giovedì 3 febbraio 2005

Bush: sì a energie alternative

Dal Corriere della Sera:

Meno dipendenza da energia fornita dall'estero: e' quanto ha auspicato il presidente Bush nel suo discorso sullo stato dell'Unione. "La mia intenzione - ha detto Bush - e' di lavorare insieme al Congresso per creare le condizioni per lo sviluppo di fonti di energia alternativa".
Che disdetta, per i pacifinti antiamericani e antioccidentali: avanti di questo passo, fra un po' non potranno neanche più dire che, qualunque cosa facciano gli amerikani - compreso, ad esempio, liberare due popoli dalle rispettive dittature e portare la democrazia e la libertà dove prima c'erano il terrore, la repressione e la morte - la fanno "solo ed esclusivamente per il petrolio" (ma, ripensandoci, forse continueranno a dirlo lo stesso: dopotutto, fanno o non fanno parte dell'Asinistra italiana?).



Anche le autocrazie mediorientali, a partire dall'Arabia Saudita, sono avvertite: in futuro gli USA dipenderanno in maniera sempre minore dal loro petrolio (che già adesso copre solo una parte dei consumi americani, ma questo i pacifinti fanno finta di non saperlo).



Le confessioni dei kamikaze ignorate dal GUP Forleo

Ulteriori, incredibili dettagli sul caso dei terroristi ("guerriglieri" per la Forleo, ma non per l'ONU) assolti a Milano:

Il terrorismo iracheno raccontato dai kamikaze mancati. Sono gli interrogatori dei giovani curdi, fermati un attimo prima di farsi esplodere. Testimonianze agli atti dell’inchiesta italiana sulla rete di reclutamento, raccolte dalla polizia norvegese e trasmesse alla Procura di Milano. Ma per il giudice Clementina Forleo i verbali degli aspiranti martiri di Al Ansar «non sono utilizzabili», perché equiparati a fonti anonime dei servizi di intelligence. Per i pm milanesi, invece, le confessioni provano come i militanti fossero veri terroristi e non solo guerriglieri.



Ecco l’interrogatorio del primo kamikaze pentito di Al Ansar: Dedar Khalid Khader, 21 anni, curdo iracheno di Arbil, bloccato nel giugno 2002 in Kurdistan.

(segue sul Corriere della Sera)



Chiamiamola l'Asinistra

Sì, elle-apostrofo-asinistra: un nome che ben si addice alla costituenda "Cosa di sinistra", un nome "evocativo" e - cosa che potrebbe tornare utile ai diretti interessati - anche facile da ricordare.



Leggendo le castronerie pronunciate da Prodi, per giunta col tono di chi rivela il Verbo e porta la Luce, vien proprio da dire che questi sono degli asini fatti e finiti.



Da Camillo:

Ci risiamo: "Ci vuole l'Onu". Ma non è che Romano Prodi, e con lui i politici e i giornalisti che gli vanno dietro, non hanno idea di quello che dicono?



L'ex presidente della Commissione europea ha commentato le elezioni irachene e ha fatto una proposta che è piaciuta all'ala di sinistra della sua coalizione ma molto meno alla componente, diciamo così, riformista.



Che cosa ha detto e che cosa ha proposto Prodi? Niente più di ciò che è stato già fatto e previsto. Prodi ha detto: "Si convochi al più presto il Parlamento che uscirà dalle elezioni". Però! "Si formi un nuovo governo". Chissà: magari gli iracheni non ci avevano ancora pensato. Poi: "Si faccia una Costituzione che garantisca tutti". Perbacco! Come se il voto di domenica non si sia tenuto proprio per questo; come se la Costituzione provvisoria non garantisca già tutte le componenti e non sia stata formulata in modo che la nuova Carta definitiva o sarà condivisa da tutti oppure non potrà essere approvata e ratificata. "Ma non basta", ha aggiunto Prodi. E meno male, visto che fin qui non ha detto nulla che non sia già in corso di realizzazione.



Prodi ha detto che "se vogliamo la pace ci vuole una soluzione politica". Cioè? Ecco la propostona: "Una convocazione del Consiglio di sicurezza dell'Onu, per un piano di rientro delle truppe". Ma, diomio, come fa l'ex presidente della Commissione europea a non sapere che il Consiglio di sicurezza si è già riunito e ha già stabilito, due volte, la data del rientro delle truppe?



