martedì 31 agosto 2004

I 'fratelli che sbagliano' e il modello algerino


Interessante editoriale su Il Riformista:
La richiesta di ritirare la legge sul velo avanzata dai sequestratori alla Francia di Chirac, alla Francia del veto alla guerra in Iraq, alla Francia capofila dell’Asse del Bene e degli unwilling, pone sul tappeto alcune questioni non banali. Quelle ovvie sono già state affrontate a proposito del sequestro e dell’omicidio di Enzo Baldoni: che nessuno in Occidente potesse considerarsi al riparo dalla sfida fondamentalista, lanciata per l’appunto contro l’intero Occidente e tutto ciò che rappresenta, lo sapevamo e lo scrivevamo in tanti già da parecchio tempo (per la verità non così in tanti, fino a ieri, soprattutto a sinistra, NdR). Non banali sono invece le caratteristiche specifiche del sequestro dei due giornalisti francesi, che lo differenziano nettamente dal precedente.

La principale questione che si pone riguarda le comunità musulmane che vivono (e crescono) in Europa. Abbiamo più volte elogiato il modello Sarkozy e abbiamo molto apprezzato la decisione del ministro Pisanu di seguirlo sulla strada dell’integrazione e del dialogo all’interno di regole, diritti e doveri certi. Sulla strada cioè di quel Consiglio del culto musulmano che in Francia però ha presentato immediatamente un problema molto serio. Potremmo chiamarlo il "problema algerino": che fare se alle elezioni democraticamente istituite regolarmente svolte, vincono i fondamentalisti? Dopo il ricatto dei sequestratori, in Francia il (minoritario) Consiglio dei democratici musulmani ha spezzato la cortina retorica delle corali dichiarazioni di indignata riprovazione, a cominciare da quelle di una giovane musulmana che si offriva di sostituirsi agli ostaggi. Quella ragazza fa parte della Uoif, l’organizzazione maggioritaria nel Consiglio del culto, ha denunciato il fondatore dei democratici musulmani Abderrahmane Dahmane, secondo il quale "i fondamentalisti dell’Uoif" sono corresponsabili del sequestro. L’Uoif che ha organizzato la manifestazione di protesta del 4 settembre che si terrà a Parigi, Londra e in diverse città mediorientali, sarebbe in realtà ampiamente egemonizzata - se non direttamente guidata - dai Fratelli musulmani (una delle principali organizzazioni islamiste, sospettata di diversi attentati).

La coincidenza tra la campagna delle componenti oltranziste - e maggioritarie - della comunità musulmana francese e i proclami contro la legge sul velo lanciati diversi mesi fa da Zawahiri, il "vice" di Bin Laden, rappresentano dunque un segnale assai preoccupante. Una coincidenza che può essere letta sia come il tentativo di al Qaeda di "mettere il cappello" sulle proteste delle comunità musulmane in Europa (anche a fini di proselitismo), sia come il segnale di una progressiva e in parte già avvenuta "qaedizzazione" tanto della cosiddetta resistenza irachena, quanto delle stesse comunità di immigrati.

Inutile nascondersi che a denunciare apertamente le troppe connivenze con i fondamentalisti è ancora solo una minoranza della comunità musulmana in Europa, mentre la maggioranza si attesta - quando va bene - sulla vecchia e ben conosciuta linea dei "fratelli che sbagliano". Ma proprio per chi quella linea l’ha conosciuta bene e ha visto a quali esiti può condurre, si pone più stringente il problema di una risposta razionale ed efficace. L’inevitabile conseguenza che ne deriva è l’impossibilità di protrarre l’ambiguità dell’approccio dialogante à la Sarkozy, senza affrontare di petto il "problema algerino".


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