Ha scatenato una bufera politica in Germania la decisione della «Deutsche Oper» di Berlino di non portare più in scena l'opera «Idomeneo, re di Creta» di Wolfgang Amadeus Mozart per timore di proteste islamiche.
L'opera era in cartellone dal 2003 ma da due anni non veniva più rappresentata e ora è stata definitivamente cancellata.
Si temevano reazioni violente per la scena finale in cui il regista Hans Neuenfels fa estrarre a Idomeneo le teste decapitate di Nettuno, Cristo, Maometto e Buddha da un sacco insanguinato. Il ministro dell'interno, Wolfgang Schauble ha definito «pazzesca, ridicola e inaccettabile» la decisione della direzione del teatro. Nel recensire a suo tempo lo spettacolo, la «Berliner Zeitung» aveva scritto che «poichè milioni di morti vanno messi sul conto dei conflitti religiosi, l'abolizione di ogni religione potrebbe costituire senz'altro una misura in favore della pace». All'origine della decisione della «Deutsche Oper» di togliere dal cartellone «Idomeneo», già sostituito per le previste rappresentazioni di ottobre e novembre dalle «Nozze di Figaro» di Mozart e dalla «Traviata» di Verdi, c'è un'analisi del «Landeskriminalamt» (Lka), la sezione berlinese dell'antiterrorismo, secondo cui «non si possono escludere manifestazioni di disturbo durante le rappresentazioni». «Noi non abbiamo chiesto che lo spettacolo venisse tolto dal cartellone», ha però precisato l'Lka. La soprintendente della Deutsche Oper, Kirsten Harms, ha spiegato che la sua decisione è stata motivata dal desiderio di proteggere i dipendenti del teatro e i quasi duemila spettatori che lo affollano ogni sera, poichè «i rischi non sono calcolabili». Il regista Hans Neunenfels ha protestato e ha minacciato di adire le vie legali nei suoi confronti. «Dove andremo a finire - si è chiesto - se in futuro ci faremo ricattare con un'obbedienza anticipatrice nei confronti di spettatori eventualmente impazziti?». «Non so - ha aggiunto - se di fronte alla situazione attuale oggi rifarei la stessa messinscena, ma resto fedele al lavoro fatto e non lo cambierò. Mi chiedo anche se adesso bisogna autocensurarsi quando si inizia a fare una nuova regia».
Durante la prima di Idomeneo, nel marzo 2003, al momento della contestata scena il pubblico in sala aveva reagito con proteste differenziate. Le cronache dei giornali dell'epoca riferiscono che quando sulla sedia era stata posta la testa tagliata di Gesù c'era stati molti «buh», seguiti da mormorii di disapprovazione quando era comparsa la testa di Buddha, mentre all'apparizione del capo di Maometto il pubblico era rimasto tranquillo.
Il Sole 24 Ore
mercoledì 27 settembre 2006
lunedì 25 settembre 2006
Eutanasia e libertà dell'individuo
Dopo l'accorato video-appello di Piergiorgio Welby al Presidente della Repubblica sono esplose, come prevedibile, le solite polemiche all'italiana.
In particolare, molti politici di area cattolica - appartenenti a entrambi gli schieramenti - hanno addirittura escluso che in Italia si possa "parlare" di eutanasia, mentre hanno lasciato aperto uno spiraglio per l'eventuale adozione anche in Italia del cosiddetto "testamento biologico".
In parallelo, molti giornalisti hanno confezionato articoli o servizi televisivi tesi a far prevalere la tesi secondo cui "la vita va vissuta comunque, in qualunque condizione", oppure quella a favore della cosiddetta "dolce morte".
Mi sembrano due approcci sbagliati, e forse anche un tantino in malafede, alla questione.
