martedì 25 dicembre 2007

Mancano nove giorni all'impiccagione di Raheleh Zamani


Dal sito delle Donne democratiche iraniane in Italia:
Quattro persone sono morte ieri mattina [19/12/2007, NdR] nel famigerato carcere di Evin. Una delle vittime è Zahra Nazemian, gli altri, di cui si è avuta notizia solo ad esecuzione avvenuta sono: Qasem, 28, Reza ,28 and Erfan S, 27, tutti e tre condannati per omicidio.

È stata posticipata di due settimane, invece, l’esecuzione di Raheleh Zamani. I genitori del marito hanno deciso di concedere alla donna 14 giorni in più per trovare i soldi necessari a pagare il prezzo del sangue.

Ricordiamo che Raheleh Zamani uccise il marito due anni fa al culmine della disperazione per i continui abusi e violenze cui era sottoposta da anni e che il marito non le risparmiava neanche di fronte ai bambini.

Abbiamo due settimane per evitare che venga uccisa l’ennesima vittima della violenza. Bisogna inondare di lettere, di fax e di mail di protesta i recapiti dell’ambasciata iraniana in Italia.

Ma soprattutto bisogna scrivere ai parlamentari, al governo affinché siano i nostri rappresentanti a dare voce alla nostra indignazione. Oltretutto è ormai giunta l’ora, dopo quanto accaduto ieri, di lavorare seriamente affinché il dossier sui diritti umani in Iran venga discusso dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu.
“Le proteste non aiutano più”- ha affermato Mahmood Amiry-Moghaddam, portavoce del sito Iran Human Rights, e vincitore del premio Amnesty International (sezione norvegese) per i diritti umani 2007- “è ora che il caso iraniano venga deferito al Consiglio di Sicurezza dell’ONU”.


Direi che si tratta di una iniziativa di mobilitazione alla portata di tutti noi: il tempo a disposizione è poco, iniziamo subito.

Sul sito italiano dell'ambasciata della repubblica islamica dell'Iran, alla pagina dei contatti, potete trovare indirizzo, telefono, fax e e-mail: usateli.

Qualunque siano le vostre personali emozioni, nelle vostre comunicazioni non usate toni forti, ultimativi o indignati; ricordate che in quanto "semplici cittadini" di un Paese straniero non siete nelle condizioni di minacciare o di pretendere alcunché dalla Repubblica islamica: voi potete solo far leva sulla generosità e sulla clemenza della Repubblica, sul suo senso di umanità e sulla sua capacità di perdono, e sulla sicura ricaduta positiva di un simile atto umanitario.

Non siate aggressivi, non usate toni da comizio, non mettete in dubbio la legittimità della condanna emessa dalla giustizia iraniana, non lanciate accuse al regime: non è questo il momento e la sede. Quello che conta è evitare l'impiccagione di Raheleh, e usare toni di sfida o di condanna del regime otterrebbe esattamente l'effetto opposto: ogni cosa a suo tempo.
Oggi l'obiettivo su cui concentrarci è la salvezza di una singola vita, ricordatelo: niente di più.

Ripeto, è una cosa che possiamo fare tutti noi, senza distinzione di colore politico: per dire, una azione mirata non-violenta come questa dovrebbe essere condivisibile anche e soprattutto dai pacifisti senza se e senza ma, quelli che si dichiarano contrari a qualunque intervento militare in Paesi stranieri. Si attivino anche loro. Attiviamoci tutti.

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