinistra, di Polo o di Unione, nemmeno di mettere in discussione quei fondamentali paletti etici sulla vita e sulla morte che appassionano questo giornale. Il problema è lo stato, anzi la funzione del governo nella vita pubblica. Una società libera è libera quando è libera dagli intralci posti da politici e burocrati che si arrogano il diritto di pianificare, programmare, scegliere al posto di chi è legittimato a decidere, cioè i cittadini, le famiglie e le imprese. Il problema è l’idea malsana che il governo del paese debba occuparsi di tutti gli aspetti della vita quotidiana, in particolar modo del bene dei suoi cittadini.
Una parte del mondo politico e intellettuale continua a pensare che la complessità della nostra società abbia bisogno di un maggior ruolo dello stato per poter essere governata al meglio, quando è vero il contrario. Più poderoso è l’intervento dello stato, più pericoli corre la libertà dei cittadini. Il dibattito sul conflitto di interessi, sulle tasse e sulla flessibilità del lavoro, al di là dei tecnicismi, verte esattamente su questo punto.
A grandi linee, c’è chi preferisce che sia l’opinione pubblica a sanzionare le violazioni dell’interesse pubblico, mentre gli altri non si fidano del libero arbitrio del popolo sovrano e si battono per regolare a priori e vietare per legge un eventuale conflitto di interessi, a patto che sia quel particolare conflitto di interessi a cui sono particolarmente interessati.
Sulle tasse c’è un’Italia che crede sia ingiusto lavorare metà anno per sé e gli altri sei mesi per lo stato, contrapposta a un’Italia che vuol tassare ancora di più i ricchi perché convinta che la povertà si sconfigga combattendo la ricchezza, non favorendola. E, non contenta di ciò, questa Italia inquadra nel mirino quel ceto medio costretto a lavorare in nero non perché mascalzone, ma a causa dell’eccessiva tassazione. C’è, infine, chi pensa che la libertà di poter licenziare in realtà significhi libertà di assumere, e non penserebbe mai di risolvere il problema del cosiddetto “precariato” proponendo di tassare i precari salvaguardando i già garantiti, come da programma dell’Unione. Il direttore uscente dell’Economist, Bill Emmott, un giornalista molto amato dalla sinistra italiana, nel suo commiato ha scritto di una “apparente incapacità dei francesi ad adattarsi a un mondo che cambia”, a proposito del tentativo di “iniettare una piccola dose di liberalismo nel rigido mercato del lavoro” che, peraltro, il governo Berlusconi ha già ampiamente iniettato, ma che è pronta a essere depotenziata in caso di vittoria dello schieramento delle regole e della rigidità.
C’è chi crede che un paese si governi liberando i cittadini dal controllo dello stato e dall’altra c’è chi, al contrario, pensa che il modo migliore sia regolamentare ogni aspetto della vita civile e sociale. Gli uni credono che bisogna fare da sé, gli altri aspirano a dare il buon esempio per decreto. I primi immaginano un governo che intralci il meno possibile la ricerca del proprio benessere personale, gli altri pensano che lo stato sia uno strumento capace di poter dispensare la felicità. “Contratto con gli italiani”, si chiamava il programma-simbolo dei berlusconiani. “Per il bene dell’Italia”, si intitolano le 281 pagine dell’Ulivo. Sono due visioni della realtà opposte e incompatibili, sebbene questa netta divisione culturale sia meno evidente nell’offerta elettorale. Nel centrodestra, infatti, restano ampie fette statocentriche, più che altro dentro An e l’Udc, mentre nell’Unione ci sono i libertari e liberisti della Rosa nel Pugno che un liberale integrale come Antonio Martino, a 8 giorni dal voto, vedrebbe volentieri con i berlusconiani.
Nel linguaggio politico corrente lo schieramento delle libertà viene definito conservatore, quello delle regole invece progressista. E’ vero il contrario. Archiviato nella pattumiera della storia il socialismo reale, l’inganno semantico nasce in America, ovvero nel paese che non ha mai conosciuto né fascismo né comunismo. Gli Stati Uniti sono una società liberale, nella quale i conservatori vogliono conservare le proprie libertà e i progressisti, che peraltro si chiamano liberali, si limitano a voler temperare gli eccessi del capitalismo, per farlo diventare più equo, più stabile e metterlo quindi al riparo da controrivoluzioni socialiste. Entrambi condividono la necessità di proteggere la società capitalista e il libero mercato. In Italia e in Europa quelle libertà non ci sono. Viviamo, piuttosto, in società rigide, ingessate e ingabbiate da regole che l’omicidio di Marco Biagi e le rivolte di piazza a Parigi dimostrano quanto siano difficili da superare. Eppure c’è un’Italia che a queste difficoltà replica proponendo, anzi minacciando, ulteriori regole che necessariamente limiteranno le nostre libertà. E’ un’Italia che non si limita a voler normare tutto il normabile, ma espropria i genitori del diritto di scegliere l’istruzione dei figli, decide dove è più conveniente investire i propri risparmi, impone il servizio civile obbligatorio ai diciottenni, spiega agli imprenditori come si fa il loro mestiere. Tutto ciò, si badi, “per il bene dell’Italia” e, come ha detto lo stesso Romano Prodi, per “organizzare anche un po’ di felicità”. Ecco, ce la lasci organizzare a noi italiani adulti la nostra felicità. Anche perché in agguato c’è sempre il rischio di arrivare a quella Nord Corea chic proposta da un ex candidato a sindaco di Milano, Nando Della Chiesa, che si era presentato con un programma di governo cittadino contro la grande distribuzione alimentare e a favore delle latterie e delle osterie.