La risoluzione 1546 dell'8 giugno 2004, al punto 12, "decide inoltre che il mandato della forza multinazionale sarà rivisto su richiesta del governo dell'Iraq o a 12 mesi dalla data della risoluzione, e che questo mandato scadrà al momento del completamento del processo politico descritto nel paragrafo 4 sopra citato, e dichiara che questo mandato verrà revocato anche prima se richiesto dal governo dell'Iraq".



L'Onu, insomma, ha già risolto il problema sette mesi fa: le truppe dovranno essere ritirate alla fine del processo costituzionale, cioè al 31 dicembre del 2005. Oppure prima, se lo richiede il governo iracheno, il quale essendo sovrano può anche chiedere alla coalizione di rimanere, così come il governo italiano, tedesco, giapponese e sudcoreano da sessanta anni autorizzano la presenza di militari americani sul loro territorio.



L'Onu ha già fatto di più: ha già garantito "la disponibilità a esaminare, in tale occasione, qualsiasi esigenza futura per prolungare la missione della forza multinazionale, tenendo conto delle opinioni del governo iracheno".



Ma non basta, appunto. Prodi dice anche che ci vuole una riunione dell'Onu "per un passaggio dei poteri, per un nuovo assetto politico del paese". Ma com'è che nessuno, neanche Franco Marini, gli ha fatto una pernacchia? Il passaggio dei poteri c'è stato il 30 giugno. Domenica ci sono state le elezioni. A ottobre ci sarà il referendum sulla Costituzione. E a dicembre le elezioni generali. Un calendario "per un nuovo assetto politico del paese" c'è dal 15 novembre 2003. Ed è stato imposto e convalidato da due risoluzioni Onu: 1511 e 1546. Possibile che il leader della Gad e gli altri non ne sappiano niente?



Infine Prodi, con un colpo di genio, chiede "una forza multinazionale dell'Onu che garantisca la sicurezza". Di nuovo: all'unanimità, e per due volte, l'Onu ha già autorizzato "una forza multinazionale", ed è la stessa che è già in Iraq e che il centrosinistra prodiano non ha voluto inviare, salvo ora chiederne il ritiro al fine di ri-inviarla.



La cosa più grave è un'altra: chi dice queste cose sembra non capire che l'Iraq è sovrano, che avrà un governo eletto e che si avvia a non aver più bisogno di balie internazionali proposte dall'Ulivo. Chi parla di inviare eserciti arabi (cioè di regimi dittatoriali) e Caschi blu (che l'Onu non ha) nega il diritto degli iracheni ad autogovernarsi. Un diritto che hanno già cominciato a esercitare. Decideranno loro se chiedere agli americani di restare o di andare.



E ho come la vaga sensazione che gli iracheni siano interessati non tanto all'invio dei Caschi blu, ma all'invio di quei miliardi dell'Oil for Food rubati sotto l'occhio non vigile dell'Onu.



Poi c'è Repubblica. Ieri Sandro Viola, insolitamente confinato a pagina 17, ha scritto un meraviglioso articolo dal titolo "Le verità scomode del voto iracheno". La tesi è quella del Foglio ma, se possibile, Viola la esprime ancora meglio: "Senza l'invasione dell'Iraq non si sarebbero avute le elezioni". Viola spiega splendidamente che "il piano" dei neoconservatori "sembra aver funzionato", vuol dire che "nella loro follia c'era, evidentemente, una logica". Viola scrive che "tutto sta andando come avevano programmato: crollo della dittatura, partiti politici, istituzioni provvisorie (in attesa di quelle definitive), libere elezioni. E questo va detto. Non lo si può trascurare, o addirittura celare, nel giudizio su quel che sta avvenendo a Bagdad". Continua Viola: "Se si esulta per il voto iracheno, non si può fare a meno di indicare chi lo ha consentito". Giusto, perfetto, complimenti.



Peccato solo per quel refuso iniziale. "Il New York Times", lamenta l'editorialista di Rep, ha una posizione che stupisce: "Bush ha sbagliato, dice infatti quel giornale, ma esultiamo per il grande passo avanti compiuto dagli iracheni Quanto al mio stupore, è presto detto. Se Bush ha sbagliato, se l'occupazione dell'Iraq è stato un errore, a chi si deve il grande passo avanti compiuto dagli iracheni? Non si può ricorrere alla tortuosità del New York Times, Bush ha sbagliato ma la giornata elettorale in Iraq è stata stupenda".