Da una parte i politici sanno (o dovrebbero sapere) benissimo che eutanasia e testamento biologico sono due cose diversissime: col testamento biologico una persona chiede che, nel caso si ritrovasse impossibilitata in seguito (causa malattia, incidente o altro) a esprimere la propria volontà in proposito, venga messa agli atti "preventivamente" la sua volontà di non subire il cosiddetto "accanimento terapeutico" (cure mediche portate oltre il limite del ragionevole e prive di reale, effettiva utilità per il paziente); nel caso dell'eutanasia abbiamo di fronte invece una persona ancora in possesso delle proprie facoltà e ancora in grado di comunicare la propria volontà (autonomamente o con l'ausilio di supporti tecnologici, come nel caso di Welby) che chiede di non continuare a vivere una vita che non ritiene più degna di essere vissuta, anzi una vita che non ritiene più essere tale, anche se "tecnicamente" resa ancora possibile dall'utilizzo di macchine medicali o di terapie farmacologiche.
E' chiaro quindi che l'introduzione del testamento biologico non può esaurire tutte le casistiche, e che la legalizzazione del suicidio medicalmente assistito (eutanasia) ne è il naturale complemento.
I giornalisti, dal canto loro, anziché informare i cittadini riguardo ai termini della questione, spesso informano i cittadini circa la loro posizione in proposito: i favorevoli portando a esempio il caso di Welby, i contrari andando a scovare un malato da usare come "testimonial" per sostenere la tesi opposta.
Peccato che il problema non sia quello di stabilire se, come, quando e a che condizioni la vita valga la pena di essere vissuta, per poi adottare questo novello criterio generale per valutare i singoli casi: il problema, molto semplicemente, è un problema di libertà dell'individuo.
In una ottica di stampo liberale, non confessionale, è evidente che è l'individuo l'unico che ha titolo per decidere se e quando, secondo il suo personale sentire, è arrivato il momento di staccare la spina: in un campo come quello della vita e della morte - della propria vita o della propria morte - ogni ingerenza da parte di attori esterni, specialmente se "pubblici" per definizione come lo Stato, andrebbe categoricamente esclusa.
Anche le critiche dei politici (più o meno) cattolici mi sembrano non tenere (volutamente?) conto del fatto che depenalizzare l'eutanasia non significherebbe certo imporla a chicchessia: come per il divorzio e l'aborto, i credenti sono liberissimi di non avvalersi di questa possibilità, in accordo col loro credo religioso (e questo fa loro onore); come nel caso del divorzio e dell'aborto, però, lo Stato laico e liberale non può non tenere conto di chi credente non è, e legiferare di conseguenza.
In particolare, molti politici di area cattolica - appartenenti a entrambi gli schieramenti - hanno addirittura escluso che in Italia si possa "parlare" di eutanasia, mentre hanno lasciato aperto uno spiraglio per l'eventuale adozione anche in Italia del cosiddetto "testamento biologico".
In parallelo, molti giornalisti hanno confezionato articoli o servizi televisivi tesi a far prevalere la tesi secondo cui "la vita va vissuta comunque, in qualunque condizione", oppure quella a favore della cosiddetta "dolce morte".
Mi sembrano due approcci sbagliati, e forse anche un tantino in malafede, alla questione.
Da una parte i politici sanno (o dovrebbero sapere) benissimo che eutanasia e testamento biologico sono due cose diversissime: col testamento biologico una persona chiede che, nel caso si ritrovasse impossibilitata in seguito (causa malattia, incidente o altro) a esprimere la propria volontà in proposito, venga messa agli atti "preventivamente" la sua volontà di non subire il cosiddetto "accanimento terapeutico" (cure mediche portate oltre il limite del ragionevole e prive di reale, effettiva utilità per il paziente); nel caso dell'eutanasia abbiamo di fronte invece una persona ancora in possesso delle proprie facoltà e ancora in grado di comunicare la propria volontà (autonomamente o con l'ausilio di supporti tecnologici, come nel caso di Welby) che chiede di non continuare a vivere una vita che non ritiene più degna di essere vissuta, anzi una vita che non ritiene più essere tale, anche se "tecnicamente" resa ancora possibile dall'utilizzo di macchine medicali o di terapie farmacologiche.
