lunedì 11 settembre 2006

Never forget

Anche quest'anno, a margine della ricorrenza dell'11 Settembre, c'è stato chi ha parlato di "rituale", di "retorica" e di quanto sarebbe preferibile "lasciare in pace" i morti anziché (sic) "strumentalizzarli" a fini politici.
Direi proprio che le cose non stanno così: ricordare quel che è successo non è vuota retorica e non è una forma di strumentalizzazione del dolore per le vittime delle stragi di New York, Washington e del volo United 93.
La memoria è importante: senza un costante lavoro sulla memoria, sul ricordo dei fatti, l'Olocausto sarebbe già stato dimenticato, con grande soddisfazione dei nazisti di ieri e di oggi (non per niente il regime iraniano è in prima fila, oggi, nell'opera di negazione degli avvenimenti) e con grande pericolo per tutti di assistere a una ripetizione - con le varianti del caso - della storia.
Anche il terrorismo nazislamista cerca di far dimenticare il perché è in atto una guerra, e chi l'ha iniziata e quando (altro che "reazione all'invasione dell'Irak"): rimuovere i fatti dell'11 Settembre vorrebbe dire fargli un favore, e uccidere una seconda volta le vittime.
Non siamo noi a dover "lasciar stare in pace" i defunti, le vittime del terrorismo islamista, sono i terroristi che devono "lasciar stare in pace" i vivi e astenersi dal trasformarli in defunti: finché questo non succederà la memoria dei fatti, e non certo il silenzio, sarà uno dei modi per combatterli.

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