giovedì 6 dicembre 2007

Benvenuto, Tenzin Gyatso


Tenzin Gyatso è il 14° Dalai Lama, premio Nobel per la pace nel 1989 ed esponente del pacifismo.
E' in visita in Italia, ma questo "piccolo" particolare al governo italiano (e al Vaticano) evidentemente non risulta: in ossequio alla Cina, che da decenni occupa il Tibet e perseguita i monaci e le monache buddiste esattamente come la dittatura comunista birmana, nessuna alta carica dello Stato incontrerà ufficialmente il "reietto".
Balza all'occhio la differenza con l'accoglienza tributata al Dalai Lama solo pochi giorni fa dal Congresso e dal Presidente degli Stati Uniti, ma anche senza andare oltreoceano vale la pena ricordare che nel 1994 l'allora Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro e l'allora capo del governo Silvio Berlusconi ricevettero ufficialmente Tenzin Gyatso.
A commento di queste differenze di comportamento riporto un articolo di Filippo Facci di qualche giorno fa:

«Si vergognino e basta. Lo facciano quei conduttori di talkshow che pensano che parlare del Dalai Lama e della Cina non faccia ascolti, e che un delitto molto vicino sia più interessante di carneficine molto lontane. Lo facciano quei miei colleghi, intrisi di realpolitik da cortile, che passano la vita a sezionare le cose bianche e naturalmente la milionesima ipotesi di proporzionale alla tedesca con soglia di sbarramento alla norvegese e scorporo alla molisana: convinti che determinate questioni siano solo velleità da idealisti e da radicaloidi anziché sostanza politica pura, allo stato brado. Si vergogni il presidente della Camera Fausto Bertinotti, capace di intrattenersi 50 volte al giorno coi cronisti e però incapace di dare una risposta ufficiale ai 285 parlamentari che per iniziativa di Benedetto Della Vedova gli hanno chiesto di ricevere il Dalai Lama con tutti i crismi, e se possibile di farlo parlare nell'emiciclo parlamentare. Si vergogni Romano Prodi, l'uomo che vorrebbe sospendere l'embargo delle armi alla Cina, il presidente del Consiglio che non incontrerà il Dalai Lama questo dicembre come non volle incontrarlo nell'ottobre 2006: nel 1994, diversamente, il Dalai Lama fu ricevuto ufficialmente da Oscar Luigi Scalfaro e dal premier Silvio Berlusconi, eppure l'import-export con la Cina rimase in piedi. Si vergognino pure, dal primo all'ultimo, i comunisti italiani: è l'unico gruppo dove non compare neppure un firmatario tra i 285 che hanno chiesto a Bertinotti d'incontrare il leader tibetano. Rifondazione comunista? Solo Pietro Folena e Maurizio Acerbo: solo loro due riescono a scacciare il sospetto che la sinistra italiana sia multilaterale solo in chiave antiamericana. Poi c'è il Vaticano, che ha certo responsabilità più complicate giacché milioni di cattolici cinesi rischiano persecuzioni ogni giorno: ma va detto che neppure Benedetto XVI, che a sua volta non incontrerà il Dalai Lama, ne esce infine splendidamente. Ma è tutto il nostro Paese a uscirne come il solito paesaggio di mezze stature e piccoli interessi».

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