venerdì 23 giugno 2006

Referendum

Io voterò Sì al referendum confermativo delle modifiche alla nostra Carta costituzionale, e lo farò perché sono convinto che la riforma appena approvata rappresenti un passo avanti rispetto al vecchio assetto costituzionale e al tempo stesso - udite udite - metta una enorme pietra tombale sulle aspirazioni "indipendentiste" (per non dire secessioniste) della Lega.
In effetti, la riforma da poco approvata dal centrodestra da questo punto di vista è un capolavoro: Bossi e i suoi sono stati portati a votare a favore di un testo di riforma costituzionale che non solo non amplia, ma di fatto addirittura riduce i margini di autonomia delle varie Regioni rispetto al testo "pure troppo" federalista a suo tempo approvato dal centro-sinistra.

In pratica il testo attuale introduce dei miglioramenti senza minacciare l'unità nazionale, senza - nei fatti - dare spazio a istanze secessioniste: con la nuova Costituzione la Lega, anche se ne avesse i numeri, non potrebbe mai fare qualcosa di simile a quello che sta succedendo con la Catalogna nella Spagna di Zapatero: proclamare "Nazione" e non più semplice "regione" una parte significativa del Paese.
A parte questo, la nuova Costituzione addirittura reintroduce elementi di "centralismo" che le modifiche apportate dal centrosinistra avevano annacquato o addirittura rimosso dalla Carta costituzionale.

Riporto qui una sintesi (in realtà un taglia-e-incolla di diversi articoli) a opera del giornalista Fausto Carioti:

