martedì 11 novembre 2008

Eluana Englaro

"CITTA' DEL VATICANO - Sospendere l'idratazione e l'alimentazione in un paziente in stato vegetativo è "una mostruosità disumana e un assassinio": lo ha ribadito all'ANSA il presidente del Pontificio consiglio per la Salute, card. Javier Lozano Barragan, in attesa della sentenza della cassazione sul caso di Eluana Englaro."
Insomma il Vaticano continua a sostenere che Eluana Englaro sia viva, e che la terminazione del supporto vitale autorizzata dalla Corte d'appello civile del tribunale di Milano sia un assassinio.
In realtà Eluana Englaro è morta 16 anni fa: le sue condizioni fisiche, in particolare quelle del suo cervello (morte cerebrale certificata da ormai 16 anni) non danno adito a speranze.

La Chiesa però, per bocca dei suoi rappresentanti, continua a sostenere che una persona, anche in queste condizioni, sia da considerare "viva", e che nessuno ha diritto di "ucciderla" nonostante le sue attuali "condizioni di salute" (se vogliamo chiamarle così), perché comunque la vita è un dono di Dio ed è comunque degna di essere vissuta, e soprattutto perché la vita, la nostra vita, in quanto dono di Dio non ci appartiene veramente, quindi non possiamo disporne.

Peccato che il problema non sia quello di stabilire se, come, quando e a che condizioni la vita valga la pena di essere vissuta, per poi adottare questo novello criterio generale per valutare i singoli casi: il problema, molto semplicemente, è un problema di libertà dell'individuo.

In una ottica di stampo liberale, non confessionale, è evidente che è l'individuo l'unico che ha titolo per decidere se e quando, secondo il suo personale sentire, è arrivato il momento di staccare la spina: in un campo come quello della vita e della morte - della propria vita o della propria morte - ogni ingerenza da parte di attori esterni, specialmente se "pubblici" per definizione come lo Stato o la Chiesa, andrebbe categoricamente esclusa.

Anche le critiche dei politici (più o meno) cattolici mi sembrano non tenere (volutamente?) conto del fatto che autorizzare l'eutanasia per chi la richiede (ed Eluana Englaro a suo tempo espresse in maniera chiara e pubblicamente la sua volontà) non significherebbe certo imporla a chicchessia: come per il divorzio e l'aborto, i credenti sono liberissimi di non avvalersi di questa possibilità, in accordo col loro credo religioso (e questa coerenza fa loro onore); come nel caso del divorzio e dell'aborto, però, lo Stato laico e liberale non può non tenere conto di chi credente non è, e legiferare di conseguenza.

Per quanto riguarda poi il caso Englaro, consiglierei sommessamente alle gerarchie ecclesiastiche di andarsi a rileggere cosa c'è scritto nel Catechismo della Chiesa cattolica, quello redatto e pubblicato sotto la supervisione proprio dell'attuale Papa Joseph Ratzinger:

"Catechismo della Chiesa cattolica - 2278: L'interruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati attesi può essere legittima. In tal caso si ha la rinuncia all'«accanimento terapeutico». Non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire. Le decisioni devono essere prese dal paziente, se ne ha la competenza e la capacità, o, altrimenti, da coloro che ne hanno legalmente il diritto, rispettando sempre la ragionevole volontà e gli interessi legittimi del paziente."
Dov'è l'assassinio? Dov'è la disumana ferocia? Dov'è il mancato rispetto di quanto messo nero su bianco sul catechismo della Chiesa stessa?

O forse non di Eluana Englaro stiamo (stanno) parlando, ma di una sua strumentalizzazione da parte del Vaticano, nel quadro di una iniziativa squisitamente "politica" della Chiesa italiana?

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