sabato 16 agosto 2003

(Ri)nascita di una Nazione


La notizia "vera" secondo me non è il blackout che ha colpito il nord-est degli Stati Uniti e parte del Canada: la notizia vera è il modo in cui gli americani, e in particolare i newyorkesi, hanno reagito all'emergenza.



Le persone hanno mantenuto la calma, nonostante l'iniziale mancanza di informazioni su quello che era successo, e si sono comportate in maniera solidale e collaborativa.



Molti negozi, bar e pizzerie (l'italica pizza è tuttora uno dei "piatti nazionali" americani, assieme al giapponese sushi e al germanico hamburger: potenza del melting pot) hanno distribuito cibo e bevande gratuitamente, molti cittadini si sono improvvisati vigili urbani e hanno regolato il traffico agli incroci, i taxisti hanno offerto passaggi gratuiti a chi doveva abbandonare Manhattan.



Certo, non è stata comunque la Festa Nazionale del Buonismo: ci sono stati bar che hanno venduto l'acqua minerale a 5 dollari la bottiglia (come in piazza S. Marco a Venezia, ma senza blackout, verrebbe da dire...) e negozi che hanno venduto pile, torce elettriche e radioline a peso d'oro, ma sono state delle eccezioni - delle eccezioni, non la norma.



In occasione dei precedenti grandi blackout che avevano colpito la Grande Mela, negli anni 70 e 60 del secolo scorso, le cose erano andate ben diversamente: saccheggi, stupri, omicidi, scontri a fuoco fra forze dell'ordine e razziatori...



Questa volta la polizia ha addirittura registrato una diminuzione dei crimini, rispetto a una giornata "normale".



Secondo me buona parte della differenza l'ha fatta l'11 settembre: dopo il 9/11 i newyorkesi, da tempo immemorabile descritti da tutti - anche da se stessi - come cinici ed egoisti, hanno (ri)scoperto il valore della solidarietà, il senso di appartenenza, l'orgoglio di fare parte di una grande metropoli e di una grande nazione.



La città è cambiata, ed è cambiata decisamente in meglio: lo si vedeva anche prima del blackout, da segnali forse piccoli ma significativi, come ad esempio il fenomeno della condivisione delle connessioni Wi-Fi fra gli inquilini di uno stesso condominio o di una stessa strada (il titolo di Wired, se non ricordo male, recitava: "Wi-Fi gets communal in New York City").



La stessa cosa è avvenuta anche a un livello più alto, in tutta la Nazione: mai come dopo l'11 settembre gli americani sono stati così uniti, mai sono stati tanto Nazione come in questi ultimi 24 mesi - in questo stesso periodo di tempo, tanto per non andare molto lontano, gli italiani sono rimasti esattamente gli stessi di prima dell'11 settembre: non una Nazione, ma una mandria meccanizzata, un insieme di tribù familiari e familiste che occupano casualmente la stessa porzione di pianeta.



Questa è una cosa che probabilmente noi europei fatichiamo ancora molto a capire (e che gli integralisti islamici non hanno ancora capito, e probabilmente non capiranno mai): per gli americani l'11 settembre è stata molto più che una nuova Pearl Harbour, e anche la loro reazione è stata in proporzione molto più estesa e profonda.



L'America di oggi è infinitamente più coesa, motivata, solidale, determinata di quella che abbiamo conosciuto fino a poco meno di due anni fa: da qui tante cose nuove, "terribili e meravigliose", fra cui la nuova dottrina di lotta mondiale al terrorismo, la guerra preventiva, Guantanamo ma anche l'impegno senza precedenti per la pace in Medio Oriente, e molto molto altro.



Continuare a pensare che l'America sia ancora quella di prima, continuare a giudicare quei "bambinoni entusiasti e un po' ingenui" degli americani con sufficienza - spesso, in Europa, condita di più o meno malcelato anti-americanismo - o interpretare semplicisticamente il cambiamento in atto come segno di pura e semplice volontà "imperiale" significa commettere un errore di valutazione gravissimo.



Se noi europei non vogliamo ritrovarci a parlare da soli come i matti e a contare sulla scena mondiale tanto quanto lo zio scemo in un consiglio di famiglia, faremo meglio a cercare di ascoltare e di capire davvero che cosa sta cercando di dire e di dirci questa nuova America.



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