martedì 1 luglio 2008

Timeo Danaos et dona ferentes


Temo i Greci anche quando portano doni. Così per la lettera di Napolitano:

Non può esservi "dubbio od equivoco sul fatto che al Csm non spetti in alcun modo quel vaglio di costituzionalità cui, com’è noto, nel nostro ordinamento sono legittimate altre Istituzioni". Questo uno dei passaggi della lettera inviata dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, al vice presidente del Csm, Nicola Mancino, che l’ha letta nel plenum in corso nel quale dovrà essere approvato il parere sul provvedimento per la sicurezza e in particolare sull’emendamento salva-processi.

I "pareri" del Csm "sono dunque destinati a rilevare e segnalare le ricadute che le normative proposte all’esame del Parlamento si presume possano concretamente avere sullo svolgimento della funzione giurisdizionale. Così correttamente intesa l’espressione di un parere del Csm non interferisce - altra mia preoccupazione già espressa nel passato - con le funzioni proprie ed esclusive del Parlamento: anche quando, come nel caso dei decreti legge, per evidenti vincoli temporali, tale parere non abbia modo di esprimersi prima che il Parlamento abbia iniziato a discutere deliberare". Questo uno dei passaggi della lettera del capo dello Stato.


Quindi, apparentemente buone notizie: Napolitano bacchetta il CSM, che da giorni aveva preannunciato un vero e proprio "giudizio di incostituzionalità" su alcune iniziative del governo.

Ma il punto è che Napolitano contemporaneamente dà apparentemente per scontato che il CSM, pur non avendo il diritto di decidere della costituzionalità o meno di un provvedimento, abbia comunque il diritto di esprimere un proprio parere in merito, anche se non richiesto.

Le cose non stanno così.

Recita l’articolo 105 della Costituzione: “Spettano al Consiglio superiore della magistratura, secondo le norme dell’ordinamento giudiziario, le assunzioni, le assegnazioni ed i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati”. Questo, e soltanto questo, è quanto dice la Costituzione a proposito delle funzioni del CSM.
Se poi la prassi ha finito con l’attribuire al CSM poteri che non gli spettano, allora vuol dire che è stata scavalcata la Costituzione.

Vincolando il CSM alla lettera dell’art. 105 e della legge istitutiva dell’organo, e quindi garantendo il suo intervento all’esercizio delle attribuzioni amministrative espressamente affidategli, non c’è davvero spazio per iniziative nei confronti di leggi varate o, addirittura, che sono ancora all’esame del parlamento. Come nel caso, di questi giorni, del parere del CSM su di una norma del decreto legge "sicurezza".
A ragione di tale comportamento si invoca la legge istitutiva del CSM del 1958, in particolare l’art. 10, comma cinque, laddove prevede che “[il CSM] dà pareri al Ministro sui disegni di legge concernenti l’ordinamento giudiziario, l’amministrazione della giustizia e su ogni altro oggetto comunque attinente alle predette materie”.

Ma in realtà il parere lo si dà solo se richiesto, e quindi nel caso in cui il Ministro abbia fatto espressa e formale domanda di consulenza al CSM. Non si capisce per quale ragione, infatti, un qualunque organo amministrativo dovrebbe mettersi a sfornare pareri non richiesti e non previsti fra le sue funzioni sull'attività legislativa e di governo: a quando, se no, dei pareri del CSM (o altro organo amministrativo) sull'abolizione dell'ICI sulla prima casa, o sull'ampliamento della base USA a Vicenza, o sulla nostra permanenza nel gruppo delle Nazioni dotate di una base scientifica in Antartide?. Oltretutto questa norma potrebbe a sua volta essere tacciata di incostituzionalità, proprio perché finisce con l’attribuire al CSM un potere non previsto dalla Costituzione né tantomeno a essa riconducibile. Lo sosteneva autorevolmente Enzo Caianiello, il quale così scriveva: “Già la legge istitutiva del CSM, nell’attribuirgli anche qualche funzione consultiva, è incostituzionale, essendo le sue attribuzioni tassativamente scolpite nella Costituzione, dato che questa ubi non dixit non voluit” (“Istituzioni e liberalismo”, 2005, p. 56).

In conclusione: nel momento in cui dà l'impressione di volere "rimettere in riga" il CSM, Napolitano di fatto ne avalla dei comportamenti al limite dell'incostituzionalità, o peggio.
Un classico dono "greco", per l'appunto.

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