venerdì 29 dicembre 2006

Catechismo della Chiesa Cattolica - 2

Allora, secondo il Vicariato di Roma non era possibile concedere i funerali religiosi a Piergiorgio Welby perché il suicidio, il catechismo, la rava, la fava...
Okay, ma allora leggetelo tutto, questo c***o di catechismo, e non solo le parti che di volta in volta fanno più politicamente comodo:

2278. L'interruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati attesi può essere legittima. In tal caso si ha la rinuncia all'«accanimento terapeutico». Non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire. Le decisioni devono essere prese dal paziente, se ne ha la competenza e la capacità, o, altrimenti, da coloro che ne hanno legalmente il diritto, rispettando sempre la ragionevole volontà e gli interessi legittimi del paziente.

Non è forse in perfetto accordo con la richiesta di Piergiorgio Welby di interrompere i trattamenti medici? Sì, certo, potrebbe dire qualcuno, ma Welby ha voluto anche la sedazione. Bene...

2279. Anche se la morte è considerata imminente, le cure che d'ordinario sono dovute ad una persona ammalata non possono essere legittimamente interrotte. L'uso di analgesici per alleviare le sofferenze del moribondo, anche con il rischio di abbreviare i suoi giorni, può essere moralmente conforme alla dignità umana, se la morte non è voluta né come fine né come mezzo, ma è soltanto prevista e tollerata come inevitabile. Le cure palliative costituiscono una forma privilegiata della carità disinteressata. A questo titolo devono essere incoraggiate.

Anche qui, dov'è l'incompatibilità col catechismo dei cattolici? Welby, esattamente come Papa Wojtila, semplicemente non se la sentiva più di rimandare la morte imminente (naturale, non artificialmente indotta) ricorrendo a cure mediche ormai inutili e causa solo di sofferenza.
Apparentemente quindi il Catechismo della Chiesa Cattolica è utilizzabile (strumentalizzabile) come la Bibbia o il Corano: contiene tutto e il contrario di tutto, più o meno, e così può prestarsi agli scopi (religiosi ma ancora più spesso politici) di questo o quel vescovo, di questo o quell'imam, per giustificare condanne "morali" o "dottrinali", scomuniche, fatwe...

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