martedì 28 giugno 2005

Parole miserabili

Ecco i fatti, come riportati dal Corriere:

Milano dice sì alla targa per Craxi

MILANO
- Fa già discutere la decisione della giunta di Milano che ha deliberato la posa di una targa commemorativa in memoria di Bettino Craxi, scomparso cinque anni fa ad Hammamet, in Tunisia. La targa verrà installata davanti agli uffici dell'ex leader socialista in piazza del Duomo al numero civico 19. Mistero su che cosa ci verrà scritto sopra. «Se ne occuperanno gli uffici della toponomastica», ha spiegato il vicesindaco, Riccardo De Corato di An. «Abbiamo deciso così di ricordare la storia di questo personaggio della politica italiana. Un personaggio controverso per alcuni settori politici», ha osservato il sindaco Albertini. La delibera, che è stata approvata con scrutinio segreto, fu presentata già alcuni anni fa d'accordo con la figlia di Craxi, Stefania, ma allora fu respinta a maggioranza.

POLEMICA - Soddisfazione tra i figli di Bettino, che a Milano era nato il 24 febbraio 1934. «Non posso che ringraziare il sindaco della città e gli esponenti della giunta - spiega Bobo Craxi - e di quei partiti che hanno avuto quest'idea, che hanno voluto sostenere un fatto storico che riconcilia Bettino Craxi con i milanesi, e non solo», Ironico il commento di Antonio Di Pietro, ex pm ed attuale leader dell'Italia dei Valori: «Ben venga una targa commemorativa per Bettino Craxi a piazza Duomo, a condizione però che nella targa siano indicati i titoli di quando era in vita: politico e latitante».

Parole miserabili, pronunciate da un politico di basso cabotaggio che, sulla sua targa - posto che a qualcuno venga in mente di dedicarne una anche a lui - al massimo potrà vedere scritto "felice possessore di un'automobile Mercedes".

Parole meschine, degne di menti meschine; degne di persone con cui non vorrei condividere neanche una scialuppa di salvataggio durante un naufragio.

D'altra parte, si sa, la classe è come il coraggio - e, detto questo, ho detto tutto.

mercoledì 22 giugno 2005

La Somalia vista da vicino

Barbara di Shock and Awe sta scrivendo una serie di post intitolata "Somalia, considerazioni postume".

Leggeteli, sono quanto mai interessanti e ben scritti.

Li trovate qui: uno, due, tre, quattro.

Israele, uno strano incidente

Uno scontro fra un treno e un camion apparentemente abbandonato sui binari ha provocato almeno otto morti e duecento feriti nella zona di Beer Sheba, la stessa località dove ieri gli israeliani hanno sventato un attentato suicida.

La meccanica di quello che per ora viene ufficialmente definito "un incidente" e il fatto che si sia verificato a ridosso del summit fra Sharon e Abu Mazen mi fa pensare che potrebbe trattarsi di un attentato, portato a termine con modalità diverse da quelle ormai consuete. Staremo a vedere.

martedì 21 giugno 2005

Oscurantismo clericalmente assistito

Mentre gli astensionisti attivi, i clerical-papisti e gli atei devoti hanno ancora il petto gonfio d'orgoglio per il risultato dei recenti (im)brogli della recente consultazione referendaria sulla fecondazione medicalmente assistita, quella materialista impenitente (e magari anche un po' liberale, liberista e culattona: hai visto mai?) della realtà irrompe sulla scena e regala a tutti noi, in un giorno solo, tre-notizie-tre:

1) Nel 2015 una coppia europea su 3 sarà sterile
Lo rivela uno studio britannico. Attualmente in Europa solo una coppia su 7 è in grado di avere figli senza la procreazione assistita

2)
Tremila brevetti, scienza e industria puntano sulle cellule staminali
Nonostante le questioni etiche, gli Usa restano protagonisti della ricerca con Gran Bretagna, Giappone, Cina, Corea del Sud

3)
L’appello rilanciato dal congresso di Copenaghen: «Qui ridono di noi»
Fecondazione, 110 medici disobbedienti

Eh sì, cari miei: la realtà, Ruini o non Ruini, non si astiene - e prima o poi tornerà a fare irruzione anche qui nella nostra povera Italia.

lunedì 20 giugno 2005

Torture politicamente corrette

Alcune torture, come quelle inflitte dagli americani ad alcuni presunti terroristi detenuti ad Abu Grahib, sono di destra, imperialiste, "anti-islamiche", politicamente scorrette e quindi indifendibili; altre, a quanto pare, sono da considerarsi democratiche, progressiste, di sinistra, lecite e politicamente difendibili.

