lunedì 2 febbraio 2004

Liberta', autodeterminazione e nazismo salutista


In breve: a Milano c'è (anzi c'era, perché ora ha abbandonato la città) una donna sofferente di diabete che secondo i medici, per poter sopravvivere, dovrebbe subire l'amputazione del piede destro, ormai in cancrena.



La donna, informata della situazione e del concreto rischio di morte per setticemia in caso di mancato intervento chirurgico, ha deciso comunque di rifiutare l'amputazione e di lasciare, se così deve essere, che la malattia faccia il suo corso.



Prima i medici dell'ospedale dove era ricoverata fino a pochi giorni fa, e poi altre figure - fra cui i responsabili del Codacons, una associazione a tutela dei diritti dei consumatori - hanno tentato di far cambiare idea alla donna o, in subordine, di ottenere che venga sottoposta a TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio).



Addirittura il Codacons ha annunciato un esposto alla Procura di Milano: secondo l'associazione il sindaco di Milano Albertini avrebbe dovuto già ordinare il TSO e, visto che non l'ha fatto, deve essere già da ora incriminato per "agevolazione al suicidio".



È follia pura: la donna è stata riconosciuta perfettamente in grado di intendere e di volere, e secondo gli psicologi il suo rifiuto delle cure mediche è frutto di convinzioni personali forse non maggioritarie nella società italiana (si parla di credenze nella reincarnazione e in una filosofia che considera il creato un tutto unico, permeato tutto della stessa energia vitale) ma comunque elaborate da una mente perfettamente sana.



Nonostante questo l'assessore alle politiche sociali del Comune di Milano, Tiziana Maiolo, ha fatto affermazioni assolutamente sconcertanti: Se mi chiamano per firmare il trattamento sanitario obbligatorio per questa signora, sono pronta e non bisogna essere matti per non essere in grado di intendere e di volere (A sentire le sue dichiarazioni, mi viene quasi voglia di darle ragione, NdR). Ci sono tante sfumature. La legge va interpretata.



Tiziana Maiolo consiglia di sottoporre la paziente ad altri esami, ad altre perizie psicologiche e psichiatriche partendo dal presupposto che il suo è un tentativo di suicidio. E come cerchiamo di salvare chi cerca di buttarsi dalla finestra anche qui dobbiamo fare ogni tentativo possibile.



Immagino che quelli del Codacons, al sentire queste dichiarazioni, si saranno spellati le mani a forza di applaudire: ma non c'è niente da applaudire, anzi.



In pratica dei rappresentanti della pubblica amministrazione, cioé dello Stato, e il legale di una associazione privata di cittadini (il Codacons) sembrano intenzionati a ignorare la precisa volontà di una persona adulta e a imporle, se necessario con la forza, un trattamento chirurgico altamente invalidante - tutto "a fin di bene", naturalmente.



Personalmente non vedo dove sia, questo bene: una persona adulta, consapevole e ampiamente informata delle conseguenze ha scelto di rifiutare una terapia che evidentemente considera, dalla sua personale angolazione, dal suo particolare punto di vista, incompatibile con la propria concezione della vita e del vivere.



È una sua scelta, è una scelta che ricade nella sfera del diritto dell'individuo alla libertà personale, all'inviolabilità della sua persona fisica, all'autodeterminazione e - certo, anche questo - al suo particolare modo di ricercare la felicità, che può benissimo contemplare anche la scelta di considerare la propria vita ormai compiuta, realizzata, e di rifiutare una "proroga" della sua scadenza dal prezzo ritenuto evidentemente troppo alto.



Tutto questo affannarsi a cercare di costringere questa donna a restare viva nonostante tutto e contro la sua precisa volontà, questo considerare lecito e persino doveroso che uno Stato possa ricorrere alla costrizione fisica per imporre non il diritto ma il dovere alla salute e alla vita mi fa venire in mente strane visioni: individui biondi, alti, dagli occhi azzurri, che indossano fluenti vesti bianche e sandali immacolati e abitano in città simili a quella immaginata da Fritz Lang in "Metropolis".



Un incubo da Gioventù Hitleriana: tutti belli, sani, perfetti - tutti vuoti e intercambiabili, come polli d'allevamento - e lo Stato Salutista, il vero e definitivo Grande Fratello orwelliano a vegliare su tutto e tutti, a mantenere tutti in forma, con l'occhio vispo e il pelo lucido - come i visoni d'allevamento - se necessario anche contro la loro espressa volontà.



Io non voglio vivere in un incubo simile: io non sono un pollo o un visone d'allevamento - al mondo non c'è nessuno uguale a me, se capite cosa intendo - e non ho intenzione di diventare "intercambiabile" con chicchessia; da sempre penso che l'importante non è quanto a lungo si vive ma come si vive: nessuno riuscirà mai a convincermi del fatto che sopravvivere il più a lungo possibile - a tutti i costi, magari anche a scapito della propria dignità individuale - sia un obiettivo giusto e desiderabile.



La pura sopravvivenza è, per l'appunto, solo sopravvivenza: roba buona e soddisfacente forse per le piante o per i virus, ma non per me. Non per me.



Link: Corriere della Sera.



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