La laicità
Questa campagna elettorale ha avuto uno dei suoi punti focali nel tema della laicità dello stato, sicché si fa un gran parlare della necessità di separare lo stato dalla chiesa. Si dimentica però di aggiungere che quel principio costituzionale in America è nato per difendere la libertà religiosa dall’invadenza dello stato, non viceversa. Si dimentica inoltre che in una società libera vige anche la separazione tra lo stato e l’economia, tra lo stato e la vita quotidiana dei suoi cittadini. Noi, invece, viviamo in una società dei divieti che a destra, con Girolamo Sirchia, ci impone di non fumare, mentre a sinistra, con i coniugi Prodi, vuol togliere le merendine dalle mense scolastiche. C’è il paradosso per cui risulta legittimo che un interesse economico organizzato come il sistema coperativo possa fare politica, mentre il proprietario di tre televisioni (e molto altro) rischia di essere fatto fuori per legge. Ma anche che il sindacato possa intervenire nel dibattito politico, mentre per qualche strano motivo la Conferenza episcopale italiana no.
C’è sempre, o almeno quando conviene, un allarme ingerenza, un allarme democrazia, un allarme rincretinimento degli italiani. Come dice Sergio Ricossa, mai una volta che il partito delle regole e dei divieti dimostri stima dell’intelligenza altrui o che faccia fiducia agli elettori, alle loro capacità, alla loro libertà di espressione. Questo, ovviamente, non vuol dire che il conflitto di interessi berlusconiano non esista, ma non si può non tenere conto che, malgrado ciò, metà degli italiani continua a votare liberamente per il Caimano. Tanto più che l’anomalia berlusconiana ha origine da un’anomalia precedente, anch’essa unica al mondo, quella di un sistema televisivo bloccato, di proprietà dello stato, finanziato dai contribuenti, che le televisioni private hanno contribuito a rompere e a modernizzare contro la volontà del partito delle regole e dei divieti. Un partito che, successivamente, ha pure provato a far fuori la tv privata con tre referendum punitivi. La società libera allora disse di no.

domenica 2 aprile 2006

E' andata come temevo, purtroppo

Il piccolo Tommaso è stato ucciso dai suoi rapitori già nelle prime ore del sequestro: questo è quanto ha ammesso il manovale ripetutamente sentito dagli inquirenti nei giorni scorsi nel corso dell'ennesimo, decisivo interrogatorio.
La cosa, purtroppo, non mi sorprende per niente.
Già il giorno dopo il rapimento, parlandone con miei amici, avevo espresso il parere che la cosa, probabilmente, avrebbe avuto un epilogo tragico: già gli inquirenti parlavano di "sequestro anomalo", e questo è sempre un brutto segno.
E' un brutto segno perché un sequestro anomalo può essere un sequestro-lampo (e il sequestro-lampo di un bambino soggetto a gravi crisi epilettiche non denota grande intelligenza da parte dei rapitori) oppure può essere un sequestro "tradizionale", diciamo così "a lungo termine", ma organizzato da una banda di dilettanti allo sbaraglio.
Questa è l'ipotesi peggiore: un sequestro a lungo termine è una operazione lunga, costosa e complessa, assomiglia molto a una operazione di tipo "militare": sono coinvolte funzioni quali la Sicurezza, la Logistica, le Comunicazioni, l'Intelligence - tutte cose che richiedono una vasta rete di contatti e di supporter, e una grossa quantità di denaro per far sì che tutto funzioni a dovere: tutte cose che una banda di balordi di paese non può neanche sognarsi, e che infatti di solito non vengono neanche prese in considerazione da questi individui.
Paradossalmente, le migliori garanzie per la vita del sequestrato (anche se, bisogna dire, non sempre: non tutti i sequestrati dall'Anonima sarda o da quella calabrese sono tornati a casa vivi, infatti) vengono proprio dalla "professionalità" dei sequestratori - quando questa professionalità manca, il pericolo di un "incidente di percorso" si ingigantisce, e il rischio per il sequestrato aumenta in modo esponenziale.
Così è stato, purtroppo, anche nel caso del piccolo Tommaso: a quanto risulta, sarebbe stato ucciso perché piangeva (cosa c'è di più naturale, per un piccolo bambino, che piangere quando viene separato dalla mamma?) e i rapitori temevano che il suo pianto li avrebbe fatti scoprire.
Insomma, questi disgraziati non avevano messo in conto neanche la più banale e prevedibile delle evenienze: che un bambino di 18 mesi si mettesse a piangere - altro che organizzazione militare...
Ho sentito che ieri sera una folla inferocita ha tentato di linciare il rapitore: ironicamente, la prova provata che, in fondo, siamo tutti potenziali assassini, proprio come i rapitori di Tommaso.
Tristezza.