mercoledì 12 maggio 2004

La ferocia dei vendicatori


È il titolo dell'editoriale di Guido Olimpo sul Corriere della Sera (no permalink):
E’ la strategia dell’orrore. I palestinesi di Hamas imitano i guerriglieri iracheni di Falluja ostentando i resti dei loro nemici. I terroristi qaedisti si presentano come i vendicatori delle torture ad Abu Ghraib e decapitano l’ostaggio americano riprendendo l’esecuzione con una videocamera. Quasi volessero contrapporre il loro scempio a quello compiuto dai soldati Usa nelle prigioni irachene. La strategia dell’orrore non è soltanto il risultato della ferocia dello scontro, ma racchiude evidenti disegni politici. Ed è chiaro che non esiste un’unica regia, bensì la capacità dei vari gruppi estremisti di "leggere", in tempo reale, quello che accade sul campo, modificando le tattiche in base agli eventi.



Le mosse possono essere la conseguenza di ordini da parte di un emiro oppure la reazione a quello che viene trasmesso da una tv satellitare. Il terrorista Abu Musab Al Zarkawi, presunto autore della decapitazione, giustifica l’assassinio sostenendo che si tratta di una ritorsione agli abusi compiuti nelle prigioni dell’Iraq.



Punta così a catturare il sostegno degli oltranzisti, vuole guadagnarsi le simpatie di chi è rimasto offeso, cerca di provocare proteste in Europa e negli Stati Uniti, dove già è forte la contestazione per la politica della Casa Bianca. Colpisce la reazione della famiglia dell’ostaggio trucidato che ha lanciato accuse contro George W. Bush.



IL MODELLO - I cadaveri carbonizzati dei quattro vigilantes americani linciati a Falluja e poi appesi a un ponte sono diventati il simbolo di una sconfitta. Le truppe Usa hanno assediato per giorni la cittadina ribelle pronti a punire i responsabili dell’oltraggio. Alla fine, preoccupati delle conseguenze di un’operazione troppo rischiosa, hanno rinunciato trovando un’intesa con gli insorti iracheni. I guerriglieri hanno interpretato l’accordo come una vittoria e così è stato recepito in gran parte del mondo arabo. Nel video-comunicato Al Zarkawi si è scagliato contro i musulmani che non hanno impugnato la spada dell’Islam: "Vi dovreste vergognare per non aver seguito l’esempio dei giovani di Falluja".



A GAZA - Hamas ha trasformato i frammenti dei soldati israeliani dilaniati a Gaza in un trofeo - ad uso dell’opinione pubblica - e in una moneta di scambio con Israele. I dirigenti islamici hanno imparato dai guerriglieri libanesi Hezbollah che hanno ottenuto il rilascio di oltre 400 prigionieri offrendo le salme di tre soldati israeliani e una presunta spia. Sono stati sempre gli Hezbollah a lanciare, negli anni’80, la politica dei rapimenti e l’uso dei corpi maciullati per intimorire il nemico. Davanti agli occhi di tutti compare un unico mosaico, composto dalle immagini dei cadaveri di Beirut, Falluja, Gaza. E, da qualche giorno, si sono aggiunte quelle dei prigionieri iracheni, sottoposti a torture sconvolgenti.





LA SFIDA - Nella coreografia di sangue, composta da un filmato e un sito Internet vicino agli integralisti, si "celebra" Abu Musab Al Zarkawi indicato come il responsabile della decapitazione di Nick Berg. Con una taglia miliardaria sulla sua testa, considerato la mente di attentati kamikaze e reclutatore di futuri martiri anche in Italia, Al Zarkawi sposa la strategia dell’orrore. Per accrescere la sua immagine e il peso politico. Se per gli occidentali è un criminale, per molti arabi sarà "il vendicatore". Il brutale omicidio dell’ostaggio, che potrebbe essere seguito da altre decapitazioni, deve costituire la prima reazione alle violenze compiute ad Abu Ghraib. Il giordano non ha il profilo di Bin Laden, né l’abilità retorica. Non è un leader, piuttosto un capetto. Però vuole imitare Osama scegliendo un campo di battaglia più concreto. L’intelligence lo considera il punto di riferimento operativo del movimento qaedista, oggi diventato un arcipelago di cellule estremiste. Incoraggiato da alcuni predicatori, ha assestato il primo colpo alla stazione di Madrid dando una spallata al governo Aznar alla vigilia del voto. Era l’11 marzo. Adesso ci riprova a colpi di scimitarra. Ieri era l’11 maggio.


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