Qual è il refuso? Eccolo: Viola intendeva scrivere Repubblica, non New York Times. A meno che martedì gli sia sfuggito l'editoriale di Ezio Mauro, quello che diceva: l'unilateralismo americano "ha prodotto risultati, ma resta tuttavia un errore".



Iran, l'appeasement non paga

Da Yahoo! News:



Iran Says It Will Never Scrap Nuke Program



TEHRAN, Iran - Iran will never scrap its nuclear program, and talks with Europeans are intended to protect the country's nuclear achievements, not negotiate an end to them, an Iranian official said Wednesday.



The remarks by Ali Agha Mohammadi, spokesman of Iran's powerful Supreme National Security Council, are the latest in a hardening of his country's stance amid ongoing talks with European negotiators.



They also reflect Tehran's possible frustration at the lack of progress. Europe is pressing Iran for concessions on its nuclear program, which the United States claims is aimed at producing atomic weapons.



In exchange for nuclear guarantees, the Europeans are offering Iran technological and financial support and talks on a trade deal.



"We have the power to negotiate because we keep our (nuclear) achievements in our hands and we are negotiating to protect them," Mohammadi said Wednesday. "It's definite that we will protect our scientific achievements as a basic pillar, whether talks make progress or not."



Mohammadi's comments came a day after Iran's vice president, Gholamreza Aghazadeh, called on the Europeans to speed up the talks, amid reports that negotiations are deadlocked. Aghazadeh, who also serves as head of Iran's atomic energy organization, suggested Iran was not happy with the progress of the talks, telling reporters: "We have to take the negotiations seriously and accelerate them."



European officials acknowledged the complexity of the negotiations, but said talks were going at a good pace and a diplomatic solution remained on track.



The talks have been carried out against a backdrop of U.S. warnings. In January, President Bush reaffirmed his support for a diplomatic settlement, but said he would not take any option off the table, including a possible military strike.



A summary of the negotiations that was leaked last week showed Europe had made little progress in convincing Iran to make permanent its temporary suspension of uranium enrichment activities, although negotiators said the atmosphere at the talks has improved recently.



Uranium enriched to low grades is used for fuel in nuclear reactors, but further enrichment makes it suitable for atomic bombs.



The United States and other countries fear Iran seeks to enrich uranium not to the low level needed to generate power, as it claims, but to a weapons-grade that could become the core for a nuclear warhead.



While not prohibited from enrichment under the Nuclear Nonproliferation Treaty, Iran suspended uranium enrichment and all related activities in November to build trust, reduce international suspicions and avoid U.N. Security Council sanctions. Tehran has said it will decide within three months whether to continue its suspension, which is monitored by U.N. nuclear inspectors.


In realtà ci sono davvero pochi dubbi sulle ambizioni iraniane in fatto di armi nucleari, e ancora meno dubbi sull'utilizzo che intendono farne gli ayatollah: nel dicembre del 2001 Rafsanjani invocò la jihad contro lo Stato ebraico, e disse che bastava una sola bomba atomica per mettere fine a Israele, mentre la risposta nucleare dello stesso avrebbe potuto causare un danno sopportabile al mondo islamico (per la precisione affermò che la prevedibile morte di una quindicina di milioni di musulmani su di un totale di oltre un miliardo di credenti era un prezzo ragionevole, in cambio della definitiva distruzione degli ebrei).



Più chiaro di così...



Cuba, l'appeasement non paga

Nei giorni scorsi l'Unione Europea ha deciso di voltare ancora una volta le spalle ai dissidenti cubani e di premiare il loro aguzzino, il dittatore Fidel Castro, sospendendo per sei mesi le sanzioni diplomatiche contro il regime comunista cubano.



Fra coloro che hanno patrocinato con più slancio la causa del dittatore cubano troviamo - poteva essere altrimenti? - il "prode" Zapatero, un uomo che quando c'è da cedere alla prepotenza non si tira mai indietro.



Come prevedibile, oggi Castro - ringalluzzito da questa evidente prova di debolezza della debolissima UE - fa la voce grossa:

Cuban President Fidel Castro scoffed at moves by the European Union to offer improved ties with the communist country based on its human rights record, and said Cuba does not need Europe.

In angry remarks at the end of a rambling four-hour speech on Tuesday night, the Cuban leader indicated he had no intention of changing his policies.

