mercoledì 8 giugno 2005

Questo Ferrara non ci piace

Il Riformista pubblica un editoriale, che condivido praticamente parola per parola, su Giuliano Ferrara (massì, proprio lui: la moglie di Anselma Dall'Olio), direttore del Soglio (pardon: Foglio):
ASTENSIONISMI.
La scuola della moglie
di Giuliano Ferrara


Leggiamo da "Io donna" di sabato scorso, a firma di Marina Terragni: «Giuliano Ferrara, andrà a votare?» «Sì, ho anche firmato per i referendum... Per me è una guerra culturale sui principi della vita». Leggiamo dal "Messaggero" di ieri, appena due giorni dopo, a firma di Mario Ajello, la dichiarazione di Anselma Dall’Olio, moglie di Ferrara: «Io, come Giuliano, sono per l’astensione. Questa è una vera posizione femminista».

Chissà, magari sarà un semplice misunderstanding, e non ricade dunque in quella «Scuola delle mogli», «questa école de femmes da commedia leggera» che lo stesso Ferrara fustigava ieri in un editoriale del "Foglio", prendendosela con i politici «che invitano a votare come le mogli, questi femministi dei nostri stivali».

Ma, del resto, la campagna di Ferrara contro il referendum è tutto un misunderstanding. La coerenza delle posizioni, come è noto, non si può pretendere da quel pulpito. Quindi non staremo qui a dire che non si accettano lezioni di etica da chi prima firma impavido i referendum e poi trascolora in una pavida astensione. No, il misunderstanding più grave non è personale, è politico. Ed è tanto più sgradevole perché Ferrara non ci è, ma ci fa.

Ieri, col solo risultato di farsi nuovamente insultare, stavolta con l’epiteto di luogocomunista, il buon Luca Sofri, ex compagno di tv, glielo scriveva in una lettera a Ferrara: «Non ho mai letto - mi è sfuggito? - in un suo editoriale un accenno alla questione del numero degli embrioni o della regolamentazione della fecondazione eterologa, che è ciò di cui si doveva discutere. Si trattava di fare una cosa buona, e voialtri prepotenti avete parlato d’altro».

Ecco, parlar d’altro, sport nazionale dell’Italia colta, che a una serie discussione preferisce sempre una prolissa affabulazione. Siccome Ferrara, arci-italiano, è maestro nel secondo genere, mesi e mesi passati a parlare di riccioli, di qualcuno e di qualcosa, di soggetto e oggetto. Così la ex guerra culturale per un no argomentato è diventata ciò che è diventata, una canzonetta italiana, con Ferrara nei panni di Mogol, tu chiamale se vuoi emozioni.

E avendo buona parte del fronte referendario accettato di cantare alla musica di quella sirena, poco ci stupirà se quei pochi italiani, appena un dieci per cento, che contano per fare il quorum, domenica preferiranno andarsene al mare, non avendoci capito niente. Era cominciata come una «guerra culturale» ed è finita con un «facimmo ammuina» di borbonica qualità.

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