mercoledì 8 settembre 2004

Dialogo coi moderati: le tre condizioni


È questo il titolo di un editoriale di Magdi Allam pubblicato sul Corriere della Sera:
Il sequestro di due operatrici umanitarie italiane in Iraq conferma ancor più la natura barbara e l'identità aggressiva di questo terrorismo islamico che non distingue tra civili e militari, tra amici dichiarati e supposti nemici. In un clima che pare preludere a uno scontro frontale, molti in Occidente evocano l'Islam moderato. Talvolta incoraggiandolo, talaltra diffidandone. Gli italiani hanno tirato un sospiro di sollievo leggendo sul Corriere il "Manifesto contro il terrorismo e per la vita" di 26 esponenti della società civile musulmana; vedendo vescovi, imam e rabbini incontrarsi al meeting di Sant'Egidio a Milano o alla marcia indetta dal sindaco di Roma Veltroni per commemorare i bambini massacrati a Beslan.



Ma è indubbio che in tanti altri italiani alberga il dubbio e affiorano sentimenti tutt'altro che tranquillizzanti per il futuro della pacifica convivenza. Preoccupa non solo il terrorismo esplicito che uccide indiscriminatamente; ma anche l'atteggiamento subdolo di tutti coloro che si situano nell'area grigia tra la legalità e l'apologia della violenza, condannando in linea di massima il terrorismo ma giustificando i kamikaze islamici palestinesi, iracheni e ceceni.



Oggi più che mai s'impone l'interrogativo: che fare? E' sufficiente condannare il terrorismo? Quali sarebbero gli Stati e le comunità musulmane con cui l'Occidente dovrebbe allearsi per sconfiggere il terrorismo? In realtà il conflitto tra l'Occidente e l'islam non si deve al fatto che i due mondi non si conoscono o si ignorano. L'Occidente è da sempre dentro l'islam e l'islam è ormai parte integrante dell'Occidente.



Questo terrorismo globalizzato di matrice islamica è il frutto dell'estremizzazione di un rapporto di amore e odio nei confronti di un Occidente, da cui ha imparato e accettato la modernità materiale ma di cui rifiuta il sistema di valori. Bin Laden, Al Zawahiri, Mohammad Atta e Al Zarqawi sono i figli degeneri di una cultura occidentale storpiata, prima ancora di diventare il simbolo dell'islam deviato e violento. Allo stesso modo la crisi, che attanaglia al suo interno il mondo musulmano e di cui il terrorismo è la manifestazione più orripilante, si deve all'incapacità di gestire l'ondata di travolgente modernità e occidentalismo riversatasi dopo il crollo del Muro.



Manca un progetto di pacifica convivenza tra l'Occidente e l'islam. Ebbene ciò non potrà avvenire se non sulla base di parametri certi e indiscutibili, pietre miliari della comune civiltà dell'uomo: l'affermazione della sacralità della vita come valore assoluto e universale, per cui non ci sono terrorismi buoni e cattivi, vittime lecite o illecite; il rispetto dei diritti fondamentali della persona; una democrazia sostanziale garantita dalla pacifica alternanza al potere.



E' su questa base che potrà maturare una vera riforma in seno all'islam. L'affermazione di una comune civiltà dell'uomo, pur nel rispetto dell'identità islamica, è l'esatto contrario del relativismo culturale. I musulmani non possono essere esentati dalla condivisione dei valori comuni all'umanità. Nella consapevolezza che solo un'alleanza seria e proficua tra l'Occidente e l'islam potrà sconfiggere la piaga del terrorismo islamico e garantire l'avvento di un mondo più sicuro per tutti.

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