E' chiaro quindi che l'introduzione del testamento biologico non può esaurire tutte le casistiche, e che la legalizzazione del suicidio medicalmente assistito (eutanasia) ne è il naturale complemento.
I giornalisti, dal canto loro, anziché informare i cittadini riguardo ai termini della questione, spesso informano i cittadini circa la loro posizione in proposito: i favorevoli portando a esempio il caso di Welby, i contrari andando a scovare un malato da usare come "testimonial" per sostenere la tesi opposta.
Peccato che il problema non sia quello di stabilire se, come, quando e a che condizioni la vita valga la pena di essere vissuta, per poi adottare questo novello criterio generale per valutare i singoli casi: il problema, molto semplicemente, è un problema di libertà dell'individuo.
In una ottica di stampo liberale, non confessionale, è evidente che è l'individuo l'unico che ha titolo per decidere se e quando, secondo il suo personale sentire, è arrivato il momento di staccare la spina: in un campo come quello della vita e della morte - della propria vita o della propria morte - ogni ingerenza da parte di attori esterni, specialmente se "pubblici" per definizione come lo Stato, andrebbe categoricamente esclusa.
Anche le critiche dei politici (più o meno) cattolici mi sembrano non tenere (volutamente?) conto del fatto che depenalizzare l'eutanasia non significherebbe certo imporla a chicchessia: come per il divorzio e l'aborto, i credenti sono liberissimi di non avvalersi di questa possibilità, in accordo col loro credo religioso (e questo fa loro onore); come nel caso del divorzio e dell'aborto, però, lo Stato laico e liberale non può non tenere conto di chi credente non è, e legiferare di conseguenza.
giovedì 21 settembre 2006
La serietà al governo? Come no...
Prodi: "Che cosa vuole che sappia, io, della sicurezza del Papa in Turchia? Non so nulla in proposito, vedranno le sue guardie..."
Insomma: questo patetico, arrogante buffone ormai non fa che inanellare una gaffe dopo l'altra.
Nel caso il buffone non lo sapesse, in base al Concordato attualmente vigente fra Stato Italiano e Santa Sede la sicurezza "interna" alla città del Vaticano spetta alle guardie svizzere, la sicurezza "esterna" (fuori dalla CdV) spetta allo Stato italiano, la sicurezza nei viaggi fuori dall'Italia è responsabilità del Paese ospitante - ma uno o più operativi italiani seguono sempre il Papa nelle sue visite all'estero, assieme a personale della Sicurezza vaticana (non certo le guardie in costume e armate d'alabarda).
Altro che "vedranno le sue guardie", buffone che non sei altro.
Ah, e complimenti per la preoccupazione (almeno istituzionale, se non umana) per la sicurezza del capo della Chiesa cattolica mostrata proprio in questo frangente, subito dopo le minacce di morte e gli attacchi di varia natura e gravità arrivati al Papa anche dalla Turchia.
Insomma: questo patetico, arrogante buffone ormai non fa che inanellare una gaffe dopo l'altra.
Nel caso il buffone non lo sapesse, in base al Concordato attualmente vigente fra Stato Italiano e Santa Sede la sicurezza "interna" alla città del Vaticano spetta alle guardie svizzere, la sicurezza "esterna" (fuori dalla CdV) spetta allo Stato italiano, la sicurezza nei viaggi fuori dall'Italia è responsabilità del Paese ospitante - ma uno o più operativi italiani seguono sempre il Papa nelle sue visite all'estero, assieme a personale della Sicurezza vaticana (non certo le guardie in costume e armate d'alabarda).
Altro che "vedranno le sue guardie", buffone che non sei altro.
