domenica 9 maggio 2004

Licenziare Rumsfeld


Segnalo un editoriale di Stefano Folli sul Corriere della Sera:
Non crediamo che il segretario alla Difesa americano, Donald Rumsfeld, sia stato convincente davanti al Congresso. Le scuse offerte all’opinione pubblica sono il minimo che ci si poteva attendere, rispetto alla gravità dello scandalo di Abu Ghraib. Ma sono parole. In democrazia, quando si ammette una responsabilità, esiste un solo modo per essere credibili: pagare di persona.



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(l'Italia) Può accettare di condividere fino in fondo la responsabilità di una missione volta a dare stabilità all’Iraq. Ma non può accettare che il ruolo dell’America, forza occupante, assomigli a quello della Francia in Algeria. Quindi, non può dichiararsi estranea al destino di Rumsfeld, l’uomo simbolo di una politica fallimentare che getta nello sconforto non i nemici degli Stati Uniti, bensì i suoi amici.



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Come ha scritto un commentatore americano, Bin Laden ha ottenuto con lo scandalo delle torture una vittoria più grande di quella che spuntò l’11 settembre. C’è una sola strada: che Rumsfeld lasci il suo posto. L’Italia, non meno della Gran Bretagna di Blair, deve utilizzare tutti i suoi canali diplomatici e premere sulla Casa Bianca. Nessuno potrebbe dubitare dell’amicizia del governo Berlusconi verso l’attuale amministrazione. Proprio per questo, la nostra voce avrebbe qualche probabilità di essere ascoltata. Manca meno di un mese al 60esimo anniversario della liberazione di Roma. Non lasciar sola l’America vuol dire anche aiutarla a ritrovare se stessa, insieme a un po’ dello spirito di quei giorni lontani. Il primo passo è che Rumsfeld lasci il Pentagono. Per il bene dell’America e dei suoi amici nel mondo.

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