"Al dunque. Tutte le dichiarazioni che si leggono sulla devolution in queste ore sono false. Non c'è nessuna «demolizione dello Stato sociale nei suoi cardini contenuti nella prima parte della Costituzione: lavoro, informazione, giustizia, sanità, scuola e cultura». Non c'è nessuna «vittoria del movimento più separatista, antitaliano e più estraneo alla civiltà italiana». E' una balla quella del rifondarolo che dice: «I cittadini di ogni regione avranno condizioni differenti di tutela sanitaria, di formazione scolastica e, persino, di sicurezza». Perché queste differenze, per scuola e sanità, già esistono, e con la devolution non cambierà nulla.
La verità è che la modifica approvata, su tutti i temi oggetto della polemica (sanità, scuola, sicurezza) o non cambia nulla o riforma in senso addirittura centralista il testo attuale della Costituzione, quello disegnato dall'Ulivo nella scorsa legislatura.
E per capirlo basta saper leggere. Basta confrontare il testo attuale della Costituzioneil disegno di legge costituzionale che lo modifica. Basta leggere (qui, formato pdf) quello che dice uno dei pochi costituzionalisti senza paraocchi ideologici, come Stefano Ceccanti, di area diessina.
Sanità
Oggi, come stabilisce il testo attuale della Costituzione (articolo 117, terzo comma, quello sulle materie a legislazione concorrente), la sanità è tra le materie per le quali «spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato».
Da domani, una volta varata la devolution (art. 39 del disegno di legge costituzionale), la «tutela della salute» esce dalle materie a legislazione concorrente per entrare in quelle a potestà legislativa esclusiva dello Stato. Alle Regioni va poi la potestà legislativa in materia di «assistenza e organizzazione sanitaria». Quindi, con la devolution, la legislazione in materia sanitaria apparterrà allo Stato, la parte organizzativa alle Regioni.
Potrà apparire confuso, magari lo è, ma di certo non rappresenta un decentramento né un incasinamento rispetto alla situazione attuale, voluta dalla sinistra (in questi anni nessuno ha capito bene come funzionasse la sanità «a legislazione concorrente»). Come riconoscono i costituzionalisti onesti. Tipo, appunto, Ceccanti.
Scuola
Oggi allo Stato appartengono le «norme generali sull'istruzione». Il resto della materia è soggetto a legislazione concorrente, «salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale» (art. 117, comma 3 della Costituzione).
Con la devolution, le «norme generali sull'istruzione» restano potestà esclusiva dello Stato. Mentre «organizzazione scolastica, gestione degli istituti scolastici e di formazione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche», nonché «definizione della parte dei programmi scolastici e formativi di interesse specifico della Regione» diventano potestà legislativa esclusiva della Regione.
Cambia qualcosa? No. Come spiega il costituzionalista, quelle che la devolution assegna direttamente alle Regioni «sono competenze già concesse dal titolo V riscritto dal centrosinistra. E la sentenza 13/2004 della Consulta conferma appunto che le Regioni hanno già quello che la devolution prevede».
Energia, Tlc e infrastrutture
Oggi, si legge nella Costituzione (art. 117, comma 3), «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia», «ordinamento della comunicazione» e «grandi reti di trasporto e di navigazione» sono materie a legislazione concorrente.
Con la devolution, «produzione strategica, trasporto e distribuzione nazionali dell'energia», «ordinamento della comunicazione» e «grandi reti strategiche di trasporto e di navigazione di interesse nazionale e relative norme di sicurezza» diventano materie a legislazione esclusiva dello Stato.
Centralizzazione, quindi.
Sicurezza
Con la devolution, niente polizia regionale. Ma solo «polizia amministrativa regionale e locale». La polizia amministrativa locale già esiste. La differenza è che, con la devolution, le Regioni che vorranno potranno creare una polizia regionale in grado di svolgere solo funzioni puramente amministrative, analoghe a quelle vigili urbani. Che già operano a livello locale. A livello di sicurezza, non cambia nulla.
Clausola di salvaguardia nazionale
Nella devolution spunta la clausola di difesa dell'interesse nazionale (art. 45). In sostanza, un nuovo comma dell'articolo 127 della Costituzione. Che assegna al governo il potere di chiedere alla Regione prima, e se la Regione non fa nulla al Parlamento poi, di annullare una legge regionale qualora ritenga che essa o parte di essa «pregiudichi l'interesse nazionale della Repubblica». Prima una simile norma non c'era, l'Ulivo non ci aveva pensato.
Federalismo fiscale e fondo perequativo (o "di solidarietà")
In questo grande casino dove tutti parlano senza essersi studiati i testi di legge, men che mai la Costituzione (quella in vigore e quella modificata dalla devolution), due sono gli interventi più invocati: la creazione del federalismo fiscale e la creazione di un fondo perequativo, cioè di un fondo di solidarietà, dal quale le Regioni e gli enti locali più poveri possano prendere e nel quale le Regioni e gli enti locali più ricchi debbano mettere. Solo che già esistono. Almeno sulla Carta. Già sono previsti dalla Costituzione attuale, nell'articolo 119, che la devolution appena approvata lascia intatto.
Il federalismo fiscale è previsto nella prima parte dell'articolo 119 della Costituzione attuale, che recita:
«I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa.
I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno risorse autonome. Stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario. Dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio. (...)
Le risorse derivanti dalle fonti di cui ai commi precedenti consentono ai Comuni, alle Province, alle Città metropolitane e alle Regioni di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite».
Domanda: basta questo a dire che nella nostra Costituzione è già previsto il federalismo fiscale? Risposta: sì, perché - almeno a livello costituzionale - altro non serve. Lo dice la stessa Lega Nord, ad esempio in questo documento interno (formato pdf) del 2004, in cui si legge che:
«Il punto da chiarire immediatamente è che il principio che inserisce nel nostro ordinamento il federalismo fiscale esiste già, almeno sulla carta. Il riferimento diretto va al nuovo art. 119 della Costituzione, che si connota per l’attenzione che viene data all’autonomia fiscale delle diverse entità periferiche dello Stato. In esso è stabilito (al primo comma) che “I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa”. Il vecchio articolo 119, invece, si limitava a stabilire che le leggi della Repubblica assicurassero il coordinamento con la finanza dello Stato, delle Province e dei Comuni. (...) È necessario riuscire a coniugare una completa attuazione dell’autonomia finanziaria (così come formulata nel nuovo art. 119 della Cost.)». Dove "nuovo", in questo caso, vuol dire modificato nella scorsa legislatura dalla riforma federalista del centrosinistra.
Discorso identico per la "perequazione", chiesta anche dalla Conferenza episcopale italiana. E' prevista nello stesso attuale articolo 119. Laddove recita:
«La legge dello Stato istituisce un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante».
Non solo. Lo stesso articolo prevede anche ulteriori interventi di solidarietà da parte dello Stato centrale, in aggiunta al fondo perequativo:
«Per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di determinati Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni».
Se il fondo perequativo ancora non è entrato in vigore, è solo perché ancora non è stato applicato il federalismo fiscale. Va da sé che i due meccanismi, che si compensano a vicenda, entreranno in funzione insieme.
Si tratta, va sottolineato, di modifiche introdotte dal centrosinistra sulle quali il centrodestra è pienamente d'accordo, tant'è che ha lasciato l'articolo in questione intatto (qui il testo della devolution per conferma).
Ecco perché non hanno alcun senso i piagnistei di chi grida all'abbandono del Mezzogiorno e al trionfo dell'egoismo localistico (sul quale si potrebbe discutere a lungo). Primo: perché le norme costituzionali che regolano i movimenti di dare e avere tra le diverse Regioni e i diversi enti locali sono quelle già introdotte al termine della scorsa legislatura dal centrosinistra. Tali e quali. Secondo: perché tutto dipenderà da come funzionerà il fondo perequativo, e cioè da quanti soldi redistribuirà tra le diverse aree d'Italia, ovvero da quanti soldi preleverà dalle aree più ricche per darli alle più povere.
Da ambedue questi punti di vista, federalismo fiscale e perequazione/solidarietà, la devolution del centrodestra non cambia nulla. Né a livello costituzionale, né a livello di legge ordinaria.