Ah, e complimenti per la preoccupazione (almeno istituzionale, se non umana) per la sicurezza del capo della Chiesa cattolica mostrata proprio in questo frangente, subito dopo le minacce di morte e gli attacchi di varia natura e gravità arrivati al Papa anche dalla Turchia.
martedì 19 settembre 2006
Nessuno ha niente da dire? Dove sono i "progressisti"?
Dove stanno sempre più spesso, ultimamente: dalla parte della barbarie e del totalitarismo nazislamista, contro la civiltà, la tolleranza reale e non fittizia, la laicità, la modernità - sempre forti con i deboli e deboli con i forti, sempre schierati dalla parte sbagliata (o volutamente "non schierati", il che è ancora peggio).
Riporto parte di un editoriale di Magdi Allam intitolato "Le vignette dell'odio contro Ratzinger":
Gli italiani, gli occidentali, i cristiani, i musulmani moderati, tutte le persone di fede, i laici, lo sanno che sono state pubblicate e diffuse in rete e nelle tv arabe vignette che oltraggiano e istigano a uccidere il Papa?
Come mai nessuno protesta così come accadde in occasione delle vignette su Maometto comparse circa un anno fa su uno sconosciuto quotidiano danese e che provocarono una violenta crisi internazionale?
Possibile che oggi noi dovremmo giustificare e rassegnarci alla condanna a morte del capo della Chiesa cattolica, all'uccisione di suor Leonella Sgorbati a Mogadiscio, all'aggressione contro le chiese in Iraq e nei territori palestinesi, alla messa in stato d'allerta delle nostre città e dei luoghi di culto cristiani, considerandole quasi una naturale reazione a un discorso del Papa?
Allo stesso modo con cui all'inizio dell'anno abbiamo giustificato e ci siamo rassegnati alla furia omicida islamica che ha massacrato dei cristiani, profanato delle chiese e dato alle fiamme delle sedi diplomatiche occidentali tra cui il nostro consolato a Bengasi?
Come è possibile che la Cristianità e l'Occidente debbano essere sempre e comunque sanzionati con la morte e il terrore per le idee che esprimono contro l'ideologia della morte e del terrore?
Non è forse fin troppo chiaro che non si tratta di una reazione bensì di un'aggressione ai valori e all'identità della Cristianità e dell'Occidente da parte di un vasto fronte islamico avvelenato dall'ideologia dell'odio, a cui purtroppo fanno da sponda non pochi ingenui, irresponsabili e ideologicamente collusi con l'estremismo islamico all'interno stesso della Cristianità e dell'Occidente?
Non c'è nulla di satirico né di critica nella vignetta che circola nei siti estremisti islamici, rintracciata da Hamza Boccolini e pubblicata su Libero, ma soltanto disprezzo e odio. Il Papa compare nelle sembianze di Dracula con il sangue che scorre dalla bocca, con la scritta centrale in rosso «Decapitatelo», attorniata da altre scritte: «Maiale servo della croce», «Adora una scimmia inchiodata sulla croce», «Odioso malvagio», «Satana lapidato», «Allah lo maledica», «Vampiro che succhia sangue». In un'altra serie di vignette, rintracciate nella rete e diffuse da Dagospia,
si vede la basilica di San Pietro con issata la bandiera dell'Islam e la scritta «Non vi è altro Dio al di fuori di Allah e Maometto è il suo profeta» e, al centro della basilica, l'insegna «Allah è grande».
In questa «Jihad della parola», una guerra santa islamica fatta con l'oltraggio, l'intimidazione, la minaccia e la condanna a morte, concorre direttamente la nota televisione del Qatar Al Jazeera, di fatto asservita all'ideologia e al controllo dei Fratelli Musulmani...
(continua qui).
Come mai nessuno protesta così come accadde in occasione delle vignette su Maometto comparse circa un anno fa su uno sconosciuto quotidiano danese e che provocarono una violenta crisi internazionale?