Questo è quanto emerge dal differente trattamento riservato alle notizie provenienti da Abu Grahib ("skandalo! i kattivi amerikani si dimostrano più kattiverrimi che mai! kompagni, alla lotta! viva la resistenza irakena! viva la pace! morte agli amerikani, ai sionisti - non c'entrano niente, ma a citarli uno fa sempre la sua porca figura- e ai loro lacchè guerrafondai!") e a quelle provenienti da Falluja o, adesso, dalla cittadina di Karabila ("e allora? solo alcuni eccessi isolati da parte di eroici partigiani anti-imperialisti impegnati nella resistenza all'invasore occidentale - eccessi peraltro provocati e giustificati proprio dall'odiosa invasione dei guerrafondai bevitori di Coca-Cola...").

Illuminante articolo di Antonio Ferrari per il Corriere della Sera:(il grassetto è una mia aggiunta):

In Iraq / Un silenzio doppiamente colpevole
La tortura che non fa notizia
Trovata a Karabila una «clinica della morte», centro di tortura della guerriglia sunnita. Ce n'erano una ventina anche a Falluja

Impegnati in una battaglia casa per casa, per distruggere le basi degli insorti nei villaggi iracheni non lontani dal poroso confine con la Siria, i marines hanno scoperto, in un edificio di Karabila, una «clinica della morte», attrezzato centro di tortura della guerriglia sunnita. Ne avevano trovati una ventina anche a Falluja, nel cuore del famoso triangolo. Ma quelli erano «freddi», abbandonati e ripuliti frettolosamente dai ribelli. Quest’ultimo laboratorio di violenza e sevizie per intimidire la popolazione era invece ancora «caldo», perché non c’era stato il tempo di nascondere gli strumenti della sofferenza, e di far sparire (o eliminare) le vittime delle torture.

Oltre a cavi elettrici, manette, cappi per simulare o eseguire impiccagioni, i soldati americani hanno trovato infatti quattro prigionieri ancora in vita: preziosi testimoni che, forse per la prima volta, stanno rivelando gli inconfessabili segreti della resistenza più violenta, senza tacere particolari agghiaccianti. Sono ragazzi colpevoli di aver accettato l’«infamia» di un posto di lavoro nella nuova polizia irachena, magari per poter sfamare la famiglia, e quindi ritenuti complici del nemico; che avevano semplicemente rifiutato di trasformarsi in kamikaze; oppure che non accettavano di praticare l’odioso ricatto del sequestro di persona, come imponevano le istruzioni di un volumetto (edizione 2005) ritrovato nel carcere camuffato da deposito, con i vetri delle finestre anneriti: «Come scegliere i migliori ostaggi».

A parte un accurato reportage del New York Times, la scoperta della camera di tortura, nel villaggio di Karabila, si è diluita nella generale indifferenza. Come se fosse scarsamente rilevante, anche da parte di coloro che erano e sono rimasti contrari alla guerra all’Iraq, il ricorso a pratiche odiose e inaccettabili da parte di iracheni contro i loro fratelli. Il mondo era inorridito quando si alzò il sipario sulle torture e sugli abusi che alcuni soldati americani avevano inflitto agli iracheni, arrestati dopo la guerra e rinchiusi nella prigione di Abu Ghraib, che fu teatro delle orrende pratiche e delle brutali vendette che Saddam Hussein riservava ai suoi nemici. Proprio quel carcere iracheno, nel quale venivano massacrati gli oppositori del regime, scelto come simbolo di una dittatura insopportabile e da abbattere, era insomma diventato teatro di un altro crimine: con i nuovi detenuti umiliati nel corpo, nella dignità e nell’onore, e trasformati in volgare documentazione pornografica.

