venerdì 15 settembre 2006

Una risposta agli islamo-nazisti (e non solo a loro)

Riporto qui di seguito un post di Stefano Magni (blog: Oggettivista) che mi trova totalmente in sintonia - come si suol dire, non avrei potuto dirlo meglio:

L'Occidente dopo l'11 settembre
Probabilmente ha ragione Benedetto XVI quando sostiene che: “La vera minaccia per la loro identità, i popoli dell’Asia e dell’Africa non la vedono nella fede cristiana, ma invece nel disprezzo di Dio e nel cinismo che considera il dileggio del sacro un diritto di libertà e l’utilità a supremo criterio morale”. Ed hanno ragione i popoli dell’Asia e dell’Africa a temerci per questo motivo. Perché è grazie a questo “cinismo” che l’Occidente è superiore al resto del mondo. Il nostro è un sistema vincente, proprio perché garantisce all’individuo la vita e la libertà di perseguire i suoi fini. Non è un sistema che costringe l’uomo a vivere secondo una legge dettata da Dio. Dalla Rivoluzione Industriale in poi, la scienza, il liberalismo e il capitalismo stanno liberando l’uomo da “Dio”, dalla tradizione e dai tiranni. Quello che ne è derivato non è un sistema “vuoto” di valori. E’ un sistema che è fondato sull’uomo, sui suoi valori e sulle sue aspirazioni. I religiosi e gli zelanti (soprattutto nel mondo islamico) lo considerano “vuoto” perché accantona la legge di Dio ed emargina il loro ruolo. E’ un sistema che fa paura a tanta gente debole, perché la responsabilità delle azioni ricade sulle spalle dell’individuo, che può avere successo nella vita così come fallire. Può disorientare, perché è un sistema che ti toglie una visione della storia predeterminata, leva ogni certezza sul fatto che dopo la morte ci sia una vita eterna ed esclude di dare una spiegazione ultraterrena agli eventi in terra.
Questo disorientamento e questa paura hanno provocato una reazione totalitaria per tutto il ‘900, con la nascita delle religioni atee del comunismo, del fascismo e del nazismo. Di fatto si trattava del ripristino su scala industriale degli antichi sistemi tribali pre-capitalisti: l’individuo non era più libero, ma dipendente dalla propria tribù nazionale, di classe o di razza. Il suo futuro non era più incerto, ma predeterminato dai dettami del suo capo. La sua vita ultraterrena era garantita perché la sua morte sarebbe stata utile alla costruzione di un paradiso in terra, realizzabile in un futuro che è sempre stato rimandato. Ma questi sistemi, non solo non hanno mai realizzato i paradisi che promettevano, ma hanno garantito l’inferno per tutti sulla terra. Vivere in un regime totalitario è, non solo pericoloso (la vita è perennemente messa a rischio dai pretoriani del regime), ma umiliante e personalmente degradante. Perché per qualsiasi cosa, anche solo per vivere, si deve chiedere il permesso a qualcuno, lo si deve corrompere, persuadere, ricattare. Questa è la squallida realtà della vita sotto una religione atea.
Il 9 novembre 1989 è simbolicamente considerata la data della fine dell’ultima religione atea, il comunismo. L’11 settembre 2001, al contrario, è considerata la data di inizio della nuova reazione contro la libertà: non più quella delle religione atee, ma quella di una religione tradizionale. I nuovi reazionari non hanno inventato nuovi credo o nuovi sistemi. Hanno iniziato ad ammazzare nel nome di un mitologico passato pre-capitalista e pre-scientifico, dove la vita era governata da Dio e non dall’uomo. Quello che stiamo vivendo è un nuovo, violento rigurgito di medioevo, una “rivoluzione” che vuole tornare al passato. E non è affatto detto che solo l’Islam voglia reagire alla modernità. Anche all’interno del cristianesimo si levano sempre più alte le voci di chi vuole ripristinare una legge e uno stile di vita ispirati alla religione, contrari a qualsiasi forma di libertà individuale. E tra gli atei, molti rimpiangono una mitizzata “purezza” del passato tribale e pre-tecnologico: Rousseau e il suo mito del “buon selvaggio” sta tornando di moda.
Non sconfiggeremo mai il terrorismo islamico, finché i musulmani non la smetteranno di rimpiangere un passato che non hanno mai conosciuto. E che, tutto sommato, non vogliono neanche loro: in Iran non sono contenti del regime che si è imposto dal 1979 ad oggi.
Non riusciremo mai a combattere il terrorismo islamico, finché non la smetteremo di dire e pensare: “tutto sommato hanno ragione a rimpiangere un passato spirituale”. Perché è questo il retro-pensiero dominante nella maggioranza degli intellettuali europei e americani. Ed è quello che ci impedisce di intraprendere delle azioni decisive nella guerra contro il terrorismo.
Vinceremo solo quando saremo veramente convinti che il nostro sistema di vita, aperto, secolare e capitalista, è il migliore dei mondi sinora esistiti e che difenderlo vale veramente la pena.


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