Possibile che oggi noi dovremmo giustificare e rassegnarci alla condanna a morte del capo della Chiesa cattolica, all'uccisione di suor Leonella Sgorbati a Mogadiscio, all'aggressione contro le chiese in Iraq e nei territori palestinesi, alla messa in stato d'allerta delle nostre città e dei luoghi di culto cristiani, considerandole quasi una naturale reazione a un discorso del Papa?
Allo stesso modo con cui all'inizio dell'anno abbiamo giustificato e ci siamo rassegnati alla furia omicida islamica che ha massacrato dei cristiani, profanato delle chiese e dato alle fiamme delle sedi diplomatiche occidentali tra cui il nostro consolato a Bengasi?
Come è possibile che la Cristianità e l'Occidente debbano essere sempre e comunque sanzionati con la morte e il terrore per le idee che esprimono contro l'ideologia della morte e del terrore?
Non è forse fin troppo chiaro che non si tratta di una reazione bensì di un'aggressione ai valori e all'identità della Cristianità e dell'Occidente da parte di un vasto fronte islamico avvelenato dall'ideologia dell'odio, a cui purtroppo fanno da sponda non pochi ingenui, irresponsabili e ideologicamente collusi con l'estremismo islamico all'interno stesso della Cristianità e dell'Occidente?
Non c'è nulla di satirico né di critica nella vignetta che circola nei siti estremisti islamici, rintracciata da Hamza Boccolini e pubblicata su Libero, ma soltanto disprezzo e odio. Il Papa compare nelle sembianze di Dracula con il sangue che scorre dalla bocca, con la scritta centrale in rosso «Decapitatelo», attorniata da altre scritte: «Maiale servo della croce», «Adora una scimmia inchiodata sulla croce», «Odioso malvagio», «Satana lapidato», «Allah lo maledica», «Vampiro che succhia sangue». In un'altra serie di vignette, rintracciate nella rete e diffuse da Dagospia,
si vede la basilica di San Pietro con issata la bandiera dell'Islam e la scritta «Non vi è altro Dio al di fuori di Allah e Maometto è il suo profeta» e, al centro della basilica, l'insegna «Allah è grande».
In questa «Jihad della parola», una guerra santa islamica fatta con l'oltraggio, l'intimidazione, la minaccia e la condanna a morte, concorre direttamente la nota televisione del Qatar Al Jazeera, di fatto asservita all'ideologia e al controllo dei Fratelli Musulmani...
venerdì 15 settembre 2006
C'eravamo tanto amati
Ricordate i bei vecchi tempi quando la stampa estera veniva citata un giorno sì e l'altro pure per mostrare agli italiani quanto fosse brutto, sporco, cattivo e incapace il governo presieduto dal "neo-duce" Berlusconi?
La stampa straniera era, per definizione, una sorta di arbitro supremo, imparziale, assolutamente indipendente e super partes: tutte le critiche rivolte al governo Berlusconi, all'Italia o agli italiani (considerate tutte equivalenti: se una qualsiasi cosa non andava per il verso giusto in Italia, ovviamente non poteva che essere responsabilità di Berlusconi e della sua cricca di incompetenti) venivano immediatamente ed entusiasticamente riprese e ampliate dalla stampa e dai telegiornali (sì, proprio quelli "in mano a Berlusconi"); tutte le volte che un giornale straniero, fosse pure l'Almanacco del coltivatore di Kansas City, pubblicava un commento anche solo vagamente negativo sul governo, i giornalisti dei quotidiani "antropologicamente superiori", primi fra tutti Repubblica, l'Unità, Liberazione o il Manifesto, provavano una goduria tale nel riportare la notizia da scatenare in loro orgasmi multipli.
Ogni reazione critica o alzata di spalle da parte del centrodestra veniva bollata come insofferenza alle critiche, mancanza di senso della democrazia, gretto e volgare provincialismo, isolazionismo, autarchia mediatica, volontà di censura, sindrome dell'accerchiamento.