La coscienza del mondo era insorta, chiedendo giustamente un’esemplare punizione per i militari americani responsabili dello scempio. Oggi, per contro, il silenzio che accompagna la scoperta di altre torture e di altre vittime è grave e assordante. Può significare soltanto comprensione e tolleranza (con la scusa che si tratta di «episodi collaterali di una guerra sbagliata») per pratiche che ogni coscienza civile non può accettare, né giustificare. Mai. Non respingerle sdegnosamente è un atteggiamento razzista al contrario, quindi altrettanto colpevole.

Certo, qualcuno dirà che non possono essere simmetriche le responsabilità per gli abusi compiuti dai soldati della più grande democrazia del mondo, e quelle per le torture inflitte ai loro fratelli da iracheni che non sanno neppure che cosa siano la democrazia e i diritti umani, essendo cresciuti sotto uno dei regimi dittatoriali più feroci. Ma la verità è un’altra. Gli Usa hanno scoperto e denunciato le colpe di Abu Ghraib, e i loro soldati verranno puniti. Il silenzio sulla scoperta dei marines rasenta l’omertà ed è doppiamente colpevole: nei confronti dell’Iraq e di quei Paesi arabi, anche moderati, che continuano a tollerare il ricorso alla tortura, ritenendola necessaria pratica coercitiva, e magari giustificandola con la lotta al terrorismo internazionale. Eppure tutti sanno che non esistono torture veniali e torture mostruose, ma soltanto torture. Come non esistono dittatori buoni e dittatori cattivi, ma soltanto dittatori.

E allora, cari pacifinti, inflessibili difensori dei diritti umani "senza se e senza ma"?

Come mai questo silenzio?

La tortura, forse, è condannabile solo quando a praticarla sono i nemici ideologici di sempre, mentre è comprensibile e giustificabile quando a praticarla sono i propri beniamini?

I diritti umani vanno sì difesi ma "a intermittenza", solo quando fa comodo o porta acqua al proprio mulino?

Quello che fanno i "resistenti" iracheni o gli sgherri dei regimi "amici" come quello cubano, quello della Corea del Nord, e quello cinese, iraniano, siriano e via elencando non fa notizia, anzi non deve fare notizia?

Sarebbe questa la vostra superiorità morale e antropologica?

venerdì 17 giugno 2005

Gli aiuti danneggiano il Terzo Mondo

Gli aiuti ai regimi antidemocratici del Terzo e Quarto mondo, piagati da estesi fenomeni di corruzione, violenza, mancato controllo dell'effettiva destinazione dei fondi e dei beni inviati, fanno principalmente danni rimandando nel tempo la caduta delle dittature, (con)causa della povertà e del sottosviluppo (ma chi l'avrebbe detto - vero cari nogglobal?).

Queste le conclusioni di uno studio pubblicato in questi giorni, proprio alla vigilia di un'altra stagione di concerti e manifestazioni in stile buonista (il grassetto è mio):

Forse, George Bush ha ragione a fare il tirchio con gli africani. E Bob Geldof e Bono torto marcio. Uno studio appena pubblicato mostra che, dal 1970, il volume di aiuti ricevuti dai Paesi in via di sviluppo è stato inversamente proporzionale alla crescita di questi ultimi. Meglio: che gli aiuti hanno frenato lo sviluppo, sono stati controproducenti. L’economista svedese Fredrik Erixon, autore dello studio, ne è convintissimo.

Secondo Erixon, la ragione per la quale, dopo decenni di dichiarazioni di buona volontà e 400 miliardi di dollari di sostegno occidentale, l’Africa resta in condizioni economiche e sociali pessime è che gli aiuti non funzionano quando si è fortunati, fanno del male nella maggior parte dei casi.

A poche settimane dal G8 di luglio in Scozia, che avrà al centro delle discussioni la lotta alla povertà, e a pochi giorni dalle marce e dalla serie concerti di beneficenza, previsti in tutto il mondo, che lo accompagneranno, questo è l’attacco finora più forte alla Rock Star Economics , quel complesso di teorie rese popolari da musicisti e attori che sostengono la necessità di raddoppiare subito gli aiuti ai Paesi più poveri. «Gli economisti-rock star vedono il mondo attraverso occhiali rosa - sostiene Julian Morris, direttore dell'International Policy Network (Ipn), l’istituto britannico che ha pubblicato l’analisi -. La loro convinzione che gli aiuti vadano a beneficiare i poveri è mal posta. La realtà è che gli aiuti premiano il fallimento e rafforzano regimi che diversamente sarebbero stati fatti fuori».

