sabato 29 gennaio 2005

Irak, la solita (dis)informazione dei media

Da un articolo di Magdi Allam sul Corriere:
Scoprire che il terrorismo è agli ultimi posti delle preoccupazioni degli iracheni, significa prendere atto che si sta commettendo un grossolano errore di percezione della realtà dell’Iraq.



Secondo uno dei più seri e approfonditi sondaggi di opinione, il terrorismo è considerato un problema rilevante solo dall'11-18% degli iracheni. Mentre la principale emergenza per circa metà della popolazione è la disoccupazione e, a seguire, altri indicatori relativi alla vita quotidiana delle persone.



È un dato che mette in discussione la rappresentazione che ci viene offerta dai mass media internazionali, soltanto un'interminabile sequenza di immagini di attentati, stragi, cattura di ostaggi e decapitazioni.



Che rischia di appiattire e brutalizzare una realtà che è sostanzialmente diversa, certamente più complessa. Non rende giustizia a una maggioranza di forze etniche, religiose, sociali che condivide una cultura della vita, che si batte in primo luogo per migliorare il tenore di vita della popolazione.



(...)



Significativo è anche il dato sulla percezione del futuro della religione in Iraq.



A fronte di un 28,4% favorevoli alla presenza di leader religiosi nel governo, il 38,7% ritiene che i leader religiosi possono sostenere un candidato ma devono restare fuori dal governo, mentre per il 23,3% i leader religiosi devono occuparsi solo di affari spirituali e sociali.




Anche in questo caso emerge la complessità e la dialettica presenti in Iraq, all'opposto di un'immagine stereotipata che prefigura uno scenario teocratico e paventa la spartizione del paese.


Certo che a guardare i telegiornali o a leggere i quotidiani italiani uno si fa tutta un'altra impressione: l'Irak, per l'appunto, viene dipinto come un totale, irredimibile disastro politico, militare e sociale, sull'orlo della guerra civile e, comunque, anche senza guerra civile vera e propria, in stato di guerriglia ("partigiana", farneticherebbero Vattimo e i suoi accoliti) permanente e generalizzata - mai che parlino delle (tante) cose che funzionano, o delle (tante) aree del Paese dove di fatto il livello della violenza è, tutto sommato, basso, e si vive più o meno normalmente.



Tanto per dire, stasera a "L'infedele" di Gad Lerner si parlava delle elezioni irachene, e chi c'era fra gli ospiti in studio? Ma naturalmente un giornalista della "democratica, sobria, anglosassone, autorevole, equilibrata e imparziale" tv Al Jazeera, detta anche - dai cittadini iracheni - "il megafono dei terroristi". Una semplice coincidenza, certo.



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