Bene, oggi che la stampa internazionale, e non l'Almanacco del coltivatore di Kansas City ma i più prestigiosi quotidiani mondiali, comprese corazzate dell'informazione come il Wall Street Journal, il New York Times e l'Economist, la mitica "Bibbia" del giornalismo libero e indipendente (così veniva definito, almeno, quando definiva Berlusconi "unfit": adesso la definizione non calza più, pare), pubblica articoli di fuoco contro l'incompetenza, la mancanza di trasparenza, l'ingerenza negli affari e nel libero mercato del governo Prodi (per la squallida vicenda Prodi-Telecom, ma non solo) come per incanto l'idillio va in frantumi, e per il centrosinistra italiano la stampa estera non è più libera, obiettiva, indipendente e autorevole ma nella migliore delle ipotesi è una congrega di vecchie comari pettegole che non capiscono niente e non sanno farsi gli affari loro, nella peggiore è diventata la longa manus di un "infame complotto demo-pluto-giudaico-massonico internazionale" - roba che neanche la Spectre.
Insomma, è scattata la classica sindrome cubana che colpisce la sinistra italiana ogni volta che va al governo: la nostra Amata Patria Socialista è circondata, assediata dalle brutali forze della Reazione Imperialista, il momento è grave, la Democrazia è in pericolo ma, poffarre, no pasaran! Spezzeremo le reni agli odiati imperialisti! Hasta La Victoria Siempre!
Ora, io vorrei tanto (eh, sì) credere aqueste immani stronzate questi accorati appelli filo-governativi e fare la mia parte nella lotta contro la propaganda oscurantista e menzognera della plutocrazia, al limite arrivando anche a offrire il petto per fare da scudo contro le velenose pallottole di carta stampata sparate da quei golpisti del WSJ e dell'Economist, ma sfortunatamente non posso.
Sono troppo occupato a ridere.
La stampa straniera era, per definizione, una sorta di arbitro supremo, imparziale, assolutamente indipendente e super partes: tutte le critiche rivolte al governo Berlusconi, all'Italia o agli italiani (considerate tutte equivalenti: se una qualsiasi cosa non andava per il verso giusto in Italia, ovviamente non poteva che essere responsabilità di Berlusconi e della sua cricca di incompetenti) venivano immediatamente ed entusiasticamente riprese e ampliate dalla stampa e dai telegiornali (sì, proprio quelli "in mano a Berlusconi"); tutte le volte che un giornale straniero, fosse pure l'Almanacco del coltivatore di Kansas City, pubblicava un commento anche solo vagamente negativo sul governo, i giornalisti dei quotidiani "antropologicamente superiori", primi fra tutti Repubblica, l'Unità, Liberazione o il Manifesto, provavano una goduria tale nel riportare la notizia da scatenare in loro orgasmi multipli.
Ogni reazione critica o alzata di spalle da parte del centrodestra veniva bollata come insofferenza alle critiche, mancanza di senso della democrazia, gretto e volgare provincialismo, isolazionismo, autarchia mediatica, volontà di censura, sindrome dell'accerchiamento.
Bene, oggi che la stampa internazionale, e non l'Almanacco del coltivatore di Kansas City ma i più prestigiosi quotidiani mondiali, comprese corazzate dell'informazione come il Wall Street Journal, il New York Times e l'Economist, la mitica "Bibbia" del giornalismo libero e indipendente (così veniva definito, almeno, quando definiva Berlusconi "unfit": adesso la definizione non calza più, pare), pubblica articoli di fuoco contro l'incompetenza, la mancanza di trasparenza, l'ingerenza negli affari e nel libero mercato del governo Prodi (per la squallida vicenda Prodi-Telecom, ma non solo) come per incanto l'idillio va in frantumi, e per il centrosinistra italiano la stampa estera non è più libera, obiettiva, indipendente e autorevole ma nella migliore delle ipotesi è una congrega di vecchie comari pettegole che non capiscono niente e non sanno farsi gli affari loro, nella peggiore è diventata la longa manus di un "infame complotto demo-pluto-giudaico-massonico internazionale" - roba che neanche la Spectre.