I dati portati da Erixon mostrano che via via che gli aiuti all’Africa aumentavano dal 5% del Pil continentale (1970) al 18% (1995), la crescita del Pil pro-capite crollava dal 15-17% a negativa; per riprendere a metà Anni Novanta quando gli aiuti sono tornati a calare. Lo studio sostiene che se i governi occidentali facessero come richiesto da Jeffrey Sachs, l’economista che ha studiato la strategia Onu per eradicare la povertà, e come proposto dal primo ministro britannico Tony Blair, cioè se aumentassero gli aiuti all'Africa di 25 miliardi di dollari l’anno, «le conseguenze potrebbero essere devastanti. Troppo spesso gli aiuti hanno fatto più male che bene, specialmente in Africa. Hanno ingigantito le élite politiche e tolto potere all’uomo comune».

Erixon confuta alla radice la teoria indiscussa da decenni secondo la quale gli aiuti esteri avrebbero la forza di dare la spinta iniziale a un’economia e rompere così il «circolo vizioso della povertà». In realtà, dice l’economista, «i Paesi non sono poveri perché mancano di strade, scuole o ospedali. Mancano di queste cose perché sono poveri. E sono poveri perché non hanno le istituzioni di una società libera, le quali creano le condizioni di base per lo sviluppo economico». In altri termini, a condannare alla povertà è l’assenza di diritti di proprietà, di leggi e norme, di mercati aperti, di governi onesti e non invadenti, di commercio estero. Gli aiuti, al contrario, hanno due tipi di effetti negativi: spostano l'attenzione dal problema vero, cioè dalla creazione di istituzioni che funzionano; e soprattutto spingono ai margini gli investimenti privati, danno risorse a regimi dispotici per continuare a opprimere, minano la democrazia, perpetuano la povertà.

Qualche esempio nella storia moderna dell’Africa? Tra gli altri, i casi dello Zimbabwe, dell’Uganda, del Congo. Lo studio dell’Ipn - che è stato pubblicato assieme a centri di ricerca di Sudafrica, Hong Kong, India, Ghana, Israele e Nigeria - analizza gli effetti degli aiuti sulla crescita in generale e scopre che sono sempre negativi. E come esempio da seguire porta (a parte Cina e India) il Botswana, il quale si è dato buone istituzioni economiche e ha avuto una bassa «interferenza» di aiuti esteri, con il risultato che il suo tasso di crescita negli scorsi 30 anni è stato «tra i più alti del mondo» e il reddito pro-capite è oggi di ottomila dollari l'anno, contro i meno di mille di molti Paesi africani. Non è detto, insomma, che il concerto più virtuoso sia quello rock.
(Danilo Taino - Corriere della Sera)

giovedì 16 giugno 2005

Europolis

Segnalo un nuovo blog, Europolis.

Questo il suo "manifesto":

Trattato di Maastricht, accordi di Lisbona, Costituzione Europea, fondi strutturali…
Molti hanno sentito parlare di termini del genere, anche nei discorsi comuni.
Ma quanti sanno veramente cosa significano?
Starebbe ai politici ed ai giornalisti informare gli italiani e gli altri cittadini europei di tali, importanti argomenti, per il nostro presente e soprattutto per il nostro futuro; però entrambi si dimenticano di farlo, o lo fanno poco e male.
Io sono una persona come tante, che cerca di informarsi leggendo giornali, riviste, libri, tenta di capire cosa sia l’Europa ed esprime le proprie opinioni.
Qui cercherò di scrivere alcune mie idee e di dare qualche informazione che potrebbe interessare coloro che mi vorranno leggere. In particolare, scriverò di quelle cose che penso siano rilevanti e che i media tradizionali non hanno trattato, o hanno trattato poco.

Sembra interessante, dite? Dategli un'occhiata, allora.