giovedì 27 gennaio 2005

Elezioni-farsa (in Egitto)

Naturalmente la sinistra e i pacifinti non hanno niente da ridire sul modo e sul contesto in cui si terranno le prossime "elezioni" in Egitto, per loro le uniche elezioni "irregolari" sono quelle che si terranno - nonostante loro - in Irak fra pochi giorni.



Così Magdi Allam sul Corriere della Sera:

MUBARAK E LA COMMEDIA EGIZIANA



Per valutare la portata del voto veramente pluralista in Iraq basta uno sguardo alla farsa delle elezioni presidenziali in Egitto, il Paese arabo di maggior peso politico. «Non mi presterò a fare una sceneggiata affermando prima che non intendo ricandidarmi, affinché la gente manifesti chiedendomi di restare al potere», ha esordito Mubarak alla tv Al Arabiya . Il messaggio è chiaro: a maggio il parlamento lo designerà candidato unico con la maggioranza prescritta di due terzi, e a settembre sarà riconfermato con un referendum popolare alla guida dello Stato per il quinto mandato consecutivo.



E pensare che, all'indomani dell'assassinio di Sadat il 6 ottobre 1981 da cui uscì miracolosamente illeso, Mubarak promise che avrebbe emendato la Costituzione per limitare a soli due mandati la carica di presidente. «Se il popolo mi vuole, io non posso sottrarmi», si giustifica il raìs.



La farsa si trasforma in dramma quando si constata che l'alternativa più accreditata a Mubarak, 76 anni, è il primogenito Gamal, 42 anni. Al riguardo giorni fa il primo ministro Ahmad Nazif ha fatto la dichiarazione più esplicita: «Gamal Mubarak ha tutti i requisiti per succedere al padre alla presidenza dell'Egitto». Ha ammesso che, «se si candidasse, la gente penserebbe che diventerà presidente grazie al padre e non in virtù delle sue doti. E io credo che lui meriti di più. C'è un ostacolo che bisogna rimuovere». In Siria il parlamento impiegò solo due ore a rimuovere un ostacolo simile, modificando la Costituzione al fine di consentire a Bashar al Assad di succedere al padre Hafez il 10 giugno 2000, inaugurando così il regime della repubblica ereditaria in Medio Oriente.



Ma il peggio, che rasenta la tragedia, è che se si scruta il panorama politico egiziano c'è solo da rabbrividire. Ovunque si guardi, a destra, centro e sinistra, tra gli integralisti islamici, i laici e i comunisti, si constata che c'è una sorta di gara a conquistare il consenso della gente professandosi più anti-americani, anti-israeliani e perfino anti-europei degli altri.



Nawal al Saadawi, psichiatra, femminista, saggista, laicissima, ha fatto scalpore annunciando la volontà di sfidare Mubarak alle presidenziali. Ebbene il suo programma elettorale ( www.nawalsaadawi.net ) dopo aver elencato una serie di apprezzabili riforme democratiche e liberali, specifica: «E' vitale dar vita alla solidarietà e alla cooperazione con il movimento popolare mondiale contro la guerra, lo sfruttamento delle multinazionali capitaliste, la globalizzazione, il saccheggio neo-coloniale e l'aggressione da parte di Stati Uniti, Europa e Israele».



Dal canto suo un sedicente «Movimento egiziano per il cambiamento», che ha attratto l'attenzione dei media internazionali adottando gli slogan risoluti «Basta!» ( Kifaya ), «No alla proroga del mandato presidenziale!», «No all'ereditarietà del mandato presidenziale!», ha pubblicato una «Dichiarazione alla Nazione» ( www.harakamasria.com ) in cui si afferma: «Crediamo che ci siano due pericoli per la nostra nazione: il primo è l'odiosa aggressione della terra araba tramite l'occupazione americana dell'Iraq e la devastazione sionista permanente ai danni del popolo palestinese che è prossimo all'olocausto».



Non bastano i partiti per fare una democrazia. Non basta professarsi «società civile» per garantire l'emancipazione dall'oscurantismo ideologico. La lezione che viene dall'Egitto è che democrazia e libertà non sono semplici regole formali. Ciò vale ovviamente anche per gli iracheni. Ma almeno loro, grazie alla presenza delle forze militari e al contributo ideale di americani e europei, iniziano un difficile cammino con il passo giusto.


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