lunedì 7 giugno 2004

Reagan e la crisi dei missili


Vorrei ricordare ai più giovani cosa ha significato la politica di confronto duro, diretto dell'America di Reagan nei confronti dell'Unione Sovietica (il famoso "Impero del Male", definizione coniata proprio dall'ex attore californiano).



Per lunghi anni la teoria della MAD (Mutual Assured Destruction, mutua distruzione assicurata) aveva impedito l'esplodere di un vero e proprio conflitto mondiale generalizzato (ma non di vasti, e a volte sanguinosi, conflitti regionali) fra le due superpotenze: ognuna delle due parti sapeva che un "first strike", un attacco nucleare "a sorpresa", in realtà non avrebbe mai potuto funzionare: i missili balistici intercontinentali (ICBM), il cuore della forza d'urto nucleare, avrebbero impiegato dai venti ai trenta minuti per colpire gli USA partendo dal blocco sovietico (o viceversa), un tempo più che sufficiente per consentire alla parte attaccata di lanciare un devastante attacco di rappresaglia - in pratica, l'inizio dell'inverno nucleare e, probabilmente, della fine della nostra specie.



A un certo punto il regime comunista decise di spezzare questo fragile equilibrio del terrore, installando nell'Europa dell'Est una massiccia quantità di batterie di missili SS-20.



Gli SS-20 sono vettori nucleari a medio raggio, in grado di colpire qualunque punto del territorio dell'Europa Occidentale in un tempo compreso fra i cinque e gli otto minuti dal lancio.



L'obiettivo dei sovietici era semplice: tentare di dividere i destini degli USA e dell'Europa Occidentale, ponendo gli Stati Uniti davanti al fatto compiuto: lanciare un first strike non contro gli USA ma esclusivamente contro l'Europa occidentale, così da far finire la guerra nel giro dei primi dieci minuti.



A quel punto gli americani avrebbero dovuto decidere se lanciare comunque un attacco di rappresaglia contro l'URSS (attacco ormai in un certo senso inutile, perchè i missili sovietici avrebbero già distrutto gli alleati europei, e pericoloso, perché avrebbe certamente esposto gli USA alla inevitabile rappresaglia nucleare) oppure arrendersi, appunto, alla logica del "fatto compiuto" e lasciare l'Europa in balia degli invasori.



L'unico modo per dissuadere i sovietici dal mettere in pratica una simile strategia era quello di dotare l'Europa di armi in grado di riequilibrare la situazione e togliere all'URSS l'enorme vantaggio strategico rappresentato dagli SS-20.



Questo è esattamente quello che avvenne durante l'era Reagan: gli americani installarono in Europa occidentale numerose batterie di missili Pershing-2 e dotarono le forze aeronavali di stanza in Germania, in Inghilterra e nel Mediterraneo di missili da crociera Cruise Tomahawk, in grado di trasportare testate nucleari e quasi impossibili da intercettare per le difese del Patto di Varsavia.



A questo punto la situazione era tornata in equilibrio: se i russi avessero attaccato l'Europa con gli SS-20, in capo a cinque-dieci minuti sarebbero stati investiti da una pioggia di testate nucleari - in pratica, non era più possibile pensare di scatenare una guerra nucleare "europea" tagliando fuori dal conflitto le unità di intervento strategico e gli arsenali missilistici americani.



In quegli anni il pacifismo europeo si dimostrò ancora una volta un pacifismo a senso unico, prettamente anti-americano e anti-occidentale: nessuna manifestazione contro il dislocamento dei missili nucleari sovietici, grandi manifestazioni e imponenti mobilitazioni delle "masse popolari" e degli intellettuali (anche questi, tutto sommato, meriterebbero le virgolette) contro i kattivi missili dei kattivi amerikani - e anche allora, naturalmente, i "pacifisti" dichiaravano di non essere contro gli USA, ma "contro Reagan" (come, molti anni prima, in occasione della crisi dei missili a Cuba, non erano contro gli USA ma "contro Kennedy", e come, molto tempo dopo, ai tempi del Kosovo, non saranno contro gli USA ma "contro Clinton"; oggi, coerentemente, non sono contro gli USA ma "contro Bush": che sfortunati gli americani, vero? sempre governati dal presidente sbagliato - sic).



Tornando alla questione del dispiegamento dei missili sovietici e americani, dal punto di vista "tecnico" questo creò una situazione totalmente nuova: per la prima volta, avendo a disposizione soltanto poco più di cinque minuti, non c'era abbastanza tempo per stabilire con certezza se un possibile attacco era veramente tale, o se si trattava solo di un falso allarme.



In precedenza, coi missili schierati su continenti diversi, e con un tempo di viaggio delle testate di venti-trenta minuti, le reti di difesa dei due blocchi avevano tempo (appena) sufficiente per verificare la reale consistenza di una minaccia, ed evitare quindi di lanciare un attacco di rappresaglia a fronte di quella che poteva essere una errata segnalazione delle rispettive reti di "early warning".



