mercoledì 21 novembre 2007

Si intravvede (forse) una via d'uscita


In tutti questi anni il bipolarismo "all'italiana" ha fatto danni enormi: ha reso in pratica obbligatoria la creazione di coalizioni "pigliatutto" pensate non per governare il Paese ma puramente e semplicemente per sconfiggere l'avversario, percepito spesso come un vero e proprio nemico (vedi la vera e propria ossessione psicotica di ampi settori della sinistra per "l'odiato Berlusconi").
L'ideale sarebbe stato - e sarebbe tuttora - non il bipolarismo ma il bipartitismo, con un sistema elettorale maggioritario "secco" sul tipo di quello anglosassone: in questo caso non è la coalizione a vincere, ma il singolo partito che riesce a conquistare più collegi elettorali uninominali. I vantaggi sono molteplici: riduzione drastica del numero dei partiti, semplificazione complessiva del processo (si sa subito chi vince e chi governa, senza dover passare per fumose ed estenuanti trattative pre o post elettorali con altre forze politiche più o meno "vicine") ma soprattutto "neutralizzazione" delle ali estreme dello schieramento politico.
Oggi come oggi sia il centrodestra che il centrosinistra, per vincere, devono creare delle coalizioni elettorali omnibus, che racchiudono tutti, dai partiti più moderati a quelli più estremisti dei rispettivi schieramenti. Dopo il voto questi "cespugli" o partitini dell'uno o del due per cento si ritrovano in mano un enorme potere di ricatto, assolutamente sproporzionato al loro peso elettorale e al loro effettivo seguito nel Paese: senza di loro, infatti, la maggioranza di governo non è più tale, e si rischia di tornare di corsa alle urne,
E' questo il motivo, ad esempio, per cui ogni giorno che Dio manda in terra un ex-democristiano come Prodi deve abbozzare e scendere a compromessi sempre più umilianti e sempre più dannosi per il Paese con la feccia comunista, totalitaria, intollerante, anticapitalista, antioccidentale e illiberale: sa benissimo che se non facesse così, se provasse anche solo per un giorno a tenere la schiena dritta, il suo governo cadrebbe miseramente.
Problemi simili, anche se meno gravi, li ha avuti Berlusconi nei cinque anni del suo governo: l'unica sostanziale differenza è che nel suo schieramento non si annidavano delle forze politiche apertamente antioccidentali.
Un sistema maggioritario uninominale obbligherebbe i principali partiti a presentare dei programmi di governo in grado di attrarre il voto degli elettori moderati, non estremisti: li obbligherebbe insomma a "convergere al centro" dello schieramento - tutto il contrario di quello che accade oggi, dove sono invece le frange minoritarie e di fatto invise alla stragrande maggioranza degli italiani, alleati compresi, a dettare"la linea".
Sfortunatamente, oggi come oggi le condizioni politico-parlamentari per arrivare al maggioritario sono praticamente inesistenti: il maggioritario è naturalmente inviso ai partitini di tutte e due le sponde politiche, e i partiti maggiori non possono istituirlo autonomamente, magari con un accordo bipartisan, senza veder cadere il governo nel giro di ventiquattr'ore: per i "piccoli", infatti, molto meglio tornare a votare con questa legge elettorale - anche a costo di ritrovarsi nella coalizione perdente - che correre il rischio di venire spazzati via dal Parlamento e di perdere il proprio potere di ricatto.
Resta, è vero, il referendum che dovrebbe tenersi la prossima primavera, ma è una speranza molto tenue, quasi vana: già al momento della raccolta delle firme ci fu chi, a sinistra, si lasciò incautamente sfuggire che a neutralizzare il referendum "ci avrebbe pensato la Cassazione" (alla faccia della tanto sbandierata indipendenza della Corte...), e come se questo non bastasse ormai i partiti che raccolgono la stragrande maggioranza degli elettori italiani sembrano definitivamente orientati a far fallire il referendum , o dando indicazione per il no o incitando anche in questo caso, come già in passato, all'astensionismo "attivo".
Se la situazione restasse quella attuale - sistema bipolare soggetto alla tirannia delle minoranze - ci sarebbe veramente da essere pessimisti. Io invece comincio, se non a essere ottimista, quanto meno a scorgere una piccola luce in fondo al tunnel, e questo proprio grazie alla scelta di Berlusconi di abbracciare l'ipotesi del proporzionale alla tedesca.
Col proporzionale con "congrua" soglia di sbarramento - almeno al cinque per cento, diciamo - l'obiettivo di ridurre il numero dei piccoli partiti verrebbe raggiunto quasi automaticamente: le piccole formazioni più affini fra loro non avrebbero difficoltà a fondersi per superare la soglia minima, mentre oggi il sistema bipolare spinge verso la nascita di sempre nuovi soggetti politici, la cui unica ragione di vita è il fatto che possono ricattare la coalizione di riferimento (decine di milioni di elettori) pur avendo alle spalle poche centinaia di migliaia di voti.
Ovviamente i partiti più grossi dovrebbero presentare programmi "moderati" e ragionevoli, per potere aspirare a vincere, e questo renderebbe la politica italiana più simile a quella del resto d'Europa, e renderebbe i governi decisamente più in grado di operare concretamente e in tempi rapidi, e di mantenere (almeno in parte, si sa...) le proprie promesse elettorali.
Nel caso peggiore, se proprio i potenziali alleati del centrodestra o del centrosinistra continuassero con la logica del ricatto, bloccando di fatto dopo le elezioni la nascita del nuovo governo, niente impedirebbe al vincitore (sia esso il Partito Democratico o il nuovo partito berlusconiano) di formare una Grande Coalizione in stile tedesco col principale avversario, lasciando gli aspiranti "aghi della bilancia" con un pugno di mosche in mano.
Dopo le prossime elezioni, anzi, a mio avviso potrebbe essere auspicabile la nascita proprio di una Coalizione fra PD e PDL/PPL per varare una volta per tutte quella serie di importanti riforme e modernizzazioni di cui l'Italia ha bisogno senza dover fare concessioni agli estremisti sfascisti, rossi o neri che siano.
Certo, ripeto: il proporzionale, sia pure con sbarramento, non è certo il sistema elettorale che amo di più - ma la politica è un mix fra sogni, spinte ideali e arte del possibile: meglio un primo passo nella direzione della governabilità e della "normalità" del Paese che nessun passo. Per migliorare le cose c'è sempre tempo, in fondo.

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