domenica 28 settembre 2003

Blackout?: 'Tranquilli, in Italia non puo' succedere'


Queste erano state le parole di un responsabile della rete italiana, subito dopo il colossale blackout che aveva colpito il nord-est degli Stati Uniti.



Secondo il nostro esperto, l'Italia non correva il rischio di un blackout così esteso perchè la nostra rete è molto meglio organizzata di quella americana - peccato si sia dimenticato di dire che l'Italia dipende in parte dall'estero per quanto riguarda l'energia elettrica, e che quindi un minimo di rischio va sempre tenuto in conto.



Inizialmente ho sentito parlare di un problema generato da una improvvisa failure che avrebbe colpito, in territorio francese, sia la linea di alimentazione primaria usata per importare energia elettrica dalla Francia che quella di backup: ora la radio parla di smentite, almeno parziali, provenienti da Parigi.



Qui a Mestre la situazione è tornata alla normalità già stamattina presto: ho sentito per telefono gente che si è svegliata prima di me (okay... dopotutto è domenica, no?), e a quanto pare alle otto - forse anche prima - era già tutto finito.



Spero solo che questo episodio, pur grave, non venga strumentalizzato al fine di premere per la costruzione di nuove centrali.



Non è infatti costruendo nuove centrali che si risolve, nell'immediato, il problema dei blackout: una centrale energetica comincia a entrare in produzione in media cinque anni dopo l'avvio della sua costruzione (se non ci si mettono i soliti ritardi "all'italiana"), mentre cose come una seria e incisiva campagna a favore del risparmio energetico cominciano a dare risultati tangibili nel giro di settimane o mesi.



Lo si è visto in California, fino allo scorso anno perennemente sull'orlo del collasso energetico: ora lo Stato americano consuma circa il 10-15% in meno di energia rispetto a un anno fa, e senza particolari sacrifici da parte degli utenti privati e industriali - ma anzi con un discreto vantaggio per le rispettive bollette.



Costruire nuove centrali, inoltre, è come costruire nuove strade: così come la disponibilità di nuove strade riduce apparentemente il traffico, nel breve periodo, ma poi lo fa invariabilmente aumentare, così la disponibilità di una maggiore quantità di energia nel medio periodo autorizza un aumento dei consumi e diseduca, anzichè educare, al risparmio.



Adottando le corrette misure anti-spreco in Italia potremmo ridurre il nostro fabbisogno energetico almeno del 15%, affrancandoci per molti anni dalla necessità di costruire nuove centrali - e per allora probabilmente saranno arrivate sul mercato tecnologie di produzione e apparecchiature elettriche a più basso assorbimento di energia (già ampiamente disponibili, anche se ancora non molto diffuse), avviando una sorta di circolo virtuoso: questo non significa che in futuro potremo tirare avanti all'infinito senza mai costruire nuove centrali, ma che almeno dovremo costruirne un numero molto ridotto rispetto alle previsioni attuali basate su modelli di crescita lineare (e tendenzialmente infinita) dei consumi.



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