venerdì 13 agosto 2004

Antisemitismo in Spagna e ad Auschwitz


Dopo la Francia, anche la Spagna scivola sempre più verso un ritorno in grande stile dell'antisemitismo.



Da Informazione Corretta:
In Europa non c’è soltanto la Francia a creare preoccupazioni (anche al suo presidente Jacques Chirac) per il continuo ripetersi di atti di antisemitismo: ultimo di una lunga serie è stata la profanazione, due giorni fa, del cimitero ebraico di Lione. Anche in Spagna, infatti, i timori nelle comunità ebraiche crescono.

"Sono di discendenza ebraica", con queste parole il premier socialista spagnolo, José Luis Rodriguez Zapatero, aveva accolto il ministro degli Esteri israeliano, Silvan Shalom, a Madrid prima delle europee, dicendo, con quel suo sempre eterno sorriso, di essersi stupito che il primo ministro Ariel Sharon non si fosse congratulato con lui dopo la sua vittoria, date le sue chiare origini giudaiche.

Il fatto è che, discendenza a parte, il Psoe non sembra convincere la popolazione ebraica della Piel de Toro, la quale si sente sempre più minacciata da una nuova leadership politica debole nella lotta contro il terrorismo e poco simpatetica nei confronti d’Israele.

Secondo le ultime statistiche dell’Agenzia ebraica circa il 15 per cento degli spagnoli di religione ebraica sta pensando di lasciare il paese entro il 2007, a causa del crescendo di una nuova giudeofobia, che riempie le pagine di giornali, come il pur liberal el Mundo, con vignette che affiancano il candelabro ebraico (Menorah) al terrorismo o articoli dove ci si chiede da quale strano Dio siano stati prescelti gli ebrei.

In un’inchiesta dell’Anti Defamation League, il 72 per cento degli spagnoli ha risposto che l’unica soluzione per porre fine al conflitto araboisraeliano è la deportazione degli ebrei da Israele, per lasciare la terra ai palestinesi, come vorrebbe Hamas, mentre soltanto il 12 per cento degli intervistati accetterebbe di buon grado di avere come vicino di casa un ebreo o un israeliano. Il 69 per cento degli spagnoli sostiene che gli ebrei abbiano troppo potere, sebbene non sappiano specificare quale. Un 62 per cento crede che abbiano una relazione speciale col denaro e più del 55 per cento attribuisce loro "interessi e intenzioni oscure". Le aree a rischio sono le zone più nazionaliste, come la Catalogna e i Paesi Baschi, che s’identificano con la causa palestinese, seguite dall’Aragona, dall’Andalusia e dalla Murcia.

Dopo l’11 marzo di Madrid, così come dopo l’11 settembre di New York e Washington, sia alcuni giornali sia alcune reti televisive hanno fatto circolare storie di cospirazioni, come quella secondo la quale nell’attentato sarebbe stato coinvolto il Mossad.

Mentre prima della guerra in Iraq, nel 2003, Tele 5, nel programma "La mirada Critica", assicurava che l’allora premier José Maria Aznar stesse andando a Washington per ricevere un premio dalla lobby ebraica per la sua partecipazione alla guerra.

Durante varie manifestazioni pacifiste (sic, NdR)a Madrid, dall’inizio della seconda Intifada, gli slogan preferiti sono stati: "Hitler aveva ragione!" oppure "Prima ammazzate Gesù Cristo, poi Yassin, chi verrà dopo?". Nel frattempo non ci sono molti scrupoli a vendere alla fiera del libro di Vallaloid libri negazionisti dell’Olocausto o a richiedere la proibizione della vendita di armamenti a Israele.

La Spagna è stata considerata dall’European Monitoring Center (EUMC) come il principale foro di antisemitismo europeo tra il 2002 e il 2003, oltre a essere l’unico paese dell’Osce cui manca una politica specifica contro l’antisemitismo e l’unico della zona occidentale dell’Unione europea a non partecipare al Remembering the Holocaust, il programma di insegnamento contro l’antisemitismo nelle scuole.

