giovedì 10 aprile 2008

Dichiarazione di (non) voto


Nel 2006, pur fra molti dubbi e incertezze, scelsi di votare per il "sicuro perdente" Berlusconi; oggi non voterò per il "sicuro vincente" Berlusconi.
Rispetto a due anni fa molte speranze (molte illusioni?) su una possibile evoluzione in senso moderno, laico, liberale di Forza Italia (ora PdL) si sono rivelate vane: la nuova formazione politica del centrodestra, il PdL, sembra anzi per la prima volta corrispondere veramente al ritratto che in passato la sinistra faceva (ingiustamente, all'epoca) di Forza Italia: un partito "sudamericano", conservatore, populista e clericale - non esattamente quello di cui ha bisogno il Paese, insomma.
Dopo un primo barlume di interesse per la nascita del PdL, devo constatare che si stava meglio quando si stava peggio: ora come ora, il nuovo partito di Berlusconi è semplicemente invotabile, almeno per un liberale come me.
La volta scorsa avevo votato in base alla logica del male minore, e confidando nel fatto che fosse un male temporaneo: stavolta non intendo ripetere lo stesso errore.
Berlusconi promette di distruggere ogni residua speranza in una destra moderna, laica, riformatrice, rispettosa delle regole della democrazia liberale e del mercato; Veltroni, dal canto suo, promette di distruggere ogni residua speranza in una sinistra moderna, laica, riformista, rispettosa delle regole della democrazia liberale e del mercato.
Uno o l'altro, insomma, ormai pari sono: entrambi non sono delle risorse al servizio della crescita del Paese, sono anzi di ostacolo a questa crescita.
Sono diventati due facce della stessa moneta: non importa quale faccia si sceglie, resta sempre una moneta falsa.
Niente scelta del male minore, quindi, questa volta, perché questa volta non c'è un male "minore": l'unica cosa dignitosa che mi sento di fare è non partecipare alla farsa, non sedermi al tavolo dei bari, non dare il mio voto a quelli che di fatto promettono di fare l'esatto contrario di quello che considero il mio interesse e più in generale l'interesse del Paese.

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