venerdì 12 marzo 2004

Massacro di Madrid: alcuni commenti italiani


Posto i link ad alcuni commenti pubblicati dal Corriere della Sera.



Quei volti siamo noi - di Giovanni Raboni
...siamo costretti a riconoscere che più le vittime ci assomigliano e più l’angoscia ci prende alla gola, ci paralizza, si impadronisce non soltanto della nostra coscienza ma anche della nostra immaginazione, del nostro corpo, delle nostre viscere. Negarlo, in questo momento, non servirebbe a nulla, sarebbe un inutile esercizio di astratto moralismo o, peggio, di ipocrisia. Diciamo la verità, per amara o magari meschina che possa apparire: la Spagna siamo noi.



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Ci aggiriamo ora e forse per sempre come ci si aggira nei luoghi in cui si è perduta irrimediabilmente una parte di noi stessi. Come se una scossa brutale ci avesse risvegliati da un lungo, beato, stupido sogno di estraneità e di immunità. Di colpo non possiamo, non vogliamo più fingere che la devastazione del mondo non ci riguardi.
Patto di sangue Eta-integralisti - di Magdi Allam
Tra le centinaia di combattenti stranieri, perlopiù islamici, che affluirono in Iraq alla vigilia dell’attacco americano il 20 marzo 2003, c’erano anche un’ottantina di militanti baschi dell’Eta. Alvaro Gorka Vidal e Badillo Izkur erano due di loro. Lo scorso 29 febbraio furono arrestati a bordo di una camionetta diretta a Madrid imbottita di 500 kg di esplosivo. Purtroppo gli inquirenti spagnoli non erano a conoscenza del loro passato. Un passato che fa emergere un’alleanza del terrore tra i giovani attivisti dell’Eta, una fazione della sedicente "resistenza irachena" che controlla le località di Falluja e Al Ramadi e il circuito del Campo Antimperialista spagnolo. E che forse ieri ha inaugurato, con la più sanguinosa strage terroristica in Europa, un’inedita stagione di violenza all’insegna del massacro indiscriminato dei civili. La Brigata Euskal Herria, Territorio basco, partecipò alle operazioni di contrasto all’attacco delle forze americane a Bagdad. Era composta da giovani militanti dell’Eta disposti all’estremo sacrificio della vita. Erano stati accuratamente selezionati dal Campo Antimperialista spagnolo. Sulla base di una inflessibile fede nella causa araba e un acceso odio nei confronti di Israele.



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Il sodalizio del terrore tra l’Eta e la "resistenza irachena" è avvenuto in Europa. Grazie all’opera di agenti dei servizi segreti di Saddam Hussein che sono riusciti a infiltrare il Campo Antimperialista attivo in Spagna e in Francia. Questi personaggi sono rientrati in Iraq alla vigilia della guerra. E sono riusciti a prendere il controllo dell’attività terroristica a Falluja e Al Ramadi, le due località più calde all’interno del cosiddetto "Triangolo della morte" sunnita. Da lì sono partiti gli attentati più sanguinosi contro gli americani e i "collaborazionisti" iracheni. Il sito del Campo Antimperialista è il principale canale mediatico di diffusione dei comunicati della "resistenza irachena". Che ufficialmente afferma di non avere a che fare con Osama Bin Laden. Ma di fatto è impegnata direttamente nel reclutamento in territorio europeo e all’invio in Iraq di aspiranti combattenti e kamikaze islamici e laici. Collaborando strettamente con Al Qaeda al successo della medesima strategia del terrore che mira alla destabilizzazione dell’Iraq e all’evacuazione delle forze americane.

La Spagna, al pari dell’Italia, della Francia e della Gran Bretagna, ospita cellule attive e dormienti di Al Qaeda.



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Che la Spagna fosse un nemico giurato di Al Qaeda non era un mistero. Ciò che si ignorava era l’alleanza del terrore che univa l’Eta alla "resistenza irachena" e, indirettamente, a Bin Laden.

Di fatto la strage di Madrid rappresenta la binladizzazione del terrorismo in Europa.



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È evidente che il salto di qualità del terrorismo in Spagna, l’emergere di una holding del terrore, che coniuga elementi eversivi autoctoni e gruppi estremisti arabi e islamici, preoccupano anche l’Italia. Il Sismi, il nostro controspionaggio militare, ha segnalato questo rischio nel recente rapporto trasmesso al Parlamento. E finora l’opera di prevenzione e di contrasto ha avuto successo. Ma è evidente che ci troviamo a fronteggiare la più insidiosa guerra del terrore globalizzato in grado di mobilitare i nemici interni e esterni all’Occidente.
La guerra in Europa - di Sergio Romano
Non conosciamo ancora gli autori degli attentati di Madrid, ma sappiamo che fra le molte ipotesi possibili vi è quella di una "operazione congiunta" fra l’Eta e Al Qaeda, fra il terrorismo basco e il terrorismo islamico. La cosa non è inimmaginabile. Sappiamo che le brigate rosse ebbero contatti con i palestinesi e che Gheddafi fornì un aiuto finanziario al terrorismo irlandese. Non è escluso quindi che due nemici della Spagna si siano accordati per un’operazione che risponde, per ragioni diverse, agli obiettivi di entrambi.



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Per l’Eta le bombe di Madrid sono una forma di "campagna elettorale", un modo per ricordare alla Spagna che esiste, accanto alle molte questioni dibattute nelle scorse settimane dai due maggiori candidati, la questione dell’indipendenza basca.



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Considerato dalla parte di Al Qaeda l’attentato sarebbe ancora più facilmente comprensibile. Con una spregiudicata svolta strategica l’organizzazione di Osama Bin Laden avrebbe raggiunto numerosi obiettivi: avrebbe colpito sul suo stesso territorio un alleato degli Stati Uniti nella guerra irachena, avrebbe dimostrato di possedere una rete europea di straordinaria efficacia, avrebbe dimostrato di poter stabilire accordi operativi con un’organizzazione terroristica locale e creato in tal modo un mercato del terrorismo in cui aziende diverse possono accordarsi per una joint venture in cui ambedue hanno il loro tornaconto. Mi scuso per questo linguaggio economico e aziendale, ma credo che esso possa meglio di altri aiutarci a comprendere quello che è accaduto ieri in Spagna e che potrebbe accadere domani in altri Paesi fra cui il nostro.



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Se questa ipotesi è fondata la data di ieri sarà per molti aspetti più importante dell’11 settembre. La guerra si sarebbe spostata in Europa e avrebbe coinvolto nemici diversi in una stessa operazione eversiva. Non vinceranno, perché si scontreranno con la capacità di resistenza di una società democratica nel momento in cui è minacciata nelle sue stesse fondamenta. Ma è una guerra europea che l’Unione, d’ora in poi, dovrà combattere con un grado di unità e solidarietà molto più elevato di quello di cui ha dato prova negli scorsi mesi. Decideremo poi se quanto è accaduto ieri non debba considerarsi il risultato di una guerra irachena che sarebbe stato necessario combattere con altri strumenti. Per ora limitiamoci a constatare che questa è una nuova guerra, la nostra e che bisogna combatterla.




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