lunedì 12 giugno 2006

Io sto con le Forze Armate

Aderisco volentieri all'iniziativa dei gemelli.

Ecco il loro post originale:
Le forze armate rappresentano l'unità di un Paese. Ne sono motivo di orgoglio, e fedeli servitori. Perchè le forze armate agiscano con serenità a professionalità, perchè siano quindi efficaci è assolutamente necessario che godano della più assoluta fiducia. Fiducia che deve essere manifestata in primo luogo dalle altre istituzioni. Se però ciò non accade, e anzi si assiste ad atti irresponsabili come quelli a cui abbiamo ossistito in questi giorni, la situazione è molto grave. Quale attaccante continuerebbe a cercare a tutti i costi il goal, se sapesse che lo si vuole sostituire da un momento all'altro, al di là della sua prestazione sul campo? Questa è la situazione in cui sono messe le nostre forze armate. Situazione incresciosa perchè non si tratta di una partita, ma di vita e di morte. Le nostre istituzioni sono indegne e lo sconforto che circola negli ambienti militari ne è la prova. Lo stesso Capo dello Stato continua ad usare frasi troppo di circostanza, ma d'altronde dal Napoletano non ci aspettavamo molto di più.

Poichè dunque le nostre forze armate continuano ad essere umiliate, bistrattate e avversate dalle stesse istituzioni della Repubblica Italiana (fatto di gravità inaudita), riteniamo necessario agire.

Il primo passo non può che consistere nel mostrare in prima persona il nostro sostegno nei loro confronti. Mettendo i loro stemmi sul blog.
Ed ecco il logo, realizzato da Mariniello:


Io sto con le Forze Armate

giovedì 8 giugno 2006

Ucciso Al Zarqawi

Ottime notizie dall'Irak, oggi: il capo dei nazislamisti di Al Qaeda in Irak, Al Masub Al Zarqawi, è stato ucciso nel corso di un raid aereo congiunto portato a termine da forze militari americane e giordane.
(Fonte: Corriere della Sera).

lunedì 5 giugno 2006

Nuovo attentato a Nassiriya, ucciso un militare

Un ordigno è stato fatto saltare in aria al passaggio di un blindato italiano che stava scortando una unità logistica dell'esercito britannico. Al momento si ha notizia di un morto e di quattro feriti - di cui uno in condizioni critiche - fra i militari italiani.
I militari coinvolti nell'esplosione farebbero parte della Brigata Sassari. L'attentato è avvenuto a un centinaio di chilometri a nord di Nassiriya.

sabato 3 giugno 2006

Se il cervello non funziona...

Ieri in piazza San Marco a Venezia i soliti bambocci moralmente e antropologicamente superiori hanno inscenato una manifestazione non autorizzata contro la festa del 2 Giugno e la presenza dei militari in piazza - la solita casarinata, insomma.

Questo il commento del sindaco Massimo Cacciari:
Il loro cervello si vede proprio che non funziona poi tanto bene, perché evidentemente chi ha manifestato in questo modo non sa distinguere tra quella che può essere una critica di tipo politico da quelle che invece sono e restano semplici celebrazioni che riguardano ciò che è successo in un preciso momento storico.
Chi è sceso ed ha occupato piazza San Marco per protestare, in occasione della festa del 2 Giugno, lo ha fatto solo perché non riesce a distinguere bene tra le cose, tra una posizione pacifista contro determinati interventi, che possono anche essere discutibili o sbagliati, rispetto a quella che è una festa, un momento celebrativo dedicato alle nostre forze armate.
(pubblicato sul quotidiano gratuito "Il Mestre/Il Venezia")