EU foreign ministers on Monday temporarily lifted diplomatic sanctions imposed on Havana in 2003 to protest the jailing of 75 dissidents. The EU vowed to continue pressing Cuba on human rights through dialogue with its communist government. The policy will be reviewed in six months.

"They are treating us as if we are condemned to death and they have pardoned us for a few months, until June, while they observe how I behave," Castro said, visibly irked.

"What are they going to forgive us for?" he asked.

The 78-year-old leader attacked European nations for siding with his longtime enemy the United States in supporting internal dissidence in 2003, which led Cuba to freeze out EU embassies in Havana for 18 months.

"I must say honestly, Cuba does not need the United States, Cuba does not need Europe," Castro said. "How satisfying it is to be able to say that," he added.

Castro's remarks appeared to confirm views of critics of the EU policy switch who doubt efforts to engage Cuba in constructive dialogue rather than sanctions will have any effect.

Former Czech President Vaclav Havel condemned the move to "appease" Castro and said the EU was dishonoring the European ideals of freedom, equality and human rights.

The EU lifted the sanctions, which included inviting dissidents to its national day celebrations in Havana, after Cuba released 14 of the 75 political prisoners.

But Cuban dissidents said the about-turn would strengthen Castro's hand and warned that Europe ran the risk of becoming an accomplice to continued repression on the island.



International rights groups called on Brussels to insist on meaningful progress on human rights, including the unconditional release of all the dissidents still behind bars.

The U.S. government was skeptical about the new European approach, saying past efforts to improve the rights situation in Cuba through dialogue have proven futile.

European diplomats in Havana believe the reopening of diplomatic channels was necessary for the EU to be able to influence a post-Castro transition in Cuba.

"It isn't the first time Castro has said that Cuba doesn't need Europe," said one EU diplomat. "That doesn't impede us getting back on a normal diplomatic footing."


Fonte: Reuters.



mercoledì 2 febbraio 2005

Fecondazione, don Verzè: "Cattolici possono dire sì"

Dal Corriere della Sera:



Il sacerdote fondatore del San Raffaele: nulla può fermare la scienza, la ricerca deve essere spiegata e rispettata «È lecito» usare embrioni umani per trovare nuove cure «a patto di non uccidere l’embrione e di non ferirlo», dice don Luigi Verzé in un’intervista al Corriere. E parla della tecnica che interviene sui gameti femminili che i ricercatori del San Raffaele stanno mettendo a punto contro la talassemia. Secondo il fondatore del San Raffaele, la scienza «è lenta ma arriva» e la fecondazione omologa «va vista come completamento dell’atto coniugale»: «A suo tempo la Chiesa l’accetterà, come accetterà, per situazioni limite, pillola e preservativo». Don Verzé vorrebbe il referendum «quando la scienza darà più luce». Comunque anche un cattolico, secondo lui, «potrebbe votare sì al referendum».

Don Luigi Verzé, qui al San Raffaele lei presiede il più grande centro di ricerca italiano, che ora sarà raddoppiato. Eppure tra fede e ricerca sembra essersi creata un’antinomia.

«Invece sono sorelle gemelle. Oggetto della fede è la verità. Oggetto della scienza è la verità. L’errore sta nel contrapporle».

L’impressione è che sia la Chiesa a farlo.

«Gli uomini della Chiesa si preoccupano del miglior bene per l’uomo in rapporto a Dio. Spesso questa preoccupazione diventa preconcetto, diffidenza. Mi auguro che molti sacerdoti diventino medici e biologi, e molti medici e biologi diventino anche filosofi, umanisti e teologi: in modo che si capisca che la verità va incontro ai liberi, ai liberi anche da se stessi. Non amo la Chiesa proibizionista. Amo la Chiesa illuminante».

Quando al San Raffaele ci si imbatte in una questione etica e di coscienza, lei come si comporta con i suoi ricercatori? Li ferma?

«Nulla può fermare la scienza. La libertà, come la ricerca, va spiegata e rispettata; allora scansa il libertinismo distruttivo, perché è accompagnata dalla responsabilità individuale. La regola del buon ricercatore è l’equilibrio, l’intuito, il discernimento prudente. Io i miei ricercatori non li condanno mai. Coltivo in loro questa regola. Li stimo, li amo, e li incoraggio a rischiare, dopo aver ben calcolato, in nome della vita. Il fare può essere immorale; ma il non fare, e subito, lo può essere più spesso».

