domenica 21 marzo 2004

Strada for president? No, grazie


Segnalo due editoriali del Corriere: uno di Stefano Folli
Il 17 febbraio 1977 l'allora segretario generale della Cgil, Luciano Lama, fu aggredito e cacciato dall'università di Roma, dov'era andato per avviare un dialogo con gli studenti che tagliasse fuori gli estremisti. Ma questi ultimi ebbero la meglio a suon di contumelie e lancio di oggetti.



(...)



L'eco di quella pagina lontana e triste si è avvertita a Roma, ieri pomeriggio, quando Piero Fassino è stato estromesso con le cattive dal corteo pacifista. Un episodio che sarà bene non dimenticare. Come nel '77, c’è stato chi ha scagliato contro il leader diessino insulti acuti come proiettili: "Assassino". Assassino sarebbe il mite capo di un partito socialdemocratico, anziché gli autori del carnaio madrileno o dei massacri di Bagdad, nei confronti dei quali infatti non si sono sentiti slogan o imprecazioni. Erano altre le parole d'ordine, come quella inneggiante alla "resistenza irachena".

Resistenza irachena. Ossia il terrorismo che ha ucciso anche i nostri soldati oltre a centinaia di altri iracheni colpevoli di collaborare con gli occidentali. Altro che le immagini ireniche apparse in tv di una scampagnata nel dolce pomeriggio romano, con le mamme, i bambini e i palloncini a sfilare in favore della pace. C'erano anche loro, naturalmente, e in assoluta buona fede: posti di fronte all'alternativa, tutti preferiamo la pace. Ma il segno politico della manifestazione lo abbiamo visto negli spintoni a Fassino e ai suoi accompagnatori, e poi nell'esultanza per la cacciata dell'"intruso" (sic).

Come Lama era un provocatore, così Fassino oggi è un intruso. Pochi, pochissimi si sono scandalizzati. Anche nell'Ulivo che vuole proporsi come novità politica. E meno male che Romano Prodi, dopo alcune battute infelici, è riuscito a trovare il tempo per una telefonata di solidarietà all’alleato. Quasi nessuno ha colto la gravità di una rottura nella quale una volta di più la sinistra lacera se stessa e si nega alla ragione per inseguire l'illusione del consenso di massa. Nessuno ha percepito il soffio della violenza cupa che filtra al di là delle ingenuità pacifiste.

Insultando Fassino si è voluto colpire non certo un alfiere di Bush, un sostenitore della guerra preventiva; bensì un uomo della sinistra moderata che pone, non senza timidezze, il problema di non abbandonare l'Iraq alle bande terroriste e a maggior ragione di non regalare l'Europa agli infiltrati di Al Qaeda. Come sarebbe stato meglio se in piazza, invece di fare esercizio di intolleranza, si fosse detta una parola di solidarietà per le vittime dell'11 marzo. Invece, silenzio. C'era una riproduzione di Guernica, con allusione ai bombardamenti americani. Ma Picasso aveva illustrato il martirio della città rasa al suolo dai nazisti. Dai nazisti, non dagli americani. Anche se nessuno, tra i contestatori di Fassino, ormai sa cogliere la differenza.
e uno di Gian Antonio Stella:
Spiccava anzi, in mezzo a quel chiasso allegro, un'assenza: Berlusconi. Intendiamoci, in quattro o cinque chilometri di corteo, qualche ombra del Cavaliere c'era.



(...)



Ma vogliamo far paragoni con altre manifestazioni degli ultimi tre anni? La metà della metà della metà. E forse meno ancora. Come se questo pezzo di popolo di sinistra si fosse in qualche modo liberato della "ossessione Berlusconi". E pur conservando intatta l'avversione contro il Cavaliere, avesse cominciato a dargli meno importanza. Come desse quasi per scontato, dopo le difficoltà del governo, la svolta nei sondaggi, la ripresa dell'opposizione, la sorpresa spagnola, che il tramonto della destra sia inarrestabile. Un'idea che Gino Strada, la cui brutalità di giudizio è pari alla delicatezza con cui maneggia i bisturi, riassume così: "Berlusconi? Boh... È morto".

Ed è qui, nella sensazione diffusa che "la Spagna ha detto chi ha ragione" e "ormai è fatta anche qua", che è venuta fuori quella vecchia anima confusionaria, sgangherata e sventurata di una certa sinistra ribelle. Incapace di impedire l'ostentazione di uno striscione che inneggiava alla "resistenza irachena", la stessa che fece saltar per aria i nostri militari a Nassiriya come un anno fa non era stata in grado di fermare la sfilata di finti kamikaze palestinesi. Incapace di emarginare i teppisti che "col volto coperto e urlando slogan inaccettabili", stando alla denuncia di Stefano Fancelli, hanno "aggredito premeditatamente" i giovani diessini "lanciando uova, bottiglie di vetro, lattine, aste di legno ed oggetti contundenti ad altezza d'uomo".

Incapace di tenere a bada quanti avevano organizzato l'imboscata di insulti a Piero Fassino. Un''imboscata annunciata. E in qualche modo perfino legittimata preventivamente non solo dal no-global Francesco Caruso con la minaccia di "ceffoni umanitari" o dallo stesso Strada con la sparata sui "delinquenti politici" ma anche da alcuni che sulla carta sono i compagni di strada dei Democratici di Sinistra. Come il cossuttiano Marco Rizzo, arrivato ad accusare Fassino di avere voluto lui la manifestazione unitaria in Campidoglio per "indebolire" la marcia di ieri e ad avvertirlo che per lui venire alla manifestazione di ieri sarebbe stato "come andare a sedersi allo stadio nella curva che ospita i tifosi avversari". O il verde Paolo Cento, che aveva avvertito: "I fischi, se ci saranno, saranno conseguenza dei loro errori". E lo stesso Fausto Bertinotti che aveva riaffermato l'ovvio diritto che tutti possono partecipare a ogni manifestazione però... La frittata è fatta. Sarà divertente, adesso, vedere la corsa a rassicurare gli elettori che un domani, se fossero tutti insieme al governo...


Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.