mercoledì 24 agosto 2005

C'e' modo e modo di ritirarsi

Gli israeliani si ritirano da Gaza e da parte della Cisgiordania, procedendo progressivamente a demolire le abitazioni abbandonate dai coloni.

Qualcuno potrebbe interpretare maliziosamente questo come un tentativo di lasciarsi alle spalle solo terra bruciata, per recare gratuitamente un danno ai palestinesi.

Bene, non è affatto così:

(...) La demolizione delle abitazioni israeliane nella striscia di Gaza verrà effettuata in conformità a un accordo raggiunto tra Israele e Autorità Palestinese, e avverrà sotto la supervisione di una parte terza, probabilmente la Banca Mondiale. In base all’accordo, richiesto dalla stessa Autorità Palestinese per evitare che le abitazioni sgomberate diventassero oggetto di lotte o appropriazioni indebite, i bulldozer della Difesa israeliana abbatteranno i muri, mentre la demolizione verrà poi completata, una volta terminato il ritiro delle forze israeliane, da ditte edili palestinesi ed egiziane ingaggiate dalla Banca Mondiale. Completata la demolizione, parte delle macerie verrà utilizzata per la costruzione di case palestinesi nella striscia di Gaza. Il resto verrà sepolto nel Sinai o nella striscia stessa. Il ministero dell’ambiente israeliano supervisionerà lo smaltimento dei materiali pericolosi, come l’amianto, in luoghi adatti d’Israele. Secondo i piani, la demolizione dovrebbe essere completata nel giro di un paio di mesi, al costo totale di due miliardi di shekel (circa 370 milioni di euro). Diversamente dalle abitazioni private, le strutture pubbliche come scuole, ambulatori, centri culturali verranno trasferite all’Autorità Palestinese intatte.

Mentre si svolge il ritiro dalla striscia di Gaza, un gruppo di filantropi ebrei americani ha donato circa 14 milioni di dollari per garantire che le serre israeliane vengano trasferite intatte in mani palestinesi. Scopo della donazione è quello di acquistare le strutture che permettono alle serre di funzionare, un’iniziativa che potrebbe preservare circa 3.500 posti di lavoro palestinesi insieme a una delle principali risorse per l’esportazione della regione. (...)

martedì 23 agosto 2005

Parola d'ordine: pace

Ecco la "cultura della pace" palestinese - qui nell'interpretazione del Ministero della Cultura della cosiddetta Autorità Nazionale Palestinese:

The PA’s Ministry of Culture released its “Book of the Month” today, a poetry collection honoring suicide terrorist Hanadi Jaradat, who murdered 29 Israelis.
It was distributed as a special supplement in the daily Al-Ayyam.

Entitled “What Did Hanadi Say?” the collection includes a poem glorifying Jaradat’s act of suicide terror, calling it “the highest goal”:
“O Hanadi! Shake the earth under the feet of the enemies! Blow it up! Hanadi said: ‘It is the wedding of Hanadi the day when death as a Martyr for Allah, becomes the highest goal.’

The poem is dedicated to Jaradat, called “the Rose of Palestine,” who murdered 29 Jews and Arabs in a suicide bombing in a Haifa restaurant in October 2003.

The poem criticizes the Arab nation for ignoring Jihad:
“Where is the [Arab] nation..? The armies hid, nothing left in the field ... not the sound of Jihad, all of them, at the moment of decision, surrender, obey the enemies...”

She complains:
“O Hanadi..! The flag of the nation is not flying in the fields of Jihad.”


The poem ends as Hanadi takes the initiative:

“O Hanadi! Shake the earth under the feet of the enemies! Blow it up! It is the wedding of Hanadi the day when death as a Martyr for Allah, becomes the highest goal, that liberates my land.”
[Al-Ayyam, August 22, 2005]


This glorification of a mass murderer was not a private enterprise, but was published by the PA Ministry of Culture.

Sempre nell'ottica di una nuova "cultura di pace", immagino, la tv satellitare araba Al-Jazeera ha trasmesso uno speciale su questa attentatrice suicida (link - testo in inglese).

giovedì 11 agosto 2005

La stangata

Ovvero, le avventure di un probo, onesto, industrioso, leale "alfiere del capitalismo buono" - mica quella cacchina di un paleo-capitalista avido e senza ideali del Cav., per carità....

mercoledì 10 agosto 2005

E se il bersaglio fosse la Germania?

In riferimento alla notizia citata ieri (vedi post precedente): a quanto pare il terrorista di Al Qaeda arrestato in Pakistan non aveva solo mappe dell'Italia ma anche della Germania.

