sabato 27 maggio 2006

Quote rosa?

Pare che fra le priorità di questo sgangherato governo ci sia anche la questione delle cosiddette "quote rosa" in politica - già: avevamo appena scampato il pericolo di una legge sull'argomento, a opera del ministro Stefania Prestigiacomo, che ci ritroviamo punto e daccapo.
Il mio pensiero sulle quote rosa è questo: sono nettamente contrario. Le persone dovrebbero accedere a delle cariche pubbliche (o private, se è per questo) per merito personale, non perché appartengono a quella che viene considerata una categoria svantaggiata, da proteggere come i panda o gli ultimi dei mohicani.
Inoltre, questa faccenda delle quote rosa è profondamente illiberale e antidemocratica: fissare per legge una quota di rappresentanti femminili in Parlamento significa praticamente stabilire a priori, prima delle elezioni, quale dovrà essere il risultato del voto - una cosa assurda, in democrazia: e se per ipotesi il corpo elettorale decidesse, comunque, di eleggere un 99% di uomini? Cosa si fa, se la legge prevede ad esempio un minimo del 30% di parlamentari donne? Si "lascia fuori" un 29% di maschi democraticamente eletti e si "nominano" parlamentari, d'ufficio, altrettante donne pescate fra le non elette?
Ripeto: assurdo, antidemocratico e illiberale. Non è certamente creando una nuoga categoria "protetta" che si favorisce una reale evoluzione dei rapporti fra i sessi e una reale partecipazione delle donne alla vita politica del Paese; non credo neanche che una legislazione-panda favorirà davvero l'ingresso in politica delle donne più capaci e meritevoli - anzi, dal momento che comunque bisognerà mettere in lista una certa percentuale di donne, da raggiungere in ogni caso, il rischio è che donne anche non all'altezza della situazione vengano cooptate dai partiti al solo scopo di fare numero e di rispettare, almeno formalmente, la legge. Sarebbe davvero un bel risultato, non c'è che dire.

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