venerdì 4 gennaio 2008

Aborto, moratoria, diritti


Qui di seguito il punto di vista 1) di un liberal-radicale (Federico Punzi) e 2) di un liberale di scuola oggettivista (Stefano Magni).

1) (Testo completo)


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Sentire parlare dell'aborto come di un «diritto umano» fa parte di una certa deteriore cultura progressista ed estensiva dei diritti umani che nuoce al senso stesso dei diritti umani nella concezione liberale. La facoltà regolamentata di ricorrere all'aborto rientra nel diritto che ciascuno di noi ha di disporre di sé, del proprio corpo, della propria salute, della propria morale. Secondo una concezione liberale del diritto, precondizione per esercitare diritti (e doveri) è esistere come individui. Mai la libertà di un cittadino può essere compressa fino a procurargli danno nel nome di una sacralità astratta (sia pure della "vita"), che non corrisponda alla libertà di un altro individuo. Ed è il carattere di individualità che manca al nascituro finché dipende dall'utero materno.

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Quando si vuole affrontare un problema politicamente, e non moralmente, le cifre contano, eccome. Dal punto di vista morale anche un solo aborto è un dramma. Dal punto di vista politico, una legge che ha ridotto drasticamente la frequenza di questo dramma è una legge che funziona. Che potrebbe funzionare meglio, certo. Che potrebbe sicuramente recepire i passi avanti della medicina e considerare nuovi fenomeni sociali. Ma che nel suo principio base, quello della legalizzazione e della responsabilizzazione della donna, funziona.

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2) (Testo completo)


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Il feto è innegabilmente una persona e si trova nella stessa condizione di un uomo la cui vita dipende fisicamente da altri, in questo caso dalla volontà della madre. Non vive se la madre non vuole portare a termine la gravidanza. Il feto, da questo punto di vista, non ha diritti da rivendicare e la madre non ha alcun obbligo nei suoi confronti. La madre può voler portare a termine la sua maternità, così come non volerlo. La sua libertà di scelta è un diritto: il diritto di abortire.

Paragonare l’aborto a un infanticidio è del tutto fuorviante, così come è sbagliato paragonarlo ad una pena capitale per poi invocare una moratoria. La madre non aggredisce il feto: decide di non tenerlo più. Obbligare la madre a far crescere il feto nel suo corpo fino alla sua nascita, al contrario, è un atto di aggressione: obblighi una persona a non seguire la sua volontà, dietro la minaccia della violenza.

Da un punto di vista morale, è bene che la madre porti a termine la gravidanza o no? Dipende dalla morale che sceglie come guida per la propria vita. Se sceglie una morale egoista, la madre porta a termine la gravidanza solo se il suo futuro bambino è importante. Per lei. O se per lei il portare a termine la maternità non comporta rischi (non solo fisici, ma anche economici). Se sceglie una morale altruista, al contrario, per la madre diventa un dovere portare a termine la gravidanza, perché, secondo l’altruismo, diventa più importante la vita del bambino che la sua stessa vita. La morale altruista è nobile solo a prima vista. L’uomo, se vuole vivere, ha bisogno di badare ai propri interessi, prima che a quelli altrui. Se vuoi vivere liberamente, ti conviene abbracciare una morale egoista. Se vuoi vivere per gli altri, allora abbraccia pure una morale altruista. Ma domandati, poi, se la tua vita è degna di essere vissuta.

Da un punto di vista politico, lo Stato dovrebbe aggredire la madre che decide di abortire per obbligarla a tenere il figlio? Dipende da che Stato vogliamo. Se vogliamo una società libera, un governo della legge, lo Stato deve essere minimo: deve usare la forza solo per impedire o punire un’aggressione contro un proprio cittadino. In una società libera l’aborto non può essere proibito: lo Stato non può aggredire una donna per obbligarla a seguire una moralità altruista, per obbligarla a tenere in vita un'altra persona. Se noi vogliamo che lo Stato usi la forza per imporre un comportamento altruista, solo allora possiamo accettare che l’aborto venga proibito. Anche in questo caso, uno Stato interventista è nobile solo a prima vista. Ma di fatto diventa, dal poco al tanto, uno Stato di schiavi, dove una categoria di cittadini di serie B è costretta a vivere e lavorare per mantenere una categoria di cittadini di serie A.

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Poi, certo, a destra c'é anche Buttiglione...

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