domenica 14 dicembre 2003

Saddam: editoriale del Riformista


Domani Il Riformista sarà in edicola con una edizione speciale dedicata agli ultimi sviluppi della situazione irachena.



Riporto alcuni stralci dell'editoriale, come di consueto già online:
Gli analisti, anche quelli del Pentagono, non danno per finita la guerriglia irachena. Dopo essere stato mitizzato come un simbolo o temuto come uno spauracchio, quel vecchio nascosto sotto un cumulo di verdura all’improvviso non sembra più così temibile: forse non è lui la testa del serpente.



(...)



Dice oggi Romano Prodi, commentando le immagini della cattura di Saddam, che si tratta della fine "normale e doverosa che fa ogni tiranno". Ha ragione. Solo che per fargliela fare, quella fine, in genere ci vuole un aiutino. La guerra anglo-americana, che tanto sconcerto ha provocato nelle opinioni pubbliche europee, quell’aiutino l’ha dato. Qualsiasi cosa sarà l’Iraq del futuro, non sarà più l’Iraq di Saddam, dunque sarà meglio. Costerà forse altro sangue, costerà certamente sacrifici, agli iracheni e all’Occidente. Ma dite la verità: ne è valsa o no la pena?



(...)



Oggi è dunque finalmente possibile dare inizio a quello che Blair chiama "il tempo della riconciliazione". In Iraq, nella comunità internazionale e, si parva licet, anche in Italia. Saranno davvero pochi, nel nostro paese, coloro che piangeranno la caduta del tiranno. Non la piange nemmeno Hamas, nemmeno Tarek Aziz, che forse ha collaborato alla cattura. C’è da noi una enclave di saddamisti il cui odio per l’Occidente si spinge al punto da prendere a pretesto perfino un orribile tiranno pur di sognare un’altra resistenza. Stavolta contro la democrazia e dalla parte di un regime. Ma il grosso del pacifismo italiano, il grosso della sinistra italiana, il grosso del mondo cattolico italiano, non possono non gioire oggi con il resto del mondo civile. Possono anzi apprezzare meglio il perché del sacrificio dei nostri militari a Nassiriya, e dare un senso a quella assurda carneficina. Da dietro l’angolo della storia spunta il fine che dovrebbe unirli anche a chi ha appoggiato la guerra: la liberazione di un popolo dalla tirannide, la sua rinascita civile, la sua speranza democratica.
Link: testo integrale dell'editoriale.



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