Perla Aufgang, presidente della comunità ebraica di Barcellona, ha detto che "la società e le istituzioni spagnole devono prendere coscienza del problema esistente e devono lavorare per evitarlo". "La nostra comunità – ha aggiunto – ha paura che si ripeta qualcosa che dovrebbe già appartenere al passato".
Nel frattempo, tanto per non smentirsi, alcuni francesi hanno aggredito verbalmente un gruppo di ragazzi in visita ad Auschwiz:
Attraversava i campi di sterminio Auschwitz-Birkenau con una bandiera israeliana appoggiata sulle spalle. E’ un’immagine consueta in quei luoghi, ma per un gruppo di turisti francesi, la vista di quella studentessa, che con altri cinquanta compagni polacchi, americani e israeliani stava visitando domenica scorsa le baracche del campo, è risultata insostenibile. Un uomo si è staccato dal gruppo e in un misto di inglese e francese le ha gridato: "Che razza di pubblicità è questa? Ti dovresti vergognare di indossare una cosa del genere. E’ disgustoso!".

La ragazza ci ha messo un po’ a reagire, ci dice il professore che guidava il gruppo, Laurence Weinbaum, direttore del World Jewish Congress. Poi ha risposto: "Come osi dire a me cosa devo indossare in questo posto, dove una parte della mia famiglia è stata uccisa?". La sequenza è stata veloce: gli studenti si sono ribellati, gridando alla profanazione, altri turisti francesi sono accorsi in difesa del loro concittadino, sono volate brutte parole. "Tornatevene a casa vostra!", ha detto un francese secondo la ricostruzione di Weinbaum. A quel punto uno dei ragazzi ha risposto che lui era polacco e dunque si trovava già a casa sua. Sono volati gli insulti. "Poi sono accorse delle persone a separare i due gruppi, le guide li hanno allontanati l’uno dall’altro, e si è almeno evitato lo scontro fisico"", racconta Weinbaum.

La guida polacca conferma l’accaduto: "Non è vero che nessuno è intervenuto, la verità è che eravamo tutti così scioccati che non sapevamo come reagire". Lo scontro non è durato più di qualche minuto e comunque alla fine la guida ha segnalato agli uomini della sicurezza che "quell’uomo ha umiliato i ragazzi". "In tanti anni che lavoro al Museo – prosegue la guida – non avevo mai visto una scena così". Molti ragazzi hanno cominciato a piangere, "è stata una giornata di grande amarezza". Dopo qualche ora era previsto un incontro con un reduce di Birkenau, "ma i ragazzi erano tristi e nervosi – dice Weinbaum – e alcuni di loro hanno cominciato a telefonare ai giornali israeliani per raccontare l’accaduto". La notizia è arrivata al "Jerusalem Post" che ha parlato di "Attacco a studenti ebrei ad Auschwitz". "In realtà non c’è stato un attacco fisico – precisa Weinbaum – ma sorprende che l’uomo che ha insultato la ragazza sia stato spalleggiato dagli altri".

Se fosse successo per strada Weinbaum non se ne sarebbe sorpreso (sic, NdR), e pensa che anche i ragazzi non avrebbero reagito con tanta durezza, "ma che una cosa del genere sia accaduta ad Auschwitz è incomprensibile". "Che in Francia ci fosse una nuova ondata di antisemitismo lo avevo letto – aggiunge – ma un conto è leggerlo, un altro è vederlo di persona". La direzione del Museo di Auschwitz ha preferito non rilasciare dichiarazioni.
Già, vederlo di persona è tutta un'altra cosa.

Ma il punto è proprio questo: mentre gli episodi di antisemitismo si moltiplicano, i media tendono a "non far vedere", a minimizzare o a ignorare il fenomeno, e questo dà ulteriore fiato agli antisemiti, convinti di poter contare, se non sulla loro complicità, quanto meno sulla loro "benevola neutralità".



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