mercoledì 10 maggio 2006

Con che fa rima Orione?

Francamente non capisco tutta questa soddisfazione che serpeggia a sinistra per il "poker" appena realizzato (Prodi, Marini, Bertinotti, Napolitano): forse gli elettori di sinistra hanno una memoria davvero labile, e hanno dimenticato quanto scritto nel programma che hanno appena votato, o forse sono particolarmente di bocca buona, o forse sono preoccupati del buongoverno e delle regole solo quando a governare sono gli altri.

Quello che riporto è un brano tratto da un editoriale di qualche giorno fa di Galli Della Loggia, dedicato alla allora data ancora per sicura elezione di Massimo D'Alema alla Presidenza della Repubblica: basta sostituire "Napolitano" a "D'Alema", la sostanza non cambia.

"...Ancor più dispiace, dunque, che il giudizio senz'altro positivo sul candidato non possa, però, estendersi facilmente al metodo che sta portando alla sua elezione. Per come è stata costruita e per come si presenta, infatti, la candidatura di D'Alema [Napolitano] alla presidenza della Repubblica è una candidatura assolutamente di schieramento, nata all'interno esclusivamente del gruppo dirigente del centro-sinistra, e portata avanti facendo affidamento soltanto sulla maggioranza dell'Unione. Non per nulla l'ex ministro diessino Vincenzo Visco, autonominatosi da qualche giorno capo del comitato elettorale dalemiano, si è detto sicuro di una confluenza di voti della destra sul suo candidato, ma tanto per farsi capire ha subito aggiunto: «Comunque avrà una sua autosufficienza e non cambierà nulla. Andremo avanti comunque».
A ulteriore chiarimento dello spirito simpaticamente unitario con cui i sostenitori di D'Alema [Napolitano] concepiscono il prossimo appuntamento di Montecitorio sempre lo stesso Visco ha minacciato che qualunque eventuale ostacolo frapposto all'ascesa del Presidente dei Ds «non sarebbe una cosa indolore». Come passare sotto silenzio, poi, l'argomento che si è sentito spessissimo usare in questi giorni, a giustificazione della «non trattabilità» della candidatura D'Alema [Napolitano], e cioè che essa non poteva che essere accettata a scatola chiusa dal momento che «ai Ds bisognava dare pure qualcosa», altrimenti essi avrebbero potuto dare fastidi al prossimo governo Prodi?
Cos' altro dobbiamo sentir dire, mi chiedo, per convincerci che il tasso di spregiudicatezza della partitocrazia della Seconda repubblica ha superato, e di gran lunga, quello della prima? A parte ogni questione di opportunità, la dimensione di duro arroccamento politico con cui è stata fin qui portata avanti la candidatura di D'Alema [Napolitano] contrasta, tra l'altro, e in modo clamoroso, con il modo con cui l'Unione ha condotto cinque anni di opposizione al governo Berlusconi e con il modo con cui essa si è presentata agli elettori. Si legge infatti alle pagine 12 e 13 del suo Programma elettorale, all'interno di un capitolo significativamente intitolato «Il valore delle istituzioni repubblicane»: «L'attuale maggioranza di governo ha applicato alle istituzioni una logica "proprietaria" (..) il rischio è quello di uno squilibrio che porti alla "dittatura della maggioranza" (..) Per rafforzare le garanzie istituzionali (..) eleveremo la maggioranza necessaria per l'elezione del Presidente della Repubblica, garante imparziale della Costituzione e rappresentante dell'unità nazionale».
Anche chi, come chi scrive, non è predisposto a far troppo conto sui programmi elettorali resta tuttavia alquanto sbalordito nel vedere quanto, dopo neppure un mese dalla soffertissima e striminzitissima vittoria elettorale del centro-sinistra, di tutte queste ottime intenzioni in pratica non rimanga in piedi nulla: fino al punto che proprio sulla più delicata forse delle questioni istituzionali, quella della Presidenza della Repubblica, l'Unione potrebbe avviarsi a percorrere la stessa identica prospettiva di «dittatura della maggioranza» appena ieri rimproverata al Polo. Ancora più sbalorditivo è, in questo senso, il silenzio di tomba con cui tutta l'area culturale del centro-sinistra — dai costituzionalisti ai comici, dai politologi e gli storici ai poeti e gli uomini di lettere — che per un quinquennio ci ha instancabilmente ammaestrato sulla concezione illiberale della democrazia fatta propria dalla destra sulla base di un uso spietato del nudo principio di maggioranza, ora taccia intimidita, chiudendo gli occhi sul medesimo uso che del medesimo principio si appresta ora a fare il centro-sinistra."

Insomma, chi ha votato a sinistra perché convinto di una sua presunta "superiorità morale" rispetto al centro-destra, è servito - ma, si sa: ormai le elezioni sono passate, i c...reduloni del centro-sinistra hanno votato come ci si aspettava che votassero, e ora siamo al classico "chi ha avuto ha avuto, e chi ha dato ha dato".

Mi auguro solo che, quando si tornerà a votare (questione di mesi, secondo me), questi c...reduloni non si "scordino 'o passato", come recita la canzone, ma si ricordino di chi li ha presi in giro sventolandogli sotto il naso lo spauracchio del "kattivo berluska ke governa a kolpi di maggioranza".

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