lunedì 31 gennaio 2005

Elezioni irachene: gioia da Al Arabiya, veleni da Al Jazira

Magdi Allam sul Corriere della Sera:

Gioia da Al Arabiya, veleni da Al Jazira



Le prime elezioni veramente libere nella storia dell’Iraq e del mondo arabo non sono piaciute affatto a Al Zarqawi, Saddam, Assad e Al Jazira . Sono piaciute poco a Erdogan, re Fahd, Khamenei. Sono risultate indigeste anche agli europei ossessionati dall’antiamericanismo e persino agli americani che mal sopportano Bush.



Ma sono piaciute tanto, veramente tanto, alla maggioranza degli iracheni, dentro e fuori l’Iraq. Chi ha seguito le elezioni da vicino, calandosi nell’animo degli iracheni, analizzando le parole espresse da candidati e elettori, ha potuto constatare come in realtà si sia trattato di un plebiscito a favore di un Iraq libero, garantendo la più alta affluenza alle urne. Tutti si sono limitati a esprimere appelli e poi hanno gioito insieme per la comune vittoria di circa otto milioni di votanti. Che hanno sfidato e sconfitto i kamikaze e i razzi di Al Zarkawi, nonostante l’alto sacrificio in perdite umane.



Con il voto di ieri si è visto il Paese reale, un popolo che si è definitivamente emancipato dalla dittatura di Saddam, che rigetta l’oscurantismo di Al Qaeda e vuole edificare uno Stato democratico e federale in grado di reggersi senza la tutela degli americani. Si comprende bene la paura dei regimi teocratici e autocratici limitrofi. Il contagio dei valori dei diritti individuali della persona e dei diritti collettivi delle comunità etnico-confessionali è temuto più di uno tsunami.



A farsi interpreti della portata dello sconvolgimento prodotto dal voto iracheno sono state la più contestata tv araba, Al Jazira , e la rivale, ben più moderata, Al Arabiya . Quest’ultima, grazie alla ferma presa di posizione a favore del voto e della legalità in Iraq, ha di fatto scalzato il primato di ascolti di Al Jazira . Quando alle 17 si sono chiusi i seggi elettorali, Al Arabiya ha annunciato: «Gli iracheni hanno vinto la loro sfida contro le bombe dei terroristi». E dallo studio a Dubai la conduttrice ha rivolto le «congratulazioni per la vittoria» al ministro dell’Interno Naqib al Fallah.



Viceversa Al Jazira ha dato libero sfogo alle invettive di Abdallah al Sennawi, direttore del quotidiano egiziano Al Arabi , contro le «elezioni farsa, antidemocratiche, i cui risultati sono già noti agli occupanti americani», e a un anonimo siriano interpellato a Damasco che ha detto di essere sì preoccupato «ma mi tranquillizza la persistenza dell’attività della resistenza irachena contro l’occupazione americana». E poi tanto spazio a un certo Ali Haj Massoud, rifugiato in Siria, che denuncia di essere stato escluso dalla candidatura per aver osato «criticare l’occupazione americana» e di un certo Zumaili, del Partito dell’avanguardia nasseriana, che da Mosul ha assicurato che «la popolazione ha boicottato in massa le urne». Veleno. Solo veleno. Distillato anche nella formulazione delle domande rivolte ai visitatori del sito di Al Jazira in lingua inglese, dove emerge una maggioranza a favore del rinvio delle elezioni in Iraq e di scettici sul cambiamento della vita degli iracheni dopo le elezioni di ieri.



Dal canto suo il direttore di Al Arabiya , Abdel Rahman al Rashed, ha detto entusiasta: «E’ la prima volta che uno Stato arabo affida le scelte cruciali al suo popolo. Ora, dopo le elezioni, si paventa il rischio che l’Iraq esporti la democrazia nella regione. Devono forse preoccuparsi i Paesi limitrofi? Sì, se pensano solo a sigillare le frontiere e a non promuovere le riforme interne. Iraq o non Iraq, il mondo va avanti e tutti dovranno allinearsi».



Contenuti e toni ben diversi da quelli di Al Jazira. Un cambiamento sul piano ideale che si poteva cogliere anche nell’inedita decisione del più diffuso quotidiano arabofono, Asharq al Awsat , di schierarsi apertamente con un editoriale dal titolo «Sì alle elezioni», perché vi si legge «è una svolta storica per tutti gli iracheni e per l’intera regione».



Il 30 gennaio 2005 resterà nella storia come l’inizio del crollo del Muro
della dittatura e del fanatismo nel mondo arabo. La fine di Saddam, la disfatta dei terroristi islamici, il successo della democrazia in Iraq finiranno per contagiare l’intera regione. Certamente è una strada tutta in salita. Ma ora è lecito sperare.




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