La questione non è di secondaria importanza: proprio durante l'amministrazione Reagan, se ricordo bene, una commissione d'inchiesta del Senato americano registrò presso il NORAD (il comando della difesa strategica nordamericana) oltre 180 "incidenti gravi" nell'arco di appena 18 mesi di monitoraggio - una media di dieci incidenti gravi al mese, e riferiti al sistema di difesa americano, tecnologicamente molto più avanzato di quello russo sul piano informatico (figurarsi quindi la media di "incidenti" in campo sovietico: in quegli anni, praticamente, abbiamo rischiato ogni giorno di finire tutti trasformati in una nuvola di vapori organici e di polveri di fosfati).



Definizione di "incidente grave": un evento che fa scattare presso il NORAD il livello di allerta due (DefCon 2). Nella vulgata giornalistica (e nell'ambiente hollywoodiano) i livelli di allerta sono cinque, da DefCon 1 a DefCon 5: in realtà, al NORAD, sono solo tre.



Quando un qualsiasi punto della rete mondiale di early warning della difesa USA entra in contatto o rileva qualcosa che può ricadere nella definizione di "possibile o potenziale minaccia", il NORAD passa a DefCon 1; i sistemi radar e satellitari, le postazioni di rilevamento remote dell'area interessata concentrano la propria attenzione sull'intruso, tentando di identificarlo e di valutarne l'effettivo grado di pericolosità.



Se in seguito a questi ulteriori controlli incrociati la minaccia da "potenziale" viene riclassificata come "probabile" o "molto probabile", il sistema passa a DefCon 2: i bombardieri strategici rullano sulle piste di decollo, i silos contenenti i missili a testata multipla vengono scoperchiati, i sommergibili nucleari si portano alla quota di lancio; un eventuale passaggio a DefCon 3, infine, significa l'inizio dell'attacco di rappresaglia - e della guerra totale.



Tutto questo richiedeva, data la vastità, la complessità e l'eterogeneità dei sistemi hardware e software coinvolti (il solo software "centrale" del NORAD era composto da oltre 15 milioni di righe di codice sorgente), mediamente dai venti ai venticinque minuti: c'era giusto il tempo necessario per le verifiche, e non un minuto di più.



La presenza di testate nucleari a soli 5-8 minuti dal bersaglio cambiava radicalmente questo stato di cose: non era più possibile verificare "manualmente" la reale esistenza e vastità di una minaccia - letteralmente, non c'era più abbastanza tempo.



La soluzione prospettata a un certo punto dai militari può forse dare l'idea di quanto siamo arrivati vicini a una guerra nucleare dichiarata "per errore" (significativo il titolo usato in quegli anni da una rivista di settore: "Guerra nucleare da equivoco informatico").



Non avendo più tempo a sufficienza per verificare con altri mezzi più artigianali le eventuali segnalazioni di "attacco in corso" fatte dalle reti informatiche di difesa, i militari avevano proposto di delegare totalmente, di fatto, la responsabilità di un attacco di rappresaglia (e quindi dell'olocausto nucleare) ai sistemi informatici, senza più supervisione umana: ma proprio indagini come quella della commissione senatoriale USA avevano evidenziato le profonde carenze e la sostanziale bassa affidabilità di quegli stessi sistemi (ripeto: 180 falsi allarmi in 18 mesi, e solo dal lato occidentale - possiamo "tranquillamente" calcolarne almeno altrettanti, nello stesso lasso di tempo, da parte sovietica, senza poi dimenticare le reti di difesa nucleare di Francia e Gran Bretagna, più o meno autonome e indipendenti rispetto al sistema difensivo americano).



La cosa provocò, all'epoca, una mezza sollevazione da parte degli specialisti informatici impiegati nelle forze armate, al punto da arrivare a un passo dal rifiuto di obbedienza; in seguito a queste azioni, e alle obiezioni fatte in sede politica ("la decisione di lanciare un attacco nucleare coinvolge la sorte di un gran numero di esseri umani, e deve quindi restare sempre sotto l'esclusiva responsabilità umana") si arrivò all'abbandono di questa ipotesi; in seguito, il fallimento della strategia nucleare "europea" dell'URSS e il successivo sfaldamento dell'impero sovietico, col conseguente nuovo corso dei rapporti fra America, Europa e Russia e lo smantellamento delle batterie di SS-20, risolsero definitivamente il problema.



Quindi, senza la decisione del "cowboy" Reagan (come veniva sprezzantemente definito dai soliti pacifisti europei "moralmente superiori") di dispiegare i missili a medio raggio in Europa, e senza la costante pressione economica, politica e militare esercitata dagli USA sul regime comunista di Mosca, sfociata nel suo totale dissolvimento, noi oggi nella migliore delle ipotesi vivremmo in una Europa politicamente succube del vicino-avversario sovietico, o forse parleremmo tutti russo - così come, negli anni '40 del secolo scorso, se non fosse stato per i 400.000 americani morti per liberare il Vecchio Continente, probabilmente ci saremmo ritrovati tutti a parlare la lingua di Hitler.



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