Ora, a Settembre l'Italia ritirerà un primo contingente di 300 uomini dall'Irak (un errore, secondo me: non ci sono le condizioni per un ritiro, gli iracheni hanno ancora bisogno di tutto l'aiuto possibile) e questo potrebbe essere sfruttato dai nazisti islamici per organizzare un attentato in Italia da rivendicare poi come "vera causa" del ritiro delle truppe - ma c'è anche un'altra possibilità: fra sei settimane in Germania si terranno le elezioni politiche, e forse i qaedisti stanno meditando di intervenire a modo loro nella campagna elettorale (in pratica, quello che succederà in Italia entro le prossime elezioni).

martedì 9 agosto 2005

I segnali si moltiplicano

Dal Corriere:
Pakistan: terrorista pakistano con mappe citta' italiane

LAHORE (Pakistan) - Un presunto terrorista pakistano di al Qaida, Osama bin Yousaf, aveva registrato le mappe di diverse citta' italiane nel suo computer portatile. Bin Yousaf e' stato arrestato nella citta' di Faisalabad, dal suo cellulare sono partite diverse chiamate a numeri di telefono italiani e tedeschi.

mercoledì 27 luglio 2005

Nuova casa per Otimaster

Il blog dell'amico Otimaster ha trovato una nuova casa, pare definitiva:

http://www.otimaster.com/dblog/

Ricordatevi di aggiornare i vostri link, o se non lo conoscete ancora fategli una visitina - è tempo speso bene.

lunedì 25 luglio 2005

Attentati in Italia, i basisti sono qui già da tempo

Nelle scorse quarantotto ore si è avuta notizia della scoperta in Irak di un covo di terroristi islamici in cui sono state rinvenute delle foto satellitari della città di Roma.

Queste mappe satellitari, ricavate dal servizio Google Maps, portavano evidenziati alcuni potenziali obiettivi di attentati: aeroporti, luoghi di culto, alcuni Mc Donalds e altro ancora.

Alcune settimane fa avevo mostrato a due amici romani che vivono da anni in... Padania, qui a Mestre - ciao Laura, ciao Antonio - il servizio Google Maps e avevo notato che per loro, lontani da casa ormai da molti anni, la lettura delle immagini satellitari di Roma non era poi così immediata: abituati alle normali mappe cittadine in stile Tuttocittà, trovarsi di fronte le immagini "reali" era in un certo senso disorientante.

Anch'io, quando ho cercato su Google Maps la strada di Milano in cui ho trascorso i primi anni di vita, ho avuto all'inizio un attimo di incertezza prima di orizzontarmi - eppure, sono nato a Milano, e ho vissuto a Milano per gran parte della mia vita.

Rispetto alla normale cartografia cittadina una mappa satellitare di Google è utile quindi soprattutto al fine di "vedere" in anteprima i luoghi, più che per localizzare un particolare bersaglio.

Di conseguenza, una mappa satellitare risulta utile, o più utile di una normale cartina del Tuttocittà, solo se viene letta e interpretata da qualcuno che conosce bene i luoghi, e che sa indicare chiese, strutture di servizio, singoli esercizi commerciali come i fast food mostrando le loro foto riprese dall'alto e trasmettendo quindi più facilmente la sua conoscenza del luogo in cui sorge il bersaglio (e delle zone limitrofe, comprese vie di accesso e punti critici) agli altri terroristi.

Una conoscenza del genere non si improvvisa in pochi giorni, si può acquisire soltanto dopo avere vissuto e abitato nella città che ospita i potenziali bersagli degli attentati per un certo tempo: la conclusione che ne traggo è che i terroristi trovati in possesso delle immagini satellitari di Roma in Irak erano in collegamento (e stavano probabilmente già selezionando gli obiettivi finali degli attacchi) con dei loro complici già presenti da tempo sul territorio che ospita i potenziali bersagli.

Quanto all'identità di questi complici, vista la loro buona conoscenza del territorio, le ipotesi sono due: o estremisti islamici immigrati da tempo in Italia - più o meno legalmente - oppure collaborazionisti italiani collegati da una parte ai circuiti nostrani della lotta "anti-imperialista" e dall'altra ai gruppi della "resistenza" islamista: non dimentichiamoci che a più riprese in passato è stato avanzato il sospetto che in alcuni "episodi" verificatisi sul suolo iracheno fossero coinvolti direttamente o indirettamente elementi di lingua e di nazionalità italiana.

Questo confermerebbe i peggiori timori di analisti come Magdi Allam: ormai il nostro territorio non ospita più solo cellule "dormienti" o dedite principalmente al supporto logistico e al reclutamento di "martiri" da inviare, come già successo, in Irak o in altri Paesi dell'area, ma unità operative pronte a colpire in qualsiasi momento, trasformando anche l'Italia, dopo la Spagna e il Regno Unito, in "territorio di guerra" - per usare la definizione cara ai terroristi jiahdisti - e queste unità hanno forse già operato una saldatura con strutture "anti-imperialiste" (anti-occidentali, anti-americane, anti-sioniste) autoctone.