Gli italiani tra pochi mesi saranno chiamati a esprimersi su un tema delicato, gli embrioni. È lecito usare embrioni umani per trovare nuove cure a terribili malattie?

«È un tema che non mi fa paura, anzi mi fa piacere che se ne discuta. Credo che qui non valga il paradosso di Aristotele, che distingue tra "essere in realtà" e "poter essere", tra esseri reali e possibili, ipoteticamente infiniti. L'embrione è reale sin da quando è vero, quando avviene la fusione dei due gameti che dà origine a un essere nuovo. E diventa persona quando Dio gli infonde l’anima».

Appunto: quando?

«Se ne discute da sempre. Quello che mi meraviglia è che se ne discuta come di una cosa estranea dal sé. Si parla sempre degli embrioni altrui. Io vorrei parlare del mio. Sono geloso della mia personale dignità, di quel che mi fa cosciente di me. Non può una legge stabilire cosa io sia, cosa io debba essere. Solo la biologia ha cominciato a spiegarlo. Il mio embrione è il mio essere: corpo, intelletto, spirito, in unum. Guai a chi avesse toccato il mio esistere, fossi anche cieco e talassemico; gli spaccherei la testa. Così farebbe Pannella, se a suo tempo avessero toccato il lui ancora pannellino. Che poi era sempre il lui, il grande Pannella, in nuce».

Lei non ha ancora risposto: è lecito usare embrioni umani per trovare nuove cure?

«Sì, è lecito. A patto di non uccidere l’embrione, né ferirlo. La ricerca al San Raffaele procede su un doppio binario: l'invocazione della gente; il comandamento di non uccidere. La scienza è lenta, ma arriva. I nostri ricercatori stanno mettendo a punto una tecnica contro la talassemia che interviene sui gameti femminili anziché sull’embrione. Si evita così la selezione discriminatoria degli embrioni, permettendo la fecondazione solo di ovociti sani».

Ma per la Chiesa la fecondazione in vitro è moralmente inaccettabile.

«La fecondazione omologa va vista come completamento dell’atto coniugale. Non sopporto gli irsuti inquisitori che pretendono di alzare il lenzuolo del letto nuziale; mi pare impudico. Credo che a suo tempo la Chiesa accetterà la fecondazione omologa in vitro, come accetterà, almeno per situazioni limite, la pillola contraccettiva e il preservativo. Per farlo capire a certi proibizionisti basterebbe che uscissero dalle affrescate stanze curiali e si intrattenessero per un po’ nelle favelas e nei tuguri africani».

Le sue parole le costeranno qualche polemica. Lei non è un teologo del dissenso, è il fondatore di ospedali e centri di ricerca, insomma è in condizione di dare un seguito a quanto dice; ed è pure considerato, mi perdoni la battuta, un prete di destra.

«Non sono né di destra né di sinistra. Il San Raffaele non è un’istituzione ecclesiastica, destinata a sfasciarsi se non viene conferita alla curia di Milano o di Roma. È un’istituzione laica, e il mio successore sarà laico, scelto tra un gruppo di votati ai principi evangelici: i sigilli, nati con il San Raffaele, laici consacrati non con voti ma con promesse di coerente e perenne lealtà. La ricerca è per me un obbligo: una ricerca a tutto campo, non solo sul corpo ma sulla psiche e sullo spirito. Per questo ho voluto una facoltà di filosofia il cui preside è Massimo Cacciari, e presto una di teoantropologia: un termine di mio conio che esprime la tensione dell’uomo a indiarsi, a diventare come Dio».

Anche a fare di tutto pur di avere un figlio?

«La fecondazione assistita deve essere il modo di aiutare i coniugi legittimi a esercitare un diritto. Tutti hanno il diritto di avere figli. Qualcuno può rinunziarvi, come ho fatto io; ma la scelta è individuale. Negare il diritto di avere figli è una stupidaggine contro natura. Anche prima della legge 40, i nostri ginecologi inseminavano un numero limitato di ovociti, sufficienti per un unico e contemporaneo impianto; e solo il 5% di quelle gravidanze è bigemina. Il limite di tre mi pare eccessivo, perché limita la possibilità di avere figli. In casi particolari, l'inseminazione forse può essere portata a un numero leggermente superiore di ovociti, purché tutti impiantati. Anche qui occorre scienza, sapienza e cuore».

E la fecondazione eterologa?

