mercoledì 4 maggio 2005

Martino: uno dei pochi, veri, liberali italiani

Intervista ad Antonio Martino sul Corriere della Sera.

Martino: fecondazione, voterò quattro sì

«Ero contrario alla legge. I cittadini devono poter decidere da soli».
«I diritti dell’embrione? Allora vietiamo anche l’aborto»


ROMA - «Andrò a votare e voterò quattro sì. Non solo, avrei preferito che ci fosse stato il referendum, non ammesso dalla Corte costituzionale, sull’abrogazione complessiva della legge. Avrei votato sì anche in quel caso, perché una legge in questa materia sarebbe stato meglio non averla». Se c’è una parola, un concetto, un credo politico caro ad Antonio Martino questa parola è liberale. Ed è proprio da qui che il ministro della Difesa parte per spiegare la sua posizione sui referendum per la fecondazione artificiale.
Chi ha votato questa legge sostiene che senza regole l’Italia sarebbe in una condizione da Far West.
«Non avremmo né la giungla né il Far West, ma il comportamento razionale, cosciente e responsabile degli italiani. Chi crede in una democrazia libera lo fa perché si fida del senso di responsabilità e della coscienza dei cittadini. E’ per questo che affida loro il compito di decidere il destino dell’intero Paese. Ma allora perché, in questioni che riguardano direttamente i cittadini stessi, a decidere non dovrebbe essere la loro coscienza ma la coscienza della maggioranza parlamentare?»
Non è un argomento troppo tecnico perché sia direttamente il popolo a decidere?
«Un ragionamento di questo tipo presuppone tre cose: che esistano valori condivisi da tutti, che siano noti ad una elite di parlamentari, e che siano ignoti ai cittadini imbecilli che non saprebbero come comportarsi. Su queste tre ipotesi si basa l’idea di imporre alla gente come comportarsi, l’invasione della politica nella vita privata, lo Stato etico. Un’impostazione che, come liberale, rifiuto. Tanto più che alcune norme di questa legge mi sembrano in contraddizione con altre esistenti nel nostro ordinamento e universalmente accettate».
A cosa si riferisce?
«Prendiamo la fecondazione eterologa, cioè con donatore esterno alla coppia. Nella nostra legislazione nulla vieta l’adulterio che, come noto, può essere un metodo di fecondazione naturale. Che facciamo, ammettiamo l’eterologa se conseguenza di adulterio e la vietiamo se viene fatta in clinica?».
Sta pensando anche alla legge sull’aborto?
«Certo. Se vogliono tutelare i diritti dell’embrione, i fautori di queste norme dovrebbero chiedere anche l’abolizione della legge sull’aborto che riguarda il feto, qualcosa in più dell’embrione. Intendiamoci, io sono contro l’aborto nel senso che non mi sembra certo una pratica desiderabile. Ma sono contrarissimo alla criminalizzazione dell’aborto, perché credo che lo Stato si debba fermare e non legiferare fin dentro le persone. E’ la donna che, in base alle circostanze più disparate, anche drammatiche, deve prendere una decisione di questo tipo».
Eterologa e diritti dell’embrione, restano fuori gli altri due quesiti: la libertà di ricerca e il numero massimo di tre embrioni per l’impianto.
«Sono questioni più tecniche. Anche qui: dobbiamo fidarci della maggioranza parlamentare o della scienza e della coscienza del medico che lavora da professionista su queste cose?».
La legge è stata approvata da uno schieramento trasversale ai due poli. Tuttavia è stata appoggiata più dalla maggioranza che dall'opposizione. Crede che questo abbia fatto perdere voti al centrodestra nelle ultime elezioni regionali?
«No. Penso che questo tema appassioni moltissimo poca gente e appassioni meno tanta gente».
Sarebbe stato meglio votare a maggio e non a metà giugno, quando raggiungere il quorum è più difficile?
«Non credo sia questo il punto. A me piacerebbe che fosse abolita l’insensatezza del quorum. In Svizzera non c’è e la partecipazione dei cittadini è garantita dall’interesse del quesito. Se è interessante va a votare, altrimenti no».
Invita gli elettori del centrodestra, i suoi elettori, ad andare a votare? C’è anche un appello dei parlamentari della Casa delle libertà per chiedere agli italiani di andare alle urne. Lo firmerà?
«No, per il mio ruolo istituzionale. Credo troppo all’importanza delle forze armate per consentire al ministro che ne è responsabile di fare una cosa del genere. Mi permetto il minimo di attività politica possibile ma spero che venga raggiunto il quorum per salvare il referendum, un importantissimo istituto di democrazia diretta».
L’appello all’astensione fatto dal cardinal Camillo Ruini a nome dei vescovi è un’ingerenza nella politica italiana?
«No, è assolutamente legittimo e vorrei ricordare ai miei amici libertari e anticlericali che la libertà o è per tutti o per nessuno. Se noi tutelassimo solo le libertà che ci sono simpatiche alla fine non ne esisterebbe più nessuna. Quasi tutte le opinioni importanti sono minoritarie e quindi vanno tutelate».
Quindi sono strumentali le critiche che gli sono state rivolte da più parti negli ultimi giorni?
«Credo che il cardinal Ruini abbia fatto quello che la sua coscienza gli dice essere il suo dovere. Posso non essere d’accordo con lui, come ho spiegato, ma questo non vuol dire che lui non possa dire la sua».
Come liberale è soddisfatto di quanto fatto finora dal governo Berlusconi?
«Nessun governo è mai sufficientemente liberale. Con il passare degli anni giudicheremo moderatamente socialisti persino Ronald Reagan e Margaret Thatcher. Ma ad esempio mi piace aver messo la mia firma sotto la legge che ha anticipato la sospensione della leva. Non dimentichiamo che negli Stati Uniti fu Milton Friedman a convincere il presidente Nixon a fare questo passo».
Quando entrò in vigore la legge antifumo lei disse che...
«A proposito, dà fastidio?», si accende una sigaretta.
Prego. Quando entrò in vigore la legge antifumo, intervistato sul «Corriere» da Marco Nese, disse che non la condivideva. Spera che venga cambiata con l’arrivo del fumatore Francesco Storace al ministero della Salute?
«Purtroppo la marcia avanti verso la schiavitù è molto più agevole della marcia indietro: recuperare le libertà che si sono perdute è molto più difficile che perderle. Non credo che quella legge sarà cambiata ma spero molto nella nostra grande dote nazionale: quando chiesero ad Ennio Flaiano cosa pensasse del fascismo lui rispose che era una dittatura resa tollerabile dalla generale inosservanza delle leggi».
Sta dicendo che lei non rispetta i divieti?
«No, li rispetto. Come ministro devo dare il buon esempio».
A proposito di libertà, cosa pensa del riconoscimento delle coppie di fatto, altro tema su cui la Chiesa ha espresso in modo netto il suo no?
«Non vedo perché i gay debbano scimmiottare gli eterosessuali, ma se si può trovare una forma di contratto che ne tuteli i diritti e disciplini i rapporti giuridici sono d’accordo. Anzi, vorrei aggiungere un articolo alla nostra Costituzione».
E cosa direbbe il nuovo articolo?
«Direbbe che la legge non impedirà mai atti di capitalismo fra adulti consenzienti».

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