domenica 21 marzo 2004

Il pacifismo alla Bartali


Riporto un editoriale del Riformista:
IDEOLOGIE

Il pacifismo alla Gino Bartali



Il pacifismo è un "ismo", dunque un'ideologia. Come ogni ideologia non si interessa di uomini, ma di sistemi. Le sorti individuali, in un'ideologia, hanno rilievo solo in quanto conferme o smentite dell'assunto ideologico. Facevamo questi pensieri nel leggere per le vie di Roma un manifesto dei Verdi, che invitava ad aderire alla manifestazione pacifista di oggi. Il manifesto diceva: "Contro tutte le bombe". Quel "tutte" alludeva al fatto che i Verdi non sono solo contro le bombe dei terroristi, ma anche contro le bombe degli americani (o forse il contrario, dipende da dove uno vuole mettere l'accento). In ogni caso le equiparava. Le bombe di Osama Bin Laden sono ugualmente esecrabili delle bombe di Clinton e Chirac sulla Serbia, delle bombe di Bush sull'Afghanistan, e delle bombe di Rumsfeld su Baghdad. Le bombe sono bombe, e portano sempre male. Quelle bombe, come è noto, hanno prodotto effetti molto diversi tra loro. Hanno salvato kosovari, hanno ammazzato talebani, hanno detronizzato Saddam, hanno spappolato pendolari madrileni. L'idea del pacifismo è che andrebbero abolite tutte. Una volta abolite tutte, il mondo tornerebbe allo status quo ante, al suo stato di natura, dove come è noto gli uomini vivono in pace stringendosi la mano l'un altro e aiutandosi reciprocamente nella libertà e nella prosperità.

L'editoriale del direttore del Manifesto di ieri si intitolava "Distinguo". Ma in realtà dichiarava l'incapacità di Gabriele Polo di distinguere - parole sue - "una stazione di Madrid da un villaggio del Kosovo, un albergo di Baghdad da una strada di Gaza". Il tono generale è alla Gino Bartali: "L'è tutto sbagliato, l'è tutto da rifare". L'insuccesso drammatico che il modello Onu sta rischiando in Kosovo, dopo cinque anni di protettorato internazionale, non viene analizzato per capire se il modello Onu possa essere applicato in un paese enormente più vasto ed estremamente più complesso come l'Iraq, ma viene proposto come una conferma che anche la guerra per il Kosovo non andava fatta. In quella regione, infatti, albanesi e serbi vivevano in pace, e l'intervento occidentale ha provocato questo assurdo odio etnico. Se l'intervento della Nato non ci fosse stato, è certamente probabile che oggi gli albanesi non darebbero la caccia ai serbi, ma solo perché in Kosovo non ci sarebbero più albanesi: la pulizia etnica di Milosevic sarebbe stata certamente più efficiente delle truppe Nato.

La cosa paradossale è che oggi gli interventisti liberali, quelli che pensano cone Glucksmann che le armi possono fermare i prepotenti e garantire la convivenza multietnica, sono gli idealisti, come sempre costretti a fare i conti con le smentite della realtà. E i pacifisti, quelli che vorrebbero lasciare le cose come stanno, sono i nuovi teorici della realpolitik, che non vogliono infilare neanche un dito nelle tenaglie della storia, non sia mai poi vengono a metterci delle bombe a casa nostra.

Il pacifismo sembra più interessato a starsene in pace in questa parte del mondo, a non mischiarsi, a non sporcarsi le mani. Non si ricordano mobilitazioni pacifiste quando morivano gli albanesi nel Kosovo, quando Saddam gasava i curdi, quando i talebani distruggevano le statue di Buddha; e questo getta un'ombra molto seria sull'autorità morale di questo movimento.
La seconda superpotenza mondiale ci dice tutto quello che non andrebbe fatto, ma ci dà scarse indicazioni su quel che andrebbe fatto. A meno che non voglia suggerirci che è sempre meglio non far niente.
Fonte: Il Riformista.



Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.