«Non vorrei essere un figlio "spurio", ma se lo fossi non me ne vanterei. Non mi sentirei quell’autentico io, di Lucilla Bozzi ed Emilio Verzé, che preferisco essere».

Come voterà al referendum?

«Io farei il referendum quando la scienza mi darà più luce, a me e alla gente che per decidere ha diritto di saperne di più. Insisto: l’importante è non uccidere. Io, se voterò, voterò per essere quello che sono, figlio di mio padre e di mia madre, non un numero ma una persona, questa che loro mi hanno trasmesso».

È d’accordo con Ferrara e quei vescovi che vedono dietro l’astensione la mancanza del coraggio di dare battaglia?

«Stimo molto Ferrara, la sua intelligenza vola in proporzione diretta alla sua gravità e simpatia. Ma si può dimostrare coraggio, tenere una posizione culturale ed etica, anche astenendosi strumentalmente dal voto, dopo che si è ben riflettuto».

Non cambierebbe quindi la legge?

«Perché no? Ma non subito».

Ma un cattolico potrebbe votare sì?

«Se è un cattolico libero, avverte la responsabilità di quel che fa, ha vera consapevolezza di sé e del valore del suo sé, in teoria potrebbe».

In che senso lei dice che nulla può fermare la scienza?

«Al banco del laboratorio lo scienziato cammina con la sua testa. I ricercatori bisogna accompagnarli, non giudicarli. Detesto quelle persone che, intendendosi molto di dogmatica e di etica, credono di intendersi anche di biologia. Che arrivano al tavolo di una discussione delicata come quella sull’embrione con la faccia arcigna di chi ha già un giudizio sull’interlocutore. In questo modo non danno il clima della libertà ma dell’imposizione entro regole che hanno già stabilito; lasciano il sapore della presunzione e non della verità. E questo vale per i cattolici, ma anche per certi cosiddetti laicisti»
.



Eurabia (in)Felix

Oggi (anzi ieri, oramai) sul Corriere una "piccola" notizia che mostra quanto siamo messi male:



Imperia: in vendita bambole kamikaze



IMPERIA - Bambole kamikaze in vendita a Diano Marina, in provincia di Imperia. Denunciato per atti contrari alla pubblica decenza un venditore ambulante di origine magrebina. Sul suo banchetto aveva esposto tre bambole che riproducevano le terroriste cecene responsabili del sequestro della scuola di Beslan. Ogni bambola indossava una finta cintura esplosiva ed era munita di armi e munizioni.




Bene, vedo che il processo di integrazione procede a grandi passi: fino a qualche tempo fa le bambole kamikaze, come le magliette con l'effige di Bin Laden, le trovavi in vendita solo in posti tipo la Striscia di Gaza o il Pakistan, adesso basta scendere sotto casa e rivolgersi al proprio fornitore islamo-fascista di fiducia.



Certo è una bella comodità, non c'è che dire - e anche una trovata di marketing di sicuro successo, in Italia.



Prendiamo ad esempio tutti quei manifestanti della sinistra "antagonista" (sic), nogglobal e pacifinta che in questi anni abbiamo visto sfilare nelle manifestazioni "per la pace" (vuoi in Irak, vuoi nei territori di Gaza e della Cisgiordania: mai per il Darfur, però) con la kefia in testa e delle finte cinture esplosive legate in vita - praticamente, conciati come dei coglioni: adesso per segnalare la loro appartenenza politico-ideologica (si fa per dire) potranno tenere una bambola con indosso la loro divisa pacifista preferita sul balcone di casa, accanto all'immancabile bandiera arcobaleno, o magari sull'automobile, al posto del cane di pezza con la testa che ciondola, senza essere più obbligati ad andare in giro con una ridicola tovaglia sulla testa.



E ancora: lo scorso Natale le maestre e i presidi politicamente corretti e multiculturalisti hanno fatto una fatica boia per trovare un qualcosa, qualunque cosa, da mettere nel Presepe al posto del Gesù Bambino, così da non turbare la sensibilità degli scolari di fede islamica e (soprattutto) dei loro genitori: Cappuccetto Rosso, l'Uomo Ragno, Mister Magoo, una riproduzione in scala di Romano Prodi completo di pannolone...



In occasione del Natale 2005 questo problema potrà essere brillantemente risolto dai nostri educatori antropologicamente superiori grazie all'acquisto di una bambola che sicuramente incontrerà il gradimento anche dei più esigenti frequentatori della moschea di viale Jenner.



Son soddisfazioni.