giovedì 12 aprile 2007

Afghanistan, gli italiani combattono


Sempre più difficile per il governo e per gli organi di stampa suoi "amici" difendere quello che è ormai diventato il classico segreto di Pulcinella: i militari italiani in Afghanistan sono ormai da tempo impegnati in operazioni di combattimento.
Niente di strano, intendiamoci: laggiù la NATO, con tanto di mandato ONU, c'è andata per combattere una guerra contro il regime terrorista e filo-qaedista dei talebani, non certo per fare turismo estremo - la cosa imbarazzante, semmai, è che fino a povo tempo fa gli italiani siano rimasti in seconda fila, lasciando che a combattere fossero gli altri membri dell'Alleanza.
Ora Gianandrea Gaiani, direttore della rivista Analisi Difesa e Segretario Generale del Centro Studi per la Difesa e la Sicurezza (CESDIS), dice quello che tutti a Roma fanno finta di non sapere:
"Si continuano a diffondere dettagli su tutte le consegne di viveri, quaderni, penne e giocattoli nelle scuole e orfanotrofi di Herat ma nessuna notizia concreta viene data sull’impiego bellico dei reparti. Su questo è calata una pesantissima censura", dice l’esperto militare Gianandrea Gaiani, "proprio nel momento in cui le nostre forze speciali sono sempre più attive nel contrasto alle penetrazioni talebane nell’Afghanistan occidentale, come dimostrano i sempre più frequenti scontri armati sostenuti dai nostri soldati".

"Scontri per i quali viene fornita l’ormai trita versione ufficiale dei fatti: attacchi di ‘elementi ostili’ che hanno aperto il fuoco sui nostri militari impegnati in un ‘normale pattugliamento’. Ma le nostre forze speciali, come quelle di ogni paese, non vengono impiegate in attività di ‘normale pattugliamento’, bensì in attività di controinterdizione. Ciò significa che gli incursori del 9° reggimento Col Moschin dell’Esercito e del Gruppo Operativo Incursori della Marina (reparti che hanno avuto entrambi un ferito nell’ultima settimana) cercano, trovano e annientano le forze talebane penetrate da sud nel settore italiano".

"Numerose fonti, italiane e alleate – continua Gaiani – confermano anonimamente che gli italiani, soprattutto le forze speciali, hanno affrontato combattimenti in molte occasioni soprattutto nella provincia di Farah dove dal settembre scorso si registra una crescente presenza talebana che ha subito un ulteriore incremento nelle ultime settimane a causa dell’Operazione 'Achille'.
Premendo da sud e da ovest, le truppe anglo-americane, canadesi, olandesi e governative afgane stanno spingendo il nemico a cercare scampo nel settore italiano con penetrazioni crescenti a Farah, nella provincia di Ghor e nella parte meridionale di quella di Herat, appunto a Shindand dove si è verificato l’ultimo scontro a fuoco".

E' evidente che, se questa è la situazione reale sul campo, il rischio per i militari italiani è molto più elevato di quello che viene descritto dai portavoce governativi a Roma: sarebbe il caso di dotare quindi le nostre truppe di tutto l'equipaggiamento richiesto da uno scenario di guerra guerreggiata e di regole di ingaggio adeguate alla situazione, prima che "inaspettatamente" ci scappi il morto.

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