Insomma, è scattata la classica sindrome cubana che colpisce la sinistra italiana ogni volta che va al governo: la nostra Amata Patria Socialista è circondata, assediata dalle brutali forze della Reazione Imperialista, il momento è grave, la Democrazia è in pericolo ma, poffarre, no pasaran! Spezzeremo le reni agli odiati imperialisti! Hasta La Victoria Siempre!
Ora, io vorrei tanto (eh, sì) credere a
Sono troppo occupato a ridere.
Oriana Fallaci
E' morta a Firenze, la città con cui aveva un particolare rapporto di odio-amore.
Viveva da molti anni a New York, ma ha scelto di tornare a morire in patria, nella sua terra.
Ci sarebbe tanto da dire su Oriana Fallaci, ma lascio ad altri questo compito: io per parte mia mi limiterò a osservare che Oriana Fallaci era una donna, in un paese (con la p minuscola) di sciacquette e di quaquaraqua.
Nel frattempo i soliti "progressisti" moralmente e antropologicamente superiori (in realtà, i soliti vetero-comunisti e reazionari di sinistra) danno ulteriori prove della loro superiorità scrivendo sulla solita IndyMerda commenti come questi:
Viveva da molti anni a New York, ma ha scelto di tornare a morire in patria, nella sua terra.
Ci sarebbe tanto da dire su Oriana Fallaci, ma lascio ad altri questo compito: io per parte mia mi limiterò a osservare che Oriana Fallaci era una donna, in un paese (con la p minuscola) di sciacquette e di quaquaraqua.
Nel frattempo i soliti "progressisti" moralmente e antropologicamente superiori (in realtà, i soliti vetero-comunisti e reazionari di sinistra) danno ulteriori prove della loro superiorità scrivendo sulla solita IndyMerda commenti come questi:
1. E' crepata come tutti gli altri , peccato che nel frattempo ha seminato un bel pò di odio. Almeno ci risparmierà per un bel pò i suoi "best seller" FANCULO LA FALLACI.Ogni commento è superfluo, direi.
2. ERA ORA....
UNA NAZISTA IN MENO....
SPERIAMO CHE LA SEGUA BEN PRESTO ANCHE BUSH!
NOPASARAN
3. Alexandros Panagulis non era per niente anarchico: a leggere il libro della Falalci poi, si scopre che, non solo lei, ma pure lui, era un vero stronzo
4. Grazie Oriana...
...d'essete finalmente levata dai coglioni!!!
Vaffanculo imperialista!
5. Il tempo e' galantuomo e sa far giustizia.
Tempo una generazione e della poveraccia devastata dalla
chemio si sara' persa pure la memoria.
6. evvai
era ora che quella bastrada ci lasciasse le penne!
Telecom Italia e la merchant bank al governo
Phastidio si pone, giustamente, una semplice domanda (il neretto è una mia aggiunta):
Ma come mai quando un dipendente Mediaset passa con il rosso è pacifico ed acquisito che “Berlusconi non poteva non sapere”; come mai quando un Meani qualsiasi parla al telefono con i designatori arbitrali è pacifico ed acquisito che “Galliani non poteva non sapere”; e quando un componente della segreteria particolare della Presidenza del Consiglio, su carta intestata della medesima, invia un piano di nazionalizzazione di parte del business ad uno dei principali imprenditori italiani il premier “non poteva sapere”? Mah, vallo a sapere, appunto.
Una leadership inconsapevole, questa ulivista: “Ma allora, abbiamo una banca?”
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